lunedì 21 giugno 2021

Recensione: DIECI GIORNI IN MANICOMIO di Nellie Bly



Quando a Elizabeth Jane Cochran (più nota con lo pseudonimo Nellie Bly) fu chiesto dal direttore del World, il giornale per cui ella lavorava, se accettasse di farsi internare per dieci giorni in un ospedale psichiatrico nell'isola Blackwell, per poter descrivere resoconti dettagliati sul trattamento delle donne recluse e sulla gestione della struttura, ella non si tirò indietro, pur con le iniziali e naturali perplessità.
Grazie alla sua tenacia e intraprendenza abbiamo un racconto preciso, per quanto relativamente breve, delle misere condizioni in cui versavano le donne ritenute malate mentali nei manicomi americani di fine Ottocento.


DIECI GIORNI IN MANICOMIO 
di Nellie Bly

Ed. Clandestine
trad. B. Gambaccini
127 pp
Nel settembre del 1887, la ventitreenne reporter Nellie Bly, dopo aver accettato la non facile missione affidatale, decide di organizzare un "piano" per farsi ricoverare a Blackwell; decise, quindi, di trascorrere un giorno e una notte in una struttura che accoglieva temporaneamente donne lavoratrici e bisognose di vitto e alloggio; circondata da estranee, alcune più gentili, altre meno, la giornalista riesce ad assumere atteggiamenti tali da farla apparire una disperata sola e non proprio a posto con la testa; si finge rifugiata e palesa pensieri deprimenti e paranoici, riuscendo davvero a farsi rinchiudere nel manicomio.

E così, sotto il nome di Nellie Brown, la donna viene ricoverata in compagnia di altre donne, alcune delle quale manifestano un'assoluta sanità mentale; eppure, nello sconcerto e nell'indignazione, Nellie deve constatare che per essere internate non serve essere matte per davvero: basta la diagnosi di medici superficiali che non sanno riconoscere una malattia psichiatrica da uno stato di nervosismo o fragilità emotiva, dovuto magari a specifiche esperienze e situazioni difficili (malattia, perdita del lavoro, problemi famigliari...), in seguito alle quali basterebbero periodi di pace e tranquillità e non certo ricoveri per riacquistare il proprio equilibrio psicofisico.

Non solo, ma c'è da dire che erano anni in cui per essere internate a una donna bastavano queste condizioni: che fosse sola (single o ripudiata dal marito) o che magari avesse reagito con troppo fervore a tentativi di abusi o molestie.

Dai primi momenti a Blackwell, Nellie si scontra con la mancanza di comprensione, delicatezza e dolcezza da parte del personale, che prende in carico le pazienti appena arrivate con estrema indelicatezza e modi ruvidi e bruschi, al punto che qualche infermiera non esita a precisare con durezza: "Non aspettarti alcuna benevolenza da parte nostra, perché non ne riceverai".

"Battevo i denti e tremavo, il corpo livido per il freddo che attanagliava le mie membra. All'improvviso, tre secchi di acqua gelida mi furono versati sulla testa, tanto che ne ebbi gli occhi, la bocca e le narici invase. Quando, scossa da tremiti incontrollabili, pensavo che sarei affogata, mi trascinarono fuori dalla vasca. Fu in quel momento che mi sentii realmente prossima alla follia". 


Le poverette vengono lasciate al freddo e al gelo, sottoposte a docce gelide, costrette a tentare, invano, di riposare su brande scomode in stanze spoglie e anch'esse freddissime.

Ma a star peggio sono le pazienti dell'ala dell'edificio destinata alle "più folli": vederle marciare in fila, una dietro l'altra, legate da corde, come animali, è uno strazio per il sensibile giovane cuore di Nellie.

Lei stessa in certi frangenti teme di impazzire, quando ragiona su come, per lei e le sue compagne di sventura, sia penoso essere costrette a star sedute per ore su panche scomode e in religioso silenzio; a questo aggiungiamo il cibo scarso e di pessima qualità, ambienti lugubri in cui le pazienti (vestite di stracci logori) tremano dal freddo, nessun collegamento col mondo esterno: una tortura fisica e psicologica che metterebbe alla prova la salute mentale anche dell'individuo più equilibrato.

Ma ciò che più stupisce e sconcerta la reporter è la crudeltà del personale, che non solo usufruisce di cibi e piatti prelibati e indumenti caldi, ma si diverte a dileggiare le ospiti del manicomio per le loro continue (e legittime!) lamentele circa le terribili condizioni igieniche, la malnutrizione e il freddo che devono ingiustamente patire.

A questi meschini scherni si affiancano le percosse, inflitte con inaudita e immotivata cattiveria alle ospiti ritenute dalle infermiere le più problematiche, che siano giovani o anziane.

"Una trappola per topi, a questo può essere paragonato l'istituto di igiene mentale dell'isola Blackwell: è incredibilmente facile accedervi, laddove la speranza di uscirne è destinata ad andare delusa".

Nellie scrive il proprio resoconto con una grande sensibilità ed empatia verso le persone incrociate in questo suo breve ma intenso percorso ed è molto onesta in quanto non esita a parlare bene delle persone che si sono rivelate gentili e buone, e in termini tutt'altro che indulgenti di quelle che invece hanno messo in atto comportamenti riprovevoli.

Il reportage fa riferimento ad un periodo in istituto certamente non lungo, in quanto parliamo di un'esperienza limitata nel tempo, anche se giustamente la Cochran dice più volte che lei l'ha vissuto come un tempo infinito e solo la consapevolezza di chi fosse e del perché stesse dentro quelle maledette mura l'ha aiutata a tener duro; dieci giorni solitamente li possiamo considerare un periodo esiguo ma trascorrerlo in manicomio, a strettissimo e quotidiano contatto tanto con la malattia mentale quanto con donne sane che però subiscono maltrattamenti tali da provarle nel corpo e nella mente, rendendole lo spettro di loro stesse, giorni passati a soffrire fame, freddo, insulti e minacce... insomma in un ambiente così dieci giorni possono sembrare davvero lunghi!

Nonostante però questa cronaca sia limitata a un periodo piccolo, resta comunque puntuale, vivida, onesta e lucida, ma ancor più utile perché in seguito, quando Nellie poté uscire da quell'inferno, riuscì ad ottenere qualche beneficio per le povere donne, sue ex-compagne di disgrazia che, a differenza di lei, continuavano purtroppo ad essere rinchiuse in quel postaccio.
Emerge la triste realtà, inoltre, di un personale medico e infermieristico non sufficientemente professionale e qualificato, nelle ci mani il destino di queste sventurate non poteva che essere  privo di umana comprensione e di supporti psicologici realmente validi ed efficaci.

