Antonio è uno psichiatra che ogni mattina deve sopportare la sveglia che suona, andare incontro ad una Salerno che si sta svegliando, capricciosa e malinconica, stare attento ad eventuali cagnolini isterici e recarsi a lavoro: forza, Antonio, i matti ti aspettano, e forse anche un serial killer con la fissa per le prostitute anzianotte!
L'UOMO CHE DORME
di Corrado De Rosa
Rizzoli LINK |
Antonio Costanza, il protagonista di questo noir, è uno psichiatra di Salerno, quarantenne, separato da tra anni da Sara, l’ex compagna con cui ha un figlio di 11 anni, Luca.
Sta vivendo quella fase della vita in cui si ritrova “avvolto da una ragnatela e piano piano si era accorto che, dentro quella ragnatela, ci stava comodo”; insomma, una sorta di inspiegabile indolenza lo sta attanagliando e nulla e nessuno sembra riuscire a risvegliarlo.
Eppure il suo lavoro (psichiatra e consulente del Tribunale per i crimini violenti) gli mette davanti anche casi alquanto interessanti, come nel caso dei brutali omicidi di due anziane prostitute che stanno agitando la città.
Ogni giorno Antonio è alle prese con disadattati cronici, persone che si fingono pazze per specifiche (ed egoistiche) ragioni ed altre che sembrerebbero folli ma in realtà sono “semplicemente” ciniche e str****.
Come affronta tutto questo il dottor Costanza?
C'è da dirlo: nonostante l'apatia e la svogliatezza che connotano i suoi atteggiamenti, Antonio è molto coscienzioso e per nulla superficiale quando si tratta di agire con onestà e professionalità verso i pazienti; mostra invece frettolosità e insofferenza con i colleghi, in particolare con quelli che lui stima molto poco, come il dott. Gambardella, il primario dell'ospedale in cui Antonio esercita la propria professione e di cui lui disapprova quasi tutte le decisioni, ritenendolo un tipo che tratta gli altri con sufficienza, un mediocre che non prende posizione e che agisce per "convenienza" personale.
La vita relazionale di Costanza è pari a zero: è un tipo scontroso, che “gioca al piccolo eremita” nei rapporti sociali, è insofferente verso il genere umano, non ama parlare di psichiatria al di fuori dell’orario di lavoro e manifesta sfacciatamente un'aria annoiata se eventuali interlocutori tirano fuori questi discorsi, detesta i luoghi comuni e gli stereotipi sugli psichiatri e sulla follia (del tipo, ogni forma di violenza - ad es. un omicidio efferato - è riconducibile alla follia) ed è insospettabilmente scaramantico (ad es. si lava i piedi scalzo per scongiurare sciagure appostate dietro l'angolo).
Sta vivendo quella fase della vita in cui si ritrova “avvolto da una ragnatela e piano piano si era accorto che, dentro quella ragnatela, ci stava comodo”; insomma, una sorta di inspiegabile indolenza lo sta attanagliando e nulla e nessuno sembra riuscire a risvegliarlo.
Eppure il suo lavoro (psichiatra e consulente del Tribunale per i crimini violenti) gli mette davanti anche casi alquanto interessanti, come nel caso dei brutali omicidi di due anziane prostitute che stanno agitando la città.
Ogni giorno Antonio è alle prese con disadattati cronici, persone che si fingono pazze per specifiche (ed egoistiche) ragioni ed altre che sembrerebbero folli ma in realtà sono “semplicemente” ciniche e str****.
Come affronta tutto questo il dottor Costanza?
C'è da dirlo: nonostante l'apatia e la svogliatezza che connotano i suoi atteggiamenti, Antonio è molto coscienzioso e per nulla superficiale quando si tratta di agire con onestà e professionalità verso i pazienti; mostra invece frettolosità e insofferenza con i colleghi, in particolare con quelli che lui stima molto poco, come il dott. Gambardella, il primario dell'ospedale in cui Antonio esercita la propria professione e di cui lui disapprova quasi tutte le decisioni, ritenendolo un tipo che tratta gli altri con sufficienza, un mediocre che non prende posizione e che agisce per "convenienza" personale.
