giovedì 10 aprile 2025

IL TEMPO DELL'ODIO di Antonio Lanzetta [ RECENSIONE ]



Siamo nel sud Italia, nel Cilento.
È il 1943, c'è la guerra e un ragazzo appena adolescente, dopo aver assistito impotente a un episodio drammatico e violento ai danni della sua famiglia, si incammina per una via che lo condurrà dritto verso un abisso di furia cieca e desiderio di vendetta verso coloro che, dopo aver distrutto ciò che aveva di più caro, continuano a lasciarsi dietro una scia di sangue e violenza.



IL TEMPO DELL'ODIO 
di Antonio Lanzetta


La Corte Ed.
282 pp
"La morte venne a cercarmi nell’estate del 1943. Avevo quattordici anni quando sparai per la prima volta in faccia a un uomo. È passato molto tempo da allora e le cose che ho fatto, le cose brutte che sono stato costretto a fare, mi hanno cambiato per sempre."


Nell'estate del 1943 Michele ha solo quattordici anni quando la sua vita viene sconvolta e cambiata per sempre da eventi tragici e dolorosi che inevitabilmente segneranno il suo futuro.

In un pomeriggio apparentemente come gli altri, Michele sta tornando da una giornata di lavoro nei campi quando vede una camionetta di fascisti sulla strada che lo porta a casa. 
Con un nodo a serrargli la gola e la paura che qualcosa di terribile stia per accadere,  il ragazzo corre a perdifiato e si nasconde in mezzo ai cespugli per vedere cosa sta succedendo a casa sua. 

Paralizzato da un senso di impotenza e terrore, assiste alla tragedia che si consuma ad opera dei fascisti guidati da un certo Balzano (un brutto soggetto già tristemente noto a Michele e famiglia), a discapito della madre e delle sorelle, Gloria di diciassette anni ed Anna di dodici; queste ultime vengono rapite.

Le urla disperate delle  tre donne che più ama al mondo straziano il cuore di Michele, che però non accorre a difenderle, consapevole di essere un ragazzino contro un gruppo di camicie nere senza scrupoli e senza pietà.

Balzano e compagni si accorgono di lui, Michele scappa e riesce a sfuggire alle loro grinfie nascondendosi nel bosco.

È la fine, per Michele, dell’adolescenza e l'inizio precoce, brutale e feroce, dell'età adulta, che sarà contrassegnata da ricordi dolorosi di quel maledetto pomeriggio, da quelli più nostalgici di un'infanzia serena con i suoi cari che non sono più accanto a lui, e dagli inevitabili sentimenti distruttivi che lo accompagneranno nelle settimane e nei mesi a venire: vendetta, odio e il desiderio di trovare le sorelle.
Ammesso che siano ancora vive. 

Ferito e sconvolto, viene accolto da Lucia, un'anziana vicina vedova e senza figli (morti in guerra), che si prende cura di lui e gli offre rifugio, vitto e alloggio in cambio di una mano nel lavorare la terra. 

Anche se i giorni sembrano riprendere un attimo di respiro e un minimo di pace, la testa e il cuore di Michele sono un groviglio di pensieri ed emozioni che gli si affastellano dentro rendendolo inquieto, turbato, agitato: il pensiero che le sue sorelle siano nelle mani di criminali bruti e spietati non gli permette di essere sereno: come potrebbe?

"Ormai avevo intrapreso una strada che mi portava via da tutto ciò che conoscevo, dal giovane che ero e dall’uomo che sarei potuto diventare."

Il pensiero di ciò che ha subito la sua povera e coraggiosa madre sotto i suoi stessi occhi e il timore costante che Anna e Gloria stiano soffrendo lo attanaglia mozzandogli il respiro, rendendo il passato felice un ricordo doloroso e il presente un amaro scorrere di minuti e ore privi di valore.

Nei momenti di maggiore disperazione e sconforto, un'immagine gli si affaccia davanti, nitida e inquietante insieme: quella di suo padre Arturo che, senza parlare ma solo con il suo sguardo sicuro e penetrante, gli indica la via da seguire.

Una via che conduce verso l'abisso più nero e infernale.
E purtroppo la realtà, spesso, può rivelarsi più oscura e tenebrosa dell'inferno stesso.

Grazie all'aiuto di un uomo misterioso che si fa chiamare Teschio, Michele viene a sapere che anche altre ragazze del paese stanno sparendo. 
Sono giovani donne strappate alle loro famiglie e portate... dove?
Chi si cela dietro tutto questo e che fine fanno le vittime?

Per scoprirlo Michele dovrà armarsi di tutto il coraggio di cui non credeva neppure di disporre, e lasciarsi guidare dalla furia e dalla disperazione più cieche per mettersi sulle tracce delle sorelle.

Entrare nel bosco - così noto a Michele eppure allo stesso tempo spaventoso perché cupo, opprimente nei suoi silenzi e, ancor più, nei suoi rumori sinistri e improvvisi, un abisso avvolto da un'oscurità impalpabile, dove le fronde degli alberi somigliano a dita scheletriche e l'aria è densa di umidità dell'odore forte di resina e foglie morte - significa addentrarsi in un buco nero e pericoloso, teatro di terribili verità.

Verità che Michele è intenzionato a scoprire, anche se questo significherà stare al fianco di un gruppo di briganti, di cui fa parte l'impenetrabile Teschio, il cui sguardo selvatico, penetrante e implacabile mette i brividi anche a chi, come lui, sa di potersi fidare del suo aiuto.
Grazie al loro coraggio, il ragazzo capirà cosa significano le parole che un giorno il padre gli aveva rivolto:

"Una volta papà mi aveva detto che se prendevi la strada della violenza poi non tornavi più indietro, e adesso ne comprendevo il senso. Adesso comprendevo parecchie cose."

Le verità con cui dovrà confrontarsi hanno a che vedere con il peggio che giace nel cuore dell'uomo quando questi abbandona ogni forma di umana pietà, di compassione, per essere una creatura malvagia che si nutre di terrore e che gode del dolore inflitto alle proprie vittime.

Ma anche una creatura così, per quanto diabolica e perversa, resta un uomo.
E Michele sa che è a quest'uomo maledetto che deve dare la caccia per scoprire dove siano le sue sorelle.


"Il tempo dell'odio" è un romanzo di formazione con elementi storici e thriller che ho trovato davvero appassionante in ogni suo aspetto: la collocazione storica, il tratteggio dei personaggi, l'evoluzione psicologica e umana del protagonista (le cui esperienze non possono che modellarlo e segnarlo, nel bene e nel male), l'atmosfera ricca di pathos e suspense, l'ambientazione del bosco, descritto con accuratezza in quanto luogo imprevedibile, selvaggio, cupo, pericoloso, misterioso, in cui si acquattano "mostri", che sono sia gli esseri umani crudeli che hanno perso ormai ogni frammento di umanità, sia i demoni e le paure che bloccano e terrorizzano il protagonista.

«E se tu scruterai a lungo nell’abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te…»

L'abisso in cui è costretto a guardare il giovane Michele è fatto di violenza, ferocia, brutalità e rischia di fagocitarlo, inghiottirlo, distruggerlo, così come il bosco può diventare un luogo irto di minacce nascoste nel buio e che da un momento all'altro possono assalirlo alle spalle e farlo fuori.

Il passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta è fin troppo brusco, spietato; lo sviluppo e la maturazione del protagonista sono evidenti e passano purtroppo per esperienze atroci e di sofferenza, delle quali non si libererà mai perché la memoria, anche negli anni a venire, quando ormai la guerra sarà un lontano ricordo, andrà sempre ai fatti di quel 1943, in cui la sua vita è cambiata e ha dovuto combattere contro un nemico oscuro e terrificante.

Mi è piaciuto il periodo storico: sono i giorni che precedono lo sbarco degli Alleati a Salerno, i nazisti sono fuori controllo e vi è un clima di grande incertezza e paura, uno sfondo, quindi, drammaticamente ideale per gli avvenimenti turpi ed efferati che vengono narrati.

L'autore cattura l'attenzione del lettore sin dalle prime pagine proprio attraverso il racconto dell'episodio iniziale che darà il via al desiderio di vendetta del protagonista e al suo odio verso i "mostri" che hanno distrutto la sua famiglia; un incipit duro e feroce che crea da subito un clima di tensione che permarrà lungo tutta la narrazione in quanto Michele è continuamente immerso nel suo vortice di malessere e tristezza, e questo fa sì che egli sia preda di incubi ad occhi aperti, di visioni vivide e inquietanti che lo spingono verso il bosco, lì dove deve recarsi per trovare tutte le risposte che vuole, nonché per cercare giustizia e placare la sete di vendetta.

Il libro è attraversato da una costante atmosfera intrisa di suspense e di ansiosa attesa, grazie a descrizioni (di luoghi fisici ma, ancor più, del mondo emotivo del protagonista, con le sue paure e le sue angosce) mai dispersive, ma sempre dinamiche e funzionali alla narrazione, e quindi efficaci nel conferire un'anima nera alla storia.   

Il finale - collocato in un tempo in cui ormai ci siamo decisamente lasciati la guerra alle spalle - è aperto, nel senso che suggerisce che per Michele i demoni di quel passato, che sembrava dimenticato, sono invece ancora in agguato...

