lunedì 19 aprile 2021

Recensione: MASTRO TITTA E L'ACCUSA DEL SANGUE di Nicola Verde


Nella Città Eterna del 1859, che conserva il suo antico fascino nonostante tra le sue strade scorra miseria, delinquenza, sangue, intrighi, una donna e un bambino piccolino scompaiono misteriosamente.
Chi o cosa c'è dietro questa scomparsa? Il boia papalino Mastro Titta cercherà di scoprirlo.



MASTRO TITTA E L'ACCUSA DEL SANGUE 
di Nicola Verde



Fratelli Frilli editore
303 pp


È il gennaio del 1869 e lo scrittore Ernesto Mezzabotta si reca da Giambattista Bugatti, boia di Roma ormai in pensione, perché gli racconti un'altra storia delle sue, così da poterla pubblicare in un libro.

Mastro Titta inizia a raccontare, tornando indietro nel tempo di dieci anni: è l'inverno del 1859 e quell'anno accade una faccenda che ha tutti i requisiti per mettere a rischio l'alleanza franco-piemontese con lo Stato Pontificio; un fatto che ricalca un altro accaduto solo un anno prima a Bologna, vale a dire il "caso Mortara": un bambino di nome Edgardo Mortara (appartenente ad una famiglia ebrea) venne preso in custodia dalla Chiesa di Roma, dopo aver ricevuto in segreto il battesimo, per essere educato secondo i dettami della religione cattolica.

Ebbene, adesso a Roma c'è il rischio che stia per nascere un caso simile: un neonato (Charles Reynard), figlio di un ufficiale francese ebreo, è scomparso.

Chi l'ha sottratto ai genitori?

Forse la gendarmeria pontificia, per portarlo nella "casa dei catecumeni" - come accadde al piccolo Mortara - per essere allontanato dall'infida e infedele religione ebraica ed allevato in quella di Santa Madre Chiesa?

Se così fosse, questo potrebbe creare, verosimilmente, delle tensioni con i francesi, vista la nazionalità della famiglia Reynard...

È un momento assai delicato, in cui si sta decidendo l'alleanza franco-piemontese contro l'Austria: forse una delle due potenze sta cercando un pretesto per screditare lo Stato Pontificio affinché Napoleone III possa schierarsi senza suscitare le ire e lo sdegno dei cattolici europei?

Oppure c'è un'altra spiegazione?

La mattina in cui il bimbo viene rapito, scompare anche la domestica di casa Reynard, tale Amelia Corvaro, che poco tempo prima aveva fatto battezzare il neonato; magari la giovane nutrice l'ha portato via da casa proprio per sottrarre il neonato alle "grinfie" pontificie?

Fatto sta che quel giorno, ella, nella sua fuga, indugia per qualche secondo davanti alla bottega dell'ombrellaio Mastro Titta, che nota questo particolare ma sul momento non sa spiegarselo.

Amelia cercava forse qualcuno che abitualmente frequenta la bottega del boia? Se sì, chi e perché?
Ma soprattutto, dove progettava di andare con quel bimbo in fasce stretto al seno?

L'ombrellaio vuol vederci chiaro e comincia a parlarne con i suoi due amici, il poeta-tornitore Giuseppe Marocco d'Imola e Amilcare Laudadio, giovane ispettore di polizia di Borgo; quest'ultimo rivela da subito un atteggiamento strano (è sfuggente, imbarazzato, nervoso...) nei confronti della questione e, in special modo, verso la giovane domestica. Come mai? C'è stato qualche tipo di legame tra loro?

Le tante perplessità si scontrano bruscamente con la triste realtà che di lì a breve apprenderanno: il bambino e la balia vengono trovati cadaveri presso il fiume Tevere.

Chi ha potuto commettere questo duplice omicidio, lasciando i poveri corpi in balia dello scempio operato da animali selvatici?

I tre amici sono turbati e non sanno cosa pensare: a chi appartiene la mano assassina?
Adesso che il piccolo Reynard è stato trovato ucciso, cosa accadrà con i francesi?

Come se queste due morti non bastassero, altri omicidi si verificano nei giorni a seguire e il mistero si infittisce.

Chi poteva avere interesse ad ammazzare la bella Amelia? Certo, parliamo di una ragazza avvenente e "libertina" nello stile di vita, con più di un uomo a girarle intorno e, si sa, un innamorato geloso e svelto con il coltello può diventare una mina vagante e lasciarsi accecare dalla rabbia fino a commettere azioni orribili.

Ma ad inasprire gli animi c'è un'altra ipotesi, la più brutta di tutte perché in grado di innescare meccanismi perversi, da cui far scaturire ondate di odio verso una categoria specifica di persone: la credenza nella leggenda denominata "l'accusa del sangue", una maligna diceria riguardante gli ebrei.

Questa leggenda ha origini nell'età medievale; la nostra storia è ambientata in anni in cui in Italia era in corso il processo che avrebbe condotto all’unità nazionale, ma poiché, purtroppo, i pregiudizi sono duri a morire, in quel periodo c'erano ancora uomini e donne di religione ebraica accusati di rapire cristiani (donne, bambini...) per ricavarne il sangue, da mescolare con gli azzimi in occasione della Pasqua o da usare in altre occasioni per scopi rituali.

E cosa può accadere quando queste dicerie, passando di bocca in bocca, assumono "magicamente" e con una velocità sorprendente una parvenza di verità? Nulla di buono, ovviamente, tanto più se a fomentarle ci pensano gli esponenti del clero, dall'alto del loro pulpito autorevole: l'ebreo è un deicida, un rinnegato che non riconosce Gesù e che chissà quali indicibili usanze ha per scimmiottare la vera fede, quella cristiana.

