martedì 11 agosto 2015

Recensione: HO LASCIATO ENTRARE LA TEMPESTA di Hannah Kent



Come anticipato ieri sera, ho un'altra recensione maturata nel fine settimana da condividere con voi.
Lasciatemi il vostro parere, se viva, e ditemi se è un romanzo che avete letto (e cosa ne pensate) o se vi piacerebbe leggerlo.

HO LASCIATO ENTRARE LA TEMPESTA
di Hannah Kent


Ed. Piemme
364 pp
17.50 euro
2014




“Ho lasciato entrare la tempesta” è un romanzo che parte da fatti realmente accaduti ed è, come dice l’Autrice stessa in appendice al libro, frutto di ricerche approfondite condotte nei luoghi in cui si è svolta la storia di Agnes Magnusdottir.

Siamo nell'Islanda del Nord, e il lettore conosce Agnes Magnusdottir come una donna poco più che trentenne, condannata all’esecuzione capitale insieme a un giovanotto di nome Fridrik Sigurdsson per concorso in omicidio, ai danni di due uomini, Natan Ketilsson e Petur Jonsson.


In attesa di morire, Agnes viene condotta dalla prigione in casa di un uomo, Jon Jonsson, che vive con la moglie Margret e le due figlie Steina e Lauga, che conducono la loro tranquilla esistenza nella propria fattoria.
Apprendere di dover ospitare un’assassina condannata a morte lascia sbigottita la famiglia, che teme per la propria incolumità e reputazione, ed infatti da subito tutti si dimostrano distanti e sgarbati con la prigioniera, mostrandole ostilità e freddezza.

Agnes è consapevole del proprio destino, ma sa che stare presso la famiglia Jonsson sarà sempre meglio che essere rinchiusa in una squallida prigione, coperta di fango e a marcire al freddo.

Ma il freddo è dentro di lei, nel suo cuore, nella sua anima, e consuma ogni singola fibra del suo corpo: Agnes è sempre stata una ragazza molto intelligente – troppo per i gusti degli altri, che hanno sempre visto questo suo acume come un aspetto negativo, proprio di una persona malvagia – e si rende conto che nonostante sia ancora fisicamente in vita, in realtà è già morta dentro.
È forse per scacciare quel buio mortale che è radicato ormai in lei che la donna ha richiesto la presenza di un certo reverendo Thorvardur Jonsson (detto Toti), affinchè l’accompagni nel suo cammino verso la morte, risollevandole lo spirito e avvicinandola a Dio?

Certo, Toti è un vicario così giovane ed inesperto da sembrare davvero la figura meno adatta per assolvere ai doveri di tutore spirituale a vantaggio poi di una donna ambigua, mossa da cattivi sentimenti e pensieri, scaltra e diabolica qual è reputata Agnes Magnusdottir.

Eppure, lei vuole inspiegabilmente (anche se la ragione ci verrà detta in itinere) Toti come suo tutore, e lui accetta il compito pur sentendosi inadeguato e confuso. Del resto, di cosa può aver bisogno una condannata a morte se non di preghiere e letture bibliche?

Ma Toti non è un ragazzo insensibile e frequentando la casa di Jon e parlando con Agnes si renderà conto che quest’ultima non è un corpo vuoto in attesa della fine, bensì un’anima e una mente ricca di pensieri, sentimenti e di fatti da raccontare. Agnes è una donna che ha sempre sofferto nella propria vita e che ha dovuto imparare a sottomettersi e ad obbedire a sempre nuovi padroni, cosa che del resto è abituata a fare da quando è piccola: abbandonata troppo presto dalla madre, e dal patrigno subito dopo, Agnes è costretta a vivere in più famiglie, lavorando duramente come una serva, facendo i lavori più umili e degradanti e incontrando nel suo cammino poche persone buone e troppe che l’hanno maltrattata, insultata, usata.

Natan compreso.

Natan è un personaggio davvero inquietante: un fattore esperto nell’arte della medicina, portata avanti non secondo i metodi tradizionali, ma attraverso l’uso di erbe e misture che, in quel momento storico (siamo nell’Islanda del 1829) vengono visti di mal occhio, come se fossero opera del diavolo (anche se poi, di nascosto, tanti, anche benpensanti di un certo rango, vanno da lui per chiedergli aiuto), idea favorita dalle voci sinistre e spaventose che ruotano attorno a quest’uomo, dichiaratamente miscredente e con strane capacità di preveggenza.

Cosa c’entra Agnes con Natan? E perché si è arrivati ad accusarla del suo omicidio?


L’Autrice intervalla una narrazione in terza persona – che si sofferma su Toti e sulla famiglia che accoglie l’assassina – a quella in prima persona, in cui ci apre il cuore e i pensieri tormentati e sofferti della povera Agnes, che ha un passato pieno di episodi da svelare…
Un passato che l’ha vista cercare amicizia e amore, ricevendone però amare ricompense.

La dolce ed ingenua Sigga, che ha lavorato insieme a lei presso Natan, poteva essere sua amica, ma un triste destino le ha allontanate, a causa dell’unico uomo che Agnes ha mai amato…


Anche Sigga è stata condannata per l’omicidio di Natan e Petur ma con risvolti decisamente diversi…
Come mai? Quanto contano i pregiudizi delle persone, che arbitrariamente e sulla base di aspetti secondari, decidono che un altro essere umano sia buono o cattivo, ingenuo o furbo?