Il mio giudizio su questo romanzo di Antonio Lanzetta è assolutamente positivo.

martedì 8 aprile 2025

[ Segnalazione ] Novità editoriali

 

Buon pomeriggio, lettori.

Oggi vi presento alcune opere di recente pubblicazione.


SAGGIO STORICO

Partiamo da un libro che verte su una delle pagine più dolorose della Resistenza e della storia italiana: l’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Edizioni Radici Future
126 pp
16 euro
Molto è stato scritto su questa feroce rappresaglia nazista e anche di recente sono state riscoperte alcune vite dei “martiri” coinvolti nell’eccidio. 
Eppure mancava all’appello una delle figure più importanti della Resistenza romana: quella di Gioacchino Gesmundo, uno dei più intransigenti e fieri oppositori del fascismo. 
Ed è su questo personaggio che il professor Giovanni Capurso si concentra nel suo volume edito da ERF e da pochi giorni in libreria, “Libertà a caro prezzo. Gioacchino Gesmundo e le Fosse Ardeatine”.

Intransigente e tenace, Gioacchino Gesmundo è uno dei martiri per la libertà a cui la nostra Repubblica è debitrice. Le vicissitudini familiari e il contesto semplice e rurale del paese nel quale visse da giovane lo portarono a maturare una forte sensibilità per la giustizia sociale.

Dopo numerosi sacrifici, a Roma realizzò la sua vocazione di intellettuale come maestro elementare, professore di Filosofia e Storia e assistente all’Università. Erano gli anni della dittatura. La sua formazione ed emancipazione economica avvennero parallelamente alla graduale insoddisfazione e al disagio verso il clima politico presente nel paese. La caduta del regime segnò la sua decisione di iscriversi al Partito Comunista, frutto di una lunga maturazione interiore.

Con l’occupazione nazista di Roma la sua attività s’intensificò: ospitò nella sua casa di via Licia, prima la redazione clandestina de “L’Unità” e poi l’arsenale dei GAP romani. Fu capo locale del controspionaggio e teneva corsi di formazione ideologica ai compagni di lotta.

Catturato il 29 gennaio 1944 dopo una denuncia, fu tra i primi tre individuati dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine.

Cenni biografici dell’autore
Giovanni Capurso è saggista e storico meridionalista. Tra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo La ghianda e la spiga. Giuseppe di Vagno e le origini del fascismo (Bari, 2021), finalista al premio FiuggiStoria, la partecipazione alla collettanea L’omicidio politico di un socialista (Catanzaro, 2022) e La passione e le idee. La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vango a Giacomo Matteotti (Bari, 2023). È stato cocuratore del volume storiografico La fatica dello Storico. Antonio Lucarelli. Carteggi: 1902-1952 (Bari, 2024).
Collabora con Fondazioni e Istituti di ricerca storica
.


RACCONTI

Frutto di una "dolce collaborazione" è la raccolta “I sogni di Maira: racconti al cioccolato” di Martina Venturini, si cimenta per la prima volta nella scrittura di racconti brevi,
Editore: self-publisher
Data di uscita: 12 aprile 2025
96 pp
cart. 12,90 euro
ebook 2,99 euro
piccoli frame di sogni ed emozioni, ispirati dai prodotti della Cimina Dolciaria, una fabbrica di cioccolato artigianale della Tuscia.

Il rilascio è previsto per il 12 aprile 2025 in self-publishing, sulla piattaforma Amazon.

“Il buio è irrequieto, come il mio animo dopo il nostro incontro. Un angelo caduto al cospetto del
mondo, un demone tra le lenzuola. Irretita, ho ancora addosso il profumo sensuale di lui, nei miei
occhi lampeggiano le fiamme verdi dei suoi. In bocca il suo sapore, dolce e piccante. Un capriccio
di cioccolato e peperoncino: coinvolgente, come i brividi che percorrevano il mio corpo stretto al
suo; avvolgente, come il quadratino fondente che adesso si scioglie lento tra le mie labbra; unico,
come la passione che ci unisce.”

L'autrice.
Martina Venturini, correttrice di bozze, editor, poetessa, giornalista, nasce a Cagliari il 2 novembre
1987. Appassionata di canto, teatro e lettura di classici, ha trovato in Shakespeare e Leopardi gli
autori che maggiormente hanno influenzato il suo mondo letterario. L’origine della sua poetica risale all’età adolescenziale, giovanissima inizia a comporre i primi versi.
Dal 2018 lavora come editor e correttrice di bozze.
Nell’estate 2020 pubblica la sua prima silloge poetica Attimi con lo pseudonimo di Lady M. e diventa redattrice di una rivista associativa. Nel 2021 pubblica la seconda raccolta Frammenti e inizia il suo percorso come giornalista presso la Journalism Academy.
Nel 2022 esce la terza silloge Chrysalis – Tra luce e ombra e inizia a collaborare con le testate giornalistiche Il Quotidiano Italiano e media&sipario. Nel 2023 pubblica la raccolta di aforismi Pensieri d’amore, il manuale di crescita personale Vademecum per cuori infranti e avvia il progetto editoriale Il Salotto dell’Anima.
Nel 2024 inizia una collaborazione con la Cimina Dolciaria che la porta a cimentarsi con la prosa
nella creazione del volume
I sogni di Maira: racconti al cioccolato.


NARRATIVA

SFUMATURE è un romanzo di Alessio Falavena, edito da Scatole parlanti, e racconta dell'incontro di tre sconosciuti.

Scatole parlanti
104 pp
15 euro

Soprattutto racconta di una sera, una piazza, di un uomo arrabbiato che incontra un altro uomo. 
Il primo è furioso con se stesso e con il mondo intero. 

Arriva poi una giovane ragazza, e tra i tre, per un attimo, nasce una tensione quasi violenta. 

Dopodiché si separano, e tornano alle loro vite, vite fratturate, ognuna per un motivo diverso: paure, delusioni, il senso di non potercela fare. 
Tre persone normali, diverse eppure simili nel loro essere irrisolte, il cui incontro genera un cambiamento interiore. 
La paura di esistere, il dolore dell’abbandono, l’assenza di una persona cara, l’emancipazione del proprio corpo e della propria arte sono solo alcune delle cose che si ritroveranno a dover affrontare per poter eliminare un po’ di scuro dalla propria anima.

Sfumature racconta di cambiamenti, di vuoti, di paure, di pensare di farcela e di avere paura di farcela, racconta della fatica ad accettare le proprie sconfitte e del proprio senso in questo mondo, intrecciando tre storie, diverse, che si specchiano pagina dopo pagina.



THRILLER

Uscirà il 14 marzo in tutte le librerie e negli store digitali il nuovo libro di Roberto Bassoli, 
"Shakespeare non è per tutti", edito da Santelli editore.  

Ambientato tra le montagne dell'Alto Adige, il cuore dell'Africa e il Nord Europa, è un thriller che
Santelli Ed.
497 pp
24.99 euro

sorprende, emoziona e fa riflettere sulla fragilità della vita e sulla potenza della vendetta, trascinando il lettore in una spirale di violenza, morte e vendetta.

Le tranquille abitudini di Alfred Ploner, imprenditore altoatesino, vengono sconvolte dall'incontro con una spietata organizzazione criminale. Suo malgrado, Ploner si ritroverà coinvolto in una vicenda drammatica, dove un carico d'oro macchiato di sangue e gli effetti devastanti della vendetta saranno i protagonisti.

Dalle vigne dell'Alto Adige alle strade di Bolzano, dai deserti africani alle città del Nord Europa: il romanzo di Bassoli è un viaggio mozzafiato nel cuore del thriller. Un intreccio di suspense, azione e colpi di scena che terrà i lettori incollati alle pagine fino all'ultima riga.

L'autore
Roberto Bassoli, nato a Modena nel 1961, è uno scrittore, giornalista, musicologo ed esperto in Marketing e Comunicazione. Tra le sue passioni la musica barocca, il jazz, gli sport velici e il tiro a segno di cui è anche tecnico federale. I suoi precedenti romanzi thriller, "Le idi di luglio", "La sindrome di Bosch" e "Qisas", hanno riscosso un notevole successo di pubblico e critica. L'autore dedica questo suo quarto libro alla moglie Eva, per il sostegno e la pazienza dimostrati durante il processo di scrittura del libro. “Quando ho iniziato a raccogliere le idee per iniziare a scrivere stavo rileggendo una tragedia di Shakespeare, una di quelle che rivelano con maggiore spietatezza le tenebre che possono essere presenti nell'animo umano”, spiega Bassoli. “Mi sono così reso conto che il romanzo e la tragedia seguivano un percorso parallelo. Ecco perché ho deciso di strutturare la trama con uno schema shakespeariano. È adeguato ad un thriller che scende nell'oscurità in cui si nascondono le peggiori pulsioni umane”.

domenica 6 aprile 2025

LE MIE LETTURE DI MARZO 2025

 

Buongiorno, cari lettori!

Eccomi con il mio recap del mese di marzo.




