martedì 29 novembre 2022

|| RECENSIONE || RIFQA di Mohammed El-Kurd



Nel leggere le poesie di Mohammed El-Kurd riusciamo a sentire il grido di rabbia, di dolore ma soprattutto il coraggio di un popolo che non si arrende, che resiste e lotta per affermare con forza il proprio diritto di esistere, la volontà di non cedere e di non soccombere al cospetto di un occupante che con violenza, da ormai più di settant'anni, espropria terre, case, e prova a spazzar via la storia, le radici, la cultura, la memoria, l'identità del fiero popolo palestinese, "provocatoriamente, orgogliosamente, completamente vivo".


RIFQA 
di Mohammed El-Kurd



Fandango Libri
trad. E. Bero
155 pp
Il titolo dell'esordio letterario di El-Kurd è un nome di donna: non una donna qualsiasi, ma la nonna di Mohammed, colei che accoglieva con un mazzetto di gelsomini il nipote che tornava da scuola, che gli ha insegnato "a sparare le mie frasi come razzi, a essere resiliente."

"Sono cresciuto nella sua saggezza e la mia poesia ne è il riflesso. Lei è l’asse delle mie azioni, l’orchestratrice della mia cadenza."

Nonna Rifqa, morta a 103 anni, che aveva più anni della colonizzazione sionista e che ha dovuto lasciare la propria casa, per la prima ma non per l'ultima volta, in un giorno di maggio 1948

La mattina d’un maggio dal cielo rosso 1948.
Poteva essere oggi.
Hanno buttato giù le porte,
rivendicando la vita come fosse la loro.

L'inizio della Nakba, della catastrofe, e quindi l'esilio da Haifa e, come se non fosse stato sufficiente l'andare di rifugio in rifugio, ha dovuto vivere e subire, ormai anziana, anche l'espropriazione della sua casa a Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme Est, in un ennesimo ripetersi di un orrore destinato a non finire mai.

Rifqa aveva il passo sicuro.
“Torneremo appena le cose si calmano”
e lei ha creduto,
indossato la chiave
finché la chiave il collo la memoria
non sono diventati dello stesso colore.


15 maggio 1998: Mohammed nasce nel cinquantesimo anniversario della Nakba. Non poteva che farsi portavoce di un canto di libertà che non è solo suo o della sua famiglia, ma di un intero popolo.


"sono nato di fronte a una casa chiusa
che definivo mia, ma non ci sono mai entrato.

I colonizzatori  giovani  vestiti diversamente
coi fucili che sbattevano sui fianchi    nazione di terroristi
festeggiavano la proprietà rubata spietati.
Piangevo – non per la casa,
ma per i ricordi che avrei potuto averci dentro."


Tra donne coraggiose che stanno in piedi davanti ali coloni e ai giovani soldati armati, tra bambini vilmente uccisi su una spiaggia, tra gruppi di uomini, donne, anziani e bambini che si uniscono per "guastare la permanenza dei coloni nelle loro terre", i versi di questa raccolta ci raccontano l’amore per la patria, la consapevolezza di come in terra di Palestina la morte sia improvvisa, immediata, costante.
Ci parlano di resistenza, di lotta per la libertà, di difesa della propria terra e dell'attaccamento ad essa; dopo le poesie, nell'edizione italiana c'è una sezione in prosa dedicata alla lotta degli abitanti di Sheikh Jarrah per non lasciarsi strappare le proprie case; sono testi che l’autore ha scritto per The Nation e per The Guardian.

Nel 2009 la famiglia El-Kurd (e non soltanto essa) si è vista confiscare, per decisione di tribunali israeliani, la propria casa e questo, ricorda il giovane autore, rientrava nella strategia di "ripulire etnicamente" il quartiere di Sheikh Jarrah nella sua interezza *

Nonna Rifqa è stata una combattente fino all'ultimo, non accettando di vedersi rubata la casa un'altra volta, di essere trasformata ancora in un'esiliata che vaga tra campi profughi.

Vedersi togliere la casa non è solo una questione di perdere la proprietà, ma, dice Mohammed, "significa perdere anche l’identità palestinese della città e rappresenta un presagio del tremendo destino che attende quel che resta della sempre più esigua popolazione autoctona di Gerusalemme. Sheikh Jarrah: è un perfetto esempio di colonialismo di popolamento, un microcosmo della realtà palestinese nel corso dei settantatré anni di dominazione sionista."

Con questa sua raccolta, El-Kurd si affianca ad altri poeti della resistenza palestinese (Fadwa Tuqan, Rashid Hussein, Mahmoud Darwish e Ghassan Kanafani) che, prima di lui e come lui, hanno svolto, e svolgono ancora, un ruolo significativo nel formare e tenere vivo un fronte internazionale contro il colonialismo e l’imperialismo nel mondo.

Mohammed El-Kurd - poeta, scrittore e giornalista per The Nation, - attraverso i suoi articoli prima e questo libro poi, offre una chiave di lettura che stimoli a guardare a quello che è chiamato da sempre "conflitto israelo-palestinese" in modo da interrogarsi con onestà su come sia la vita sotto occupazione a Gerusalemme Est, su tutto ciò che questo comporta per la popolazione e su chi siano davvero i carnefici e chi le vittime.

Leggete "Rifqa" e lasciatevi guidare dalla penna arguta, chiara, sarcastica, sincera e fiera di un giovane scrittore che, allontanandosi da ogni retorica e senza paura di chiamare le cose col loro nome, ci ricorda quanto brutale sia la realtà quotidiana nei Territori occupati - e questo non da una settimana o da un paio di mesi, né da qualche anno... ma da 73 anni - e come a questo non possano che seguire azioni di lotta e resistenza.


"Le persone più libere sul pianeta non sono controllate da odio e paura, ma sono mosse da amore e verità. Siamo più di cosa abbiamo subito; siamo chi siamo diventati, nonostante tutto."


Come per lo scorso anno, ho voluto pubblicare in questo giorno la recensione di un libro che tratta l'argomento "Palestina" - di come vivono i palestinesi sotto il regime d'occupazione e apartheid israeliano - in occasione della Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese, istituita nel 1977 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nel 2020 ho segnalato alcune scrittrici palestinesi in QUESTO POST.



* a tal proposito puoi leggere QUESTO ARTICOLO

domenica 27 novembre 2022

** SEGNALAZIONI SUL BLOG **



Cari lettori, avete trascorso un buon weekend?
Io, complice il cattivo tempo, oltre a mettermi ai fornelli, mi sono dedicata alla lettura. 

Questa sera faccio un salto qui sul blog per proporvi un paio di pubblicazioni.

La prima è il romanzo d’esordio di Claudia Cocuzza, vincitrice del premio Garfagnana in giallo 2022, sezione Inediti.



LA PARTITA DI MONOPOLI
di Claudia Myriam Cocuzza

Bacchilega Editore
18 euro
Rosa Squillace, facoltosa ereditiera e titolare dell’azienda agricola "La zagara", viene trovata morta.
Il suo omicidio sconvolge il tranquillo borgo marinaro di Castellace, a pochi chilometri da Taormina.