In questo clima di odio, di cieco furore assassino, Mastro Titta e i suoi due amici continuano a cercare le risposte ad un mistero che si ingarbuglia sempre di più, che vede coinvolte persone diversissime tra loro: cardinali, preti, mendicanti, ubriaconi, carabinieri in borghese, prostitute...

E tra gli errori di ingenuità del buon Giuseppe e le intuizioni e i tormenti del giovane Amilcare - emotivamente coinvolto da questo caso, a motivo di Amelia -, il taciturno e riflessivo Giambattista Bugatti riuscirà a dipanare la matassa e a dare un nome e un volto al misterioso e scaltro assassino, che "fortunatamente", come in ogni buon giallo che si rispetti, commette qualche errore...

Questo romanzo di Nicola Verde unisce, con sapienza e maestria, finzione e realtà, l'avvincente elemento giallo/noir con un contesto storico splendidamente caratterizzato; leggerlo è stato davvero un piacere perché è scritto magnificamente, molto accurato nelle descrizioni del periodo e della città in cui la storia è collocata.

La narrazione procede con un buon ritmo e, di capitolo in capitolo, si arricchisce di sviluppi ed intrecci sempre più interessanti; durante la lettura, si ha l'impressione di attraversare strade e vicoli di questa Roma ottocentesca di cui non ci fermiamo ad ammirare "la maestà der Colosseo (...) la santità der cupolone", bensì ci lasciamo sedurre, rapire e, in un certo senso, inquietare dal fascino fosco e oscuro di una città tanto grande quanto sfaccettata, di cui vediamo e sentiamo lo sporco, i cattivi odori, gli schiamazzi, la bruttezza miserabile dei mendicanti e degli ubriaconi, la simpatica sfacciataggine dei giovanissimi strilloni, la patetica lascivia delle "donne curiali", l'odio e il disprezzo tra ebrei e cristiani (sob!) e il persistere di mitologie antisemite, gli "intrighi di palazzo" dove politici e religiosi stringono accordi ostentando un'ossequiosa gentilezza che maschera invece ipocrisia e interessi egoistici.

È all'interno di questa cornice, sordida e fascinosa insieme, che si staglia la figura affascinante del boia dello Stato Pontificio, dell'ombrellaio Mastro Titta, un personaggio storico sulla cui vita personale non si hanno molte informazioni, ma che qui, grazie alla fantasia dell'Autore, ci viene presentato in tutta la sua umanità, con i suoi silenzi e le poche ma sagge parole, con il suo pesante fardello di ricordi, le "giustizie" eseguite, i tanti rimpianti, la sprezzante diffidenza e il timore che leggeva negli occhi di quanti lo incrociavano, gli amori non vissuti e la solitudine di un uomo che ha sacrificato la propria esistenza (è stato boia per ben 68 anni!) sull'altare di una carriera di carnefice che ha esercitato con serietà e scrupolosità e non senza una certa pietà per gli scellerati che finivano sotto le sue mani.

Ringrazio Fratelli Frilli Editori per la copia omaggio di questo romanzo che ho letto avidamente dalla prima all'ultima pagina. 
Consigliato, senza ombra di dubbio, in particolare se amate i romanzi storici e avete voglia di immergervi in un'indagine molto coinvolgente!

domenica 18 aprile 2021

Pubblicazioni di aprile - novità da diverse case editrici



Cari lettori, vi lascio qualche titolo che, spero, possa incuriosirvi; come potrete vedere, leggendo le sinossi, le presenti novità editoriali appartengono a differenti generi letterari.


 “Leviathan. La prima legge” di Margherita Geraci (Casa Editrice: Cignonero, Collana: Prisma, Genere: Fantasy/Distopico, Pagine: 399).  

SINOSSI. Nelle terre del Leviatano, essere orfani può costarti la vita: lo sa bene Alice, che da cinque anni - dal giorno in cui il Governo ha ucciso i suoi genitori - vaga senza meta nelle lande radioattive e desertiche che circondano la città fortificata del Leviatano. 
Alice vive alla giornata, nascondendosi dagli Avvistatori, la crudele milizia incaricata di stanare e uccidere quelli come lei, i Non-Schedati, considerati una minaccia alla sicurezza e alla salute della città. 
A vent’anni il suo obiettivo è sopravvivere il più a lungo possibile e proteggere Niccolò, il cuginetto di cinque anni, unico superstite della sua famiglia. 
Ma durante un’incursione degli Avvistatori, Niccolò sparisce e Alice viene sequestrata da un giovane Avvistatore e costretta ad arruolarsi nel centro di addestramento militare del Leviatano, per diventare anche lei, un giorno, un’assassina.



“Siamo stati anche felici” di Viviana Guarini (Casa Editrice: Les Flâneurs Edizioni, Genere: Narrativa contemporanea, Pagine: 100).

SINOSSI. Anche nei momenti più difficili della nostra esistenza è possibile scorgere piccoli attimi di felicità. Accettare di essere fragili è la strada per imparare ad accogliere il dolore e trasformarlo in amore. Quando tutto sembra essere finito, all’improvviso arriva sempre un pettirosso che si mette a cantare: basta solo aprire la finestra e farsi travolgere dalla vita.



“Un appassionato disincanto” di Antonio Bonagura (Casa Editrice: Graus Edizioni, Collana: Tracce, Genere: Narrativa contemporanea, Pagine: 224).