1. LA FURIA di S. Chalandon: romanzo basato su fatti realmente accaduti. Un adolescente evade da una colonia penale e non viene riacciuffato. Come sarà la sua vita al di fuori di quelle mura in cui si consumano violenze e sopraffazioni? (4.5/5) SE CERCHI UNA LETTURA DURA E FEROCEMENTE REALISTICA.
2. SPLENDEVA L'INNOCENZA di R. Camurri: narrativa italiana - Camurri scrive un libro intriso di nostalgia, in cui lo sguardo è rivolto costantemente e troppo al passato, col rischio di restarne imprigionati (3.5/5). PER CHI CERCA UNA LETTURA MALINCONICA, STRUGGENTE E DAL RITMO PACATO (TROPPO?).
3. I TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME di D. De Silvanarrativa italiana - esistono delle parole adatte per raccontare la fine di una bella storia d'amore? (3/5). ADATTO A CHI AMA I LIBRI IN CUI SI PARLA (TANTO) DEI RAPPORTI DI COPPIA.
4. LE RAGAZZE DELLA VILLA DELLE STOFFE di A. Jacobs: romanzo storico, secondo libro di una saga famigliare incentrata sulle vicende degli imprenditori tedeschi Melzer e dei loro domestici nel pieno del primo conflitto mondiale (3,5/5). SE HAI INIZIATO IL PRIMO E TI È PIACIUTO, PERCHÉ NON  LEGGERE IL SEGUITO? 😅
5. I SENTIMENTI ORFANI di T. Tanto: narrativa di formazione, fortemente introspettiva che punta sulla complessità dei sentimenti che colorano le nostre esperienze (belle e brutte) e che non possono che essere raccontati con un linguaggio profondo che ne colga le tante sfaccettature (3.5/5). PER CHI AMA NARRAZIONI INTIMISTE E CHE METTONO AL CENTRO IL MONDO EMOTIVO.


READING CHALLENGE



Per la RC di quest'anno, lo schema ripercorre la sfida letteraria del 2024: alle categorie fisse - cui si può attingere durante tutto l'anno e più di una volta - si aggiungono di volta in volta gli obiettivi specifici di ogni mese; a marzo gli obiettivi sono stati i seguenti:

- un libro che parli di disabilità 
- un libro da cui è stato tratto un film
- un libro ambientato nell' est Europa
- Il soldato perduto  (G. Marchand)

Io però ho attinto alle categorie fisse con l'obiettivo SAGA FAMIGLIARE.

6. LA CASA di M. McDowell: terzo libro della saga gotico-paranormal di Blackwater, in cui assistiamo all'inasprirsi dello scontro tra le due donne del clan Caskey: chi la spunterà tra l'enigmatica Elinor e la prepotente matrona Mary-Love? (4/5). PERSONALMENTE MI STA PIACENDO MOLTO QUESTA SAGA, IN PARTICOLARE PER LE ATMOSFERE CUPE E MISTERIOSE.


SERIE TV

Ho concluso la settima stagione di Outlander, che continua a rapirmi e io non posso non amare 

parola d'ordine:
stai all'erta, sempre.
(sulla scia del motto Je suis prest)
Jamie,  Claire e tutto il cucuzzaro, sentendomi già malinconica all'idea che ci avviciniamo inesorabilmente alla fine con l'ottava stagione. 

Siamo nel pieno della rivoluzione americana: Jamie è impegnato a partecipare al conflitto impartendo ordini pure Claire, assistendo i feriti. 
Si intrecciano, con queste dinamiche avventurose e belliche, quelle legate a Ian e al suo rapporto con Rachel, a William (che scopre di chi è figlio biologicamente e la cosa non gli fa proprio piacere...) e al suo legame con una giovane prostituta.
Qualche attrito tra il focoso Jamie e il gentile e fin troppo generoso (eheheh 😏) lord John a causa di Claire...
Intanto, Brianna e Roger devono vedersela con le drammatiche conseguenze provocate da un losco figuro che utilizzerà i viaggi nel tempo per i propri egoistici interessi e causerà scompiglio nelle esistenze della coppia e dei loro bambini.

Come accade sempre, a fine stagione c'è un colpo di scena che verrà "risolto" nella prossima.

Ho guardato L'ARTE DELLA GIOIA della Golino e ne ho parlato QUI.

Ho iniziato COBRA KAI e sono alla seconda stagione; mi sta piacendo moltissimo e, quando avrò terminato la serie (e non ci vorrà molto considerando la velocità con cui sto proseguendo), vi scriverò la mia opinione. 

giovedì 3 aprile 2025

"IL VIAGGIO DI COLIBRI" di Pamela Comi [ RECENSIONE ]



Dal 18 Marzo è disponibile in libreria e in tutti gli store digitali il nuovissimo libro scritto e illustrato da Pamela Comi: IL VIAGGIO DI COLIBRÌ, edito dalla C.E. Pensiero Creativo, collana narrativa Kids.



80 pagine illustrate
Età di lettura: 5 – 8 anni
Prezzo: 13€

Al centro di questo bellissimo e colorato libro per bambini vi è il
tema del distacco dai genitori e il desiderio di allontanarsi da essi per esplorare e conoscere il mondo esterno, vivendo così nuove e indimenticabili esperienze che fanno crescere.

Il protagonista è, come si intuisce dal titolo, il piccolo Colibrì, che vive con la sua mamma in un rassicurante nido.

Attorno a loro tutto è grigio e senza emozioni.
Ma l'uccellino è un tipetto curioso e, nonostante ami la sua mamma e sia da lei tanto amato e protetto, prende una decisione importante: provare ad uscire dal nido, imparare ad usare le sue piccole ed inesperte e ali per... spiccare il volo!

Cosa c'è fuori dal loro nido e dalla città in cui finora è cresciuto?

Se non voli via, non lo saprai mai, Colibrì!

Ci vuole coraggio e curiosità per fare nuove esperienze e al nostro piccolo uccellino queste qualità non mancano; lasciare la sua mamma è il primo, fondamentale passo per la libertà e per cogliere l'opportunità di scoprire che ci sono tante realtà lontano "da casa", diversissime tra loro ma tutte sorprendenti.

Cosa vedranno i curiosi ed eccitati occhi di Colibrì, una volta abbandonato il grigiore della metropoli per immergersi nei colori brillanti e vivaci della natura?

Nell'andare alla ricerca dei propri simili, Colibrì avrà modo di incontrare svariati, e fino ad allora sconosciuti, habitat che accolgono altre specie animali, e potrà cominciare a capire che il mondo fuori dal nido è grande e meraviglioso, pieno di amici e di sorprese da ammirare a "becco aperto"!

Il primo, sorprendente viaggio del simpatico protagonista di questo libro terminerà e lui farà ritorno a casa, dalla sua mamma che lo aspetta.

Sarà lo stesso colibrì che era quando è partito?
O forse le esperienze vissute lo hanno cambiato, rendendolo forte, maturo e indipendente?


“Tu sei cambiato piccolo mio,
è cambiato il tuo modo
di vedere le cose.”



"Il viaggio di Colibrì" è un libro che ha tutte le caratteristiche per catturare l'attenzione dei giovanissimi lettori cui è principalmente rivolto: la storia è ricca di spunti di riflessioni perché verte sul naturale ed inevitabile bisogno/desiderio dei piccoli di cominciare a staccarsi dai genitori per esplorare l'ambiente circostante, vedere cose nuove, fare esperienze diverse; le illustrazioni sono semplicemente meravigliose, ogni pagina è coloratissima e fa da splendida cornice alla parte narrativa caratterizzata da parole e frasi semplici, comprensibili ai piccoli; leggendo insieme ad essi questo libro, l'adulto è sicuro di poter contare su un contenuto e su una grafica assolutamente attraenti, coinvolgenti e in grado di stimolare la fantasia dei bambini, di poter intavolare con loro, a fine lettura, anche delle brevi conversazioni per riflettere insieme su ciò che si è letto e sulle emozioni e i pensieri che ne sono scaturiti.

A queste già positive peculiarità, se ne aggiungono altre:

- in appendice al libro ci sono alcune pagine contenenti informazioni scientifiche (riportate sempre con un linguaggio adeguato al pubblico di piccoli lettori) sul colibrì e, in generale, sull'affascinante e variegato mondo degli animali;
- le ultime pagine sono dedicate a stimolanti e divertenti giochi tematici e didattici.


Curiosità

Il testo è liberamente ispirato alla canzone “Colibrì” di Cesare Cremonini.

Parte del ricavato dell’autrice sarà devoluto al WWF


 




L'autrice.
Pamela Comi è una grafica che per diversi anni ha lavorato in tipografie e litografie dell’hinterland milanese, quando ancora si usavano le lastre, la fotocomposizione, il cutter &co.Continua a lavorare come factotum in agenzie di pubblicità milanesi, occupandosi di comunicazione a 360 gradi.
Diventa mamma e si appassiona all’editoria per l’infanzia creando storie che cercano di riscoprire i valori di una volta e insegnare la magia dell’immaginazione!




lunedì 31 marzo 2025

LA FURIA di Sorj Chalandon < RECENSIONE >


Negli anni Trenta del secolo scorso, Jules ha solo tredici anni quando viene tradotto in un istituto (una colonia penale) che accoglie minori per rieducarli, "raddrizzare" con lo scopo di restituirli "civilizzati" alla società e  con la speranza che non siano adulti deviati e problematici.
Ma, in realtà, la colonia di Belle-Île-en-Mer, un’isola al largo della Bretagna, è tutto fuorché un luogo di rieducazione e fuggire da quell'incubo in terra è il sogno di ogni ragazzo costretto a trascorrere l'adolescenza tra quelle tristi mura.

La storia narrata tra queste pagine si ispira a vicende realmente accadute.