A investigare c'è il maresciallo dei carabinieri Stefania Barbagallo, la quale dovrà dividersi tra l’indagine, complessa e piena di risvolti imprevisti, e la sua travagliata vita personale, in cui figurano il marito assente, un matrimonio in crisi e la gestione delle due figlie della coppia. 

Le indagini sono così intricate che il maresciallo avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile per venirne a capo; l'amica Clara, la farmacista del borgo, è in prima linea per darle una mano. 
La faccenda è resa ancora più complessa dal coinvolgimento nelle indagini di una ex amica di Stefania, nonché figlia della vittima: la bellissima Sara. 
Le due donne frequentavano la stessa classe ai tempi del liceo e, tra di loro, qualcosa ancora sembra irrisolto. 

La partita di Monopoli narra di amori, passioni, tradimenti e vessazioni subite che, fino all’ultimo, sono in grado di cambiare la vita dei personaggi. Un rompicapo apparentemente senza regole che ricorda una partita di Monopoli, in cui vince chi sa imbrogliare di più.

L'autrice.
Claudia Myriam Cocuzza. Classe 1982, è una farmacista laureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche.
Vive a Calatabiano (CT), tra il mare e l’Etna, con le due figlie, il marito e un pastore maremmano.
È caporedattrice per Writers Magazine Italia e redattrice per ThrillerNord e Il giornale delle buone notizie. Il suo racconto La stanza rossa è pubblicato sul numero 62 del WMI.
Il suo racconto Vincenzo è morto ha ricevuto la menzione speciale al Premio Termini Book Festival ed è finalista al concorso GialloLuna NeroNotte, in collaborazione con Il Giallo Mondadori.



                                                                    *******************


Il secondo libro appartiene a tutt'altro genere: Romantic suspense/Military romance.

EZRA
Phoenix Series 2
di Simona Diodovich



Editore: Self Publishing
179 pp
3 euro
Novembre 2022


Ezra Underwood fa parte di una squadra Metro SWAT ed è in missione a New York.
In un normale giorno di luglio, la sua vita viene capovolta da spietati assassini che fanno saltare in aria parecchie persone, in una partita al massacro.
Insieme alla detective Charlotte Wall si ritrova a indagare su quei pazzi, che sono a tutti gli effetti dei sicari. 
Sebbene i due non si sopportino a pelle, cercano di lavorare insieme per sbrogliare la matassa di un caso così complicato, ma per riuscirci sono costretti ad assecondare il gioco degli assassini. 
Perché di questo si tratta, di un diverso tipo di svago e di una possibile carneficina, che nasconde le vere intenzioni dei killer.

Come possono, due persone così differenti, lavorare insieme a stretto contatto senza provare nulla?
Impossibile.

“Mi chiamo Charlotte Wall e sono una detective. Il caso è mio perché sono la prima ad essere sul campo.”

Non lo sopporta, ma non può fare a meno di vedere quanto lui sia magnifico.
“Sono Ezra Underwood, questa vita mi sta stretta, sono stanco, non mangio da giorni.”

Non può non notare questa splendida donna così coraggiosa, che resta sempre in prima linea
insieme a lui.
Il tempo sta per scadere, la partita va giocata fino in fondo.
Bentornati tra i Phoenix.

Link ebook: https://rb.gy/rv6y7h

L'autrice.
Simona Diodovich, nata a Milano, studia come grafica pubblicitaria diventando poi illustratrice a Canale 5 disegnando cover di cd e dvd per A. Valeri Manera; è grafica pubblicitaria, illustratrice, fumettista, autrice di libri di differenti target, copywriter, editor, sceneggiatrice di fumetti e colorista.
Ha lavorato con Arnoldo Mondadori per il Tv sorrisi e Canzoni, con le cover dei cd dello
zecchino d’oro, per la Medusa Video le cover delle videocassette di Lupin III, persino con la
LysoForm per un giornalino per i bambini sull’igiene, oltre le varie case editrici italiane.
Prosegue la carriera come fumettista disegnando il dottor sorriso per conto della Fondazione Garavaglia, che si ispira alla fondazione americana di Patch Adams. Come grafica pubblicitaria si divide tra case editrici ed enti pubblici, dove realizza da sola volumetti sull’educazione stradale, manifesti, giochi, usando ogni mia conoscenza acquisita negli anni. Per amore dei disegni e, per il fatto che adorava inventarsi personaggi e storie, il passo dal disegnare storie e scrivere un libro è stato molto breve.  Cartoni animati per LPR/Leroy Merlin, realizzazione di fumetti.

sabato 26 novembre 2022

** Fuga di cervelli al femminile: scelta libera o imposta? **



In Italia, se vuoi provare a realizzare i tuoi sogni, studiare è sicuramente molto importante e, se il diploma sembra ormai non bastare più, ecco che si sceglie il percorso universitario, sperando così di ottenere la posizione lavorativa desiderata.

Tuttavia, nel nostro Paese, negli ultimi decenni, si sente sempre di più parlare di “fuga di cervelli”: milioni di studenti e studentesse che prendono la decisione (non di rado a malincuore) di lasciare il paese dove sono nati e cresciuti per inseguire i propri sogni. 

Come riportato nel Referto sul sistema universitario 2021 della Corte dei Conti, negli ultimi dieci anni il numero di giovani laureati (25-34 anni), che decide di trasferirsi all'estero per avere maggiori e migliori opportunità di impiego, nonché una remunerazione più adeguata, è aumentato; nel 2018 erano 117mila gli italiani emigrati all’estero, di cui 30 mila laureati.
In generale, negli ultimi cinque anni circa 244 mila giovani si sono trasferiti in un'altra nazione. 

Nonostante la pandemia, queste migrazioni non si sono fermate, anzi: le fughe all'estero dei giovani laureati italiani sono andate intensificandosi rispetto al 2019.

"Il bilancio delle migrazioni dei cittadini italiani 25-39 anni con un titolo di studio di livello universitario si chiude con un saldo dei trasferimenti di residenza da e per l'estero di 14.528 unità", spiega il presidente dell'Istat.

Le mete privilegiate? Francia, Germania e Spagna in primis, ma anche i Paesi dell’Est Europa o quelli più a nord, come la Norvegia. Chi sceglie di uscire dall’Europa, solitamente opta per Emirati Arabi, Cina, Giappone e Singapore.

Tra questi studenti che emigrano, la percentuale di donne sta diventando sempre più considerevole. 
Cosa le spinge ad andarsene dall'Italia?

Le ragioni sono tante ma uno dei principali motivi è da ricercare nelle disuguaglianze di genere

Per una donna, lavorare in un Paese in cui non sempre si viene premiate perché lo si merita non è semplice e, sebbene nell’ultimo secolo si siano fatti tanti passi avanti, c’è ancora tanto per cui lottare. 
In altre nazioni però sembra che la situazione non sia come in Italia ed è proprio per questo che tante donne decidono di emigrare. 

Il motivo principale è sicuramente legato alle
source
maggiori possibilità di crescita professionale
.  
In molti Paesi esteri infatti si investe molto di più nei giovani: c’è più offerta di lavoro e gli stipendi sono più alti e questo ovviamente attira tantissime donne, che si sentono limitate in Italia. 