SINOSSI
. Nell’artificioso buio dell’anonimato, al centro di un palcoscenico senza pubblico, il giovane beneventano Osvaldo crede di trovare la sua vera vocazione: occultare sé stesso e servire la Repubblica Italiana dal retroscena istituzionale. Muovendosi per le scenografie di Roma e Napoli, si inscena una storia a più atti, che dall’apprendistato romano, segue il protagonista sin sul campo di indagine napoletano, in ambienti universitari e di politica radicale, per proseguire in un costante cambio di mansioni, uffici ed esperienze, sempre sostenuti con l’incrollabile moralità di un obiettivo che si fa ideale condiviso. Ma è proprio nello scarto fra l’ideale e le contingenze sociali di un organismo piramidale, che Osvaldo dopo una vita invisibile di abnegazione, sente venir meno la spinta a continuare, la maschera cade e il sipario si chiude. Il personaggio senza pubblico, nella matura età della consapevolezza, si riscopre negli affetti familiari e nella riscoperta di un vero teatro, della vera arte di recitare, facendone un mestiere e inesauribile fonte di verità.



I bagnanti di Rocco Anelli (Genere: Narrativa, Casa Editrice: Les Flâneurs Edizioni, pagine: 146).

SINOSSI. Cosa sono l’erotismo e la scoperta dei sensi per dei ragazzi sulla soglia tra l’adolescenza e l’età adulta? I bagnanti cercano disperatamente di diventare grandi, attraverso prove di coraggio e riti di iniziazione. L’acqua e la luce, simboli di rinascita e catarsi, aiuteranno i ragazzi a lavarsi e a disfarsi di un’immaturità che essi indossano orgogliosamente, sotto forma di nomignoli. 
Discese e ascese che portano i ragazzi dal porto sicuro dell’innocenza alle terre misteriose del sesso e della corruzione, della tragedia e della morte, ma anche del sogno e dell’amore.


 “Underdog" di AN 15 (Algra Editore, Genere: Narrativa contemporanea, pp 264).


SINOSSI.  Antonio lascia la banlieue milanese per cercare successo a New York senza sapere l'inglese e
con dieci euro in tasca, Hansel fa la tour manager assecondando i deliri di una rockstar, Gina seppellisce il suo compagno perdendo sé stessa e ritrovandosi tra i tasti del suo pianoforte. 
Insieme da quando i genitori li spediscono ancora bambini in un collegio estivo dall’aria carceraria, i protagonisti attraversano il mondo dell'arte e quello delle catene di montaggio, i sogni di successo e una vita fatta di stenti, le stragi del sabato sera, la droga e il vegetarianismo nella Milano da vomitare degli anni Novanta.



“A più tardi” di Maria Mazzali
 (Casa Editrice: Silva Editore, Genere: Narrativa contemporanea, Pagine: 236).

SINOSSI. Valentina si prende sei giorni di vacanza a Parigi, tagliando con i suoi impegni professionali; desidera stare da sola per fare un bilancio su sé stessa e sul particolare momento che sta attraversando. Ha quarant’anni, deve prendere delle decisioni importanti, e per questo motivo ha accettato la sfida che le ha lanciato il suo inconscio. 
Per sondarsi ricorre all’associazione libera e a quella che lei chiama la scatola nera dei ricordi. Riaffiorano memorie, analizza tracce emotive, elabora il lutto per la morte del padre e riconsidera le sue relazioni con gli uomini. 
Oggi è innamoratissima di Tancredi, un amore arrivato apparentemente troppo tardi. Teme inconsciamente di cedervi, e lo comprende proprio durante l’evasione parigina, durante la quale diventerà finalmente l’analista di sé stessa.



“Il cuore non ha circonferenza” di Barbara Nalin (Genere: Romance, 233 pp)

SINOSSI
. Isabeau, qualche chilo di troppo, un viso bellissimo e un talento innato per la danza e la moda, si ritrova a fronteggiare un vero e proprio atto di cyberbullismo quando Federico, il suo ex, mette in rete un video di loro due che sarebbe dovuto rimanere privato. 
Isabeau, così, è costretta a rifugiarsi a San Diego, in California, dove i suoi freddi e calcolatori genitori hanno deciso che trascorrerà i prossimi mesi in attesa di laurearsi. 
La ragazza non è entusiasta all'idea di trascorrere del tempo con l'ex di suo padre, Babs, con la sua bellissima e viziata sorellastra, Stacey, e men che meno con l'ospite a sorpresa che trova a casa di Babs: Marzio, ragazzo bellissimo quanto irritante, che si diverte a tormentarla. 
Tra feste in spiaggia, sfilate di moda e corse in vespa, Isabeau scoprirà il valore della famiglia e dei suoi sogni, imparerà ad amare sé stessa e, forse, troverà l'amore.



“Dante e la tartaruga” di Vincenzo Spinelli (Casa Editrice: Il Seme Bianco, Collana:  Magnolia, Genere: Narrativa contemporanea, Pagine: 127).

SINOSSI. E' la storia contemporanea (e folle) di due innamorati che vivono nella periferia bolognese. Stanchi di condurre un’esistenza ai margini della società ed esausti di vacillare perennemente sulla soglia della povertà, decidono di commettere un omicidio per appropriarsi del patrimonio della ricca e odiosa signora Scalpini, così da poter poi rilevare la libreria Shakespeare and Company di Parigi. 
Il protagonista, Dante Chitano, da anni sogna di fare lo scrittore ed Elena Bugetti vorrebbe soltanto vivere serenamente insieme a lui. Riusciranno, al termine di questa avventura surreale e rocambolesca, a coronare i loro sogni?


“L’Incanto… oltre il buio” di Anna Rita Barretta ( Edizioni Beroe, Genere: Romanzo rosa - V.M. 18 -, Pagine: 304).