Un testo che si legge velocemente non solo per il numero contenuto di pagine ma soprattutto per la scorrevolezza dello stile, che sa essere chiaro, preciso e lineare senza perdere l'aspetto emotivo ed empatico, che del resto è imprescindibile, essendo questo resoconto qualcosa di "forte" e vissuto sulla propria pelle dalla giornalista stessa.



Questa famosa e giovanissima reporter l'avevo già incontrata nel corso della lettura di LA STRADA NELL'OMBRA di Jennifer Donnelly, romanzo in cui mi ero appunto imbattuta in Nellie e proprio sul suo servizio sul trattamento delle donne negli istituti psichiatrici americani di fine Ottocento >>> Imparare leggendo "La strada nell'ombra": Nellie Bly e Jacob Riis


sabato 19 giugno 2021

Dal libro al film ** news **



Buon sabato, lettori!

Torno qui sul blog per dare un'occhiata insieme a voi a qualche film in lavorazione/prossimamente in uscita; ovviamente, film tratti da libri.


Parto con LE OTTO MONTAGNE (recensione libro), tratto dal libro di Paolo Cognetti, edito in
Italia da Giulio Einaudi Editore e vincitore del Premio Strega nel 2017; il film sarà diretto da Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, nel cast Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi ed Elena Lietti; le riprese sono iniziate da pochi giorni, in Valle d'Aosta.

Sinossi 

Una storia di amicizia, di padri e di figli e delle scelte che facciamo nella vita che ci viene data, sullo sfondo delle montagne che dobbiamo scalare fisicamente e psicologicamente. Una storia universale sull'inesorabile ricerca del conoscere sé stessi e al contempo di essere fedeli agli altri.


 





"La Terra dei Figli" di Claudio Cupellini, tratto dall'omonima graphic novel di Gipi, sarà presentato in anteprima alla 67esima edizione del Taormina Film Fest e uscirà nelle sale il 1° luglio.

Nel cast il rapper Leon de La Vallée, Paolo Pierobon, Maria Roveran, Fabrizio Ferracane, Maurizio Donadoni, Franco Ravera, con Valerio Mastandrea e Valeria Golino.
È una storia di formazione in cui la bellezza e la meraviglia, rappresentate da un adolescente solo al mondo, combattono contro le tenebre di una terra che sembra implacabilmente ostile.

Sinossi

La fine della civiltà è arrivata. Un padre e suo figlio di quattordici anni sono tra i pochi superstiti: la loro esistenza, su una palafitta in riva a un lago, è ridotta a lotta per la sopravvivenza. Non c'è più società, ogni incontro con gli altri uomini è pericoloso. In questo mondo regredito il padre affida a un quaderno i propri pensieri, ma quelle parole per suo figlio sono segni indecifrabili. Alla morte del padre, il ragazzo decide di intraprendere un viaggio verso l'ignoto alla ricerca di qualcuno che possa svelargli il senso di quelle pagine misteriose. Solo così potrà forse scoprire i veri sentimenti del padre e un passato che non conosce.


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"Il Colibrì"
di Francesca Archibugi è tratto dall'omonimo romanzo di Sandro Veronesi (vincitore del Premio Strega 2020). Nel cast Pierfrancesco Favino, Nanni Moretti, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante, Sergio Albelli, Fotinì Peluso, Alessandro Tedeschi, Benedetta Porcaroli e Massimo Ceccherini.
Prodotto da Fandango e Rai Cinema in collaborazione con Les Films des Tournelles (Francia). Le riprese sono attualmente in corso.

Sinossi

Il racconto della vita di Marco Carrera procede secondo la forza dei ricordi che permettono di saltare da un periodo a un altro, da un'epoca a un'altra, dai primi anni '70 fino a un futuro prossimo. Al mare Marco conosce Luisa Lattes, una ragazzina bellissima e inconsueta. Un amore che mai verrà consumato e mai si spegnerà, per tutta la vita. La sua vita coniugale sarà a Roma, insieme a Marina e alla figlia Adele. Marco tornerà a Firenze sbalzato via da un destino implacabile e imparerà come accogliere i cambi di rotta più inaspettati. 



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Arriva nelle sale il 1° luglio "Mi chiedo quando ti mancherò", un film diretto da Francesco Fei e con  protagoniste Beatrice Grannò e Claudia Marsicano.
Il film è tratto da "Wonder When You'll Miss Me" di Amanda Davis, un road movie attraverso confini fisici e mentali, in fuga dal passato e in cerca di un futuro ancora possibile; una favola che affronta le difficoltà dell'adolescenza e l'importanza di trovare una propria strada senza rinunciare ai propri sogni. 



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Saoirse Ronan e Paul Mescal interpreteranno moglie e marito nel thriller sci-fi FOE, tratto dal romanzo di Iain Reid; alla regia ci sarà Garth Davis e le riprese dovrebbero iniziare a gennaio 2022 in Australia.

Ambientata in un prossimo futuro, la storia racconta di una giovane coppia appena sposata la cui idilliaca vita di campagna viene stravolta quando il marito viene scelto per viaggiare verso una stazione spaziale orbitante la Terra.

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Dakota Johnson vestirà i panni di Anne Elliot in “Persuasion”, adattamento dell’omonimo romanzo (recensione) di Jane Austen, diretto dalla regista teatrale Carrie Cracknell. Su Netflix nel 2022.





Fonti consultate:

https://www.mymovies.it/
https://www.rbcasting.com/

mercoledì 16 giugno 2021

PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA (uscite Garzanti giugno 2021)


Dal 18 giugno in libreria sarà presente il seguito di EPPURE CADIAMO FELICI di Enrico Galiano: FELICI CONTRO IL MONDO (Garzanti, 432 pp, 18.60 euro, USCITA: 18 GIUGNO).

Incontrare di nuovo Gioia e Lo è un’emozione immensa, perché in fondo non ci hanno mai
abbandonato.