Inizialmente, l’unica persona disposta ad ascoltare la donna è Toti, che sente pietà mista ad una insolita attrazione per la prigioniera, i cui occhi di ghiaccio e i gli sguardi intensi lo turbano non poco.

Pian piano, anche la giovane Steina comincia a sentire una certa simpatia e affinità per Agnes, contravvenendo agli ordini paterni di non rivolgerle la parola; la sorella minore Lauga non comprende come Steina possa solo pensare di fare amicizia con una criminale, e così pure la madre, Margret, gravemente ammalata, che prova repulsione e diffidenza verso la sgradita ospite.

Ma Agnes ha così tante cose da dire di sé, e gli inverni in Islanda sono così freddi, che sedersi vicino al fuoco, con una tazza di latte tra le mani a parlare ed ascoltare… diviene automatico, anche tra persone che non hanno nulla in comune.

E forse, quando si ascolta con attenzione qualcuno – anche se questo qualcuno sembra non avere il diritto di parlare e dire la sua, soprattutto perché la legge e la morale hanno già stabilito che è un soggetto riprovevole - ci si rende conto che la verità non è mai una sola, e che anche le storie tristi e difficili hanno diritto ad una voce che le racconti, a delle orecchie che le ascoltino... e a dei cuori disposti a sentire, a immedesimarsi, a capire i perché e i come.

L’Autrice ci fa entrare in una modesta casa islandese dell’800, ci fa sentire odori e sapori, ci fa provare il freddo gelido delle notti in cui la neve cade inesorabile, ci narra leggende e racconti propri di quell’epoca, dandoci anche particolari sulle pratiche dello scuoiare gli animale e del conservarne le interiora ecc.. 
Il lettore entra nella vita di una famiglia di quel tempo e nella storia con tutti e cinque i sensi, e col cuore soprattutto, perché comprenderà che le parole piene di dolore e rimpianto di una donna, la cui sorte è segnata irrimediabilmente, non possono non smuovere qualcosa dentro, e si arriva alla fine della storia con un filo di commozione e tristezza, per un finale che non può essere modificato, ma che la Storia ha già deciso, scritto e tramandato.

Un romanzo che prova a riscattare questa figura femminile, ritenuta dai suoi contemporanei una strega, una brutta persona legata a pratiche diaboliche… ma che probabilmente è stata soltanto una donna sola, sfortunata, che ha lasciato entrare la tempesta nella propria vita e si è trovata in balia di persone ed eventi più grandi di lei, che l’hanno travolta e fatta annegare.

Una storia ben raccontata, intrisa di molti elementi reali ed altri fittizi, che ci regala lo spaccato di una realtà distante da noi per tempo e spazio, ma vicina se pensiamo a quante persone, nel corso della storia europea (donne in primis), hanno pagato e pagano a caro prezzo il peso di superstizioni e dei modi di pensare ignoranti e bigotti.

Nel viene fuori il ritratto di una donna straordinaria, per vissuto e personalità, ma normale e “comune” per sentimenti, bisogni e desideri.

Mi è piaciuta molto l’ambientazione, sia i luoghi – che hanno un che di esotico, con i loro nomi difficili da scrivere e da pronunciare – sia l’atmosfera, un po’ oscura, per via delle vicissitudini della protagonista, e lo scendere nei dettagli nella narrazione, che va avanti fluida, interessante e soffermandosi sull’interiore dei personaggi e su come i rapporti possano cambiare quando si trascorre del tempo insieme, semplicemente parlando e ascoltando.

Consigliato!!

lunedì 10 agosto 2015

Recensione: IL RAGAZZO IN SOFFITTA di Pupi Avati



In questo week end ho terminato due libri ed iniziato un altro.
Eccovi la recensione di...


IL RAGAZZO IN SOFFITTA
di Pupi Avati


Ed. Guanda
256 pp
16 euro
2015
Berardo Rossi detto Dedo è popolare e brillante, è negato per il latino e tifa Milan anche se vive a Bologna. Giulio Bigi è timido e sovrappeso, legge l’Eneide come fosse «Tuttosport» e indossa orrende cravatte. Due quindicenni che sembrano appartenere a pianeti diversi, se non fosse che ora abitano nello stesso palazzo e frequentano la stessa classe… E che nella famiglia di Giulio c’è un segreto che coinvolgerà, suo malgrado, anche Dedo. Giulio, infatti, non ha mai visto suo padre, chiuso in ospedale fin da prima che lui nascesse. Ora quello sconosciuto sta per tornare a casa. Ma non è la persona che lui si aspetta. Mentre dagli armadi del passato emerge una favola nera di ambizione musicale e passione non corrisposta, Dedo si rende conto che il «ciccione del piano di sopra» è diventato un amico, che quell’amico è in pericolo, e che è il momento di fare delle scelte: ora sono loro due contro tutti. Da una Trieste intrisa di nostalgia a una luminosa e cinica Bologna,  
Pupi Avati mette in scena nel suo primo romanzo un intenso intreccio psicologico e una vicenda ricca di suspense: la storia di un’amicizia adolescenziale, di un lungo amore, di una nera vendetta. E crea con Dedo e Giulio due protagonisti di estrema autenticità: due ragazzi costretti a diventare grandi affrontando le sconfitte dei loro padri.

Pupi Avati è uno dei più amati registi italiani contemporanei, con all’attivo oltre quaranta tra film, sceneggiati e miniserie televisive che gli sono valsi numerosi premi. Ha pubblicato nel 2013 la sua autobiografia, La grande invenzione. Questo è il suo primo romanzo.



