Ci sono, custoditi tra le pagine di questo romanzo, una poesia, una delicatezza e un incanto che lo rendono quasi una favola, un racconto che fa bene al cuore e che ci ricorda quanto possa essere potente la scrittura e quanto bene faccia sentirsi liberi di raccontarsi, di aprire gli argini del proprio cuore senza il timore di venir giudicati.
TUTTI GLI INDIRIZZI PERDUTI di Laura Imai Messina
Einaudi 240 pp |
In questo posticino ameno, quasi magico, c'è il cosiddetto «Ufficio Postale
alla Deriva», qualcosa di originale, insolito e, a modo suo, speciale.
In questo minuscolo ufficio vengono conservate tutte le lettere spedite a un destinatario che però è irraggiungibile, vuoi perché non c'è il nome, vuoi perché manca proprio l'indirizzo. Missive mai recapitate, insomma.
Coloro a cui sono destinate lettere e cartoline possono essere destinatari di vario genere, anche i più bizzarri: dall'amore perduto e mai dimenticato all'inventore del fon, dal giocattolo preferito nell'infanzia e smarrito per sempre alla povera lucertola cui, da bambini, si è tagliata la coda.
Sono delle lettere particolari, lunghe o brevi, che non arriveranno mai nelle mani della persona/animale/ricordo/oggetto alla quale sarebbero destinati, e questo le rende preziose perché in esse c'è il cuore di chi le ha scritte, ci sono le sue lacrime, i suoi sorrisi, i sospiri e le risate, le malinconie e i rimpianti.
Ci sono frammenti di vite, a volte anche vite intere, tra quelle righe.
Ci sono le parole pensate e mai dette, per paura, per imbarazzo o vergogna, perché il tempo è sempre il solito tiranno, per tante ragioni diverse.
"Alla deriva", sì, perché queste lettere somigliano a quei suggestivi e romantici messaggi nelle bottiglie, affidate al mare, al caso, al tempo..., che vanno alla deriva, come naufraghi.
A me ricordano anche un po' un diario segreto che non faremo mai leggere a nessun altro, forse noi per primi difficilmente ne ripercorreremo le pagine, per tenere lontane quelle emozioni, quei ricordi troppo forti, travolgenti, che per i più disparati motivi (e bisogni) preferiamo allontanare da noi.
Parole che, in fondo, sono destinate praticamente a noi stessi e che mettiamo su carta perché scrivere fa bene, può curare, ci fa compagnia, ci aiuta a decifrare il mondo e, ancor prima, a capire la nostra stessa anima.
La protagonista è una ragazza dolcissima e gentile: Risa, che sbarca ad Awashima in un mattino freddo di primavera, portando con sé una sacca misteriosa gonfia di buste.
«Awashima è l’indirizzo che ha preso in carica tutti gli indirizzi perduti della terra».
È sbarcata in quest'isoletta giapponese per lavorare nell’Ufficio postale alla deriva e catalogare le tantissime lettere arrivate in dieci anni.
L'isola è incantevole ma si sta spopolando; dopo un iniziale atteggiamento di diffidenza verso questa giovane donna, gli abitanti si abituano alla sua presenza e imparano man mano a volerle bene, anche perché l'incombenza che s'è presa non è da poco: mettere in ordine la corrispondenza è un lavoro enorme e nessuno capisce perché una signorina laureata debba rintanarsi in quel luogo dimenticato da tutti per svolgere un lavoro davvero singolare.
Ciò che essi non sanno è che Risa ha più di una ragione per essere lì: anzitutto, suo padre è un postino e ha lavorato tutta la vita con serietà e sollecitudine affinché neppure una lettera andasse perduta.
E Risa è un po' come il suo amato papà: tenace, desiderosa di prendere le cose sul serio, di trattarle con delicatezza, e queste lettere - in cui ci sono istanti, pensieri, sentimenti, ricordi intimi e importanti delle persone - sono un tesoro da rispettare, meritano attenzione e cura.
E poi c'è un'altra motivazione, anch'essa molto personale: la sua defunta madre.
La sua è stata una madre presente, sì, ma in modo intermittente e sicuramente diverso da quello che ci si aspetta da una mamma; Risa la ricorda come una persona che viveva costantemente in un mondo interiore tutto suo, in cui conosceva parole magiche per evocare creature del bosco e in cui era totalmente immersa, dimentica della realtà vera, circostante.
Quella madre particolare le ha insegnato la poesia e la curiosità verso ciò che è estraneo, perché «è dall’incontro con gli sconosciuti che può nascere lo straordinario».
E se proprio sua madre le avesse lasciato un messaggio che è finito lì, nell'Ufficio alla Deriva? Non sarebbe un modo per tenerla ancora un po' con sé, vicina al cuore, per sentirne la voce attraverso le sue parole scritte?
Nel suo soggiorno sull'isoletta, Risa farà incontri speciali, che le faranno bene e che le insegneranno a guardarsi dentro, a non fuggire dalle proprie emozioni, a mettere a fuoco ricordi, desideri, speranze, timori e quel legittimo bisogno di amore che si scontra con la paura di lasciarsi andare e di soffrire.
Avrà anche modo di ricordare un episodio dell'infanzia (quando aveva solo tre anni) che aveva sepolto nei recessi della propria memoria e, riaffiorando, la riempirà di quell'inspiegabile gioia che si prova quando si riesce a recuperare qualcosa di importante che pareva smarrito per sempre.
"Tutti gli indirizzi perduti" è un romanzo che mi ha ammaliata con la sua atmosfera quasi da sogno, con una storia deliziosa che, nella sua semplicità, emana poesia, incanto, umanità, dolce malinconia, tenerezza; la protagonista mi ha conquistata per la sua personalità sensibile, buona, riflessiva, per le sue fragilità e insicurezze; particolare l'ambientazione che, pur essendo reale, sembra quasi fantastica, irreale, forse per quel carattere esotico, ricco di fascino e suggestione che l'Oriente esercita.
Una lettura molto introspettiva, delicata e profonda, che tocca, con un linguaggio immediato e diretto, temi universali, come i legami famigliari, l'amore, le paure che ci bloccano, i sentimenti segreti e intimi mai espressi a voce alta, e tutta quella sfaccettata e meravigliosa galleria di emozioni che connota e dà senso alla vita di ogni essere umano.
Consigliato!!
Beautiful post
RispondiEliminaThanks
EliminaPlease read my post
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