SINOSSI. Roma. Il destino rimescola le carte di Greta ponendo fine al suo matrimonio. La giovane madre trasforma la sua passione per i dolci in un lavoro. Grazie anche ai social networks, molti clienti ammirano le sue torte. 
Uno scambio di chat innesca una forte attrazione mentale fra la cake designer e il Dott. Giorgio Dimora. Nel frattempo Matilde presenta alla ragazza, nonché sua migliore amica, il Prof. Lorenzo Zanetti. 
Il cuore di Greta diventa così un campo di battaglia conteso dai due pretendenti. Solo il tempo svelerà quale scelta seguire…

sabato 17 aprile 2021

Recensione: DOVE STA IL LIMITE di Raja Shehadeh



A chi gli chiedeva di cosa parlasse il suo libro, Shehadeh rispondeva "che era incentrato sulla perseveranza (sumoud) usata come strategia di resistenza civile. (...) Noi palestinesi avevamo deciso di rimanere dov’eravamo nonostante tutti gli sforzi da parte degli occupanti di renderci la vita difficile per spingerci ad andarcene."
In che modo l'occupazione israeliana lo ha colpito, incidendo sulla sua vita, la sua quotidianità, i suoi rapporti interpersonali e, in particolare, sulla sua amicizia con l'israeliano Henry?
Il giornalista palestinese ne parla tra queste pagine, raccontando le peripezie che ha dovuto attraversare all'interno di Israele per un periodo di quarant'anni, per visitare amici e familiari, per provare semplicemente a godersi il mare, per discutere davanti ai tribunali dell'occupante e negoziare accordi di pace fallimentari.



DOVE STA IL LIMITE
di Raja Shehadeh


Einaudi Ed.
trad. G. Garbellini
192 pp
Raja Shehadeh vive a Ramallah in Cisgiordania, è un avvocato che sin da giovane si è dato da fare per impedire il sequestro delle terre palestinesi e favorire la pace e la giustizia nella regione. 
Conosce Henry, un ricercatore ebreo canadese, e con lui stringe una sincera amicizia, che però negli anni incontra non pochi ostacoli,  riassunti in un'unica domanda, che tormenta e fa indignare Raja: come può Henry, che si dichiara suo amico, accettare con (complice?) rassegnazione la situazione insopportabile che i palestinesi vivono giorno per giorno nei Territori occupati da Israele? 
È vero, Henry condanna la politica colonialista del proprio Stato, egli considera i palestinesi suoi fratelli ed auspica la pace tra i due popoli... ma questa sua posizione a Raja risulta alquanto blanda, di chi ammette sì l'ingiustizia, a parole magari la condanna pure... ma la "lotta" inizia e finisce là, senza che ne segua alcuna concreta azione di protesta.

I due uomini ci provano ad essere amici lasciando fuori la "questione israelo-palestinese", ma come si fa? Quando la vita  diventa sempre più insopportabile nella Palestina occupata, è impossibile sfuggire alla politica e al passato. 

Ed è su questo limite che separa i due popoli, che si gioca e che vive quest'amicizia, inevitabilmente messa a dura prova e oscurata da una realtà che non poteva essere ignorata:

"L’occupazione si stava trasformando in un regime coloniale che ci privava della nostra terra e affidava le nostre risorse naturali, i nostri terreni e la nostra acqua ai propri cittadini. Influenzava le nostre vite in ogni modo, grande e piccolo, e restringeva le nostre prospettive. Per combattere questo stato di cose, noi palestinesi fummo costretti a cavarcela da soli. "

Raja lo sa che il suo amico non è, di certo, direttamente responsabile delle sofferenze del popolo palestinese, eppure con il continuo furto delle loro terre, le restrizioni sulla vita quotidiana e l’incessante creazione di insediamenti ebraici, gli risultava difficile tenere dissociato Henry da tutto questo.

Le persone che hanno deciso di restare sotto il dominio israeliano, sia nello Stato di Israele sia nei Territori occupati - seppur risparmiandosi la drammatica esperienza dell'esilio -, hanno esercitato uno sforzo non indifferente per costruirsi una vita sotto regimi che cercavano di cacciarli via e, ancor di più, per restare aggrappati alla propria identità di palestinesi; con Henry, Raja discute di 

"identità: di come Israele fosse riuscito a forgiarsi un’identità nazionale e la Palestina no. Di fatto, la Nakba aveva smantellato società palestinese".

Per la sua gente, non era stata solo una questione di perdite materiali (nel corso degli anni successivi alla Catastrofe del 1948 - la Nakba -, che vide circa 750 000 palestinesi costretti ad abbandonare le loro case, i villaggi arabi sono stati rasi al suolo) ma piuttosto della negazione della loro stessa esistenza come nazione.

La strategia delle autorità militari israeliane era volta a soffocare lo sviluppo palestinese, ad esempio rifiutando le autorizzazioni indispensabili alla costruzione delle infrastrutture necessarie agli investimenti e al progresso economico.

"La presenza ebraica in questa terra si è rivelata essere non soltanto culturale, come speravi tu. È una presenza coloniale."

Raja riconosce al proprio popolo una forza che poggia sulla capacità di sognare nonostante tutto, di rifiutare una realtà povera e difficile e di vivere come se tutto potesse cambiare da un giorno all’altro. Del resto, se non avessero coltivato questo pensiero, avrebbero abbandonato la lotta da tempo.