Volere bene è un mistero che lo capisci solo se ci pensi molto.

Questa semplice verità, sostenuta da un 15enne di Bologna, introduce la storia, anzi le storie raccontate per noi dal regista Pupi Avati, che alterna la narrazione di episodi avvenuti in momenti e in città diverse ma collegate tra loro profondamente.

I due filoni narrativi, infatti, si svolgono l’uno a Bologna, l’altro a Trieste.

Nella Bologna dei nostri giorni conosciamo un adolescente vivace, intelligente, tifoso sfegatato del Milan e non proprio bravissimo a scuola, Berardo Rossi, detto Dedo, le cui giornate trascorrono tra compiti, amici e il pensiero di essere notato dalla ragazza più bella e più snob della scuola, Olimpia.
La sua vita scorre tranquilla e serena, finchè un giorno i genitori (separati) affittano la mansarda di loro proprietà ad una famiglia, composta da una mamma e dal proprio figlio, Giulio Bigi, coetaneo di Dedo.
I due, oltre a vedersi nello stesso stabile, si ritrovano anche compagni di classe, e Dedo, con l’acume e quel pizzico di cinismo proprio dei ragazzi della sua età, comprende subito che tipo sia il suo nuovo compagno; Giulio è infatti un ragazzone grasso e timido, imbranato e strano, con quelle cravatte ridicole su cui sono disegnati personaggi famosi e che contribuiscono a dargli un’aria ancor più buffa.

Come si fa a non prenderlo in giro con gli amici? Per essere strano, è strano eccome, Giulio, ma è bravo in Latino e traduce l’Eneide “che è una bellezza”, offrendosi di aiutare Dedo, con cui desidera fare amicizia e dal quale vuole essere accettato. 

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E ben presto, tra i due ragazzi, seppure diversi per carattere, nasce un’affinità ed una 
amicizia che diventerà preziosa per entrambi, che sarà un'occasione di crescita e insegnerà loro che nella vita non si è soli se si “hanno le spalle coperte” da un amico che c’è e ti resta accanto anche quando tutti ti abbandonano e il mondo sembra crollarti addosso.
Sì perché Giulio è preoccupato e lo dice a Dedo: suo padre, che è in ospedale e che non ha mai visto e conosciuto in vita sua, sta per tornare a casa… e il ragazzo non sa come affrontare questa nuova esperienza con un uomo cui deve voler bene…ma che in realtà è un estraneo.

Ma il peggio deve ancora venire perché tutti i dubbi di Giulio dovranno fare i conti con una realtà ben peggiore: suo padre non è l’uomo che lui aveva immaginato; è sì ormai provato e bisognoso di cure… ma dietro a quel corpo fragile e a quella mente non proprio lucidissima, si cela qualcosa di ben più grave: un segreto “vecchio di anni” ma fresco nella memoria di tanti…, un segreto che sua madre si è tenuta dentro e che non ha voluto condividere col figlio, per preservarlo, proteggerlo… Ma da cosa?

Chi è quest’uomo che vive nella soffitta di Dedo? E quale terribile segreto Giulio ha scoperto sul proprio padre?
Quando il segreto rischia di non essere più tale, Dedo, che non è un ragazzo indifferente, anche se una piccola parte di sé vorrebbe non essere coinvolta in affari più grandi di lui, dovrà fare una scelta e l’affetto sincero, che lo lega a Giulio, lo porterà a restargli vicino nel momento del maggior bisogno. Perché è così che fanno i veri amici.

“Giulio piange e allora lo abbraccio e lui mi stringe come credo nessuno mi abbia mai stretto nella mia vita, come se stando così attaccati riuscisse a darmi un poco di quel male bestiale che lo sta mangiando dentro. Né mio padre né mia madre, nemmeno la nonna mi hanno mai stretto così forte e vorrei stringerlo anche io così per fargli capire che questa roba terribile non ci ha divisi ma ci ha uniti e che io so quanto lui è solo e disperato.”

Come dicevo, la narrazione si sposta da Bologna a Trieste, raccontandoci di fatti e persone che, capiremo man mano, sono avvenuti prima dell’incontro e dell’amicizia dei due ragazzi e che  sono anche strettamente collegati ad essi.

In che modo? Eh beh, il nocciolo sta proprio lì, quindi mi guardo bene dallo svelarvelo; vi dico soltanto che a Trieste conosceremo un’altra mamma con il suo bambino, Samuele Menczer.

Quella di Samuele è la storia di un figlio che era il centro del mondo per la sua mamma, la quale riverserà su di lui non soltanto  il proprio amore ma anche ogni alta aspettativa e speranza, convinta che il figlio possa diventare un virtuoso del violino, e muoverà – fin quando e come le sarà possibile – mari e monti perché Samuele studi con impegno lo strumento e sia ammesso in scuole prestigiose per diventare un grande violinista. 
La tortuosa strada del musicista gli permetterà di conoscere una donna, della quale si innamorerà perdutamente e che popolerà i sogni e l’immaginazione di Samuele in modo ossessivo, come se fosse realmente la sua amante, tanto da non riuscire ad avere relazioni con altre donne senza sentirsi un traditore verso il suo amore.