Inoltre, mentre in Italia non sempre si danno possibilità alle persone più meritevoli, in altri Paesi la meritocrazia è una delle basi fondanti della vita lavorativa. Infatti, seppur istruita tanto quanto i suoi colleghi uomini e seppur ricoprendo la stessa posizione, se sei donna quasi sicuramente verrai pagata meno, e il divario non è indifferente. 
Questo fenomeno purtroppo è molto diffuso e tante donne si sono trovate in questa situazione. 


Cecilia Cravari e Annagiulia Bifania sono tra queste, cioè tra coloro che hanno deciso di riporre le proprie speranze in altri Paesi.

Cecilia Cravari, 32 anni, pluripremiata atleta della Nazionale italiana di pattinaggio artistico sincronizzato, oggi è un medico specializzato in cardiologia. 
Laureata con il massimo dei voti all’Università di Parma, dopo una serie di Erasmus all’estero negli Stati Uniti e in Svizzera, ha deciso di iniziare la sua carriera proprio in quest’ultimo Paese. 
Dopo la sua esperienza da stagista le è  stata offerta una posizione, che lei ha accettato spinta dal fatto di essersi sentita da subito supportata e valorizzata, nonostante lavorasse con medici di un certo livello e con più anni di esperienza. 
Certo, l’Italia le manca, ma non pensa di tornarvi nell’immediato: lì dove vive e lavora attualmente viene apprezzata e pagata per la dedizione e per la sua preparazione e questo è qualcosa a cui non vuole rinunciare. 

Annagiulia Bifania, laureata in Lingue, Culture e Civiltà dell’Asia Orientale a Venezia, ora vive in Giappone, a Tokyo, dove lavora come agente immobiliare. 
Dopo essersi laureata, ha cercato delle posizioni come stagista e, dopo averla trovata in un noto brand di abbigliamento, si è ben presto accorta che purtroppo non sarebbe cresciuta professionalmente in quanto il modus operandi delle aziende era sempre lo stesso: offrono contratti a tempo determinato e con una retribuzione minima. 
Quando le è stato proposto di andare a lavorare in Giappone con un salario più alto e decisamente più dignitoso, Annagiulia non ha esitato a partire!

Sempre maggiore è, dunque, il numero di donne che, spinte dalla volontà di riscatto, di essere rispettate e premiate per i loro traguardi, decidono di partire.
Ovviamente, il percorso in questo senso è ancora molto lungo anche all’estero, ma sembra che passi in avanti siano già stati fatti. Le associazioni che cercano di combattere per i diritti delle donne sono tante e speriamo che, anche in Italia, la situazione cambi in meglio. 


Questo post (che contiene alcune mie piccole modifiche rispetto all'originale) si basa sul seguente articolo   >> Donne in fuga per realizzare i propri sogni << 



Altre fonti consultate: 
  • https://ifmagazine.bnpparibascardif.it/2022/03/04/fuga-di-cervelli-un-fenomeno-in-rallentamento/
  • https://www.avvenire.it/economia/pagine/cervelli-in-fuga-corte-dei-conti
  • https://www.dealogando.com/lavoro/fuga-dei-cervelli-italia/
  • https://primocomunicazione.it/articoli/attualita/rapporto-istat-tornano-ad-aumentare-i-giovani-laureati-italiani-che-emigrano-allestero

mercoledì 23 novembre 2022

Esprimi un desiderio

 

Se potessi esprimere qualche piccolo e innocuo desiderio, chiederei per Natale (ma non solo, anche "spalmati" durante il corso dell'anno vanno bene, eh) dei regali librosi.

Oltre a specifici libri e buoni da spendere in libreria, ci sono delle cosine che costituirebbero un regalo gradito. Ma si sa che faccio prima a comprarmeli da sola :-D

Questa copertina, ad es., non è bellina?

 QUI


Segnalibro particolare e gattaro


QUI


Per quando rischio di fare le notti pur di finire un libro:







Una raffinata lampada letteraria:

QUI

Una felpa a tema OUTLANDER, ma anche una più generica, a tema libri.

QUI
QUI


Un fermalibro per evitare che caschino impuniti su un fianco!


QUI


La borsetta del mio classico preferito:

QUI







lunedì 21 novembre 2022

Serie tv - tra fede e fanatismo ** IN NOME DEL CIELO **

 

Ho appena finito di guardare una miniserie (una sola stagione, sette episodi) ispirata a drammatici fatti di sangue realmente accaduti: IN NOME DEL CIELO (Under the Banner of Heaven).

È tratta dall'omonimo libro-inchiesta "In nome del cielo. Una storia di fede violenta", in cui l'autore, Jon Krakauer, racconta il duplice omicidio di Brenda Wright Lafferty e della figlia Erica, di soli 15 mesi, compiuto nel 1984 nello Utah, maturato in ambiente mormone; a tal proposito, Krakauer esamina anche l'origine e l'evoluzione della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (LDS), ramo integralista dei mormoni.

Ideata da Dustin Lance Black, la serie vede nel cast Andrew Garfield,  Daisy Edgar-Jones, Gil Birmingham e Sam Worthington

Si tratta di un crime drama che ripercorre, appunto, gli eventi di quel 1984, quando a Salt Lake Valley, nello Utah, furono trovate morte in casa la giovane mormone Brenda e la sua bambina.

Ad occuparsi del caso è il detective Jeb Pyre, che si ritrova a indagare su questo terribile duplice omicidio; per lui non è un caso come tutti gli altri in quanto egli stesso è di fede mormone e dover scavare nei torbidi segreti della Chiesa alla quale appartiene, lo fa star male, lo fa sentire quasi un traditore.

Purtroppo ciò che scopre non è nulla di edificante; nell'indagare sulla numerosa famiglia Lafferty, grazie anzitutto alle informazioni e all'aiuto di Allen (il più piccolo dei fratelli Lafferty, nonché marito della povera Brenda), emerge una realtà di fanatismo religioso da far accapponare la pelle.

Il racconto del presente - dei comportamenti violenti e assurdi dei Lafferty e di tutto l'odio e il folle fondamentalismo da essi portato avanti con la scusa di servire il Padre Celeste e di fare la Sua volontà sulla terra - si alterna a quello del passato, ai giorni in cui è stato fondato il movimento mormone, ad opera di John Smith.

Ad accomunare presente e passato è purtroppo la violenza: uomini che dicono di credere in Dio, di seguire le Scritture, e che invece sono capaci di architettare e commettere le peggio cose.

In particolare, a dare inizio alla frangia ribelle in famiglia è Dan, che si ribella all'autorità paterna e decide di essere lui il portavoce del Signore, un nuovo profeta, insomma.

Ovviamente non resterà solo nei suoi vaneggiamenti, ma verrà affiancato dagli altri fratelli, non solo carnali - tra cui Ron, che assume, via via che si procede con gli episodi, sempre più importanza nell'evolversi dell'indagine, perché anche lui si farà prendere da un fervore religioso pericoloso - ma anche "in fede".

Questi uomini predicano un ritorno alle origini, ai primi insegnamenti del loro profeta Smith: sì alla poligamia, sì al prendere in moglie addirittura le figlie, sì ad azioni efferate e sanguinose contro chi vuole contrastarli, no all'obbedienza alle leggi dello stato.