Leggendo, proviamo insieme all'Autore la sua (in)sofferenza nel camminare su quelle terre con la sgradevole sensazione di varcare il confine di territori a lui proibiti, e immaginiamo quanto sia difficile vivere nella terra in cui si è nati e vederla, da un certo momento in poi, costantemente occupata da migliaia di soldati che  attraversano città, villaggi e campi profughi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, "infrangendo le norme accettate sui diritti umani, fermando i passanti per umiliarli (come non di rado è capitato allo stesso Raja), percuoterli o arrestarli, sparando sui dimostranti disarmati e imponendo lunghi coprifuoco a intere comunità".

Uno dei punti cruciali, su cui insiste Shehadeh, è la necessità di ricordare: la memoria è un fatto politico in Israele e in Palestina e il  non voler ammettere le atrocità del passato è poi la chiave fondamentale (e forse anche la sola) per riconoscere i crimini commessi dai coloni ebrei.

"Nessuno può costruire la propria felicità a spese delle sofferenze altrui... (...) Non c’è pace che si possa costruire sull’occupazione delle terre altrui, altrimenti non sarebbe pace autentica... In tutta sincerità, vi dico che non ci può essere pace senza i palestinesi."


La narrazione si muove in un tempo piuttosto lungo, che va dal 1959 al 2013, e in uno spazio che va da Tel Aviv a Jaffa, dandoci un quadro nitido dell'evoluzione della situazione dei palestinesi nei Territori occupati e lo fa partendo da un'amicizia, che ora viene percepita come essenziale ed importante (troppo perché l'appartenenza a due popoli tra loro vicini ma nemici la spezzi), ora è reputata amaramente e con dolore un "lusso" che lui, Raja, non può permettersi.

Eppure, nonostante i dubbi, le lacrime,  le domande, il risentimento e l'irritazione  provata spesso verso l'amico e pur restando sempre lucidamente consapevole di come non possa ignorare la triste realtà quotidiana vissuta in Palestina, tra queste pagine emerge un ulteriore dato di fatto: anche nelle circostanze più cupe è possibile che i legami veri vadano oltre le divisioni politiche.

"Dove sta il limite"  ci racconta, con una scrittura personale, di cui avvertiamo tutta la tensione emotiva e la passione e la rabbia legate all'argomento occupazione, come un'amicizia in una terra divisa venga necessariamente influenzata; se così non fosse - se Raja non avesse, negli anni, visto, individuato e nominato le "crepe" nel suo rapporto con Henry, decidendo magari di viverlo senza troppi strascichi, con una leggerezza infantile, cieca, sciocca, di chi non chiama i problemi per nome e finge di non vederli per non dover discutere, litigare - ciò sarebbe indice di un legame debole, fiacco.
Ma così non è, evidentemente, e le fragilità di quest'amicizia nei tempi bui ne mettono in risalto la complessità, l'umanità, la forza, la sincerità, l'indissolubilità.

Shehadeh ci restituisce una cronaca appassionante e dettagliata degli effetti devastanti dell’occupazione anche negli aspetti più personali della vita quotidiana e lo fa con una penna lucida e vivida, alcune volte ironica e altre malinconica, ma sempre chiara, onesta e coraggiosa, che induce il lettore a chiedersi se tra coloro che oggi si considerano reciprocamente nemici l'un dell'altro, ci possa essere concretamente la prospettiva di un futuro comune insieme.

Una lettura molto interessante, che stimola a riflettere (e, chissà, magari a cercare notizie e ad informarsi personalmente) su una questione umana, sociale e politica che purtroppo non smette di essere attuale e oltremodo delicata e controversa.
Consigliato!!

giovedì 15 aprile 2021

Recensione: CHIARO DI LUNA di Paolo Biagioli



Ci sono amori che prendono posto nel nostro cuore e lì restano, resistendo al tempo, alle distanze, alle circostanze (belle e brutte) della vita che, se dà, altrettanto toglie.
Qualcuno ha detto che il primo amore non dura per tutta la vita (a volte può succedere, aggiungo io) ma te la cambia per sempre.
Al protagonista di questo romanzo accade proprio questo.


CHIARO DI LUNA
di Paolo Biagioli


104 pp

Cosa c'è di più tremendo per uno scrittore che sentirsi poco ispirato e non riuscire a buttar giù un libro che possa piacere e quindi vendere?

A trentanove anni, Pietro Marras sembra aver smarrito la vena creativa necessaria ad uno che di scrittura vuol campare, visto che il suo secondo libro è stato un grosso fallimento in termini commerciali; per tirare avanti, comunque, lavora presso una testata giornalistica locale.
Vive e lavora a Vercelli con Chiara, sua moglie, e un giorno di dicembre il suo cuore gli tira un brutto scherzo: viene colpito da un infarto ed è il terzo episodio in quattro anni.

L'immobilità lo costringe in ospedale, dove - solo con se stesso -  torna con la mente indietro nel tempo.

A dargli il la perché i ricordi facciano capolino ed egli si lasci andare alla nostalgia del tempo andato, è un articolo presente su una rivista poggiata accanto al letto; essa narra la leggenda del filo rosso che tiene legate due anime gemelle per sempre, qualunque cosa succeda.

Un po' come accadde a Proust, cui bastò il dolce e noto profumo di una madeleine immersa nel tè per riannodare il filo della memoria, pensare a quel filo rosso fa sì che il nostro giovane protagonista  si senta avvolto da un'ondata di ricordi che salgono su da un passato di ventidue anni prima, pronti a riscaldargli il cuore d'amore, di quell'amore provato per una ragazza che non ha mai dimenticato.

Era l'anno del quarto liceo e Pietro trascorreva il tempo assieme alla sua compagna ed amica del cuore, la dolce Clem.