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Ma la sognata carriera di violinista gli farà raccogliere anche una serie di umiliazioni in pubblico, che faranno nascere e crescere in lui – che già ha una personalità un po’ particolare, un modo di vedere e considerare se stesso poco obiettivo (si crede davvero un virtuoso del violino, forse per rispetto ai desideri materni), unito alla convinzione di essere volutamente fatto fuori per invidia dagli altri musicisti - sentimenti, pensieri negativi e pericolosi, di rancore, vendetta, rabbia, frustrazione… Tutte cose che non saprà gestire e che gli procureranno dei guai e lo indurranno a commettere un’azione terribile…

E se il mondo della musica sembra sbattergli pian piano la porta in faccia, quello dell’amore invece sembra finalmente fiorire e portargli tra le braccia l’unico amore della sua vita, una vita che però continua non essere generosa con Samuele…

Cosa lega la storia di Samuele e dei fatti di Trieste con i due adolescenti uniti contro il mondo in quel di Bologna?


Pupi Avati ci regala una storia intensa che non si allontana dalla tematica del rapporto padre-figlio (presente del resto in alcuni suoi film, almeno per come ricordo io, tipo Il papà di Giovanna o Un ragazzo d'oro), rivestendola di continue e complesse conflittualità, di mancanze e assenze che chiedono di essere riempite di vere presenze, di parole e di amore, anche se questo non è sempre possibile perché la vita è davvero ricca di sorprese, raramente belle

E ricco di sorpresa è soprattutto il finale, che ci regala un colpo di scena; infatti, se è vero che abbastanza in fretta comprendiamo cosa collega Dedo/Giulio a Samuele Menczer, ciò su cui l’Autore sofferma la nostra attenzione è costituito dai risvolti psicologici dei personaggi, delle loro azioni e scelte.

Pur essendo una storia drammatica - come drammatica è la verità difficile che dovrà affrontare il povero Giulio sul padre e sul suo terribile passato,  lo e è la decisione di un adolescente vivace di farsi carico del problemi dell’amico, proteggendolo come meglio può, e infine lo sono le vicende che coinvolgeranno Samuele, da tutti additato come un mostro crudele – Pupi Avati ce la racconta con intenzionale leggerezza, con intelligenza e acume, alternando linguaggio e momenti ironici, simpatici (che vedono protagonisti Dedo, i suoi commenti e le sue battute, i comportamenti strambi del fratellino autistico Follo…), giovanili, anche se mai privi di significato, a linguaggio e momenti più seri, narrati in modo realistico ma con garbo, mettendo a nudo la psicologia dei personaggi, le loro emozioni, le speranze disattese, la paura del fallimento; quella paura che “va tenuta lontana, che è una malattia della mente dalla quale occorre guarire(cit.); non mancano i momenti di suspense, che coinvolgono il lettore dal punto di vista emozionale.

Fa sorridere di tenerezza il cambiamento di Dedo, che da ragazzino spensierato e un po’ egoista diventa altruista, capace di preoccuparsi per l’amico, col quale condivide e vive il passaggio dall’infanzia (nel senso di atteggiamenti e modi di fare “da ragazzi”, senza grosse responsabilità) all’età adulta, in cui la vita mette davanti a situazioni complicate e che richiedono scelte mature.

La soffitta diventa (mia personalissima interpretazione) per Dedo, ma in special modo per Giulio, il luogo simbolico e oscuro in cui risiedono le loro paure, in primis la paura di conoscere e affrontare verità gravi e terribili davanti alle quali è necessario mostrare coraggio, salendo gradino per gradino le scale buie che conducono fin su, “penetrando nella zona buia del corridoio che è un buio infinito, che si prolunga e ancora si prolunga sotto i miei piedi che strisciano insicuri sul piancito buio” (cit.) e dare a loro stessi l’opportunità di mettersi alla prova, di rafforzare un’amicizia, di liberarsi di fantasmi tormentati e tormentanti, stringendosi insieme in un dolore unico, che li accomunerà e li avvicinerà per sempre.

Concludendo, davvero un bel romanzo, mi piace molto la scrittura di Pupi Avati, i suoi intrecci, l’attenzione posta sui rapporti umani e sulle loro difficoltà e implicazioni psicologiche; in tanti momenti mi ha fatto sorridere e sicuramente mi ha coinvolta, pagina dopo pagina; insomma il mio giudizio è assolutamente positivo e non posso che consigliarne la lettura!

domenica 9 agosto 2015

Dietro le pagine di "Ho lasciato entrare la tempesta" (Burial Rites) di Hannah Kent



Come vi dicevo, ho in lettura "Ho lasciato entrare la tempesta" (titolo originale: Burial Rites), ambientato nel 1829, nell'Islanda del nord, e che vede protagonista una serva chiamata Agnes Magnúsdóttir, giudicata colpevole di aver ucciso il suo datore di lavoro mentre era addormentato.

storie dietro storie
Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerchine che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
".

Immediatamente condannata dalla piccola comunità in cui è cresciuta, Agnes è stata anche e soprattutto condannata a morte. La sua è stata l'ultima esecuzione eseguita in Islanda, avvenuta 12 di gennaio 1830 a Þrístapar (Thristapar).
Agnes Magnúsdóttir fu decapitata insieme al complice Friðrik Sigurðsson  per l'omicidio di Natan Ketilsson e Pétur Jónsson.
Il romanzo si basa su questi eventi realmente accaduti.
Nel 1996 la storia di questa donna è diventata un film, diretto da Egill Edvardsson, con Maria Ellingsen.
Leggevo in web che ci sarà un altro film tratto dal libro, con Jennifer Lawrence nei panni della protagonista.