LA FURIA
di Sorj Chalandon



Guanda Ed.
336 pp
Jules Bonneau ha solo tredici anni quando fa il suo ingresso a Belle-Île-en-Mer, una colonia penale per minori in cui questi ultimi, sottoposti a una disciplina rigorosissima, sono costretti a lavorare in ambito agricolo o marittimo per scontare la propria pena detentiva.

Non è necessario aver commesso chissà quali reati per essere imprigionati in questo postaccio; non ci sono solo delinquentelli col vizio di rubare, aggredire, creare scompiglio, appiccare incendi, ma anche vagabondi o orfanelli senza nessuno a prendersi cura di loro.

Jules non ha più una madre, la quale lo ha abbandonato anni prima, lasciandogli come ricordo un foulard dal quale il ragazzo non si separa mai; suo padre non è mai stato in grado di prendersi cura di lui e lo ha infatti mandato a stare dai propri genitori che però, a loro volta, non hanno mai avuto alcuna voglia di crescere ed educare questo nipote ribelle e testa calda.

"Sono nato senza parenti, né genitori né amici. Senza baci di una madre, né ordini di un padre. E anche senza bambini al mio fianco, amici a scuola...".

Quando, dopo averne combinata una delle sue, Jules viene arrestato e messo a Belle-Île-en-Mer, non sa cosa lo aspetta.

Ma lo scoprirà a breve, perché in quella prigione per ragazzi le guardie dominano sui giovanissimi detenuti, trattandoli con inumana severità e soprattutto sfogando su di loro rabbia e frustrazione attraverso punizioni corporali feroci.

"Ci manipolavano, ci spezzavano, ci modellavano come un impasto. Macinavano i chicchi cattivi. Ci volevano teneri e lisci come pane bianco, In cella di sorveglianza i mascalzoni, i problematici, i ladruncoli. Sotto il tunnel di schiaffi i degenerati, i depravati, gli incorreggibili. In isolamento gli infami. Spezzare i piccoli, annientare i più grandi, i sogni degli uni, la rabbia degli altri. Trasformare quelle potenziali prede in futuri soldati, poi in uomini, e poi in niente. Spettri che vagano nella vita come nei bracci di una galera, servili, vergognosi. (...) Che non si ribelleranno mai".

Leggere il resoconto del protagonista (e voce narrante) su come sono le giornate a Belle-Île-en-Mer è tristemente doloroso perché purtroppo parliamo di cose che accadevano (e accadono ancora oggi in alcune realtà) davvero, e basta cercare informazioni su questa colonia per rendersi conto che Chalandon non ha calcato la mano ma - con quell'approccio da giornalista e documentarista che gli appartiene per professione - ha riportato, attraverso Jules, ciò che realmente si verificava tra quelle mura.


Parliamo, ovviamente, non solo di botte e manganellate fino a ridurre i malcapitati come stracci sul pavimento, ma anche di altri tipi di abusi, inclusi quelli sessuali.

E in una sera come le altre, mentre i prigionieri sono in mensa, accade qualcosa che in fondo non è una novità, ma solo l'ennesimo episodio di un sopruso violento dei sorveglianti su uno (tra i più giovani e deboli) dei ragazzetti.
La vittima è Camille Loiseau, un ragazzino fragile, taciturno, timido, di quelli che le prendono sempre da tutti - guardie e detenuti più aggressivi e bulli -, senza che riesca mai a reagire.
È uno dei tanti che là dentro è esposto alla violenza e alla feroce "disciplina educativa" di Belle-Île-en-Mer, e soffre sicuramente come ognuno dei carcerati.
Eppure verso di lui Jules Bonneau sente sorgere un inaspettato senso di pietà e protezione, benché faccia di tutto per soffocarlo, perché in quel luogo infernale non puoi permetterti alcuna emozione o empatia, che è sinonimo di debolezza.

Ma in quella sera del 27 agosto 1934 i ragazzi in mensa si ribellano alle guardie carcerarie e scatenano un putiferio che porterà ben cinquantasei di loro - tra cui Jules e Camille - ad evadere dalla colonia. 

Mentre scatta la caccia agli adolescenti - operazione che vede impegnati non soltanto le guardie e i gendarmi, ma pure abitanti e turisti di Haute-Boulogne, spinti dalla promessa di una ricompensa in danaro (venti franchi per ogni fuggiasco acciuffato e riconsegnato) -, Jules si ritrova a nascondersi e scappare in quella landa aspra e desolata che è al di fuori della prigione e ad accompagnarlo c'è Camille, gentile, coraggioso, leale, propositivo e convinto che... ce la possono fare a non farsi prendere!

Ma il piano avventuroso non procede secondo i desideri e le speranze, e in poco tempo tutti vengono catturati. 

Tutti tranne uno: il 56esimo evaso.
Jules Bonneau, appunto. 

Nella realtà - così come ha scoperto Chalandon, documentandosi -, sull'evaso mai ricatturato girarono poi un sacco di voci ed ipotesi su che fine avesse fatto; ebbene, l'autore immagina per noi un'identità per il 56esimo evaso e una storia al di là di quelle mura carcerarie.

Impariamo da subito a conoscere il protagonista attraverso il racconto che egli fa del proprio passato, della propria famiglia e della propria vita a Belle-Île-en-Mer.

Il suo soprannome è Tigna perché in quel posto maledetto Jules impara a farsi rispettare e temere, guadagnandosi questo soprannome: l'obiettivo ogni mattina fino a sera è sopravvivere a una realtà crudele, feroce, dominata da prevaricazioni, vessazioni e ingiustizie

"Tigna è la mia matricola e la mia rabbia. Il mio campo dell'onore".

Jules sogna di diventare marinaio e intanto, dentro di sé, cova una rabbia cieca che fa fatica a contenere ma che gli è assolutamente necessaria per non soccombere alla solitudine, alla tristezza, alla paura, al dolore, alle privazioni, alle cattiverie, alle violenze.

"Bonneau non poteva tradire la Tigna. io non avevo diritto ai sentimenti. I sentimenti erano un oceano dove annegare. Qui dentro, per sopravvivere bisognava essere di pietra. Non un lamento, non una lacrima, non un urlo e nessun rimpianto. Anche quando avevi paura (...), quando l'oscurità disegnava il ricordo di tua madre in qualche recesso della memoria".

"Nessuno sa niente. Nessuno, mai, parlerà di questa solitudine. Di questa miseria. Dell'immensità di una notte senza un tetto sopra la testa. Della brina del mattino che imperla la giacca di un povero.".

Tigna sa di dover essere sempre in atteggiamento di attacco perché solo così può tentare di difendersi e non farsi schiacciare.
E sa di non avere amici in quel luogo squallido, di non potersi fidare realmente di nessuno, anche se poi, durante quelle ore di fuga nella notte, il piccolo e innocente Camille si rivelerà essere il primo vero amico per la diffidente Tigna.

Jules, quindi, è l'evaso non catturato.
Ma come fa a salvarsi, a nascondersi, avendo tutto il villaggio pronto a cercarlo e a dargli addosso per consegnarlo alla giustizia?


"...ferito e furibondo. Sarebbe stata lei, la mia rabbia, a guidare i miei passi e a condurmi (...). Lei, a illuminare la traversata nella notte. Lei, la mia rabbia, a liberarmi di quella maledetta isola. Volevo che le mie galosce lasciassero nella sua terra l'impronta della mia furia".

Grazie a scaltrezza, pazienza e non poca fortuna, ci riesce e deve ringraziare in particolare una persona: Ronan, il pescatore di sarde, l'anarchico che va contro le istituzioni e lo stato.

Nell'imbattersi in quel selvaggio spaventato e diffidente, Ronan è deciso a non denunciare: non ci tiene a intascare il prezzo di un ragazzino, ma anzi - senza che Jules capisca perché - si offre di coprirlo e di aiutarlo, prendendosene anche i rischi.
Rischi che è costretta a prendersi anche la di lui consorte, Sophie, che accetta suo malgrado di tenersi in casa un delinquentello che tutti ad Haute-Boulogne stanno cercando.

Quando incontra la moglie del pescatore, Jules si rende conto di conoscerla già e di averla incontrata più di una volta proprio a in prigione...

Cosa accadrà a Jules Bonneau, il cui destino è - che lo voglia o meno - nelle mani di una coppia di estranei, di cui non sa nulla ma della quale non ha altra scelta che fidarsi?

Per uno come lui, cresciuto a pane e abbandoni, assenze, miserie e percosse, dare fiducia a un altro essere umano è tutt'altro che semplice.

"Io non ero mai stato accarezzato, rassicurato, consolato. Sin dall'infanzia, la mia sofferenza era stata solitaria e brutale."

Intelligente e consapevole della propria natura, Jules non esita a definirsi una canaglia; egli non cerca di impietosire il suo "salvatore", non lo prega, non piange, non supplica: lui è una Tigna, uno cresciuto  senza padre, senza madre, senza niente di tutto ciò che rende umani.
E sa di essere una furia vivente e a questa rabbia impetuosa non vuole, non può e non deve rinunciare perché è lei la sua garanzia per restare vivo.

A cosa porterà l'incontro tra questi tre esseri umani che, ad unirsi, hanno più da perdere che da guadagnarci?


