Il ricordo di un'estate indimenticabile nasconde in sé il potere di riscaldare il presente, di rendere i giorni vissuti meno freddi e grigi perché, fino a quando la memoria resiste, non saremo mai del tutto soli.
L'ESTATE DELL'INCANTO
di Francesco Carofiglio
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Ed. Piemme
272 pp |
Miranda Soderini ha dieci anni nel 1939, ma il lettore fa la sua conoscenza quando ne ha ben novanta.
È tipico delle persone anziane guardarsi indietro con sempre maggiore frequenza e riportare a galla, per quanto la memoria traballante e caliginosa lo permetta, i ricordi di ciò che è stato, delle persone incontrate, amate, dei luoghi, degli odori, dei rumori... che hanno dato colore e significato all'esistenza.
E a questo bisogno cede anche la nostra Miranda, che nella solitudine delle proprie giornate e nel silenzio delle notti insonni rievoca frammenti di vita: la sua mamma dolce, bella, forte; il suo papà adorato, la cui dolorosa assenza, da un certo momento in poi, è stato un peso enorme da sopportare; i tanti viaggi in giro per il mondo, il soggiorno a Parigi, gli amori vissuti e poi persi, le persone conosciute, e soprattutto, quella bellissima estate del 1939 trascorsa nella villa di campagna del nonno paterno.
"È successo d'estate, molti anni fa.
Tra le nebbie che affollano, adesso, i miei pensieri di vecchia, una luce rischiara una porzione di mondo. Chiudo gli occhi e rivedo, intatta, la bellezza radiosa della campagna. Riesco a distinguere ogni dettaglio, nel fremito delle ciglia, colpite dai raggi obliqui del mattino.
Avevo dieci anni, e il mondo stava per affondare nell'abisso. Ma per me era solo estate e campagna.
La più bella estate della mia vita".
Miranda è una bimba felice; vive nella meravigliosa Firenze con mamma Sarah (di origini irlandesi) e il papà Arturo, uno studioso sempre in giro per via delle proprie ricerche in ambito accademico.
E in quell'anno, in quell'estate che fa da spartiacque nella sua vita (non solo, fu così anche per il mondo, alla vigilia dello scoppio del secondo conflitto mondiale), suo padre parte improvvisamente per un viaggio che lo terrà vai più a lungo del solito, ma la sua mancanza verrà mitigata dalla decisione della mamma di partire per una villeggiatura in un posto speciale: a casa di nonno Ugo Soderini, che vive nella propria antica villa di famiglia - Villa Ada -, sulle colline pistoiesi.
Il nonno Ugo è un pittore piuttosto noto, allievo di Cézanne; è un tipo solitario, riservato, parco di parole e gesti confidenziali; tiene tutti a debita distanza e anche con Miranda mantiene atteggiamenti di riserbo e ritrosia che fanno sì che la bimba provi timore in sua presenza.
A prendersi cura della casa c'è la governante Elda, anch'ella di poche parole, avara di sorrisi e affettuosità, ma pronta a rispondere alle esigenze delle due ospiti.
Una delle prime scoperte che Miranda fa è all'interno della casa ed è costituita dal laboratorio del nonno, in cui egli lavora ai propri quadri, circondato da tele, barattoli, polveri colorate, pennelli; la bambina sa che l'accesso alle stanze del vecchio le sono proibite, ma la sua curiosità la spinge ad essere impavida e a sfidare i propri timori, tanto da entrare di nascosto nel laboratorio per vedere i dipinti del nonno.
Resta affascinata dalla bravura di Ugo, dal suo saper rendere vivi i soggetti delle proprie opere, tutte per lo più concentrate sugli animali del bosco limitrofo.
La grande e austera cascina del nonno, infatti, è circondata da un bosco misterioso, abitato da molte specie di animali che infervorano la fantasia della piccola Miranda (Danda per i famigliari); bosco che ben presto diviene il teatro perfetto per le avventure spericolate insieme con Lapo, il nipote del buon Ottone, il fattore della villa.
Col ragazzino - per il quale la ragazzina si prende la prima cotta della sua vita - allaccia una bellissima amicizia, fatta di scorribande in bicicletta, scoperte pericolose, appassionate chiacchierate e il primo, innocente bacio.
Il bosco è anche il luogo abitato dalle creature parlanti, oggetto delle storie fantastiche raccontatele dalla sua mamma e che l'animo puro e fantasioso di bambina vede o crede di vedere.
Leggendo come la bambina trascorra le giornate dentro e fuori Villa Ada, viviamo insieme a lei le innocenti ed esaltanti emozioni provate durante quei mesi di villeggiatura, alla fine dei quali nulla sarà più come prima e l'incanto di quell'estate del 1939 verrà spazzato via dagli eventi che accadranno in seguito, colpendo - per ragioni e in modi differenti - l'amico Lapo e lei stessa.