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Nel libro, la storia comincia con Agnes che fa il suo ingresso in una piccola azienda agricola di Kornsá, dove deve rimanere prigioniera fino alla data della sua esecuzione. Qui incontra il padrone di casa, sua moglie e le loro due figlie.
La famiglia è inorridita all'idea di avere un'assassina in mezzo a loro, ed evita di parlare con Agnes.
Solo Tóti, il giovane vicario nominato come suo tutore spirituale, desidera cercare di capirla.
Con l'avanzare dell'inverno, le difficoltà delle zone rurali costringono tutti a lavorare fianco a fianco, e pian piano  l'atteggiamento della famiglia inizia a cambiare verso Agnes, finché una notte, lei comincia a raccontare la sua versione dei fatti, e gli altri si rendono conto che non tutto è come avevano appreso.

L'Autrice ha sentito parlare di Agnes Magnusdottir nel 2003, quando viveva in una piccola città nel nord dell'Islanda. Durante i mesi invernali le è capitato di attraversare un luogo molto suggestivo chiamato Vatnsdalur. Quando ha chiesto ai suoi compagni di viaggio se la zona è stata significativa per una qualsiasi ragione (era coperto di piccole colline che quasi sembravano tumuli sepolcrali), le hanno detto che era il luogo dell'ultima esecuzione avvenuta in Islanda.
Curiosa,  ha insistito per ulteriori informazioni, e le è stato detto che due persone erano state decapitate per l'omicidio di due uomini; una di questi condannati era Agnes.
Da quel momento sono partite le ricerche personali dell'Autrice, che ha passato circa due anni a leggere tutto quello su cui poteva mettere le mani in merito a tutti gli aspetti dell'Islanda ottocentesca: ciò che la gente mangiava, gli abiti che indossavano, usi e costumi, canti popolari in occasione dei funerali, lavori stagionali e quotidiani, le malattie più diffuse, se gli uomini avevano la barba, che colore di biancheria intima indossavano le persone, quanto è pesante un vaso da notte, qual è il modo migliore per scuoiare un agnello..


Agnes (?)
Per rispondere a queste, e a ogni sorta di altre domande, ha letto i diari di viaggio di quel periodo, le saghe islandesi, le fiction di autori come Halldór Laxness, libri di storia, procedimenti legali, riviste - tutti gli articoli accademici su vaiolo, epidemie -, poesia. Ha anche trascorso sei settimane per la ricerca negli archivi nazionali di Islanda e nelle biblioteche, dove ha potuto studiare censimenti, registri ministeriali e 'registri delle anime', imparando la maggior parte dei fatti della vita di Agnes.
Ha anche trascorso qualche tempo visitando i luoghi in cui è ambientato il romanzo. E' stato un percorso molto intenso, molto gratificante, che ha richiesto un sacco di traduzione e un sacco di pazienza.


Read more: http://www.femalefirst.co.uk/books/burial-rites-325855.html

sabato 8 agosto 2015

Novità Newton Compton del 6 agosto



Ultime novità Newton Compton, dal 6 agosto in libreria!


trad. E. Farsetti
352 pp
9.90 euro
E L'AMORE BUSSO' 
di G.J. Wlaker-Smith


Charli Blake ha 17 anni non è facile, è considerata una piantagrane, ha una brutta reputazione e abita in un paesino sperduto, Pipers Cove, una piccola località sulla costa della Tasmania, l’ultimo posto dove vorrebbe stare. Proprio Charli, che sognava mille avventure in giro per il mondo, si ritrova bloccata laggiù e costretta a sopportare le angherie delle ragazze cool della scuola che fanno di tutto per emarginarla e metterla in ridicolo. 
Ma quando Adam Décarie arriva a Pipers Cove, direttamente da New York, sembra finalmente giunta la grande occasione anche per la giovane Charli. È convintissima, infatti, che Adam sia il ragazzo perfetto per lei e che proprio il destino lo abbia fatto finire in quel paese così lontano dalla civiltà.




trad. A. Sbardella
480 pp
12 euro
SOLO PER QUESTA NOTTE
di Megan Maxwell


Dopo aver consumato bollenti notti di passione in mezzo al mare, al termine della crociera durante la quale si sono conosciuti, Yanira e Dylan si sono trasferiti a Los Angeles per organizzare i preparativi per le nozze. 
Neanche lo zampino della ex di lui riesce a mandare a monte il matrimonio, così i due amanti si sposano.
Ma l'avventura in un gioco erotico particolare farà nascere sospetti, gelosie e varie separazioni, fino a che Yanira e Dylan non riusciranno ad evitare che le loro vite vadano fuori controllo…
Dopo il successo della trilogia erotica che ha conquistato centinaia di migliaia di lettrici nel mondo, Megan Maxwell torna con una nuova puntata delle sensuali avventure di Dylan e Yanira, inziate con Chiedimi chi sono.