Gioia ha sempre pensato che ci fosse una parola per dare un senso a tutto. Dove quelle che conosceva non potevano arrivare, c’erano quelle delle altre lingue: intraducibili, ma piene di magia. 
Ora, il quaderno su cui appuntava quelle parole giace dimenticato in un cassonetto. 
Gioia è diventata la notte del luminoso giorno che era: ha lasciato la scuola e non fa più le sue chiacchierate con il professore di filosofia, Bove. 
Neanche lui ha le risposte che cerca. Anzi, proprio lui l’ha delusa più di tutti. Dal suo passato emerge un segreto inconfessabile che le fa capire che lui non è come credeva. 
Gioia non ha più certezze e capisce una volta per tutte che il mondo non è come lo immagina. Che nulla dura per sempre e che tutti, prima o poi, la abbandonano. Come Lo, che dopo averla tenuta stretta tra le braccia ha tradito la sua fiducia: era certa che nulla li avrebbe divisi dopo quello che avevano passato insieme. Invece non è stato così. Gioia non può perdonarlo. 
Meglio non credere più a nulla.
Eppure, Lo e Bove conoscono davvero quella ragazza che non sorride quasi mai, ma che, quando lo fa, risplende come una luce; quella che, ogni giorno, si scrive sul braccio il verso della sua poesia preferita. Che a volte cade eppure è felice. È quella la Gioia che deve tornare a galla. 
Insieme è possibile riemergere dal buio e scrivere un finale diverso. Insieme il rumore del mondo è solo un sussurro che non fa paura.

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Per chi vuol farsi ammaliare dal fascino esotico della narrativa orientale, sta per arrivare in libreria L’ALBERO DELLO ZENZERO di Oswald Wynd (Garzanti, 368 pp, 18 euro, USCITA: 18 GIUGNO): una storia di rinunce e coraggio, di amore e di lotta per i propri sogni. Una storia in cui il Giappone affiora come lo sfondo in un dipinto per rendere tutto più vivido e con un fascino senza tempo.

1903. Sbarcata in Cina dopo un lungo viaggio dalla Scozia, Mary incontra per la prima volta il suo promesso sposo e capisce subito che il loro non sarà un matrimonio felice. 
Mesi dopo, benché sia rimasta incinta, continua a sentirsi sempre più sola, mentre il marito è perso nei suoi affari. Fino al giorno in cui, durante una delle sue passeggiate, incontra Kurihama, un samurai discendente da una nobile famiglia giapponese. 
L’uomo è schivo e taciturno, ma riesce a trasmetterle il fascino del suo paese, magico e misterioso. Le racconta di una cultura millenaria e di leggende meravigliose. 
L’amore nasce senza preavviso: Mary sa che è sbagliato, proibito, ma sa anche che mai, prima d’ora, si è sentita così pienamente sé stessa. Quando la loro relazione viene scoperta, il marito la ripudia e le impedisce di vedere la figlia. 
Giorno dopo giorno si lascia ammaliare dalle luci, dalle tradizioni, dai costumi di Tokyo, dove ha deciso di vivere con Kurihama e il loro bambino. Lì spera di trovare l’affermazione personale e l’indipendenza tanto desiderate. Ma presto scopre che la difficoltà di raggiungerle, per una donna, è la stessa a qualsiasi latitudine. Così decide che farà di tutto per dimostrare ai suoi figli che un mondo migliore è possibile e che anche una donna è in grado di gestire un impero commerciale.

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Per quanto desiderano sognare e sospirare leggendo una storia ambientata nell’Inghilterra di inizio Ottocento, immergendosi in balli, feste, vestiti eleganti e buone maniere d’altri tempi, sta per arrivare L’estate della buona società  (Garzanti, 320 pp, 16.90 euro, USCITA: 24 GIUGNO), l'esordio attesissimo di Lex Croucher.

L' introverso, enigmatico e serioso Mr Thomas Hawksley è tornato in città e non se ne sa la ragione. 
E mentre il giovanotto deve suo malgrado partecipare a qualche festa per mantenere le apparenze, Georgiana, pur appartenendo alla buona società, deve trascorrere l'estate con degli zii che conducono una vita molto appartata. La noia è la sua unica compagna. 
Finché, al primo ballo a cui è invitata, conosce Mr Hawksley. 
Il loro è un incontro tutt’altro che indimenticabile. Lei fa una gaffe dopo l’altra e lui sembra poco interessato alla conversazione. 
Nulla che lasci presagire una futura frequentazione, nemmeno di facciata. Anzi, tutto il contrario. 
Ma la città non è grande e rivedersi è inevitabile. 
Nonostante tutti consiglino a Georgiana di stare alla larga da lui perché il suo temperamento non può portare a nulla di buono, l’uomo esercita su di lei un fascino sempre maggiore. 
E più Thomas si ripete che Georgiana è solo una ragazza che passerà lì l’estate, più togliersela dalla mente diventa difficile. Ma arriva sempre il momento della verità. Quello in cui non si può più nascondere nulla. Ed è allora che i due devono capire a cosa e a chi credere davvero.

lunedì 14 giugno 2021

Leggere gratis: "Storia di un Pitbull pantofolaio" di Natasha Turbanti || "Donne, quanto danno!" di Antropoetico (mini-recensioni)

 

Nella giornata di oggi ho scaricato da Amazon un paio di ebook gratuiti e desidero parlarvene brevemente.


40 pp

Il primo è un racconto molto simpatico e divertente "Storia di un Pitbull pantofolaio" di Natasha Turbanti (link), narrato dalla voce del l'indiscusso protagonista: un Pitbull Black Nose di nome Bulla. 

Bulla ci racconta della sua infanzia e dell'adolescenza, di come è stata adottata dalla sua padrona - "la mia umana" - e delle varie peripezie vissute giorno per giorno in mezzo a questi umani capricciosi, strani e un po' prepotenti.

Leggere le disavventure di Bulla, i suoi rocamboleschi tentativi di fuga, il suo rapporto conflittuale con gli umani, la diffidenza di questi ultimi verso la razza dei pitbull, la sua natura vivace e giocherellona, la brutta fine che ha fatto fare, nel tempo, ai vari pupazzi di gomma regalatigli per farla giocare....: insomma, Bulla è una voce narrante spassosa che regala sorrisi e, sempre col sorriso e con canina leggerezza, ci dice che non c'è da aver paura dei pitbull: è vero, sono cani da combattimento ma ciò che conta è come vengono addestrati e allevati, il rispetto per il loro essere pieni d'energia, e la saggia consapevolezza che quest'ultima va 
in qualche modo "sfogata", ed è l'umano a doverla incanalare con intelligenza.