Siamo verso la fine degli anni '90, i due adolescenti si barcamenano tra la scuola (i professori - alcuni molto severi -, le interrogazioni, le ricerche...) e i loro innocenti sogni giovanili; Pietro, ad es., ama suonare e vorrebbe poter comperare una chitarra; per aiutarlo, Clem chiede al padre Claudio (proprietario di una pasticceria) di assumere l'amico, così che questi possa guadagnare qualcosa e metterlo da parte per acquistare lo strumento.

Il legame tra i due ragazzi è fatto di dolcezza, lealtà, complicità, sorrisi, scherzi; si piacciono ma, un po' per timidezza e un po' perché, forse, temono di rovinare una bella amicizia, non si dichiarano; ma il tempo trascorso insieme è prezioso, speciale, che sia al cinema o a studiare o, ancora meglio, sulla spiaggia, al chiaro di luna e sotto un manto di stelle, silenziosi testimoni di un sentimento puro che ben presto assume i contorni di un amore giovanile.

Clem e Pietro si conoscono bene, sanno praticamente tutto l'un dell'altro, basta uno sguardo per intendersi, un abbraccio per sentirsi al sicuro; se si danno appuntamento, sanno che l'altro si presenterà puntuale e senza ombra di dubbio.

Sarà per questo che quando Clem non si presenta la mattina al solito posto per andare a scuola insieme, Pietro è perplesso e cerca di dire a se stesso che non c'è di che preoccuparsi, che può capitare un imprevisto..., capita a tutti, no?

Ma quello che Pietro apprenderà è che sì, la vita è fatta di imprevisti, e non solo: anche di brutte sorprese, di eventi drammatici inaspettati che scombussolano più di un'esistenza. 
Eventi irreversibili che lasciano vuoti incolmabili, che segnano per sempre.
Perché anche se la vita deve andare avanti nonostante i dolori e le disgrazie, quel filo rosso che unisce due cuori gemelli non si spezza col passare degli anni, e dopo ventidue anni, infatti, Pietro si lascia ancora travolgere dalle forti emozioni che gli suscita la sua dolce Clem, il cui ricordo è incancellabile nella mente e nel cuore di chi, come Pietro, l'ha amata.

Chiaro di luna è un romanzo breve ma che sa regalare belle emozioni; l'immediatezza e la semplicità di linguaggio lo rendono molto scorrevole e ci restituiscono tutta la spontaneità e la spensieratezza di due adolescenti di fine Anni Novanta, così belli e giovani, con tutta la vita davanti. Spensieratezza che contrasta con l'animo pesante e stanco di Pietro adulto, che deve fare i conti con un cuore capriccioso e un presente non proprio soddisfacente.

Quello tra Pietro adolescente e la sua Clem è un amore dolce, fresco, giovanile, romantico, e il romanticismo dell'Autore, lungi dall'essere sdolcinato, sa emozionare con naturalezza e perché al centro vi è una storia di sentimenti autentici ed intensi; non è tutto "rose e fiori", tra queste pagine, perché è proprio la vita a non esserlo: c'è il dolore, la solitudine, il bisogno di ricominciare a vivere, di mettere su carta il fiume di emozioni che, se non espressi, finirebbero per travolgere il protagonista, che nelle ultime pagine saluta il lettore con parole d'amore piene di nostalgia e dolcezza verso l'amata mai dimenticata.

Una lettura che consiglio, tanto più se avete voglia di una storia d'amore dolce e malinconica, scritta bene e che mi ha fatto venir voglia di ascoltare brani musicali di qualche anno fa ma, in realtà, intramontabili.




domenica 11 aprile 2021

Recensione: TRADITO! di Stan Telchin


Questa è la testimonianza di fede di Stan Telchin, un ebreo che va in crisi profonda dopo aver ricevuto una notizia sconvolgente: sua figlia Judy è diventata un'ebrea messianica, crede in Gesù come Messia. per Stan è l'inizio di una vera e propria ricerca, volta inizialmente a confutare sua figlia e a dimostrarle che sta sbagliando, che Gesù non è il Messia; ma non sa che questo lo porterà verso una personale ricerca delle proprie radici e identità ebraiche e a una vera e propria rinascita spirituale.

TRADITO!
di Stan Telchin 



I Telchin sono una famiglia ebrea molto unita, benestante, serena; a Stan e sua moglie Ethel - insieme alle loro figlie Judy ed Ann - non manca nulla e non potrebbero condurre una vita più soddisfacente.
Fino al giorno in cui una telefonata sconvolge tutti gli equilibri.
La figlia maggiore Judy ha una confessione da fare ai genitori: ha fatto un'esperienza unica e importantissima, che le ha cambiato la vita. 
Ha riconosciuto Gesù quale Messia.
È quindi diventata... un'ebrea messianica.

Stan è allibito: Judy è forse impazzita? Come può un ebreo credere nel Gesù dei Cristiani, rinnegando di fatto le proprie radici, l'identità e la storia del popolo a cui appartiene?

La reazione dei famigliari è di completa disapprovazione per questa "conversione" della ragazza, che però, per quanto dispiaciuta all'idea di deludere e dare loro un dolore, è consapevole della propria scelta e di come questa sua fede nel Messia sia per lei l'inizio di una nuova nascita, di una nuova vita.

Stan è un uomo colto, intelligente e non si dà pace: deve capire perché la sua bambina - da loro tanto amata e che altrettanto intensamente ama i propri cari - si stia comportando così: a cosa è dovuto questo cambiamento che egli considera inappropriato per un ebreo? 