La dolce ma decisa Brenda si accorge dal primo momento che la famiglia Lafferty, pur essendo 

la vera Brenda con Erica
"credente", ha modi di fare estremi, troppo conservatori, ma i suoi timori peggioreranno quando capirà che i cognati hanno perso la testa e si credono "dio in terra", tanto da poter decidere chi merita di vivere e chi no.


Cercherà di fermarli? In fondo, anche lei è una devota e sincera mormone, ma vede che i parenti acquisiti si sono incamminati in una strada piena di insidie, che invece di avvicinarli a Dio li sta allontanando, rendendoli cattivi, violenti, vendicativi, prepotenti.

Pyre viene messo seriamente in crisi perché si scontra con una comunità - neanche tanto piccola e isolata - di fedeli ("santi"), fratelli e sorelle, che non ha molta voglia di collaborare, ma anzi queste persone hanno alzato una barriera protettiva per non far trapelare le verità scomode e le usanze discutibili all'interno della loro congregazione.

Perdere lucidità nel corso del lavoro, negli interrogatori, nella ricerca di informazioni, nello scavare nel marcio presente in quella che Jeb considera la propria Chiesa, è quindi un rischio più che concreto; a salvarlo da questo pericolo di viziare le indagini ci pensano anzitutto il collega (un nativo) Bill Tapa, e poi anche il forte senso di giustizia e di onestà che Jeb si sforza di mettere davanti a tutto.

Non lo aiuta il fatto che sia la moglie sia i fratelli della propria comunità non condividano il suo lavoro (per i motivi già detti), ma un poliziotto deve fare il suo lavoro e farlo bene, senza lasciarsi influenzare da convinzioni personali e sentimentalismi sterili, ed è ciò che - non senza sofferenza - farà il detective.

Personalmente sono sempre affascinata dalle storie (se sono vere, ancora di più) in cui la fede è una forte componente e in cui essa diventa un vile strumento, purtroppo, in mano a individui egoisti e invasati che rispolverano dogmi vecchi e ne inventano di nuovi,  e che quasi sempre celano solo una cieca voglia di primeggiare e tiranneggiare, di manipolare gli altri, di imporre la propria voglia insana di far ciò che vogliono dentro e fuori casa, millantando una "chiamata del Signore" che, manco a dirlo, hanno sentito e ricevuto solo loro.

Non per nulla, all'aspetto religioso (che comunque ha delle ripercussioni a livello civile, legale..., come nel caso della poligamia, che non è consentita dalla legge) si aggiunge anche uno di tipo sociale e politico, visto che i fratelli Lafferty si convincono che Dio li voglia esonerare dal pagare le tasse...

Una serie tv che a me è piaciuta, l'ho seguita con interesse perché lascia entrare nei meccanismi - non tutti e non sempre limpidi - e nelle credenze di questa organizzazione religiosa della quale so decisamente poco; gli eventi narrati sono inquietanti e mi ha stupito vedere come in questo stato americano la presenza di mormoni fosse (se lo sia ancora non lo so) tanto forte da pensare di influenzare pure le indagini di polizia (!!!).

Se l'argomento non vi dispiace, provate a darle un'occhiata, anche perché è pure breve ^_-


domenica 20 novembre 2022

★☆ RECENSIONE ☆★ IL TEMPO DELL'ATTESA di Elizabeth Jane Howard ("I Cazalet" #2)

 

Nel secondo libro della saga famigliare "I Cazalet", Elizabeth J. Howard prosegue nel raccontarci la quotidianità dei membri di questa numerosa famiglia inglese che, a motivo dello scoppio del secondo conflitto mondiale, ha dovuto salutare gli anni spensierati fatti di gite, pic-nic e sontuosi pranzetti, per adeguarsi ad una nuova fase della vita, meno serena e accompagnata da difficoltà e preoccupazioni.



IL TEMPO DELL'ATTESA
di Elizabeth Jane Howard



Fazi Ed.
trad. M. Francescon
640 pp
Li abbiamo conosciuti, uno per uno, nel primo volume (Gli anni della leggerezza > RECENSIONE <): il Generale e sua moglie (la Duchessa), i loro quattro figli - Hugh, Edward, Rupert e Rachel, ciascuno con le proprie personalità, i propri stili di vita, i piccoli segreti - e le rispettive famiglie, con mogli, amanti, amiche speciali e prole al seguito.

La guerra è scoppiata, la preoccupazione per le conseguenze di ciò che ha cominciato a compiere Hitler in Europa si fa sentire ed è palpabile, concretizzandosi nell'urgenza di provvedere maschere antigas per tutti in casa, di pensare a dove collocare i bambini nel caso di bombardamenti (la campagna è la soluzione migliore? Di certo lo è rispetto a Londra, no? I più grandicelli...: non sarà il caso di ritirarli dai collegi? E poi i bimbi della casa per orfani di cui si occupa Rachel: anch'essi hanno bisogno di essere salvaguardati e sfamati!), di organizzare il lavoro nella fabbrica di legnami, tenendo conto che Edward e Rupert probabilmente saranno impegnati in prima linea nella guerra (cosa che, effettivamente, accade) e che il Generale - ormai ultra ottantenne - non è più in grado di mandare avanti l'attività, il che significa che dovrà occuparsene il buon Hugh.

Il lettore fa ritorno a Home Place, nel Sussex, per accomodarsi nuovamente accanto agli uomini, alle donne e ai ragazzini che vivono al sicuro tra quelle mura famigliari - amate dagli adulti e a volte mal sopportate dai più giovani - e segue le vicende di tutti, di tre di loro più da vicino.
La narrazione, infatti, si sofferma in particolare su tre giovanissime Cazalet: Louise, Clary e Polly e attraverso i loro occhi osserviamo non solo ciò che succede ad esse personalmente, ma anche le vicissitudini cui va incontro il resto della famiglia, non escluso il personale e l'insegnante privata.

La guerra ha portato timori, domande, un forte senso di smarrimento e precarietà, ha privato tutti di ogni leggerezza per catapultarli in una dimensione esistenziale contrassegnata dalla paura di qualcosa di più grande, di imprevedibile, che potrebbe sconvolgere le loro vite in modo irreversibile o anche solo portare cambiamenti scomodi, sgradevoli.

Il più affascinante dei fratelli Cazalet, Edwardcontinua ad avere il vizietto di volare di fiore in fiore, pur conservando l'amante fissa (Diana); non solo, ma la sua condotta a dir poco disdicevole (per usare un eufemismo) adottata con la figlia maggiore Louise, la ritroviamo anche qui...

Il caro e dolce Hugh si fa in quattro per i suoi, cercando di ottemperare ai propri obblighi imprenditoriali (praticamente da solo) e accettando, suo malgrado, di star molto tempo lontano da casa (a Londra) per lavoro, ma purtroppo, anche quando rimette piede in campagna, la serenità sembra sfuggirgli: sua moglie Sybil, tanto cara e amata, sta vivendo un gravissimo problema di salute; tutti sono preoccupati ma, al contempo, tutti fanno finta di niente (tipico dei Cazalet), continuano a comportarsi come sempre, fingendo allegria e ottimismo quando invece, da soli, versano lacrime di tormento e sofferenza.

"In questa famiglia non c'è verso di parlare delle cose brutte. Io invece credo che bisognerebbe parlarne proprio perché sono brutte."