La vita relazionale di Costanza è pari a zero: è un tipo scontroso, che “gioca al piccolo eremita” nei rapporti sociali, è insofferente verso il genere umano, non ama parlare di psichiatria al di fuori dell’orario di lavoro e manifesta sfacciatamente un'aria annoiata se eventuali interlocutori tirano fuori questi discorsi, detesta i luoghi comuni e gli stereotipi sugli psichiatri e sulla follia (del tipo, ogni forma di violenza - ad es. un omicidio efferato - è riconducibile alla follia) ed è insospettabilmente scaramantico (ad es. si lava i piedi scalzo per scongiurare sciagure appostate dietro l'angolo).
Non solo, ma ha le sue manie: ama fare classifiche su tutto, ha il terrore dei cani di piccola taglia, è appassionato di Lego..., insomma è tutto fuorchè un soggetto semplice, anzi, a volte lui stesso ritrova nel proprio modo di essere un che di "strano", quasi di folle.
Un tipo come lui, che vuol starsene in santa pace, lontano da rogne e casi mediatici, rifiuta a priori di interessarsi ai già citati casi di omicidio delle prostitute.
La prima vittima è una sessantenne che esercitava l'antico mestiere da molti anni, era nota e conduceva in fondo una vita tranquilla: viene ritrovata strangolata con un paio di forbici in gola e un altro negli organi genitali...
L'ispettore Cantillo - uomo scrupoloso e professionale - e il pm Crisci, raccolti gli indizi a disposizione, hanno un primo nome quale principale indiziato: un macellaio in odor di camorra, dedito allo sfruttamento della prostituzione, accusato (anche se poi "miracolosamente" scagionato) di violenza sessuale su una minorenne.
Vito Senatore, il macellaio che conosceva e frequentava la vittima e quella notte sembra essere passato davanti all'abitazione della stessa, non è proprio uno stinco di santo e a tanti piacerebbe vederlo andare in prigione e buttare le chiavi. Lui si dichiara innocente e mentre è in carcere un'altra prostituta di quasi settant'anni viene brutalmente assassinata.
Senatore è dunque innocente, nonostante la fedina penale tutt'altro che immacolata faccia di lui il sospettato ideale?
Le indagini proseguono e acchiappare il successivo indiziato, nonchè probabile colpevole, non sarà difficilissimo, grazie alle tracce da lui lasciate sul luogo del delitto.
Al centro del romanzo non c'è tanto la ricerca ossessiva del colpevole quanto l'aspetto psichiatrico, relativo alla follia: due assassinii così orrendi sono frutto di una personalità malata o "soltanto" di una incontenibile malvagità?
Come dicevo qualche rigo su, Antonio Costanza non vuol essere coinvolto in questo caso di cui tutti parlano, ma ahilui dovrà occuparsene, un po' perchè si ritrova a parlarne con persone che gli chiedono pareri - come la giornalista Laura - e soprattutto perchè a un certo momento gli viene affidato l'incarico dal pm di stendere una perizia psichiatrica.
Come dicevo qualche rigo su, Antonio Costanza non vuol essere coinvolto in questo caso di cui tutti parlano, ma ahilui dovrà occuparsene, un po' perchè si ritrova a parlarne con persone che gli chiedono pareri - come la giornalista Laura - e soprattutto perchè a un certo momento gli viene affidato l'incarico dal pm di stendere una perizia psichiatrica.
Sullo sfondo di una Salerno "perennemente in bilico tra l'ambizione di essere una provincia virtuosa e la frustrazione di non potersi considerare una metropoli", vivace o sonnacchiosa (in base ai momenti) spettatrice delle cose che accadono tra le sue strade, nelle sue case, nei suoi bar, si stagliano tanti personaggi, molti dei quali, pur non essendo i protagonisti, danno il loro contributo alla narrazione e su di essi l'Autore si sofferma (anche solo brevemente), mostrandoceli nella loro umanità, semplice e complicata insieme, ognuno con i propri piccoli o grandi problemi da risolvere e affrontare.
Mi vengono in mente degli esempi: l'antipatico Gambardella, a ben guadare, ha il suo carico personale di sofferenza, di cui i colleghi (che pure gli sono accanto quotidianamente) non sanno nulla e che ci induce a non giudicarlo troppo male quando fa la carogna...; lo stesso colpevole, non ci viene descritto sottolineando il carico di malvagità che gli appartiene, la sua perversione..., perchè se c'è una cosa che l'Autore - che svolge anch'egli, come il suo Antonio Costanza, la professione di psichiatra, in special modo dà i suoi pareri medici circa la presenza e l'uso della follia nei processi di mafia e terrorismo - non fa è giudicare moralmente i suoi personaggi, condannarli e darcene un quadro volontariamente negativo.