Ciò che Chalandon ci racconta, in questo romanzo, non è una semplice avventura in stile "fuga da Alcatraz" e non è neanche (solo) la denuncia delle drammatiche e terribili condizioni in cui sono costretti a vivere i minori affidati a certi riformatori (cosa che mi ha ricordato, ad es, il film "Sleepers"): il dopo evasione si sofferma sull'evoluzione di Jules, sulla sua maturazione umana, sulle sfide che è chiamato ad affrontare e che lo costringeranno a interrogarsi su sé stesso e sul prossimo.

Jules è un ragazzo che non ha conosciuto amore, baci e carezze, protezione, sicurezza, cura, comprensione, amicizia...; il suo giovane bagaglio d'esperienza è pieno di fatti e vicende intrisi di dolore, angoscia, solitudine, sfiducia, pugni e schiaffi, rabbia, crudeltà.

Quanto può essere difficile per una persona con una tale vissuto affidare la propria vita a uno sconosciuto?

Eppure, anche per lui potrebbe essere arrivato il momento di aggiungere un'altra esperienza al proprio background: nel mondo ci sono persone semplicemente buone, altruiste, mosse da valori e principi che le rendono degne di fiducia e rispetto.

Non è facile tenere a bada la Tigna, sempre pronta a riapparire e a guidare Jules a reagire con aggressività e rabbia.
Del resto, le delusioni sono dietro l'angolo perché i suoi aiutanti non sono perfetti, sono esseri umani anch'essi, con le proprie debolezze, i propri errori, le proprie idee, e può succedere di non capire il perché di certe scelte, azioni, comportamenti.

Jules dovrà imparare a liberarsi della furia che finora gli ha permesso di sopravvivere in una realtà deviata, malvagia, ingrata, e accogliere l'idea che sia possibile vivere diversamente, che può circondarsi di persone perbene, che se alzano una mano su di lui non è per dargli un ceffone ma un'amichevole pacca sulla spalla, che ridono con lui e non di lui, che sono pronte a confidargli segreti e fragilità perché sanno che egli non le tradirà.

Il lettore assiste, curioso e anche un po' commosso, alla crescita umana ed emotiva del protagonista che, pian piano e non senza dubbi e turbamenti, sarà chiamato a decidere quale natura far predominare di sé, se credere che c'è speranza anche per una Tigna come lui di uscire fuori dall'isola di rancori e infelicità in cui è cresciuto e di andare incontro a un destino differente da quello che altri erano pronti a scrivere per lui.

Questo romanzo di Chalandon mi è piaciuto molto e mi ha suscitato molte emozioni durante la lettura, cosa inevitabile perché tra queste pagine vengono narrati episodi di violenza, vessazioni, brutalità nei confronti di ragazzini che già provengono da famiglie disagiate, e in più si ritrovano a dover subire di tutto là dove, invece, dovrebbero ricevere aiuto, educazione e l'opportunità di cambiare, migliorare e scegliere una vita onesta e non criminale.

Ci si affeziona a Jules nonostante lui faccia di tutto per rendersi detestabile, mostrandoci il lato di sé più cinico e disilluso, ma il lettore si pone al fianco di Ronan e accoglie quella rabbia, la comprende e la guarda da vicino non per giudicarla ma per incanalarla, per offrirle nuove opportunità e speranze.

Bello, lo consiglio; il mio primo incontro con Chalandon è assolutamente positivo e conto di conoscerlo ancora meglio attraverso altri suoi scritti.


sabato 29 marzo 2025

[ Storie dietro storie ] Dietro le pagine di "La furia" di Sorj Chalandon



La prossima recensione che pubblicherò a breve ha a che fare con un luogo e una storia reali, sebbene i personaggi e le dinamiche che li vedono coinvolti siano opera della fantasia dell'autore.

Sto parlando del romanzo del giornalista francese Sorj Chalandon, La furia (Guanda Ed.).

In questo libro (L'enragé), Chalandon racconta la storia della fuga di un adolescente (che nel romanzo si chiama Jules Bonneau) rinchiuso in un istituto penale educativo Belle-Ile-en-Mer (a Haute Boulogne), negli anni '30.

Il protagonista riesce ad evadere dalla colonia in seguito ad una rivolta in cui sono coinvolti oltre cinquanta "detenuti" come lui.

Il fatto (nel romanzo come nella realtà) accadde nell'agosto 1934, quando i ragazzi della colonia si ribellarono alle guardie e ai sorveglianti - in seguito all'ennesimo episodio brutale di maltrattamento verso un giovanissimo ospite della struttura - e diedero vita a quella che fu denominata la “Rivolta dei bambini”.

In quella ribellione feroce, i ragazzi distrussero mobili, scavalcarono muri e fuggirono per le campagne nei dintorni della prigione.
Erano in cinquantasei e sulle loro tracce si misero non solo le guardie ma anche gli abitanti di Belle-Île, i turisti addirittura e, ovviamente, la gendarmeria.

Dopo ore di ricerche, i giovani evasi furono catturati e riportati a Haute-Boulogne, dove furono sottoposti a terribili punizioni...
Uno soltanto di essi pare che non fu mai acciuffato: il 56esimo evaso.
E proprio su di lui, Chalandon - svestendo per un po' i panni di giornalista e indossando quelli di romanziere - inventa una storia immaginando il dopo la fuga.


Di quei fatti, a quel tempo, ne parlarono tanti giornalisti, sensibili all'argomento dei maltrattamenti e delle torture che i ragazzini rinchiusi nella penale erano costretti a subire, e lo stesso poeta Jacques Prévert scrisse la poesia "Caccia all'adolescente" (La Chasse à l'enfant), che rendeva omaggio a un prigioniero annegato durante il tentativo di fuga (il famigerato 56esimo). 


Brevi informazioni storiche

La colonia penale di Belle-Ile-en-Mer ha ospitato minori dal 1880 al 1977; prima del 1880, la struttura era una prigione politica, per poi essere convertita dal nuovo direttore, Edouard Périer de la Hitolle, in una colonia penale per minorenni delinquenti, a scopo marittimo e agricolo.

Nella colonia vi erano sia giovani detenuti assolti (ma comunque non restituiti ai genitori) per aver agito "senza discernimento", sia giovani condannati a pene detentive da 6 mesi a 2 anni. 

Nei primi tempi, nelle baracche di Haute-Boulogne viveva un centinaio di ragazzi dagli otto ai vent'anni; nel 1897 si stima che ci fossero ben 400 ospiti.
L'età era variabile: potevano esserci adolescenti tra i 14 e i 18 anni, come anche decine di 12-13enni; ad accomunare la stragrande maggioranza di loro era la provenienza da contesti di indigenza e da famiglie che oggi definiamo "disfunzionali". 

Erano ragazzi con alle spalle storie di povertà, abbandono, con un'infanzia infelice, passata più che altro nelle strade dei quartieri più miseri; spesso analfabeti, tanti di loro venivano internati anche per reati minori o per vagabondaggio.

Bisogna aspettare il secondo dopoguerra perchè qualcosa inizi a cambiare nella concezione di questi istituti rieducativi per minori e affinché venga sancito il primato dell'istruzione sulla repressione.

Nel 1977 vi è la chiusura definitiva degli stabilimenti Haute-Boulogne.






Cosa ha ispirato Chalandon nella stesura del libro?

Come egli stesso ha dichiarato, c'è molto di sé e del proprio vissuto in questo romanzo e in Jules Bonneau, il protagonista.

Durante la sua infanzia, Sorj è stato un figlio picchiato e costantemente minacciato dal padre di finire in  riformatorio se solo avesse preso un brutto voto o commesso errori di qualsiasi genere (anche rovesciare un bicchiere).
Si può ben dire che la parola "riformatorio" abbia ossessionato gli anni della sua infanzia.

Nella casa in cui è cresciuto non c'era una vasta biblioteca di famiglia, anzi: c'erano più che altro libri sulle SS e su Hitler. 
Sorj, spinto dalla voglia di leggere altro, si recava di nascosto in biblioteca e lì lesse diversi libri sul tema del maltrattamento dei minori, scoprendo che, nel corso dei secoli, c'è sempre stato qualche bambino che gli somigliava, che era stato picchiato e trattato male dagli adulti. 

Pur non essendo mai stato in riformatorio, sapeva che esistevano questi luoghi attraverso la bocca del padre e attraverso la letteratura.

Nel 1977, mentre lavorava al quotidiano Libération, seppe della chiusura del centro educativo (?) di Belle-Île-En-mer, che tra l'altro era uno dei centri menzionati dal padre quando lo  minacciava di chiuderlo in un penitenziario per minori.

Non decise immediatamente di scrivere un pezzo sul giornale per cui lavorava per parlare della colonia di Belle-Ile che stava chiudendo, in quanto avrebbe dovuto prima spiegare cosa fosse e perché fosse importante parlarne.
Ma quando più tardi andò in vacanza proprio in quei luoghi, fu come se le voci dei ragazzi gli chiedessero di non dimenticarli.

Quando capì che era arrivato il momento di documentarsi, scoprì che gli archivi della prigione erano andati praticamente distrutti a causa di un incendio nel 1959. 
Non restava che attingere alla stampa dell'epoca, e fu così che si imbattè nella rivolta del 1934 e nella notizia che in 56 fuggirono ma in 55 furono catturati. 
E il 56°? 