"Il peggio stava accadendo, e loro si comportavano come niente fosse. Era così che faceva la sua famiglia quando le cose andavano male." 


La stessa Sybil è combattuta: sa che il male che le sta camminando nel corpo è molto grave... ma non sa come comportarsi con i famigliari. Deve dire esplicitamente che ha capito che la situazione è drammatica o deve, per amore degli stessi, mostrarsi serena, positiva, fingendosi ignara delle proprie reali condizioni?

Rupert, l'insegnante pittore - di cui abbiamo appresto i tentennamenti circa il prendere o meno in mano le redini della fabbrica, insieme al padre e ai fratelli -, adesso è di fronte a una prospettiva di gran lunga più pericolosa: la guerra e l'arruolamento in Marina, decisione obbligata che implica lasciare i ragazzi e la moglie, Zoë, che tra l'altro è incinta.
Chiaramente, l'uomo non potrà tirarsi indietro dai propri doveri e questo getterà incertezza e paura circa la sua sorte. Del resto, si sa: la guerra toglie tanto, e non solo in termini di serenità, pace, cibo, comodità... ma, nei casi peggiori, può togliere anche la vita.

Rivediamo anche Rachel, sempre molto impegnata dentro e fuori casa, con i famigliari e con gli orfanelli; anche a lei e al suo rapporto speciale con l'innamoratissima Sid viene dato spazio tra queste pagine.

Se la comprensiva e rassicurante Sybil deve vedersela con una salute che la sta tradendo e col cumulo di emozioni e stati d'animo negativi legati alla malattia, le cognate hanno altro di cui occuparsi.

Villy vive male la vita coniugale: sotterrata ogni velleità artistica legata al ballo, giunta all'età che ha, con un marito sempre via (prima per lavoro, poi per la guerra), tre figli ormai grandicelli e l'ultimo ancora molto piccolo, chiusa in quella grande casa assieme a suoceri, cognate e nipoti, ha l'impressione che le sue giornate siano di un noioso incalcolabile.
A offrirle brividi e fantasticherie su possibili relazioni extraconiugali che la facciano sentire ancora una donna desiderabile, interviene un direttore d'orchestra, oggetto di una alquanto patetica infatuazione. 

Zoë non riesce a darsi pace dopo gli errori commessi e riprendersi dalla morte del bambino che portava in grembo non è facile; i sensi di colpa verso un marito così premuroso e pieno di attenzioni come Rupert l'hanno sfinita e logorata dentro. E proprio quando sembra che le cose si siano sistemate al posto giusto, arriva questa maledetta guerra, che porta Rupe lontano da lei e da Neville e Clary.
E se la felicità dura quanto un battito d'ali, le brutte notizie non di rado viaggiano lungo una linea telefonica: una brutta notizia, riguardante proprio Rupert Cazalet e la sorte cui è andato incontro in guerra, sconvolge tutti, Clary per prima, in quanto è colei che risponde al telefono.

Clary è una dei tre personaggi principali di questo romanzo; è un'adolescente molto intelligente, sveglia, una grande osservatrice, critica e pungente, sincera e senza peli sulla lingua, insomma ha un bel caratterino! Ama scrivere e tiene un diario su cui riporta osservazioni, pensieri e fatti, e che le serve per esercitarsi nella scrittura. Polly (sua coetanea) è la sua migliore amica e le due si confidano apertamente, ci sono sempre l'una per l'altra; questo rapporto molto stretto è un punto di riferimento per ambedue, che sono in fase di crescita e hanno in testa tante domande, perplessità, insicurezze, desideri, paure, aspettative, speranze che però nessun adulto riesce a comprendere davvero, né tanto meno si premura di aiutarle a risolvere eventuali interrogativi.

In questo senso, l'unica figura adulta che viene in soccorso alle ragazze è Miss Milliment, l'insegnante, che col suo fare fermo, saggio ed empatico si assicura la fiducia delle due ragazze.

Clary è apparentemente un tipetto sicuro di sé, quasi un maschiaccio dai modi spicci e dal grande senso pratico, ma nasconde anch'ella fragilità e timori.
L'abbiamo lasciata imbronciata e scorbutica verso la "matrigna" Zoë, ma qualcosa interverrà a cambiare il loro legame e a renderlo più sereno; a dire il vero, tra le due a maturare maggiormente sarà proprio Clary.

Neville continua ad essere un ragazzetto tutto pepe, vivace, che ne pensa sempre una delle sue, pronto a rispondere male tanto alle "femminucce" quanto a quei rompiscatole degli adulti. 

Polly è come la ricordiamo: riflessiva, mite, comprensiva, sempre pronta a dire parole di incoraggiamento a tutti (in particolare alla sua affezionata Clary, nonostante questa a volte sia scontrosa, ma Polly capisce che soffre per il padre); una cosa non le sta bene, però, e su quella riesce ad essere meno accomodante: che le si dicano bugie e la si tratti come una bambina. Non lo è, non più, e certe situazioni delicate le comprende forse anche meglio degli adulti e da loro vuole rispetto e considerazione.

E poi c'è Louise, la diciassettenne alla ricerca del proprio posto nel mondo, che desidera diventare un'attrice e decide di dedicarsi a questo nonostante la famiglia non la sostenga con entusiasmo; di lei, seguiremo l'amicizia con Stella (una compagna di collegio acculturata, dalla lingua sciolta e veloce a commentare ed esprimere giudizi su tutto), il lavoro in una compagnia teatrale e il sorgere dei primi sentimenti amorosi.

"Il tempo dell'attesa" è un romanzo caratterizzato proprio da un tempo, da un periodo in cui ciascun personaggio vive un po' come sospeso, (basti pensare al titolo originale: "Marking time", "segnare il tempo"), aspettandosi che qualcosa di importante accada, nel bene o nel male, e dia un corso decisivo a tutte quelle esistenze che gravitano l'una accanto all'altra - in questa villa di famiglia, come fuori (per chi la lascia temporaneamente).

"Si limitavano a infilare un giorno dietro l'altro senza che accadesse mai niente".


La Howard continua a guidare lo sguardo del lettore in questo piccolo cosmo famigliare, invitandolo ad osservare bene le relazioni marito-moglie (c'è la coppia ormai lontana, non innamorata, che sta insieme per inerzia e per una questione di rispettabilità; c'è quella matura, legata da un amore e da una complicità solidi; c'è quella poco equilibrata, in cui uno dei due è più immaturo; e poi le bugie, i tradimenti, i segreti...), le relazioni genitori-figli (i primi che vedono i secondi sempre bambini da accudire, da rimproverare, a cui ordinare questo o quell'altro; i secondi, al contrario, si sentono ad ogni stagione più grandi, più indipendenti e vogliono essere rispettati come soggetti pensanti e con dei sentimenti, e non come degli sciocchini incapaci di affrontare discorsi seri), quelle tra fratelli e tra amici; è presente la malattia e le reazioni dell'ammalato e dei suoi cari alla stessa (i silenzi, le difficoltà comunicative e il tentare di nascondere delle verità per proteggere l'amato dal dolore); la perdita di una persona cara e l'ineluttabile prova di affrontare questa situazione; non manca l'argomento spinoso degli abusi in famiglia (su di esso l'autrice non si sofferma in maniera estesa, tanto meno 
morbosa); l'affermazione della propria identità, il bisogno/desiderio di individuare e mettere a frutto i propri talenti, di disegnare il proprio cammino in questo mondo già di per sé spaventosamente grande e imprevedibile, reso ancor più complicato dalla guerra in corso, che contribuisce - essa per prima - a mettere tutti in attesa, inducendoli a starsene buoni in una sorta di limbo, aspettando - chi in modo più statico, chi dandosi da fare in ciò che ama - che i tempi migliorino, che i rumori di guerra cessino e che si possa tornare a vivere, ad organizzarsi l'esistenza, a programmare il futuro, a innamorarsi e fidanzarsi, a crescere figli, a trovare un lavoro, a imbandire la tavola come prima.