Scoprite anche voi come e perchè la pazzerella Bulla, incapace di star ferma un attimo e pronta a correre al minimo spiraglio di libertà, è pian piano diventata un pantofolaia coccolona e con un po' di panzetta!
Agile, frizzante, spensierata, proprio come Bulla, è una lettura che può intrattenere brevemente e piacevolmente chi è alla ricerca di un racconto leggero e ironico; se poi si amano i cani e magari se ne ha uno per amico, è ancora più indicato!


*****

"Donne, quanto danno!" di Antropoetico è un trattato contenente riflessioni e considerazioni che l'Autore fa sullo sfaccettato e ricco di meravigliose contraddizioni  universo femminile.

106 pp
Chi può comprendere la complessità di una mente femminile?
Questa potremmo definirla "una domanda da un milione di euro"!
Spiegare il modo di ragionare della donna, i come, i perché, i se..., è qualcosa di impossibile perché per farlo il maschietto dovrebbe capirla, e ovviamente è un'impresa impossibile.

"Complicate, anzi “dolcemente complicate” come raccontate nella canzone di Fiorella Mannoia, in grado di soffrire per amore, di fingere per i figli, di lottare per la vita. Femminili, femministe, operaie, avvocati, insegnanti, veline, atlete, sempre e solo donne! Competitive, arroganti, vanitose, irripetibili, uniche, vendicative, cattive, sante e diavoli, artiste, giornaliste, personaggi comunque nella società capaci di lasciare il segno.
Sulle donne si è già scritto praticamente tutto..."

Con questo libro si vuole semplicemente analizzare la realtà femminile spaziando dagli ambiti più disparati, parlando delle donne in quanto lavoratrici, casalinghe, mogli, amanti, mamme..., e per ogni ruolo l'Autore decanta pregi e difetti, tanto del sesso forte quanto di quello (presunto) debole, anche se leggendo si avverte una ovvia solidarietà per gli uomini, costretti a fare i conti con queste donne dall'umore spesso ballerino.

Con molta ironia, vengono messi sul tavolo di questa arguta dissertazione i tanti cliché che circondano "l'universo rosa", quei modi di pensare e considerare le donne attraverso luoghi comuni, pregiudizi, attraverso cui guardarle e imbrigliarle - etichette forse necessarie per chi vuol coraggiosamente tentare di barcamenarsi.

Donne nervose ed isteriche nei periodi del ciclo, donne al lavoro, super competitive tanto con colleghi maschi (cui dimostrare di non essere a loro inferiori) quanto con le altre donne, a cui fare le scarpe pur di emergere; donne che non accettano il trascorrere degli anni e ricorrono a botox, ritocchini vari, trucco pesante; donne che sanno come conquistare un uomo con la propria carica sexy, sempre che lo vogliano, altrimenti sanno come negarsi; donne sfigate, bruttine, che nessun uomo si fila; donne che sfogano le frustrazioni dando fondo alla carta di credito.

E' un trattato che si lascia leggere perché molto ironico e quindi piacevole, che strappa sorrisi perchè tanto le donne quanto gli uomini possono ritrovarsi in tante situazioni e modi di fare, presentate in modo divertente.





sabato 12 giugno 2021

** SEGNALAZIONI EDITORIALI **

 

Buon pomeriggio, cari lettori.

Oggi torno qui con voi per presentarvi un paio di pubblicazioni.

Il primo è "Mind the Gap. Distanze londinesi" dell’autrice vicentina Luisa Multinu, in uscita a giugno 2021.

Incentrato sulla vita londinese di Ida, una ragazza italiana che cerca di sopravvivere nella metropoli

Aporema Ed.
274 pp
13.90 euro
GIUGNO 2021

inglese tra lavori precari, convivenze difficili, amori improbabili e la voglia di farcela a ogni costo, il romanzo tocca i temi di un’intera generazione, quella degli expat, gli italiani che hanno lasciato la madrepatria per vivere e lavorare all’estero; ci presenta così i ragazzi e le ragazze della variegata comunità italiana di Londra che, insieme ad altri giovani provenienti da tutta Europa, si arrabattano per arrivare alla fine del mese, sognando di trovare un posto nella città dei loro sogni.

A questa pagina il link al libro sul sito di Aporema Edizioni.

Sinossi:

Ci si può innamorare di una persona, di un ideale e anche di una città.
È quello che capita a Ida, una giovane laureata italiana, travolta da una sconfinata passione per Londra e per tutto quanto la capitale britannica rappresenta e contiene.
Quasi mai, quando si ama con tale intensità, si è corrisposti nello stesso modo e così la metropoli inglese, dall’alto del suo fascino storico e multietnico, spesso si presenta con la sua faccia più crudele e spietata, che concede pochissime possibilità, da pagare a caro prezzo, a chi vuole davvero integrarsi.
Tra lavori umilianti, colleghi poco solidali, superiori meschini, coinquilini cialtroni e rari sprazzi di umanità e di amicizia, Ida cerca a fatica di trovare la propria strada, per nulla disposta a rinunciare al suo sogno.

L'autrice.
Luisa Multinu, classe 1983, nasce a Recoaro Terme, in provincia di Vicenza. Vive e studia tra Padova e Venezia, conseguendo la laurea in Filologia e Letteratura Moderna. Viaggia per l’Europa e lavora in Francia, Irlanda e Inghilterra, fermandosi soprattutto a Londra, città al centro di questo romanzo. Attualmente vive a Milano dove insegna materie letterarie nelle scuole superiori.


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Proseguo con una raccolta di romanzi storici dal titolo "Signore e Signori", disponibile esclusivamente su Kindle Unlimited a partire dal 1° giugno.


LINK AMAZON
Dal tenero al sensuale, questa raccolta contiene oltre 5000 pagine di romanzi storici. 10 romanzi completi di 7 diverse autrici, inclusi autrici bestseller del New York Times e USA Today.

I libri che ne fanno parte sono:

Il signore della fortuna - Erica Ridley
La misteriosa amante del conte - Ella Quinn
Il dono di Tessa - Brenda Hiatt
L'amore Predestinato, Versione deluxe - Sandy Raven
Sogni di Vetro - Mariangela Camocardi
Il Duca - The Northcliff Series, Emma Lee Bennett
Penelope - Una folle storia romantica, Anya Wylde

venerdì 11 giugno 2021

Ciao, Lucinda...

 




"Through the pain and the joy of the journey, I have learnt the most important lesson life can offer, and I am glad of it. The moment is all we have."