L'Autore trasporta anche noi lettori in quella piccola porzione di mondo distante da noi ottant'anni, rischiarato da una luce che ha del magico, che illumina una parte dell'infanzia della protagonista, regalandole
giorni spensierati, allegri, avventurosi, densi di emozioni e sensazioni sconosciute, in
cui Miranda, col passare inesorabile del tempo,
farà costantemente ritorno con la memoria, trovando in quel periodo, seppur breve, una sorta di consolazione, di
"pacificazione degli occhi, una cura" alla solitudine, al freddo da cui spesso si sentirà avvolgere e attanagliare quando si ritroverà sola.
"Questo ricordo, delle persone e delle cose. Man mano che le immagini svaniscono e si perdono i dettagli delle parole e degli incontri. Mi ricordo degli odori. E metto ogni ricordo odoroso in una casella della memoria, che posso aprire e chiudere, quando serve. Sarà l'ultima cosa che terrò con me, credo, l'odore delle cose".
Miranda si guarda indietro e nei propri tratti invecchiati che vede allo specchio, ritrova se stessa bambina, e a quell'altra se stessa guarda con
nostalgia e tenerezza, con la consapevolezza di chi sa che
quello che è stato, ed è finito,
non tornerà, è vero,
ma le appartiene comunque, è dentro di lei, nel suo cuore e nella sua mente pieni di immagini, suoni, sapori, profumi, voci, sguardi, sorrisi, e nessuno può rubarglieli.
"La memoria è uno spazio bianco, che si distende e si contrae. E rende tutto presente. Non faccio nessuna fatica, le immagini arrivano e tornano vive, e con le immagini i suoni, i rumori, quello che sento con le mani, con la lingua."
La scrittura fortemente evocativa di Carofiglio sa come rendere in modo nitido le percezioni sensoriali che avvolgono e travolgono la protagonista - bambina e poi anziana - e che attivano ricordi, associazioni, emozioni, pensieri non soltanto in lei ma anche nel lettore, perché ciascuno di noi, quasi sicuramente, ha un luogo del cuore (fisico o meno) al quale tornare con la mente di tanto in tanto per trarne sicurezza e conforto.
Le descrizioni presenti, lungi dall'essere noiose o dal rallentare il ritmo, si incastrano armoniosamente con la narrazione dei fatti, e "in ogni dettaglio sembra manifestarsi, potente, il mistero della vita che si avvera e ci abbandona"; il contesto che fa da sfondo alle vicende narrate è, come ho anticipato più su, quello immediatamente precedente l'inizio della seconda guerra mondiale, ed infatti l'ombra scura di questo tragico evento si allunga sull'infanzia felice di Miranda a Villa Ada, in particolare attraverso lo spettro del fascismo, delle camicie nere e delle leggi razziali.
Il lettore è quindi coinvolto in questa atmosfera antica, malinconica che va indietro nel tempo, e che gli fa provare (e condividere con Miranda) una "nostalgia silenziosa, un languore dell'anima" che lascia come dolcemente sospesi, con un senso di "galleggiamento" tra la realtà e il sogno.
Il passaggio tra il presente e il passato è lieve, naturale, mai brusco, e mi ha fatto apprezzare la sensibilità dell'Autore nel lasciarci entrare con discrezione e rispetto tanto nella quotidianità del presente di Miranda (simpatici e teneramente buffi i dialoghi tra lei e le sue amiche, novantenni pure loro, con cui si incontra spesso al bar per una chiacchiera) quanto nel suo passato, mostrandoci quella bambina di dieci anni piena di curiosità, innocenza, stupore verso la vita e verso dettagli apparentemente insignificanti; e a questo passato noi approdiamo attraverso la voce della protagonista, che si lascia cullare dal potere dei ricordi, molti dei quali sono nebbiosi, in penombra, ma allo stesso tempo, tanti di essi sono indelebili in quanto scolpiti per sempre nella sua anima.
Leggere questo romanzo di Carofiglio è stato come sentirsi accarezzare con delicatezza l'anima; è una lettura che a me ha trasmesso principalmente pace, serenità, il piacere di apprezzare la bellezza delle cose semplici, ed accanto a queste sensazione ci sono inevitabilmente la nostalgia e la malinconia, che però non sono cupe e opprimenti ma conservano sfumature di tenerezza, commozione.
È un libro che mi è piaciuto moltissimo, l'ho letto lentamente, come per assaporarne ogni parola, e anzi posso ben dire che lo scrittore ha avuto la grande capacità di farmi innamorare, prima ancora che di una storia, della magia di una narrazione sapiente, matura, delicata, elegante, suggestiva, "sensoriale", e del meraviglioso potere che possono avere le parole quando sono usate con accortezza, consapevolezza, con un'armonia che ha un che di musicale.
Un libro che potrei riassumere in una parola, contenuta, non a caso, nel titolo stesso: incanto.
Se volete lasciarvi rapire da una scrittura raffinata ed intensa, capace di risvegliare emozioni, non posso che consigliarvi la lettura di questo libro.