Si convince quindi della necessità di indagare, di capirci di più: Judy ha deciso di credere nel Gesù del Nuovo Testamento? Bene! Allora è da lì che egli partirà per smontare ogni falsa convinzione che ha portato la figlia a prendere questo grosso abbaglio.

Inizia così un periodo di studio, una full immersion nella lettura del Nuovo Testamento, che porterà Stan a comprendere e conoscere la figura di Gesù di Nazareth come mai avrebbe pensato che fosse possibile: Gesù non ha portato nulla di opposto e di antitetico rispetto al Giudaismo (per quanto, ovviamente, gli ebrei del suo tempo, come i farisei, lo abbiano considerato un rivoluzionario, uno che voleva abolire la Legge e i Profeti). Egli era ebreo, viveva in un contesto ebraico, osservava tradizioni e festività giudaiche..., i suoi discepoli erano anch'essi ebrei...: insomma, altro che due binari paralleli inconciliabili e che non si incontrano! 
Giudaismo e Cristianesimo sono strettamente e intimamente collegati e un ebreo che crede in Gesù quale suo Messia non smette certamente di essere ebreo e non deve rinnegare assolutamente nulla della storia e dell'eredità antica del proprio popolo.

Questa è la storia toccante di un brav'uomo e della sua famiglia; di un ebreo che, in fondo, aveva perso il senso dell'appartenenza alla storia del popolo ebraico e che s'era allontanato da tutto ciò che avesse a che fare con Dio: osservava tradizioni giudaiche senza vederci, in esse, nulla di "divino".
A un certo punto, infatti, Stan dovrà trovare il coraggio di chiedersi: "Ma... io credo in Dio?  Chi è Dio per me?".

Quello di Stan è un percorso di rinascita, di riscoperta di quel Dio della Torah che, negli anni, nella sua famiglia era stato tenuto lontano, come se fosse ormai qualcosa di vago, di poco concreto, che nulla più a che vedere con il presente degli ebrei (sparsi per il mondo).

La storia di Stan è la storia di conflitto e di una conseguente guarigione.

Con lo scopo (e l'atteggiamento irritato) di chi vuol capirci di più per controbattere alle nuove convinzioni della figlia e dimostrarle che sta sbagliando, l’autore comincia una ricerca ritornando indietro nel tempo. 
Lungo il cammino deve affrontare sfide personali che richiedono una risposta che cambia la vita. 

È stato davvero interessantissimo leggere le graduali scoperte di quest'uomo assetato di risposte, e con lui ripercorrere alcune tappe e i principali fatti che hanno portato alla triste separazione del Giudaismo dal Cristianesimo; è stato emotivamente coinvolgente seguire i suoi tormenti, i suoi dubbi, le sue incertezze e la progressiva presa di coscienza di chi sia questo Gesù e del perché lui, da ebreo, non fa un torto a se stesso, alla sua famiglia o al suo stesso popolo, credendo in Lui, tutt'altro: ripone fede nelle promesse e nelle profezie scritte nell'Antico Testamento.

Un libro-testimonianza molto scorrevole e intenso.

"...non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco" (Romani 1:16)

sabato 10 aprile 2021

Prossime letture (aprile 2021)

 

Cari lettori, vi presento due libri che ho in programma di leggere prossimamente!

Il primo è NELLE SUE OSSA di Maria Elisa Gualandris (Bookabook, 311 pp., 15 euro). 


Durante un restauro, nella cantina di una villa sul lago vengono trovate ossa umane. Sono lì da almeno 
quarant’anni e nessuno ha idea di chi possano essere. 
La giornalista Benedetta Allegri si imbatte nella vicenda e spera che possa essere l’occasione per rilanciare la sua carriera precaria. 
Aiutata dall’affascinante commissario Giuliani, scopre che le ossa sono di Giulia Ferrari, una studentessa scomparsa nel 1978 che nessuno ha mai veramente cercato. 
La procura ha fretta di archiviare il caso e cerca di far ricadere la colpa su quello che all’epoca era il fidanzato della ragazza.
Benedetta, però, intuisce che la sua tranquilla cittadina di provincia nasconde molti segreti ed è pronta a tutto pur di giungere alla verità e ottenere giustizia per Giulia.

L'autrice.
Maria Elisa Gualandris, laureata in Filosofia all’Università Cattolica di Milano, vive sul Lago Maggiore ed è una giornalista professionista. Scrive di cronaca nera e giudiziaria per diversi media locali. Ogni mattina conduce il programma “Giornale e Caffè” su Rvl La Radio. Nel 2016 ha creato il blog I libri di Meg per condividere la sua passione per la lettura. È stata finalista al concorso “GialloStresa” nel 2013 con il racconto Pesach, pubblicato nell’antologia Giallolago (Eclissi). Nelle sue ossa è il suo primo romanzo
.

*****


L'altro è un romanzo storico ambientato in Basilicata all’epoca dell’Unità D’Italia: LA CONGIURA DELLE PASSIONI di Pietro De Sarlo (Altrimedia Ed., 240 pp. 19 euro).


Dall’Appendice:


“Nello scrivere questo libro mi sono reso conto che l’Italia manca di una memoria condivisa proprio su quello che è stato il suo momento iniziale e fondante: il Risorgimento. Questo non può essere narrato come successione di atti eroici, come hanno insegnato alla mia generazione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, ma è uno dei momenti più complessi, tormentati e territorialmente disomogenei della Storia Patria.”