Immagino che leggere la notizia della morte della bravissima e tanto amata scrittrice irlandese Lucinda Riley abbia sconvolto tantissimi lettori e lettrici, come  è successo a me.
Quando sono uscita da lavoro e ho cominciato a leggere i primi articoli online, quasi non volevo crederci :(((

Ho letto che combatteva con un cancro da quattro anni ma che anche durante la malattia non ha smesso di scrivere.
Chi mi legge da un po' sa che amo i romanzi di quest'autrice e sono certa che, se un male incurabile non l'avesse sottratta alla vita, all'affetto dei suoi cari e dei suoi innumerevoli estimatori, ci avrebbe di certo regalato tante altre storie emozionanti e personaggi femminili indimenticabili, come ha fatto in più di 25 anni di carriera di scrittrice.

martedì 8 giugno 2021

Recensione: "Gesù Cristo nella storia d'Israele e nella storia dell'uomo moderno" di Francesco Sidoti



 "Gesù Cristo nella storia d'Israele e nella storia dell'uomo moderno" di Francesco Sidoti è un saggio storico-religioso che ricostruisce con un linguaggio accurato, chiaro ed accessibile a tutti la rivoluzione pacifica di cui Gesù Cristo è stato portatore con il suo messaggio di Pace e Amore.


Casa Editrice Kimerik
130 pp
L'autore parte dal periodo storico in cui Gesù è vissuto, dal suo essere inserito nella società ebraica del suo tempo; una società in cui l'aspetto religioso (e rituale) era predominante su tutti gli altri aspetti della vita del singolo come della comunità, e dove a regolare ogni campo del vivere quotidiano era la casta sacerdotale, che si occupava quindi non solo della religione (sfera spirituale) ma anche di fatti di natura sociale, civile, amministrativa, politica (sfera temporale).
L'autore ripercorre il rapporto contrastante tra il Maestro, figlio di un falegname, e i religiosi, conoscitori della legge, che lo presero da subito in odio perché Egli portava un messaggio rivoluzionario che rompeva con le tradizioni farisaiche, le quali guardavano più alla forma che alla sostanza, più all'apparire che al cuore.

Gesù è stato rifiutato come Messia dagli ebrei, che si aspettavano un Liberatore vittorioso, che li sottraesse dal giogo romano e grande fu la delusione nel constatare che questo Gesù parlava d'amore, di ravvedimento, di accogliere chi soffre, chi è emarginato.., altro che liberazione politica!

Gesù è stato colui che ha dato importanza e valore a chi era ai margini della società, che si trattasse di bambini, donne, lebbrosi, peccatori.

Egli è andato al cuore della legge, muovendosi in una dimensione diversa da quella dei suoi detrattori che lo additavano come un provocatore, uno che violava la legge di Mosè, anche se in realtà Gesù non è mai andato contro la legge mosaica ("«Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.", Matteo 5:17), bensì contro l'ipocrisia e la fredda osservazione di regole e regolette che avevano ormai derubato la legge di Dio del suo senso originario per rivestirla di pura formalità, col triste risultato che il vero bene di ogni uomo (e tanto più dei fragili, dei reietti) era completamente ignorato.

La figura e l'insegnamento evangelico di Gesù attraversano la storia ma non sempre la chiesa cattolica ha saputo esserne degna ambasciatrice, come in modo onesto fa notare Sidoti, parlandoci di quei periodi in cui la chiesa di Roma ha mostrato mancanza di rispetto per quanti avessero una fede diversa - protestanti, (presunti) eretici, scismatici ecc...
Si analizzano i rapporti tra potere temporale e spirituale, gli errori di alcuni papi nei secoli e le qualità di altri, ma soprattutto ad essere sempre presente è la centralità dell'Amore nella dottrina cristiana.

"Gesù ha proclamato l'amore universale verso tutti gli uomini, senza discriminazione alcuna riguardo all'etnia, al sesso, alle ideologie, alle condizioni economiche e sociali".

"Aiutami ad amare, o Signore, e a non sprecare la mia potenza di amore, di amare di più gli altri, affinché attorno a me nessuno soffra o muoia per avere io rubato l'amore che a essi occorreva per vivere" (Michel Quoist).

Interessante, offre spunti di discussione sulla persona di Gesù, sulla portata rivoluzionaria della sua predicazione nei tre anni e mezzo prima di morire in croce per amore dell'umanità intera, sul contesto a lui contemporaneo, su come si sia andata affermando e diffondendo negli anni la religione cristiana(➡ il cattolicesimo), sul rapporto tra il potere religioso e quello politico-civile e come spesso essi abbiano coinciso.

Il tutto è trattato dal punto di vista cattolico, coerentemente con la fede dell'autore.

lunedì 7 giugno 2021

Recensione: LA NAZIONE DELLE PIANTE di Stefano Mancuso

 


LA NAZIONE DELLE PIANTE di Stefano Mancuso è un piccolo manuale il cui protagonista indiscusso è il mondo vegetale: ad esso  l'autore dà voce e, parlandoci delle piante come di una vera e propria Nazione, ci elenca gli articoli che compongono la sua "Costituzione" e che noi essere umani dovremmo tenere bene a mente per preservare ed amare come si deve questa nostra meravigliosa ma bistrattata terra.

Ed.Laterza
139 pp


Mancuso scrive delle piante, che tra gli esseri viventi sono quelle considerate passive, inferiori ed invece esse sono le vere insegnanti di vita, e davanti alla eccellente complessità dell'universo vegetale l'uomo non può che scendere dal proprio piedistallo e mettersi in un atteggiamento di umile discente.

"Un pianeta verde per la vegetazione, bianco per le nuvole e blu per l’acqua. Questi tre colori che sono la firma del nostro pianeta, per un motivo o per un altro, non esisterebbero senza le piante. Sono loro a rendere la Terra ciò che conosciamo. Senza piante, il nostro pianeta assomiglierebbe molto alle immagini che abbiamo di Marte o di Venere: una sterile palla di roccia."

Spesso le piante vengono percepite come qualcosa di inorganico, quando invece è da loro che dipende l'esistenza di tutti gli esseri viventi, uomini compresi.

E allora, proprio per sottolineare l'importanza delle piante, in questo libro l'Autore ne parla come se fossero delle Nazioni e chiarisce quali siano i pilastri su cui regge la vita delle stesse.