Su di lui le notizie si facevano via via più confuse ed è in quel "buco" che si inserisce Chalandon, che pensò: "Papà, volevi che andassi in un riformatorio? Beh, ci andrò!".
E vi entrò attraverso il suo protagonista, Jules Bonneau.

 

Sorj Chalandon è nato nel 1952. È stato per trent’anni corrispondente e giornalista per «Libération», prima di entrare nella squadra di «Le Canard Enchaîné». Ha coperto i maggiori conflitti del secolo scorso, dal Libano all’Afghanistan. Con suoi reportage sull’Irlanda del Nord e il processo di Klaus Barbie si è aggiudicato il Prix Albert-Londres nel 1988. Tra i suoi romanzi precedenti Il mio traditore (Mondadori, 2009), Chiederò perdono ai sogni (Grand Prix du Roman de l’Académie française; Keller, 2014), La quarta parete (Prix Goncourt des lycéens, Premio Terzani; Keller, 2016), La professione del padre (Keller, 2019). Le sue opere sono state tradotte in numerosi Paesi.

LA COLONIA PENALE
di Belle-Île-en-Mer

(Archivi dipartimentali del Morbihan, 9 Fi 154/259)



Refettorio della Casa di Sorveglianza 
di Belle-Île-en-Mer, 1930
 (© Henri Manuel - Biblioteca digitale ÉNAP)




venerdì 28 marzo 2025

Dal 1° aprile in libreria: DIMMI CHE NON VUOI MORIRE di Stefania Crepaldi

 

Buon pomeriggio, cari lettori.

Oggi desidero segnalarvi un'anteprima: è in uscita, tra pochi giorni, il nuovo romanzo di Stefania Crepaldi, DIMMI CHE NON VUOI MORIRE.

LINK AMAZON

Mescolando le atmosfere cupe del noir con quelle brillanti della commedia, Stefania Crepaldi costruisce un'indagine ricca di sorprese che ha come oggetto i contrasti, le speranze, le insicurezze che accompagnano chiunque cerchi di dare una direzione alla propria esistenza.


Sinossi
Salani Ed.
304 pp
16 euro


Chioggia. Mentre la nebbia, con tempismo perfetto, invade la laguna nella notte di Halloween, Fortunata è china su un cadavere.
Nessun macabro scherzo però, è soltanto il suo lavoro: sta truccando il viso di un'anziana signora per il funerale che si terrà di lì a poche ore.

A dire il vero la ragazza ha sempre desiderato un destino diverso, magari come pasticciera o come cuoca in un grande ristorante, ma suo padre ha bisogno di lei nell'impresa funebre di famiglia e farebbe qualunque cosa pur di rimandare i sogni della figlia.
Il giorno dopo, Fortunata riceve una chiamata d'urgenza. Il suo padrino Dante Braghin, colonnello della Guardia di Finanza, deve darle due notizie.

La prima: c'è una giovane donna, soffocata nell'incendio di una fabbrica, e vorrebbe che fosse lei a occuparsi del trasporto in ospedale.
La seconda, ben peggiore: il loro comune amico, l'agente Vito Sabelli, l'uomo che più volte le ha spezzato il cuore, è di nuovo operativo.

Sono i segni inequivocabili che altre disgrazie stanno per scombussolarle la vita, quando il suo unico desiderio sarebbe quello di sfornare pasticcini e rendere felici gli altri.



Altri romanzi con protagonista Fortunata:

1. Di morte e d'amore: La prima indagine di Fortunata, tanatoesteta (2022) RECENSIONE

2. Morire ti fa bella (2023)
 

L'autrice.
Stefania Crepaldi è da dieci anni editor freelance di narrativa. Dirige l'agenzia letteraria Editor Romanzi e la scuola online di scrittura LabScrittore. Ha scritto diversi libri di narratologia. Ha vinto il concorso letterario IoScrittore. Ha creato la serie letteraria di Fortunata, la tanatoesteta. Del primo romanzo della serie, edita da Salani Editore, sono stati opzionati i diritti per la realizzazione di una serie TV.

giovedì 27 marzo 2025

L'ARTE DELLA GIOIA - miniserie tv [ RECENSIONE ]

 

Buonasera, lettori.

Il post di oggi non è dedicato ai libri bensì a una serie tv che ho visto recentemente.


L'ARTE DELLA GIOIA


Regia: Valeria Golino.

Spregiudicata, ammaliatrice, sensuale, voluttuosa, conturbante, manipolatrice, indipendente, sfacciata, testarda, determinata, ambigua...: Modesta (Tecla Insolia) è, modestamente, questo ed altro ancora.

Nata il primo giorno del primo mese del 1900 in una famiglia siciliana poverissima, cresciuta da una madre brusca e severa (pronta ad incatenarla al muro pur di provare a "raddrizzare" quella figlioletta ribelle, disubbidiente e sfrontata) e con una sorella disabile, Modesta viene su come un animaletto selvatico, pronta a seguire, sin da bambina, unicamente una strada: quella della propria volontà, a sua volta guidata dai sensi, dalla costante e famelica ricerca del piacere.

Modesta è una piccola donna che va incontro al proprio destino senza mai abbassare la testa e, se sembra chinarla, è solo per convenienza, perché in realtà sta architettando qualcosa per liberarsi da qualsiasi forma di giogo, di dipendenza dagli altri ed ottenere ciò che desidera.

Lei non è fatta per essere incatenata da regole, convenzioni, obblighi, stereotipi: è uno spirito libero e la ricerca e l'affermazione della propria libertà saranno gli obiettivi ultimi di ogni sua decisione, da quelle (apparentemente) prese in modo istintivo (costretta dalle circostanze avverse) a quelle ragionate e orchestrate.

Dopo aver subito da bambina un abuso sessuale ed essere rimasta (nella medesima, drammatica situazione) sola al mondo, viene raccolta e accolta presso un convento di suore con suor Leonora Brandiforti (J. Trinca) quale madre superiora.

Modesta cresce nel convento, venendo ovviamente avviata a una vita consacrata a Dio, tra preghiere, digiuni, punizioni corporali autoinflitte per disciplinare lo spirito e tenere lontane le tentazioni, in mezzo a novizie e sorelle giovani e anziane.

Ma su tutte, spicca lei, suor Leonora: ancora giovane e bella, ha un atteggiamento dolce e paziente e prende a cuore la piccola e selvaggia Modesta, intuendo il grandissimo bisogno di affetto e di vicinanza fisica ed emotiva che la divora, nonché la spiccata intelligenza, e così Modesta diventa presto la sua preferita, con la quale Leonora ama trascorrere il tempo, coccolandola, aiutandola a studiare, educandola nei buoni principi cristiani., con la speranza che un giorno la giovanetta, crescendo, prenda i voti.

Ma non basta un velo o un rosario tra le mani per diventare spose di Cristo; Modesta avrà pure il vestito severo e triste da novizia, la "scuffietta" candida in testa a nasconderle la bella chioma bruna, lo sguardo umile e gli occhi bassi... ma non è "suora dentro".

Dentro le arde una fiamma che non è quella della fede, dello Spirito Santo, bensì la fiamma del piacere, della gioia di vivere e di farlo intensamente, con tutta se stessa e traendone il massimo del godimento e del profitto personale.

Con gli anni, Modesta diventa una giovinetta carina e sveglia, consapevole di poter raggiungere i propri scopi attraverso una falsa e calcolata accondiscendenza, attraverso i propri sorrisi seducenti e rivolge verso suor Leonora tutto il proprio amore romantico e sensuale, finendo per cercare di sedurla, convinta che anche l'altra provi per lei i medesimi slanci affettivi e fisici.

Ma Eleonora vede in Modesta una tentazione che viene dal maligno per allontanarla dalla retta via, così decide di allentare i rapporti (fino a quel momento molto stretti e confidenziali) con la sua protetta.

L'incrinarsi di questo legame sarà l'inizio di una serie di decisioni ed azioni da parte di Modesta non prove di conseguenze drammatiche, che l'allontaneranno dal convento per condurla nella dimora dei Brandiforti, la famiglia di Leonora.

Tra le mura di questa villa tanto grande quanto tetra e cupa, Modesta si ritroverà via via al centro di dinamiche e legami ambigui, di torbidi segreti e di trame scaltre da lei stessa ordite, con lo scopo di diventare un elemento indispensabile per la nobile famiglia che l'ha accolta.

La padrona di casa è la mamma di Leonora, la principessa Gaia Brandiforti (V.Bruni Tedeschi), una donna dalla personalità forte, autoritaria ma con non poche fragilità e picchi di isteria, che vengono fuori quando si vede contraddetta o disobbedita.

Tiene sotto scacco tutti, in casa, a cominciare dalla figlia Beatrice (A. Noce), una ragazza molto carina e dolce, che s'invaghisce - ricambiata - di Modesta; Beatrice è succube della principessa, che la tiene reclusa dentro casa e non le permette di avere una vita sociale, convinta che nessuno vorrà mai sposare la ragazza a causa della sua zoppia.

Modesta si presenta inizialmente come una fanciulla dall'animo candido, timida e inesperta, abituata a giornate di privazioni e preghiere, ma questa "recita" le serve solo per entrare sempre più in profondità nella famiglia, così da conoscerne le dinamiche, le verità inconfessate e tentare di prendere le redini del palazzo in mano.


La miniserie (la prima stagione è composta da sei episodi) è l'adattamento televisivo del romanzo omonimo di Goliarda Sapienza, pubblicato integralmente nel 1998, dopo la morte della scrittrice.