Il cibo - merende, colazioni, pranzi e cene - occupa, anche in questo libro, il suo bel posto, ma in maniera differente in quanto esso è visibilmente razionato e la povera cuoca deve fare i salti mortali per accontentare i padroni, maneggiando la materia prima a disposizione con parsimonia e perizia.
Una cosa è certa: guerra o non guerra, se ci sono ospiti improvvisi, "si aggiunge un posto a tavola" senza troppi problemi, anche un letto per dormire non manca, e in effetti gli ospiti sono una concreta possibilità davanti alla quale la Duchessa non può tirarsi indietro.

C'è sempre qualche personaggio esterno ai Cazalet che passa per casa a creare qualche dinamica in più: dai vecchi amici di famiglia a Jessica (la sorella di Villy) con i figli, tra cui Angela - che ha lasciato il "nido" per vivere da sola, esperienza sì necessaria per crescere ma ovviamente non priva di problemi e difficoltà legate, in particolare, all'amore - e il giovane Christopher, già conosciuto in precedenza per le sue posizioni di pacifista e che vivrà un periodo delicato dal punto di vista emotivo, ma il soggiorno a Home Place costituirà per lui una buona terapia ricostituente. 

E anche questo secondo libro della serie è filato liscio; come col primo, non posso dire di averlo letto trattenendo il fiato e di corsa, perché è una lettura che si gusta pian piano ed è proprio il ritmo languido e lento a richiederlo; la scrittura è sempre accurata, minuziosa,  attenta ai dettagli, capace di tenere il lettore concentrato su ciascun personaggio di volta in volta, senza dimenticare gli altri e senza creargli confusione.
Ci si affeziona ai componenti di questa famiglia inglese: ci fanno sorridere, emozionare, intenerire, scuotere il capo e, pur dalla nostra prospettiva privilegiata di spettatori esterni, ci sentiamo un po' Cazalet anche noi.

Riconfermo il mio parere sulla saga: da leggere, in special modo se vi piace il genere.

sabato 19 novembre 2022

"...chi scrive una cosa la possiede"




Un passaggio molto bello sul potere della parola e sulla meraviglia della scrittura, e che ci ricorda quanto prezioso sia il tempo trascorso a imparare e di come questo ci permetta di far nostre, di possedere le cose che apprendiamo.

.
"L’universo è nato gradualmente da parole. 
Così la scuola è diventata il fertile terreno di gioco dell’immaginazione. Ci andavi di corsa con la gioia di uno a cui è stato promesso il dono della scoperta, non soltanto per mandare a memoria la lezione, ma per acquisire la capacità di nominare le cose. Tutto quel che era lontano, si avvicinava. Tutto quel che era sigillato, si apriva. (...)
Anche il cielo è diventato di tua proprietà quando non hai più sbagliato a scriverlo nel dettato. Tutto quello che le tue manine non riuscivano a raggiungere, cadeva in loro possesso se lo scrivevano bene, senza sbagli, poiché chi scrive una cosa la possiede." (...)

Ecco le lettere, sono a tua disposizione, strappale dunque alla loro neutralità e giocaci come il conquistatore nel delirio d’onnipotenza. Lettere irrequiete, affamate d’immagine, mentre l’immagine è assetata di significato. Lettere come vasi vuoti, riempile dunque con l’insonnia della prima conquista. Lettere come muto richiamo nei sassolini sparsi sul selciato del significato. Sfrega lettera contro lettera e nasce una stella, avvicina una lettera a un’altra e ascolta il rumore della pioggia, metti lettera su lettera e trova il tuo nome disegnato come una scaletta."

Una trilogia palestinese, Mahmud Darwish

mercoledì 16 novembre 2022

** RubRicordando ** José Saramago



José De Sousa Saramago nasce il 16 novembre 1922 nel villaggio di Azinhaga, nella provincia di Ribatejo, in Portogallo, in una famiglia di contadini poveri; sono i suoi nonni analfabeti, con cui trascorreva le vacanze, ad introdurlo al folklore e alla fantasia.
La sua famiglia si trasferisce a Lisbona nel 1924, dove suo padre trova lavoro come agente di polizia; le difficoltà economiche non finiscono e questo fa sì che all'età di 12 anni José venga spostato da una scuola di grammatica a una scuola tecnica.

La parola "Saramago" (lett. "ravanello selvatico" in portoghese) era in realtà il soprannome di suo padre, ma fu per sbaglio aggiunto sul certificato di nascita e quindi divenne il suo cognome.

Dopo aver completato gli studi, il giovane Saramago intraprende vari lavori, come meccanico d'auto, metalmeccanico, traduttore, giornalista e assistente redattore di un giornale, fino a quando inizia a scrivere a tempo pieno.

Il suo primo romanzo, "Land of Sin", viene pubblicato nel 1947, originariamente intitolato "La vedova"; il successivo romanzo, "The Skylight", vedrà la luce solo dopo la sua morte.

Nel 1944 sposa Ilda Reis, una dattilografa della compagnia ferroviaria, dalla quale ha una figlia nel 1947, Violante.

Verso la fine del 1950 trova lavoro come direttore di produzione presso una casa editrice, "Estudios Cor", che lascia nel 1971 per unirsi al giornale 'Diario de Lisboa' come redattore; due anni dopo passa al "Diario de Noticias" come vicedirettore.

'Lavora anche come traduttore, attività che lo vedrà impegnato dal 1955 al 1981.

Per 19 anni rimane fuori dal mondo della scrittura, al quale torna nel 1966 pubblicando la sua prima raccolta di poesie intitolata "Le poesie possibili".

Nel 1969 divenne membro del Partito Comunista Portoghese, cui resta associato per il resto della sua vita.

Sulla scia della rivoluzione dei garofani del 1974,  si vede costretto a lasciare il lavoro e si dedica  definitivamente alla letteratura. I suoi due libri – "L'anno Mille993" (1975) e "La notte" (1976) sono stati ispirati da questo processo rivoluzionario.

"Baltasar e Blimunda" (1982), una storia  ambientata in Portogallo nel 18° secolo durante l'Inquisizione spagnola, è il romanzo con cui Saramago raggiunge la fama internazionale.

Nel 1988 sposa Pilar del Rio, una giornalista spagnola.