QUELLA GELIDA NOTTE A STOCCOLMA
di Tove Alsterdal


In una fredda notte di primavera, Charlie Eriksson si butta da un balcone all’undicesimo piano di un condominio a Stoccolma. 
Poche ore prima della sua morte, un barbone però l’ha vista fuori da una discoteca, insieme a un uomo dai modi minacciosi. 
Ma chi potrebbe mai credere alla testimonianza di un senzatetto? 
Il caso viene archiviato come suicidio, anche perché la vita della giovane donna era segnata dall’abuso di droghe. Ma la sorella Helene vuole davvero capire quello che è successo a Charlie e comincia a dubitare che si sia suicidata. 
Perché era andata a Buenos Aires quattro settimane prima della sua morte? Seguendone le tracce si imbatte in indizi che la riportano indietro, fino al 1970, alla dittatura di Videla, al dramma dei desaparecidos, alla resistenza contro la junta militare, al dolore infinito e combattivo delle Madri della Plaza de Mayo. 
Scopre che la loro madre si era innamorata di un misterioso argentino, poi improvvisamente scomparso. Nella sua ricerca a tratti pericolosa Helene si confronta con una verità brutale. 
E presto si rende conto che ci sono ancora persone pronte a mettere a tacere tutti coloro che vogliano fare luce su un passato che, anche dopo così tanto tempo, rimane in gran parte oscuro e brucia come una ferita ancora aperta…

venerdì 7 agosto 2015

Il paese dei desideri. Il ricordo di Hiroshima di Tamiki Hara


Qualche giorno fa, precisamente il 6 agosto, è caduto il 70° anniversario dal terribile e devastante attacco nucleare che distrusse la città di Hiroshima. Il numero di vittime dirette è stimato da 100 000 a 200 000 persone, per la maggior  parte civili.
L'autore della raccolta di racconti che vi presento oggi è Tamiki Hara (1905 – 1951), scrittore e poeta giapponese. Fu uno dei sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima e le sue opere appartengono alla letteratura della bomba atomica.

Il paese dei desideri. 
Il ricordo di Hiroshima
di Tamiki Hara

Ed. Atmosphere
240 pp
16 euro
Luglio 2015
Sinossi

Pubblicati tra il 1949 e il 1951, i racconti Hi no kuchibiru (Labbra di fuoco), Chinkonka (Requiem), Eien no midori (Verde infinito), Shingan no kuni (Il paese dei desideri) sono incentrati sullo stato del Giappone del dopoguerra e soprattutto sulla complessa condizione psicologica dell'autore che, comune a molte persone, e in particolare a molti intellettuali del tempo, lo faceva oscillare tra ansie, paranoie, senso di colpa e apatia. 
Nei racconti qui presentati si ravvisano frammenti di memoria che affiorano e intervengono a riempire gli spazi vuoti di una realtà incompleta, ma il risultato non è mai rassicurante. 
La speranza di ritrovare una parvenza di normalità è frustrata, nelle persone più sensibili, da un senso di precarietà che sembra impossibile da estirpare. 
In Utsukushiki shi no kishi ni (Sulle rive di una morte meravigliosa), il quinto racconto, vi predominano le due immagini del protagonista maschile che, ormai presago del lutto della moglie, colpita da grave malattia, che lo colpirà di lì a poco, cerca di inventarsi una nuova quotidianità all'interno della città in guerra, e sua moglie che, nell'approssimarsi della morte, si rivela sempre più bella. "Il paese dei desideri" è considerato il testamento di Hara, poiché ne anticipa in maniera agghiacciante il suicidio.

Frammenti di... "Ho lasciato entrare la tempesta"



Sto leggendo il romanzo d'esordio di Hannah Kent, "Ho lasciato entrare la tempesta"; ecco u n pezzettino di questo libro, in cui la sfortunata protagonista, Agnès, si sfoga su quanto la faccia soffrire il giudizio superficiale di chi crede di conoscerti... ma in realtà non sa nulla di te.

"Non è giusto. La gente sostiene di conoscerti per le cose che hai fatto, e non perchè si è seduta ad ascoltare la tua versione dei fatti. Per quanto tu provi a vivere una vita retta, se in questa valle compi un passo falso, non sarà mai dimenticato. Non importa se hai agito per il bene. Non importa se dentro di te una voce sussurra: "Non sono come dite!". E' l'opinione degli altri che determina chi sei".




giovedì 6 agosto 2015

(anteprima libri). Prossimi arrivi a settembre (2^ parte)




Ed ecco ancora qualche anteprima..
Qualcosa vi attira?

LA TRAPPOLA
di Melanie Raabe


Ed. Corbaccio
336 pp
16.40 euro
in libreria:
10 SETTEMBRE 2015

Coinvolgente, raffinato, incalzante, La trappola avviluppa il lettore facendogli perdere il senso della realtà, per poi spiazzarlo nel finale.

Melanie Raabe è un vero talento. È tutto perfetto: trama, ritmo, suspense, psicologia dei personaggi. - Die Welt

Trama

Autrice di bestseller, Linda Conrads, trentott’anni, è un mistero per i suoi fan e per la stampa. 
Da undici anni non mette piede fuori di casa, una villa isolata sul lago di Starnberg. Solo pochissime persone sanno che dietro al successo straordinario della scrittrice si cela un terribile segreto. 
Molti anni prima, Linda, entrando in casa della sorella Anna, l’ha trovata riversa a terra, brutalmente assassinata e ha intravisto l’omicida che si dava alla fuga e che non è mai stato identificato.
 «Perché Anna è dovuta morire?» è la domanda che tormenta Linda da allora, così come il volto dell’assassino tormenta ogni notte i suoi sogni. Finché un giorno, casualmente, Linda si ritrova a fissare scioccata la televisione dove compare quel viso, il viso dell’assassino. 
È la spinta che le serve per uscire finalmente di casa: servendosi dell’unica arma che ha a disposizione, ovvero la sua capacità di scrivere, Linda pianifica nei minimi dettagli una trappola mortale ma, nel momento in cui sta per scattare, la realtà si capovolge, fatti e fantasie si mescolano e Linda non sa nemmeno più se l’uomo che ha di fronte è veramente il mostro che credeva…

Anteprima libri. Libri in arrivo a settembre (1^ parte)



Buon pomeriggio, cari amici e lettori!
spero sia per voi un pomeriggio buono, perchè allo stato attuale delle cose io sono un tantino demoralizzata..., così per riprendermi, mi dedico un po' al blog! ^_^


SCARAFAGGI
di Jo Nesbo

Ed. Einaudi
440 pp
20 euro
in libreria:
1° SETTEMBRE 2015
Il frastuono del traffico che infuria ventiquattro ore su ventiquattro, l’umidità che si taglia con il coltello, la calca che ti si appiccica addosso. Un giovane Harry Hole nel ventre caldo della Thailandia.