È una serie fatta davvero molto bene, bella in ogni suo aspetto (cast, fotografia, costumi...) , che rapisce lo spettatore dal primo momento; Modesta è una protagonista ricca di fascino per le sue innumerevoli sfaccettature: intriga e desta addirittura ammirazione nonostante sappia essere crudele, cinica, capace di compiere i gesti più malvagi pur di uscirne vittoriosa, di non farsi rovinare i piani da scomodi imprevisti; Modesta seduce, uccide, manipola, inganna..., è una vera e propria antieroina che respinge e attrae allo stesso tempo, in quanto la sua personalità è talmente travolgente, lei è così testarda, scaltra, libera, da ammaliare lo spettatore, che finisce per subirne il fascino provocante.

La Insolia è bravissima nell'esprimere e nell'incarnare la complessità della protagonista, nel restituircene tutta la gamma di emozioni, stati d'animo e intenzioni: Modesta sa essere dolce, paziente, tenera, obbediente, ma anche provocatrice, sicura di sé e del proprio potere seduttivo, diabolica e generosa, ma soprattutto sempre intenzionata a mettere al centro i propri desideri e il continuo ricercare la propria gioia in ogni cosa che fa.

Modesta è padrona della propria sessualità. del proprio corpo, ne dispone come e con chi vuole, va oltre pregiudizi e schemi sociali, è straordinariamente contemporanea nel suo essere emancipata e consapevole della propria femminilità.

Il mio parere su quest'opera della Golino non può che essere positivo.

lunedì 24 marzo 2025

[ Recensione ] SPLENDEVA L'INNOCENZA di Roberto Camurri



Con delicatezza e semplicità, in un'atmosfera che resta, dalla prima all'ultima pagina, intrisa di una struggente nostalgia, Camurri ci racconta una storia di amicizia amore e ideali, in cui ritroviamo la tenerezza e la passione del primo amore, l'allegra spensieratezza della gioventù, la forza di un'amicizia sincera che travalica gli anni e il passaggio all'età adulta, il peso di colpe per le quali non ci si è ancora perdonati e quella scomoda sensazione di essere intrappolati nel passato e di non aver ancora imparato a vivere appieno il presente.



SPLENDEVA L'INNOCENZA 
di Roberto Camurri


NN Editori
192 pp
Siamo a Monterosso, nelle Cinque Terre, dove "la paura dell'alluvione non passa mai" ma questo non ha impedito alla comunità di risollevarsi dopo una calamità naturale, di ritornare a vivere e di mettersi al passo coi tempi.
Solo il bar di Luca è rimasto uguale a quando lo gestiva suo padre: una sorta di ritrovo per nostalgici, cristallizzato nel tempo e sopravvissuto al suo naturale processo di usura e cambiamento.

Ma Luca è contento così: a quarant'anni non ha alcuna voglia di modernizzare il proprio locale perché è tra quelle mura, tra quei tavoli di plastica rovinati, che  trova la propria pace.

"È anche per questo che Luca continua a mantenere il bar così anacronistico. Si rende conto che è un rifugio, un posto adatto a chi vive ai margini, a chi non riesce a integrarsi nella contemporaneità. Un luogo privo di giudizio."

Del resto, se c'è una condizione che connota la sua esistenza è proprio la tendenza all'immobilità, all'abitudinarietà, al corazzarsi dietro gesti, atti, posti, compagnie... che sono sempre gli stessi e che lo proteggono dal caos che c'è fuori.

Luca con il caos  e la confusione non è mai andato d'accordo, eppure c'è stato un momento in cui ci si è infilato mani e piedi nella baraonda di persone - sia giovani come lui che più mature - pronte a far sentire la propria voce con "l’ambizione di voler fare qualcosa per questo mondo che stava prendendo una direzione sbagliata"

Cambiare il mondo con la forza delle proprie idee e di animate proteste nelle piazze.

Ma questo è stato molto tempo fa, più precisamente nel 2001, quando Luca non aveva neppure vent'anni e amava divertirsi con i suoi due più cari amici - quelli di una vita, che ci sono da sempre e ancora oggi -, Pietro ed Alessio; quando il suo cuore e il suo corpo sussurravano un unico nome: Valentina.

Valentina è stato l'amore di gioventù: bella, solare, piena di vita ed energie, sensibile a tematiche sociali e politiche.
Valentina, che era accanto e sopra di lui ma allo stesso tempo irraggiungibile, inafferrabile.
Vicino a quella ragazza senza inibizioni e dolcemente sfrontata, Luca si sentiva inadeguato, come se non fosse alla sua altezza.

Ed è con Valentina e con lo scanzonato Alessio che, in quell'estate del 2001, Luca decide di andare a Genova in occasione del G8, per dare il proprio contributo in modo concreto partecipando al corteo di giovani e meno giovani, uniti dalla comune speranza di creare "un sistema equosolidale, di fratellanza tra i popoli, in pace con la natura e l’ambiente."


La narrazione del presente si alterna a quella del passato (estate 2001), così che passiamo dal conoscere Luca adulto a quello di oltre vent'anni prima, alle prese con il primo amore e i drammatici fatti del G8 di Genova, che credo in tanti non abbiamo mai dimenticato.

Nel presente, Luca vive le proprie giornate senza grossi slanci, impegnato con il bar e con una donna - Giulia - con la quale ha una relazione instabile, che vede lei andare e venire da casa di lui senza mai che questo rapporto diventi più definito, chiaro e duraturo.
Ma all'uomo sta bene così: i tanti flashback ci fanno capire come egli per primo non riesca (e non voglia?) investire in una relazione seria perché la verità è che non ha mai dimenticato Valentina, nonostante ella sia scomparsa da anni dalla sua vita e sia legata ad un episodio del passato che è poi il fulcro dell'indefinibile malessere che affligge Luca.

"Negli anni si è costruito una vita a prova di emozioni, una routine che lo tiene al riparo dalla sofferenza, dal caos emotivo, dalle aspettative e dalle speranze. Ha lavorato di cazzuola e cemento per costruirsi una difesa insormontabile, una roccaforte di apatia da cui si concedeva di uscire soltanto quando Alessio aveva bisogno di lui",

E Alessio ha di sovente bisogno dei suoi amici, Pietro e Luca; ma se il primo (l'unico fra loro tre ad essersi sposato) non sempre viene coinvolto nei guai di Alessio, ad esserci sempre è il pacato e razionale Luca, che non si stanca di correre dietro all'amico quando questi perde sé stesso a causa dell'abuso di alcol e droga.

A spingerlo ad aiutarlo non è soltanto l'affetto verso Alessio, ma anche qualcos'altro: un vecchio senso di colpa nei suoi confronti, che affonda le proprie radici in quell'estate 2001, in cui accaddero molte cose...


Splendeva l'innocenza è un romanzo che scorre placido per la maggior parte della narrazione, che trae la propria potenza narrativa non tanto e non solo dalle vicissitudini che coinvolgono i personaggi quanto dalla capacità dell'autore di prendere per mano, con estrema naturalezza e con un linguaggio semplice e asciutto, il lettore e indirizzarlo lungo quel sentiero che intraprende il protagonista: un sentiero contrassegnato dai ricordi.

Ricordi di parole, di risate e scherzi con gli amici; di attese trepidanti e ansiose alla stazione, di timidi sorrisi e gesti imbarazzati al cospetto dell'esuberante Valentina; di discorsi impegnativi su temi sociali importanti e su cui Luca - prima di Valentina - non aveva mai riflettuto.

Ma su tutti, i ricordi di quella giornata a Genova: la gioia della manifestazione prima che la piazza esplodesse e si verificassero i fatti sanguinosi che conosciamo.

Quel giorno è diventato una sorta di spartiacque nella memoria di Luca,  che "continua a muoversi in avanti con lo sguardo rivolto all’indietro".

Sarebbe stato più logico e saggio per lui lasciarsi il passato alle spalle in quanto ancorarsi con ostinazione a ciò che è stato è del tutto improduttivo, inutile e frena ogni volontà di diventare responsabili, di fare i conti con sé stessi, con quello che si è realizzato, con il tipo di persona che si è diventati.

Cosa c'è nel passato di Luca - e nel ricordo che ne ha - che lo blocca, che gli toglie serenità?
Tornare a quel punto di rottura è essenziale per fare pace con sé stesso e riuscire finalmente a non voltarsi più indietro ma a vivere il presente con lo sguardo rivolto al domani.


È un romanzo di cui ho apprezzato molto la scrittura (immediata e lineare, prima di fronzoli ma anche molto profonda), il potere della memoria e dei ricordi, il conseguente sentimento di nostalgia che pervade la narrazione e l'importanza della dimensione introspettiva, delle relazioni umane, delle fragilità, contraddizioni, paure, rimpianti e rimorsi del protagonista, che è un uomo semplice e complesso insieme, e nelle cui insicurezze e malinconie molti lettori si possono rispecchiare.

È stato il primo romanzo che ho letto di Roberto Camurri e credo che leggerò altro di suo.

martedì 18 marzo 2025

Recensione || I TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME di Diego De Silva



Quali sono - se ci sono - le parole giuste per descrivere una grande storia d'amore quando ormai è giunta al termine?
Fosco ed Alice si sono amati tanto e sono ad un passo dal dirsi addio.
Ciascuno si racconta con parole proprie, toccando fili che nessun atto giudiziario potrà mai anche solo sfiorare.


I TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME 
di Diego De Silva 



Einaudi
284 pp

"Se c’è una colpa che mi addosso, per gli ultimi tre anni soprattutto, è di aver finto di non capire che fra noi stava finendo. Colpa, non errore. L’errore è ignorante, inesperto o distratto. La colpa sa. Sapere e permettere: quello è colpa. Ho colpa di essere scappato mentre l’amore si sfaldava."

Fosco Donnarumma lo sa che con sua moglie Alice è ormai al capolinea.
Eppure i due vivono ancora insieme e condividono ogni spazio della casa in cui hanno vissuto insieme anni felici con il figlio Cristiano. 
Letto compreso.
Si può dormire insieme e non amarsi più?

Si può. 
Anche se in realtà non sarebbe corretto dire che Fosco non ami più Alice e viceversa.
L'amore non è evaporato come ghiaccio al sole, però evidentemente si è trasformato in un sentimento che non è più il motore sufficiente a far camminare e tenere in vita il loro matrimonio.

Marito e moglie si rivolgono entrambi agli avvocati; se Alice sceglie un'avvocata di grido, famosa anche per la sua presenza nei salotti televisivi, oltre che per essere battagliera e determinata, Fosco si affida all'amico di sempre, il buon Marco Barbirotti, il quale non solo gli prepara atti giuridici ma si offre per ascoltarlo e consigliarlo come fa un amico.

Il lettore ha modo, proseguendo di capitolo in capitolo, di entrare nelle vite dei protagonisti, di ascoltare dalle loro voci il racconto di questo amore che sta capitolando, anzi, è già capitolato.
Ma lasciarsi definitivamente, veder andar via l'altro con una misera valigia in mano in cui sono state infilate, in fretta e furia, le cose fondamentali, è meno semplice e meno liberatorio, di quanto sembri, a parole o col pensiero.

La verità è che la frattura che si è creata tra marito e moglie fa soffrire entrambi ed è lontana dall' essere risanata. 

Alice prova a parlare con Fosco della loro situazione, a farsi dare risposte, a fargli notare errori, distrazioni tutt'altro che irrilevanti, mancanze, parole non dette, ma lui sminuisce, glissa, ironizza, sembra non essere mai pronto a quel confronto con la moglie che li porterebbe dritti verso la soluzione.
Lasciarsi, punto.

E invece tutti e due si lasciano travolgere - e, con essi, il lettore - da un vortice di parole più o meno giuste o più o meno sbagliate, da abbracci notturni che rivelano un gran bisogno di tenerezza e vicinanza fisica e che ricordano come, anche se l'affetto non è svanito, esso comunque non basta a riaccendere la fiamma dell'amore, perché i silenzi, le spalle voltate e le porte sbattute sono altrettanto forti.

Allora, se non siamo in grado di dircele come dovremmo, chiediamo aiuto agli avvocati, con le loro lettere e i loro ricorsi, con il loro linguaggio formale e burocratico. Forse sapranno trovare i termini giusti per descrivere la fine di questo amore per 
per mettere nero su bianco i "titoli di cosa di una vita insieme"?

– E i titoli di coda? – chiede.
– Li stiamo scrivendo, non vedi? Sono già questi, i titoli di coda.


E così assistiamo alle due opposte posizioni dei coniugi in fase di separazione: Alice aspira a una conclusione più drammatica, come se renderla ufficiale e sostenuta da parole forti e nette, desse dignità e sostanza al loro grande amore, di cui sono rimaste le macerie, le ferite. 
Sia lei che il suo avvocato cercano il conflitto, la separazione davanti al giudice con contorni evidenti, raccontati con passione, sull'onda di recriminazioni e accuse sulle mancanze e le colpe dell'altro.

Al contrario, Fosco è quasi indifferente,  ha un atteggiamento passivo, arrendevole, non accusa di nulla la moglie e subisce ogni attacco, adeguandosi ad ogni sua richiesta e condizione. 

Ma essi stessi si rendono conto che i documenti in cui i legali tentano di ridurre il loro matrimonio sono mortificanti e, in realtà, non rendono neanche lontanamente l'idea di ciò che è stata la loro vita insieme. 

Ma allora come fare per trovare le parole giuste e per riscrivere con una dignità diversa i titoli di coda della loro storia?

Fosco ed Alice decidono di ritirarsi in una casa amata, tra i fantasmi dal passato e di quella felicità tradita, rivedendo persone che hanno accompagnato gli anni felici dell’infanzia di Fosco e, più tardi, quelli con Alice.

Trovarsi lì, in quella casa, diventa un modo per attraversare insieme il viale dei rimpianti fino a esaurire ogni sofferenza, per estrarre dalle macerie del tempo ciò che rimane vivo e trovare la forza di affrontare l'inevitabile anche quando ci si vorrebbe arrestare perché si ha paura.

In questo romanzo Diego De Silva si sofferma sulla coppia, in particolare su quei meccanismi, pensieri, timori, speranze, illusioni, su tutta la gamma di emozioni e sentimenti che possono accompagnare due persone che si vogliono ancora bene ma che, allo stesso tempo, non riescono e non sanno più come fare per continuare ad essere una coppia.
Una coppia che, in realtà, "s'è già lasciata" ma non sa dirselo, perché dirselo fa soffrire troppo e così procrastinano, "allungano il brodo" per tener lontano il dolore - quello tagliente, lacerante ed inevitabile - che accompagna la separazione definitiva.

È senza dubbio un testo per lo più scorrevole, forse un po' lento in alcuni passaggi, in cui la parte narrativa è arricchita da molte considerazioni e riflessioni, diverse delle quali sicuramente profonde.

Nonostante si racconti di un amore naufragato, i toni sono leggeri (senza essere superficiali) ed ironici, il punto di vista dei due si alterna e così di ciascuno dei due protagonisti possiamo conoscere le speranze, le delusioni, le felicità sepolte, il complicato groviglio di sentimenti che nutrono l'uno verso l'altra e verso la fine de loro amore.

Attraverso Alice e Fosco, il lettore ha modo di riflettere e farsi domande sull'amore, sui rapporti di coppia e su ciò che può "rovinarli" (abitudinarietà, assenza di dialogo, timore di affrontare i problemi, ignorare/trascurare le esigenze dell'altro, minimizzare le difficoltà, le richieste di aiuto ecc...) in un'ottica mai pesante (da seduta psicoterapeutica di coppia, per intenderci) ma con la giusta dose di sensibilità mista a una sfumatura agrodolce e malinconica.

Complessivamente, mi è piaciuto.



CITAZIONI

"...l’abitudine è un segreto di Pulcinella, è il tappeto sotto cui nascondiamo la polvere dei rapporti finiti, basta semplicemente sollevarlo, con intenzione o per inciampo (il piú delle volte è inciampando che si smuovono le cose)."

"L’amore è intelligente, e sa aspettare. Con gli anni ho imparato ad ascoltarlo, e ho capito che la sa piú lunga di me. Soprattutto, l’amore non è orgoglioso. Accetta il dolore, se lo considera un giusto prezzo. Certo, è tanto bello il tempo in cui si scrive a quattro mani la stessa storia, uniformando la prosa, dandole ritmo, profondità e leggerezza".

"Ma chi soffre e non lo dice, chi convive con un dolore che non passa (un dolore che ti segue con la fedeltà di un cane, che prende le tue abitudini e t’impone le sue, che ti cambia nell’intimo e anche nell’aspetto: non sorridi come una volta, anzi non sorridi piú, tendi le labbra, volti sempre un po’ la testa perché non ti guardino negli occhi), prova un sentimento che non aspira all’uguaglianza, che rifugge dalla classificazione".

"Con gli anni mi sembra di aver capito che il carattere di una persona è fatto soprattutto di insistenze. Medie e piccole maniacalità da cui siamo abitati o sopraffatti, che ci rendono molto piú comuni di quanto pensiamo di essere."

"È quella la solitudine, non vuoto ma mancanza, non trovare piú la mano nel buio che ti tiene quando la cerchi. "

"...quel rimorso somigliava allo smarrimento degli amori perduti, lasciati andare alle prime avvisaglie di stanchezza, quando al senso di liberazione iniziale segue la vera solitudine, che è mancanza di uno e non di tutti (perché le persone sono infungibili, e non esistono vuoti colmabili)."

"...sono le minuzie che modellano la vita insieme. I piccoli gesti ricorrenti con cui disegniamo le parole nell’aria, i tic (che l’altro ben conosce e tollera oppure ama, se ti ama proprio tanto), le pause che ci prendiamo per ribattere, sono la punteggiatura della convivenza."

"...i libri danno una sensazione termica simile al calore, ma meno definita. Qualcosa che intuisci piú che sentire. Le case con i libri sono piú abitate di quelle senza libri. 
E piú vive".

«Dai dolori guariamo superandoli. Letteralmente: lasciandoceli alle spalle, voltandoci e scoprendo di aver messo abbastanza strada fra noi e loro, abbastanza da sentirci sicuri di non poter piú essere raggiunti».

«Aspetto la fine del mio sogno come il momento in cui mi volterò indietro e non vedrò piú, nemmeno sollevandomi sulle punte, quella casa che avevo e che ho perso».



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...