Nel 1991 pubblica "Il Vangelo secondo Gesù Cristo", criticato dal governo conservatore portoghese perché "offendeva le comunità cattolica ed ebraica". L'opera voleva essere una sorta di riscrittura della vita del Messia alla luce dei Vangeli ritenuti dalla Chiesa apocrifi, confrontati con i vangeli sinottici.
Deluso dalla risposta della gente al suo "Vangelo", lascia Lisbona e si trasferisce a Lanzarote, un'isola delle Isole Canarie, in esilio simbolico autoimposto, con sua moglie.

Alcuni dei suoi altri lavori importanti sono: "Cecità" (1995), "Tutti i nomi" (1997), "L'anno della morte di Ricardo Reis" (1984), "Le intermittenze della morte" (2005), "Il viaggio dell'elefante" (2008) e "Caino" (2009).

Oltre a oltre 20 romanzi, Saramago ha scritto e pubblicato saggi, racconti per l'infanzia, opere teatrali e poesie; nel 2006, ha completato un memoir incentrato principalmente sulla sua infanzia e sulle difficoltà che affrontate quando viveva in povertà.

In un articolo pubblicato sul quotidiano spagnolo “El Pais” nell'aprile 2002, lo scrittore viene accusato di antisemitismo da tutta la comunità ebraica per aver dichiarato: 

«Vivere nell'ombra dell'olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni (...) Mi chiedo se quegli ebrei che morirono nei campi di concentramento nazisti, che furono perseguitati per tutta la Storia, che furono trucidati nei pogrom, che marcirono nei ghetti, mi chiedo se questa immensa moltitudine di infelici non proverebbe vergogna per gli atti infami che i suoi discendenti stanno commettendo. Mi chiedo se il fatto di aver sofferto tanto non sarebbe il miglior motivo per non far soffrire gli altri.»

«Quello che sta accadendo in Palestina è un crimine che possiamo paragonare agli orrori di Auschwitz»


Nella sua carriera ha vinto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Nobel per la letteratura nel 1998, primo scrittore di lingua portoghese ad essere insignito di questo prestigioso premio.
Nel 1999 viene istituito il Premio Letterario biennale Josè Saramago.

Malato di leucemia, muore il 18 giugno 2010 a 87 anni. Il suo funerale si è tenuto nel centro di Lisbona il 20 giugno, metà delle sue ceneri vennero portate ad Azinhaga, mentre l'altra metà fu posta sotto un ulivo nella sua casa di Lanzarote, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.

AVETE LETTO QUALCOSA DI QUESTO SCRITTORE?
 ANCORA NO, PER CUI ACCETTO VOLENTIERI CONSIGLI ☺📚


POESIE

NON IMPORTA QUANTI ANNI HO

Ho l’età in cui le cose si osservano con più calma,
ma con l’intento di continuare a crescere.
Ho gli anni in cui si cominciano ad accarezzare i sogni con le dita
e le illusioni diventano speranza.
Ho gli anni in cui l’amore, a volte, è una folle vampata,
ansiosa di consumarsi nel fuoco di una passione attesa.
E altre volte, è un angolo di pace, come un tramonto sulla spiaggia.
Quanti anni ho, io? Non ho bisogno di segnarli con un numero,
perché i miei desideri avverati,
le lacrime versate lungo il cammino al vedere le mie illusioni infrante valgono molto più di questo.
Che importa se compio venti, quaranta o sessant’anni!
Quel che importa è l’età che sento.
Ho gli anni che mi servono per vivere libero e senza paure.
Per continuare senza timore il mio cammino, perché porto con me l’esperienza acquisita e la forza dei miei sogni.
Quanti anni ho, io? A chi importa!
Ho gli anni che servono per abbandonare la paura e fare ciò che voglio e sento.


COME IL MARE

Cos’è il mare? Distanza smisurata
di larghi movimenti e di maree,
come un corpo assopito che respira?
O questo che da presso ci raggiunge,
battito blu su spiaggia scintillante,
dove l’acqua si fa aerea spuma?
Amore è forse la scossa che percorre
turgide vene nel rossor del sangue
e tende i nervi come fosse lama?
O forse questo gesto indefinibile
che il mio corpo trasporta verso il tuo
quanto il tempo ritorna al suo principio?
Come il mare, l’amore è pace e guerra,
ardente agitazione, calma profonda,
lieve sfiorar di pelle, unghia che segna.


Articoli consultati



lunedì 14 novembre 2022

Ultimi acquisti in libreria 📚

 

Nell'augurarvi un buon inizio di settimana, condivido con voi i miei ultimi acquisti librosi 📚


LA PRIGIONE PIÙ GRANDE DEL MONDO di Ilan Pappè (Fazi Ed., trad. M. Zurlo, 400 pp., 20€).

.

Dall’autore di La pulizia etnica della Palestina, uno sguardo incisivo sui Territori Occupati, che riprende la storia da dove si era interrotta nel precedente libro. Il noto storico israeliano, attingendo a ricerche d’archivio rivoluzionarie, documenti di ONG e resoconti di testimoni oculari, rivolge la sua attenzione all’annessione e all’occupazione di Gaza e della Cisgiordania.

In questa esplorazione completa di uno dei conflitti più prolungati e tragici del mondo, Pappe utilizza materiale d’archivio recentemente declassificato per analizzare le motivazioni e le strategie dei generali e dei politici, nonché lo stesso processo decisionale, che hanno gettato le basi dell’occupazione.
Da un’indagine sulle infrastrutture legali e burocratiche messe in atto per controllare oltre un milione di palestinesi, ai meccanismi di sicurezza che hanno imposto vigorosamente quel controllo, Pappe dipinge un quadro di ciò che è a tutti gli effetti il più grande carcere del mondo.

♠♥♣♦

NEL BOSCO di Tana French (Einaudi, trad. M. Benuzzi, 512 pp., 14.50€)

Un pomeriggio di agosto, tre ragazzini

.

scendono dalle loro biciclette per andare a giocare nel bosco lì vicino, e la sera non fanno ritorno a casa.
Soltanto uno di loro viene ritrovato, in stato catatonico, avvinghiato a una grossa quercia, le scarpe da ginnastica sporche di sangue.
Non ricorda niente di quanto è accaduto e dei suoi compagni non c'è alcuna traccia.

Vent'anni dopo, Rob Ryan, detective della Omicidi della polizia di Dublino, viene incaricato di indagare sull'uccisione di una ragazzina di dodici anni.
Ma, nel raggiungere la scena del delitto, si rende conto che il suo passato traumatico è legato proprio a quello stesso bosco:  è giunto il momento per lui di affrontare i fantasmi che popolano la sua mente.

🔵🔶🔴🔷

LA MASSERIA DELLE ALLODOLE di Antonia Arslan (Rizzoli Ed., 233 pp.).

Ispirato ai ricordi familiari dell'autrice, il

.

racconto della tragedia degli armeni e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute.
La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell'Anatolia, dove nel maggio 1915, all'inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l'odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia.
In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un "maschietto-vestito-da-donna" salperanno per l'Italia...







sabato 12 novembre 2022

// RECENSIONE // PUTIN, L'ANGELO DI DIO di Giovanni Boschetti



Due angeli, dalla loro dimensione celeste e senza tempo, osservano gli esseri umani e il loro agire nel corso della storia, e si ritrovano a fare delle amare considerazioni su quanto male ci sia sulla Terra, su come l'allontanamento da Dio e il disprezzo di ogni spiritualità abbiano condotto gli uomini a farsi la guerra, ad ammazzarsi a vicenda.
Quali e quante possibilità ci sono perché l'Uomo rinsavisca e smetta di scegliere la strada della violenza?