Come per gioco, Mancuso ha steso una piccola ma importante Costituzione della Nazione delle Piante, composta da otto articoli, analizzandone con chiarezza ciascuno di essi.

La terra appartiene a tutti gli esseri viventi e di essi è la casa; la presenza di forme di vita sul nostro pianeta ci dice quanto esso sia complesso, eppure l’uomo, nel suo delirio di onnipotenza, crede di essere il migliore, di avere l'esclusivo diritto, rispetto alle altre specie viventi, di autoproclamarsi il Padrone, il Signore della Terra, quando invece è soltanto "uno dei suoi condomini più spiacevoli e molesti."

Da dove gli viene questa stolta convinzione? Se riflettessimo di più e con maggiore umiltà ed onestà, dovremmo convenire come la specie umana non solo non sia la più numerosa ma neanche la migliore tra le specie viventi.

L'art.01 recita che "La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente".

L'approccio dell'uomo è assolutamente arrogante e irrispettoso, visto che considera (e tratta) l’intero pianeta come qualcosa di sua esclusiva pertinenza e proprietà, una mega risorsa di cui lui ha il naturale (??) diritto di disporre come vuole, in base alle proprie esclusive esigenze. 

Preso dalla sua continua e irrefrenabile necessità di consumare, l'Homo Sapiens sta così profondamente incidendo sulle caratteristiche del pianeta da essersi guadagnato, a buon diritto, la responsabilità di essere la causa di una delle più terribili estinzioni di massa.

Mancuso ci ricorda come alla base della vita sulla Terra ci siano le relazioni fra i viventi, i quali si uniscono formando delle comunità, ed è quello che sostiene il secondo articolo, dove "la Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che le compongono".

Scorrendo gli altri articoli e la loro spiegazione, comprendiamo come in natura non sia previsto che una specie prevarichi sull'altra, e come il rispetto per ogni essere vivente sia universale e travalichi i confini dello spazio e del tempo, nel senso che se la vita sulla terra viene protetta, custodita e sostenuta con intelligenza e la giusta considerazione, questo si ripercuoterà positivamente anche sulle successive generazioni, verso le quali siamo responsabili.

La Nazione delle Piante garantisce ad ogni essere vivente la piena libertà di vivere su questa nostra terra, senza alcuna limitazione se non quella di trattarla come merita, avendone cura e mostrandole gratitudine. 

Con ironia e con una scrittura agile e accattivante, in grado avvicinare lettori digiuni dell'argomento (come me) come anche quelli già appassionati al tema, Mancuso ci lascia una vera e propria costituzione che deve responsabilizzarci e indirizzarci affinché ogni nostro impegno, intelligenza, progetto e voglia di fare, siano utili per costruire il nostro futuro di abitanti rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi. 

sabato 5 giugno 2021

Recensione: LA SPINTA di Ashley Audrain

 

Sconvolgente e crudo, "La spinta" è uno scioccante viaggio nella genitorialità, dove i sentimenti e le emozioni sono sviscerati con chirurgica e lucida precisione, dando così alla narrazione un taglio decisamente inquietante ed estremamente coinvolgente.
Di capitolo in capitolo, il libro mantiene una forte suspense, di quelle che respiriamo in un bel thriller, ma in realtà siamo in presenza di un autentico dramma psicologico, che si consuma all'interno delle mura domestiche e che, attraverso vie oscure, si sofferma sui problemi e sulle preoccupazioni che spessissimo avvolgono la maternità, esperienza tanto meravigliosa quanto travolgente e complessa, ma anche l'importanza che su ciascuna persona riveste la propria storia familiare, nonché la genetica stessa.



LA SPINTA
di Ashley Audrain



Rizzoli Ed.
trad. I. Zani
348 pp
Che si creda o meno all'aspetto religioso del Natale, si tratta solitamente di una festività che in tanti associamo alla famiglia, allo stare insieme, al ritrovarsi con i propri cari, famigliari ed amici.
Trascorrerlo da soli è quindi alquanto triste e deprimente.

È ciò che sta capitando a Blythe Connor, che sta trascorrendo il proprio Natale da sola, in macchina a spiare la nuova vita di suo marito Fox. 
Cercando di non farsi notare troppo, osserva la scena di una famiglia perfetta, le candele accese, i gesti premurosi. 
Ma la sua presenza viene notata dalla sua bambina, Violet, la sua enigmatica figlia undicenne che vive serenamente a casa con il padre, la sua nuova compagna e il suo fratellino; immobile alla finestra, Violet fissa sua madre.

Nei suoi occhi non c'è ombra di affetto, di vicinanza o complicità verso quella donna in auto: il vuoto assoluto, e se non è proprio vuoto, al massimo è sfida,  provocazione. Certo non amore.

Come mai?
Perché Blythe è sola e si costringe a spiare l'ex-marito in un momento di intima felicità in compagnia della loro unica figlia e della sua nuova famiglia?

Eppure, c'è stato un tempo in cui anche loro sono stati una famiglia apparentemente normale, e Blythe era non solo la mamma di Violet ma anche del piccolo Sam.
Il suo meraviglioso e dolce Sam.

Blythe osserva, valuta, ricorda e racconta.
Racconta a noi lettori la sua versione dei fatti: cosa ha distrutto la sua famiglia?
Ok, non era un nido d'amore perfetto, i problemi e i dissidi non mancavano tra lei e Fox, e il rapporto della donna con Violet era sicuramente uno dei motivi di frizione nella coppia...., ma per quanto "storta" era pur sempre la sua famiglia. 

Per capire cosa sia successo e cosa abbia portato alla separazione, dobbiamo seguire il racconto della narratrice, che con calma e chiarezza, immaginando di rivolgersi al marito come gli scrivesse una lunga lettera, parte dall'inizio, dal loro incontro, da come si sono innamorati e di come hanno deciso di metter su famiglia.
Fox, sempre gentile, premuroso e ottimista, ne era convinto: "Avremo dei figli. E tu, Blyhe, sarai un'ottima madre".

Ma davvero dici, Fox? E che ne sai? Come fai a sapere che sarò una brava mamma quando io stessa non ho avuto un buon esempio? Hai forse dimenticato che la mia mi ha abbandonato all'età di undici anni, sparendo dalla mia vita come se io per lei non fossi nulla?

Ma Blythe, tu non sei come lei. Non sei come tua madre, come Cecilia. E poi l'anaffettività o l'incapacità di essere genitori non sono mica dei geni, che si possono tramandare!