Le autorità norvegesi lo hanno mandato a Bangkok per affiancare i poliziotti locali sul caso del diplomatico accoltellato in un motel di prostitute, ma ci vuole tempo perché l'ancora ingenuo Harry Hole capisca in che situazione l'hanno cacciato. 
Come gli scarafaggi che brulicano nella sua stanza d'albergo (per uno che ne uccidi, chissà quanti se ne nascondono dietro i muri), cosi le pedine di quel caso sembrano moltiplicarsi all'infinito. 
E Harry è solo: né la famiglia dell'ambasciatore morto né le autorità norvegesi né tanto meno i suoi colleghi Thai hanno intenzione di collaborare. Tutti, a quanto pare, sono terrorizzati alla prospettiva che esploda uno spinoso caso diplomatico. 
Così, nella confusione del traffico thailandese che infuria ventiquattro ore su ventiquattro, nel caldo, nella calca umana, Harry percorre le strade di Bangkok per sciogliere una matassa che nessuno ha interesse a dipanare.


L'autore.
Jo Nesbø è nato a Oslo nel 1960, da una famiglia di scrittori, lettori e cantastorie.
Prima di abbracciare il suo destino e diventare il piú grande autore di crime norvegese si è cimentato in mille mestieri. Ha giocato a calcio nella serie A del suo paese, ha lavorato come giornalista freelance, ha fatto il broker in borsa. Cantante e compositore, si esibisce tutt'oggi regolarmente con la band norvegese dei Di Derre. I suoi libri spaziano dal giallo alla letteratura per l'infanzia, con esiti geniali. Della serie con protagonista l'ispettore Harry Hole sono usciti per Einaudi Stile Libero: Il leopardo (2011), Lo spettro (2012), Polizia (2013), Il pipistrello(2014) e Scarafaggi (2015). Nel 2013 è uscito anche il thriller Il cacciatore di teste; nel 2014, Il confessore; nel 2015, Sangue e neve (2015). I suoi libri hanno venduto oltre nove milioni di copie
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martedì 4 agosto 2015

Recensione: L'AMORE GRAFFIA IL MONDO di Ugo Riccarelli



Buon pomeriggio amici e lettori!
Il blog sonnecchia un po', ahimè...; saranno le alte temperature che m'ammazzano? Probabile, ma almeno le mie letture proseguono..., lentamente, ok, ma proseguono.
Terminato proprio pochi minuti fa:

L'AMORE GRAFFIA IL MONDO
di Ugo Riccarelli


Ed. Mondadori


La storia di Signorina ha inizio nel periodo precedente il secondo conflitto mondiale; la protagonista è la figlia minore di Delmo, fiero capostazione, e Maria, una donna taciturna, tutta presa dalle incombenze domestiche e famigliari, da lei assolte con diligenza, con immancabili brontolii e innumerevoli giaculatorie.
Maria sposa Delmo dopo che questi diventa vedovo, con figli a carico, di cui sarà poi la seconda moglie a prendersi cura.
Sono gli anni in cui i rumori di un'imminente guerra si fanno sempre più vicini ma prima di arrivare alla paura delle bombe, ad accompagnare la vita di Signorina e della sua famiglia, ci sono i fischi dei treni, che si fermano e passano per la vicina stazione, spettatrice rumorosa e familiare della vita dei nostri personaggi.
Personaggi semplici, che vivono la propria esistenza aggrappandosi alla propria forza, al proprio carattere, ai propri sogni.
C'è il capofamiglia, Delmo, un uomo di poche parole, che a modo suo si occupa della famiglia e cerca di tenere i propri figli "in riga", magari con atteggiamenti duri e severi, che però celano comunque una bontà di fondo.
E se i figli maschi sembrano non dare problemi - se non quelli dovuti al doversi arruolare in guerra  -, a crearne è la figlia femmina maggiore, Ada, che non resiste all'idea di viversi appieno il suo primo grande amore, Mario, sfidando anche l'autorità paterna pur di sentirsi libera di vivere come le pare.
Ma non sempre i sogni romantici di una giovane donna inesperta trovano la loro giusta soddisfazione...

E la piccola Signorina - che deve il nome proprio alla locomotiva*  - guarda ogni cosa con il suo sguardo attento, confidando pene e speranze alla sua più cara amica, l'oca Armida.
Finchè un giorno, proprio in stazione, riceve per caso quello che sarà il più grande dono della sua vita: un uomo dagli occhi sbilenghi e dal linguaggio strano e sconosciuto, sceso dal treno, vede la piccola e realizza per lei, sul momento, come per magia, un abitino per la sua bambola.
Quel gesto veloce e creativo resterà per sempre impresso nella memoria di Signorina e instillerà in lei la capacità meravigliosa di creare abiti e modelli bellissimi, una promessa stilista, insomma, come ben presto le sarte con cui lavorerà si renderanno conto.
Un lavoro che potrebbe essere il futuro di Signorina, che ha un sogno nel cassetto: aprire un atelier di abiti confezionati dalle sue mani d'oro, fini ed eleganti, che risaltino chi li indossa.
E quando Beppe, un giovanotto forse non proprio bellissimo ma che a suo modo le dà sicurezza, la chiederà in sposa promettendole di "farle fare una vita da signora", Signorina non sta in sè dalla gioia e si lascia andare a questo amore con entusiasmo, ma pure con un pizzico di timori e dubbi...