PUTIN, L'ANGELO DI DIO 
di Giovanni Boschetti 



Edizioni Brè
134 pp
Salathiel e Kranithel sono due creature angeliche, vicine al Creatore ma anche al genere umano, del quale osservano e soppesano, attentamente e con viva partecipazione, le azioni.
Le malefatte come i gesti lodevoli, le virtù come le colpe. 

I due angeli vedono che c'è una guerra in atto (e non è certamente la sola) in uno specifico luogo della terra: l'Ucraina è stata attaccata dalla Russia di Putin.

Questo ha generato inevitabili meccanismi perché l'Occidente si è immediatamente schierato al fianco dell'Ucraina per aiutare il suo popolo a difendersi dall'aggressore.

Lungi dal volersi schierare e dal giustificare qualcosa che SEMPRE è deprecabile - la guerra - e lo è a qualsiasi latitudine, l'Autore immagina i suoi protagonisti che dibattono accoratamente su cosa abbia portato a questa invasione da parte della Russia, che da sempre considera l'Ucraina una sorta di patria spirituale e, quindi, una parte inseparabile di sé.
Cederla alle mire dell'Occidente colonialista? Giammai!

Le riflessioni di Salathiel e Kranithel partono "da lontano": gli uomini (come del resto, prima di essi, Lucifero e gli angeli ribelli che lo seguirono) hanno preferito allontanarsi da Dio, agire come se Egli non esistesse, preferendo un modello di vita privo della dimensione spirituale, in cui a contare e a muovere le loro azioni erano la cupidigia, il potere, il danaro...
Col tempo e con l'avanzare del progresso tecnologico e scientifico, l'uomo non ha fatto che tenere Dio sempre più fuori dai propri disegni, e non solo: Dio è diventato un argomento di scherno, "qualcosa" attorno al quale ridacchiare e da sbeffeggiare.

Ma tranquillo, lettore, questo non è un manuale per il catechismo e i due amici toccano tematiche oltremodo attuali e concrete, "terrene": che dire di come l'Ovest si sia fatto portavoce di presunte idee di libertà e di uguaglianza, "predicando" e diffondendo un altro tipo di "religione", quella del più sterile consumismo? 
Senza Dio, senza regole, senza etica, senza nulla a moderare e frenare gli impulsi degli individui, in balia della chimera della "libertà assoluta", dove è diretta l'Umanità tutta?

La globalizzazione, riflettono gli angeli,  non ha portato a delle reali conquiste in termini di libertà e, semmai, si è  accompagnato ad una sempre più pericolosa cancellazione delle identità culturali e religiose e a una scialba rivendicazione delle comuni radici cristiane.

Per contro, notano gli angeli, c'è chi - "quelli dell'Est" - ha tentato di arrestare l'avanzata di questa progressiva crisi dei valori e il diffondersi di un sempre maggiore vuoto spirituale.

«È tosto questo capo orientale, fa di tutto per mantenere la presenza di Dio all'interno del suo popolo" (...)»
« Se lui difende i nostri valori, gli altri, invece, cosa fanno?»
« Anche gli altri popoli dell'ovest della Terra sono convinti di volere Dio, ma lo fanno con un certo lassismo. Sotto questo profilo, sono meglio quelli dell'est».
« Sì, ma la guerra... ti rendi conto? Ammazzare innocenti, donne e bambini...»

Gli angeli, nel riportare il pensiero di terzi (fra cui artisti e uomini politici) manifestano opinioni diverse e contrastanti sulla controversa figura di Vladmir Putin, della cui vita vengono  menzionati alcuni fatti principali e, soprattutto, come egli abbia "...riproposto ai massimi livelli la "cristianizzazione" come matrice identitaria della Russia, della sua forza e del suo protagonismo storico".

L'autore ha scelto la forma del romanzo breve per sottoporre ai suoi lettori una disamina senza sconti e senza ipocrisie sugli errori in cui incorre da sempre l'Umanità, da ambo le parti, che sia Est o che sia Ovest e, non senza un pizzico di intento provocatorio - ma di una provocazione intelligente e non fine a sé stessa - ci chiede di togliere gli occhiali dei pregiudizi, delle prese di posizione a priori, delle opinioni acritiche, e di scegliere la via della riflessione, del desiderio sincero e pulito di conoscere l'altro e la sua "versione" dei fatti, condizione indispensabile per comprendere le cause, le origini, i motivi di ciò che accade attorno a noi, senza sentirci schiacciati dal peso di accuse trite e ritrite, come "filoputiniano" (il termine non ricorre nel libro, lo sto usando io) o "tu giustifichi la guerra".

È un invito a chiederci "semplicemente" (ma è davvero semplice?) come viene valutato un medesimo avvenimento se lo si guarda da un punto di vista invece che dall'altro; è scontato dire che la narrazione della guerra in corso, vista dalla parte russa, sarà totalmente diversa da come la racconta l’occidente.

Ho trovato originale l'idea di assumere come prospettiva quella esterna (e super partes?) degli angeli, che ovviamente - per deformazione dovuta alla propria natura di creature celesti - non possono che dare molto risalto ed importanza alla dimensione spirituale e alla necessità di "recuperare" la presenza di Dio, e non di continuare a tenerlo fuori dagli affari terreni; c'è da dire - e questo ai due amici ultraterreni non sfugge - che anche "in nome di Dio e della fede" gli uomini sono capacissimi di farsi la guerra e di macchiarsi le mani di sangue innocente.

Intense le pagine dedicate a chi (uomini, donne, bambini...) la guerra - con i suoi devastanti effetti - la vive, la subisce, vedendosi portar via persone care, la propria stessa esistenza.

Quale scenario attende il genere umano?
La bomba atomica che distruggerà tutto e tutti?
"Il capo dell'ovest" che umilia quello dell'est, ottenendo accordi di pace più esteriori che reali?
Dio che si stanca di questa stupida umanità e la lascia a sé stessa, a un ritorno all'istintualità primitiva, animalesca?

Il fatto che lo scrittore abbia scelto di presentarci una prospettiva "diversa", meno diffusa e adottata, non implica assolutamente che non vi sia la ferma condanna a una guerra che si poteva e doveva evitare e che, come tutti i conflitti, non porta mai dei veri e assoluti vincitori o vinti, ma solo tante povere vittime.

Di agile lettura, il libro di Giovanni Boschetti è un testo interessante e originale, che stimola discussioni e riflessioni su argomenti complessi e importanti e che invita a non sentirsi mai detentori della verità assoluta, ma a porsi sempre con un atteggiamento di critica, di desiderio di valutare i fatti e gli eventi (e la guerra è un evento che non giunge dall'oggi al domani, ma ha sicuramente delle cause complesse, che si sono formate nel tempo e che non andrebbero semplificate, perché si rischierebbe di falsificare la verità storica) sempre con la sincera voglia di capire e andando oltre una mera e poco utile partigianeria.


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