Sicuro, Fox?

Negli anni, Blythe si è sempre chiesta se la sua infanzia fatta di vuoti, solitudini e abbandoni, non l'avesse formata e, in un certo senso, "deformata", impedendole, senza che lei l'avesse chiesto o desiderato, di gettare le basi per essere, un domani, una buona madre.

Che ci piaccia o no, ognuno di noi è frutto di un passato, di un'educazione, di un ambiente famigliare che c'ha visto nascere, crescere e formarci.
E questo vale anche per Blythe, figlia trascurata di Cecilia, una donna che di fare la mamma non aveva alcuna intenzione; insofferente a ogni costrizione, a una vita fatta di incombenze domestiche e di una bambina da accudire, Cecilia in casa era come un cavallo imbizzarrito che non vedeva l'ora di saltare la staccionata e correre verso la libertà.

Blythe non sa cosa sia una mamma affettuosa, che ti abbraccia dicendoti "Ti voglio bene", che ti consola per un ginocchio sbucciato, che ti aiuta ad affrontare i piccoli problemi che si presentano nella vita di una bimba come le altre, che si siede accanto a te la sera, sul letto, per leggerti una storia e poi ti dà il bacio della buonanotte.

Come ti ama una mamma? Cosa vuol dire crescere sentendosi amate e considerate da colei che ti ha messo al mondo? 
Può una donna non amare il frutto del proprio grembo? Può una figlia diventare un peso o - forse peggio! - un essere invisibile per sua madre?
Si può diventare una brava mamma non avendone avuta una?

Blythe guarda Fox, col suo rassicurante entusiasmo, e si pone tante domande su se stessa e sulla paura di non saper amare adeguatamente un eventuale figlio; domande che si fanno concrete quando resta incinta.

E quando Violet nasce, dal primo istante sente che nulla sarà come prima: quell'esserino rosso e urlante è parte di lei, è uscito da lei.
Non può non amarla, non desiderare di prendersene cura e di riempirla di affetto.

No?

E invece, le paure prendono forma: tra lei e la piccola sembra non riuscire a stabilirsi alcuna connessione, vicinanza. Non c'è alcun filo che le lega nell'anima, come pensava dovesse accadere.

Violet la rifiuta, ha problemi pure a bere al seno, non vuole stare tra le sue braccia, non vuole aver vicina la sua mamma. Preferisce il padre, il quale si innamora pazzamente della sua creatura e, a differenza della moglie, da subito riesce ad entrare in sintonia con Violet.

Diventare madri è un'esperienza straordinaria ma non è proprio una passeggiata, e nonostante le frasi ottimistiche tipo slogan su quanto sia bello prendersi cura di un neonato che ti sconvolge l'esistenza, i ritmi, gli spazi e quant'altro, ma che porta con sè una nuova luce e tanto amore, beh.. non è scontato che una neomamma viva tutto e sempre con un sorriso sulle labbra.
Paure, stress, frustrazioni, stanchezza fisica e mentale e tanto altro, sono dietro l'angolo, come delle frecce pronte a conficcarsi in tutti i punti deboli e scoperti di una donna che si trova a vivere giorni e settimane, dopo il parto, non sempre facili da gestire.

Ma la difficoltà a interagire con Violet, a provare per lei un amore sconfinato e a farsi amare dalla bimba, continuano. Non che Blythe non le voglia bene, eh, ma c'è qualcosa che la frena, che le impedisce di amarla con quello slancio e quella devozione che tutti (dal marito alla suocera agli amici ecc...) si aspettano che spontaneamente provi per lei.

Sempre colpa dell'ombra pesante e scura di mamma Cecilia?

In un flusso alternato di racconto del passato e del presente, veniamo a sapere che a sua volta Cecilia è stata vittima essa stessa di una madre che non l'ha amata; non solo, ma nonna Etta era una donna con diverse problematiche di tipo psicologico, per cui il suo non era semplicemente un problema di freddezza, di incapacità di esprimere emozioni, ma era proprio una conseguenza di qualcosa di più profondo e grave.
Una tara genetica, forse, che quindi ha dato vita ad una sorta di trauma intergenerazionale?

Ad aggiungere preoccupazione e dubbi sinistri nella mente di una razionale Blythe, è la constatazione che, crescendo, la sua Violet manifesta atteggiamenti strani, diversi da quelli dei suoi coetanei.

C'è in quella bimbetta un che di duro, ribelle, provocatorio, indisponente. Quanto più dimostra di voler bene al padre e di ricercare la sua compagnia, quanto più tiene lontana la madre, che non sa come fare per abbattere quel muro di opposizione e freddezza che la separa dalla figlioletta.

Se cerca di parlarne con Fox, questi taglia corto e sminuisce.

Il guaio è che questa figlia silenziosa, dallo sguardo tagliente e scrutatore (troppo per una bambina), nei cui occhi spesso passano lampi di perfidia (possibile?? in una bimbetta di 5 anni??) e malizia, non è strana solo con la mamma, ma anche con i coetanei.
Suo marito non vede ciò che vede Blythe e attribuisce tutto alle fisse che la donna si crea da sola nella sua testa.

Ma a meno che Blythe non sia matta come la nonna, lei sa quel che vede e una volta assiste ad un evento drammatico in cui Violet è presente e in cui sembra (!?) fare un gesto (casuale?) che avrà ripercussioni davvero tragiche su un'altra persona.

E poi vogliamo parlare del fatto che gli insegnanti lamentano una preoccupante aggressività e mancanza di empatia di Violet verso i compagnetti?
Insomma, c'è qualcosa che non va nella figlia e forse non è tutta colpa di Blythe se non riesce ad amare questa creatura "diversa" e tutt'altro che tenera e dolce!

Quando nasce il secondogenito, Sam, inizialmente l'atmosfera si rilassa: con lui ogni dubbio sparisce e Blythe entra in una dimensiona nuova e magica. Finalmente riesce ad essere la mamma che tutti si aspettano che sia e le viene così naturale! 
Se con Violet doveva sforzarsi per dimostrarle affetto in modo palese, con Sam è tutto facile e spontanei: lei ama lui e lui ama lei. Una simbiosi perfetta.
La cosa bella è che anche con Violet paiono migliorare i rapporti. Forse avere un fratellino ha fatto bene a tutti, e magari cementificherà ancor di più l'unione con Fox.

No?

La situazione però precipita in poco tempo e la gioia e le risa smetteranno di echeggiare tra le mura di casa Connor.