I due sposi si trasferiscono a Torino; la nostalgia per la vecchia casa vicina alla stazione è tanta, come pure il senso di smarrimento al cospetto di sconosciuti che parlano un dialetto incomprensibile, ma Signorina sa di dover seguire ed amare il proprio uomo incondizionatamente ed infatti gli resterà accanto sempre e fedelmente.
Quale delusione però nel constatare che le promesse di Beppe, di avere una vita agiata e senza problemi, si rivelano infondate, perchè il suo sposo è letteralmente coperto di debiti!
Superato lo sconforto iniziale, per essersi trovata di fronte a problemi che non avrebbe mai immaginato fossero dietro l'angolo, Signorina mostrerà una grandissima determinazione e una capacità di affrontare i problemi del marito (che son diventati anche i suoi) che suscita tutta l'ammirazione del lettore, il quale non può che restare colpito dall'atteggiamento pragmatico di questa donna, che mette da parte i propri sogni di stilista per dare priorità alle cambiali da pagare e alla necessità di "inventarsi" un lavoro che rimetta in sesto la loro condizione economica.
La consapevolezza dell'arrivo di un figlio, proprio quando i debiti sono ancora tanti, inizialmente sconvolge Signorina, che però saprò farsi carico di questo bambino sempre con coraggio, senza perdere di vista il proprio ruolo di moglie, dando il proprio grande contributo anche nel lavoro del marito.

E dentro di lei la piccola vita intanto cresce e l'Autore ci regala dei momenti in cui ci sembra di essere lì con il piccolo nella pancia della mamma, un luogo riparato dal quale Ivo sente e regista tutto, rumori e "scossoni"; ma arriva anche per lui il fatidico momento della nascita, che sarà accompagnata dalla scoperta di un piccolo dalla salute cagionevole, dal respiro corto e affannato, faticoso.
Ivo è un bimbo bisognoso di cure e attenzioni, che darà non poche preoccupazioni a papà Beppe e mamma Signorina, che sarà sempre in bilico tra il reagire con la sua ormai nota forza di carattere e il crollare davanti a questa vita che sembra non volerle togliere serenità...
Una vita che graffia, ferisce, a volte mette in ginocchio, destabilizza... ma che vedrà Signorina sempre in grado di rialzarsi, perchè ciò che la muove è l'Amore, un amore in grado di sacrificarsi, di dare, di combattere, che restituirà al suo Ivo l'opportunità di rinascere, senza più il suo respiro corto e debole.

"L'amore graffia il mondo" è l'ultimo romanzo di Ugo Riccarelli e con la quale l'autore vinse il Premio Campiello nel 2013, che però gli fu assegnato quando già era deceduto..
E' un romanzo scritto con delicatezza e poesia eppure così ancorato alla realtà degli anni della guerra, da farcene sentire tutta la nostalgia, da far arrivare fino a noi - come se li sentissimo e vedessimo - i rumori dei treni, l'angoscia di Signorina per le bombe, le sue mani d'oro nel realizzare vestiti, le sue urla di dolore davanti alle sofferenze del suo bambino.

Il lettore legge queste pagine e fa un tuffo nel passato, assaporando ogni parola, ogni scena descritta e immaginata, e restando affascinato da questo personaggio femminile che ha vissuto per gli altri ma che ogni tanto aveva bisogno di ritrovare la "se stessa dimenticata per troppo tempo a prendere polvere sul ripiano di uno scaffale, sommersa e nascosta dalle mille incombenze che l’amore l’aveva obbligata ad affrontare.".

Molto bello, non posso che consigliarlo!!

* Le locomotive a vapore del gruppo 625 FS sono macchine a vapore destinate ad impiego misto merci/viaggiatori su linee acclivi, prodotte per conto delle Ferrovie dello Stato all'inizio del XX secolo. Venivano soprannominate Signorine, per la linea aggraziata e le dimensioni compatte, oltre che per il fatto che all'inserimento in curva "sculettassero" (Wikipedia).

domenica 2 agosto 2015

Frammenti da.. Mansfield Park




Un altro passaggio tratto Mansfield Park e che ci apre un altro piccolo sipario sul personaggio della giovane e sensibile Fanny Price.


Com'è meravigliosa, davvero meravigliosa l'opera del tempo, e i cambiamenti della mente umana!" E proseguendo in quell'ordine di pensieri, aggiunse subito dopo, "Se c'è qualcosa nella nostra natura che può essere considerata più meravigliosa del resto, credo che sia la memoria. Sembra che ci sia qualcosa di più incredibilmente misterioso nelle capacità, nei vuoti, nelle irregolarità della memoria, di quanta ce ne sia in qualsiasi altra facoltà del nostro intelletto. La memoria è talvolta così tenace, così efficiente, così obbediente... e altre volte così confusa e così debole... e altre ancora così tirannica, così fuori controllo! Siamo in tutti i sensi un miracolo... ma la nostra capacità di ricordare e di dimenticare sembra essere particolarmente inspiegabile."


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