E' il lettore a decidere, se vuole, come e chi giudicare e secondo quali personali criteri, non rientra nell'interesse dello scrittore e neppure del protagonista, che cerca la verità non il colpevole.
Antonio è un uomo che di per sè non ha nulla di particolarmente attraente, e forse ciò che spesso lo rende affascinante agli occhi degli altri, in particolare del gentil sesso, è proprio il suo lavoro di psichiatra; certo, se si riesce a fare un buco nella scorza di riservatezza e apatia dietro cui egli si trincera, si nota che sa essere spiritoso, è colto, brillante, non banale, sincero e senza peli sulla lingua.
Laura è l'unica che, dopo tanto tempo, riesce a risvegliare un minimo di interesse in lui, perchè oltre ad avere un sorriso favoloso, è discreta, non invadente (cosa che lui non sopporterebbe), intelligente, spigliata..., potrebbe essere, in pratica, la donna giusta con cui ricominciare ad avere una relazione sentimentale più o meno stabile, di quelle che solitamente caratterizzano la vita di un adulto responsabile.
Potrebbe, sì..., se non fosse che Antonio Costanza è "un narcisista difficile da governare, molto di più di quello che sembrava" ed entrare nel suo privato è una bella impresa, anche perchè lui per primo non sa cosa vuole dalla vita.
Fino a questo momento, Antonio ha gestito con una naturale indifferenza il rapporto con l'ex, la bellissima Sara, e con lei cerca soltanto di dividersi le ore da trascorrere col figlioletto Luca, cercando di essere un papà comprensivo, aperto, attento ai piccoli problemi che il ragazzino può avere alla sua età, sicuro e tranquillo che anche Sara faccia la sua parte di mamma responsabile.
Ma a un certo punto Sara confessa di avere un altro uomo accanto a sè... e questo manda in tilt il sempre compassato Costanza, che capisce di non essere pronto ad accettare che la mamma di suo figlio, a differenza di lui, si stia rifacendo una nuova vita, voltando le spalle definitivamente al passato con Antonio.
Gelosia? Hum, non è tipico di un indolente nato essere geloso, piuttosto la risposta alla sua disapprovazione verso la nuova relazione della ex è da ricercare proprio nel suo modo di essere, volutamente flemmatico, vagamente sociopatico, teneramente narcisista, un orso eternamente ripiegato nella propria tana, alle prese con le proprie piccole manie, con un padre anziano brontolone, un lavoro che comunque ama e un'esistenza da portare avanti giorno per giorno, da ricostruire pezzo dopo pezzo come si fa con i mattoncini colorati dei Lego e con l'occhio disincantato di chi si sente già stanco a quarant'anni.
Un noir che sa essere tanto scanzonato, ironico, brillante, quanto amaro, non soltanto perchè comunque si parla di omicidi, di assassini, ma altresì per via del suo particolare protagonista, un uomo che guarda la propria vita con rimpianto, con la frustrante consapevolezza che troppe cose gli stanno sfuggendo di mano, impedendogli di essere soddisfatto di ciò che è ed ha, e allo stesso tempo sembra impotente e incapace di svegliarsi dal torpore.
Sono diversi e non pochi i personaggi che gravitano attorno a lui, fotografati in tutta la loro precaria umanità, e la stessa città di Salerno è sfondo e personaggio insieme, per come ci appare viva nelle varie e brevi descrizioni.
In certi momenti ho trovato che Antonio avesse modi di fare davvero irritanti e che la sua allergia alla socializzazione gli facesse assumere un'aria di spocchia verso i suoi interlocutori; però allo stesso tempo, il fatto che l'Autore ci abbia dato di lui un ritratto a tutto tondo, onesto, in cui i mille difetti del protagonista non solo non sono nascosti ma sono evidenziati, seppur in modo simpatico, me l'ha fatto apprezzare; Antonio Costanza è una sorta di antieroe: è bravo nel proprio lavoro, che è quello di capire la mente contorta degli altri, ma quando si tratta di capire se stesso... diventa un incompetente e cade vittima delle proprie debolezze, del proprio modo di guardare la vita, così sospeso tra il nostalgico, un'indefinibile amarezza e la fastidosa sensazione di insoddisfazione cui neanche lui riesce a dare un nome e una spiegazione.
Consigliato, è un romanzo scorrevole, coinvolgente al punto giusto, con un protagonista particolare e un caso per le mani visto dalla prospettiva di chi sa riconoscere un pazzo da uno che non lo è.