"La spinta" è un romanzo che ti prende dalla prima pagina fino all'ultima; l'ho letto in poco tempo perché non riuscivo a staccarmene e quando lo chiudevo non vedevo l'ora di riprenderlo.

La penna della Audrain ha un che di viscerale, è onesta fino ad essere brutale; fotografa con dovizia di particolari e con uno sguardo bruciante la maternità, sia in quanto esperienza personale, sia dalla prospettiva delle aspettative della società e delle pressioni culturali che le satellitano attorno.

Non c'è sentimento sull'essere madri che non venga portato alla luce, che siano dubbi,  solitudine, rimpianto, timori più o meno giustificati, sensi di colpa; diventare mamme viene spogliato della sua veste rosa tutta cuoricini e sorrisi beati, per assumere sfumature ben più oscure, dolorose, contraddittorie e spesso taciute perché disapprovate socialmente.

Angosciante e potente, questo romanzo (che mi ha fatto rivivere un tumulto di pensieri e stati d'animo provati con
 "...e ora parliamo di Kevin", cui si avvicina per tematiche) fa sì che il lettore si ponga molti interrogativi durante la lettura, primo fra tutti su come la maternità non venga vissuta da tutte nello stesso modo, di come non basti essere genitrice dal punto di vista biologico per sentirsi "mamme dentro".
Ci si sofferma su come l'arrivo di un figlio possa modificare gli equilibri di coppia, sull'evoluzione del rapporto madre-figlia, ovviamente, e sull'influenza che questo ha nella vita adulta, quando ci si trova a (e/o si desidera) diventare madri.

Blythe Connor racconta al lettore e al marito (la narrazione è in seconda persona, tranne nelle parti relative al passato, in cui si narra della nonna e della mamma) la sua versione dei fatti, il suo pensiero sulla personalità e sui bizzarri comportamenti di Violet, e vedere - attraverso i suoi occhi - di cosa sia capace una ragazzina è davvero in
quietante perché avvertiamo, insieme alla protagonista, tutta la preoccupazione scaturita dall'atroce sospetto che questa figlia possa essere un mostro, capace di azioni terribili, pericolose.
L'autrice ha strutturato il romanzo con capitoli brevi ma intensi, che ti inducono a sostare un attimo prima di iniziare il successivo, come a metabolizzare ogni episodio, novità, dramma.

Bello bello, questo libro ti trascina, ti fa provare molte emozioni (anche contrastanti), ti fa stare col fiato sospeso, ti fa scuotere la testa sbigottita, ti fa sussurrare: "Ma... possibile...?", ti porta a farti un sacco di domande su temi importanti e ti lascia con una sensazione di impotenza e ineluttabilità, regalandoti un ultimo e scioccato brivido.


mercoledì 2 giugno 2021

LE MIE LETTURE DI MAGGIO 2021

 

Buongiorno e buon mercoledì festivo!!

Eccomi con il riepilogo delle mie letture di maggio.






  1. LA CONGIURA DELLE PASSIONI di P. De Sarlo: Basilicata, periodo risorgimentale: il romanzo storico si concentra su fatti ed antefatti che hanno condotto all'unificazione del nostro Paese.
  2. L'AMORE E LE FORESTE di E. Reinhardt: l'infelice vita di una donna costretta a subire angherie psicologiche da un marito arido e narcisista.
  3. LA CASA DEI GUNNER di R. Kauffman: sei ragazzini e un'amicizia che travalica il tempo e i silenzi.
  4. IL CUORE È IL MIO BAGAGLIO A MANO di S. De Lorenzis: attraverso la voce di una donna affetta da leucemia, l'autrice parla all'animo, come una carezza delicata ma anche piena di energia e speranza.
  5. SPAZIO ALLE EMOZIONI di S. Messina: un invito ad ascoltare la voce che è dentro di sé, lì dove risiedono le proprie emozioni più intime.
  6. Teoria, Tecnica e Didattica della Pallacanestro in carrozzina di A. Gennaro - G. Battaglia - L.Cincotta:  guida tecnica, specifica per gli operatori del settore sportivo paraolimpico.
  7. CUORE di A. Arietano: una storia d'amore dolce e romantica collocata in un mondo fiabesco.
  8. IL MONDO DEVE SAPERE. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria  di M. Murgia: l racconto di un'esperienza lavorativa che, pur essendo assolutamente vera, sembra quasi surreale, fantastica.
  9. DUE CUORI IN AFFITTO di F. Kingsley: l'amore ha contorni sì romantici ma anche frizzanti, imprevedibili e scanzonati.
  10. UNA POSIZIONE SCOMODA di F.Muzzopappa: uno sceneggiatore di film porno alla ricerca dell'occasione della vita.
  11. UN UOMO COSÌ di A.Moro: il ritratto intimo e tenero dello statista  Aldo Moro attraverso gli occhi  della figlia.
  12. ELBRUS di G. Di Clemente e M.Capocasa: romanzo di fantascienza/distopico che immagina un futuro popolato da cloni e da scienziati impegnati in progetti di manipolazione genetica.
  13. DA ME A TE di L. Falcone: un ricettario narrativo che una mamma scrive alla figlia, lasciandole non solo ricette tradizionali ma anche episodi divertenti alla famiglia.
  14. SHARON E MIA SUOCERA di Suad Amiry: con ironia e intelligenza l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002.


Un maggio prolifico, che mi ha donato tante letture varie e belle; tra tutte segnalo il diario della palestinese Suad Amiry, attuale più che mai se pensiamo ai recentissimi (e di certo non sopiti) bombardamenti nella Striscia di Gaza; ho riso con Muzzopappa, ho vissuto il Risorgimento e il tormentato e confusionario passaggio dai Borboni ai Savoia e mi sono emozionata con le storie di amore e di amicizia.


CITAZIONE DEL MESE:


"La parola amore... per lui era bizzarra e spaventosa. Ma che cos’era la vita se non una lunga serie di cose bizzarre e spaventose che facevi e dicevi e chiedevi al tuo cuore, per mantenere la selvaggia e irragionevole speranza che un giorno qualcuno ti avrebbe tenuto il viso fra le mani dicendo: Sei perfetto. Adesso ti puoi riposare. Per me sei sempre stato perfetto. Non perché tu fossi neanche lontanamente perfetto o coraggioso o forte, e nemmeno particolarmente buono, ma perché eravate grandi amici da sempre."

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