Dalla quarta di copertina:

“Durante i mesi caldi dell'Unità d'Italia, Monte Saraceno, nome di fantasia di un paese dell'Appennino Lucano, è un microcosmo che ricalca i contrasti e le contraddizioni della Penisola. 'U Barone, l'Arciprete, il Notaro papà di Pietrino, 'A Masciara… Ciascuno alla ricerca di un’intesa per il bene della comunità, ognuno confuso ma non (ancora) travolto dagli eventi che agitano il Paese e giungono attutiti fino all’epilogo, senza vincitori né vinti.”

La congiura delle passioni è un romanzo corale, con una ricostruzione storica accurata e lo stile brillante di Pietro De Sarlo.

"Donna Giuditta diede qualche ulteriore istruzione alla figlia più piccola su come camminare senza imbrattarsi la gonna con il lordume presente sulle vie e Pietrino corse in piazza a raggiungere i suoi amici. Non andò però in chiesa, fu catturato dagli eventi che si svolgevano in piazza e dalla vista di Mirna che, al contrario delle usuali domeniche, non aveva il suo pappagallino con i biglietti portafortuna. L’aria era tesa, anzi plumbea. Mirna non aveva il consueto aspetto gioioso ma sembrava triste e lui cercava di capire come fare per correre a consolarla. Anche i suoi amici, di fare i consueti giochi non pareva avessero voglia, per cui rimanevano tutti seduti e in silenzio ad osservare gli eventi su una scalinata che arrivava diretta dalla Chiesa Madre alla piazza. Così, mentre le donne si recavano alla messa, il Notaro spuntò bel bello sotto il palazzo del Barone trovando una scena surreale: il Barone seduto sul balcone, il sindaco, insieme ai decurioni e gli eletti, di fronte e su un lato, alla sua destra, i galantuomini, vicino alla farmacia e di fronte a loro, e alla sua sinistra, una folla che non prometteva nulla di buono."

giovedì 8 aprile 2021

Segnalazione: i libri di Angelica Negretti || Quando leggere contribuisce a una buona causa

 

Buongiorno, lettori!

Oggi desidero presentarvi i libri di un'autrice esordiente; ad essi è collegata un'iniziativa a scopo benefico.

Infatti, acquistando una copia dei romanzi della scrittrice Angelica Negretti, potete contribuire ad aiutare i mici bisognosi di cure, in quanto parte del ricavato delle vendite sarà devoluto a “Miciopolis”, un’associazione di Vigevano che si occupa della tutela del GATTO attraverso la prevenzione del randagismo e l’aiuto delle colonie feline.

Ve ne segnalo un paio, ma QUI potrete dare un'occhiata anche alle altre sue opere.


“It’s Only The Beginning” (Armando Editore, 188 pp, 14 euro, 2019). 

Trama: Konrad, ragazzo estremamente sensibile, è tormentato da misteriosi incubi ricorrenti.
Nonostante tutte le difficoltà che incontra, resiste imperterrito ed affronta la vita con grande coraggio e determinazione.
Solo alla fine, scoprirà di essere in possesso di un dono prezioso, destinato a cambiare per sempre la sua vita.
"Non sempre il male viene per nuocere, talvolta, ne può derivare anche del bene ed essere addirittura un trampolino di lancio per il cambiamento per un nuovo inizio".


"The Choice Is Yours"  (Armando Editore, 301 pp, 2020)

Konrad, giovane sensitivo, si ritrova solo a compiere scelte estremamente difficili.
Nonostante tutti i raggiri e le delusioni che subisce, non perde mai il coraggio e la voglia di vivere.
Solo alla fine, riuscirà a superare tutte le difficoltà e a maturare la scelta giusta da compiere.

"... puoi uscire allo scoperto, vincendo le tue paure e continuando ad inseguire i tuoi sogni, oppure puoi restare nascosto qui, nella triste oscurità dei tuoi pensieri tormentosi ..."

mercoledì 7 aprile 2021

Recensione: IL ROMANZIERE di Domenico J. Esposito



Il protagonista di questo "romanzo nel romanzo" è Donato, un giovane scrittore che prova in tutti i modi a inseguire il proprio sogno: vivere del proprio talento di scrittore. Riflessivo, solitario, taciturno, dalla personalità complessa, il romanziere deve fare i conti con la propria scrittura e con gli effetti che quest'arte ha sulla propria esistenza e, paradossalmente, anche su quella di chi gli è attorno.


IL ROMANZIERE
di Domenico J. Esposito


Eretica Edizioni
163 pp
Scrivere dei libri e rendersi conto che poi le cose immaginate accadono realmente alle persone: il sogno proibito di ogni scrittore?
Forse... o forse no, se quello che viene messo su carta non è sempre lieto!

Donato Bratti (chi, come me, ha letto "Voler bene in segreto" ha già avuto modo di conoscerlo un pochino) è un giovane scrittore in crisi.

Egli sente di avere un gran talento come romanziere, prende spunto dalla realtà in cui vive (un paese nel beneventano) per buttare già su carta storie di gente comune, come lui.
Eppure... il successo tarda ad arrivare e la consapevolezza che i suoi libri stiano avendo uno scarso seguito lo fa sentire un fallito, privandolo della gioia e della serenità per affrontare il quotidiano.
Anche se le presentazioni dell'ultimo libro non mancano - certo, a volte in libreria interviene pochissima gente, altre volte ce n'è un po' di più -, Donato è insoddisfatto, depresso, a pezzi emotivamente; a ciò si aggiunge che non si sente capito da nessuno, soprattutto quando è costretto a rispondere sempre alle solite, banalissime e superficiali domande, del tipo "Ma riesci a campare di scrittura? Non sarà il caso che ti cerchi un lavoro vero?", "Stai scrivendo un nuovo libro? Quando esce?", "Nei tuoi libri il protagonista è basato su di te, vero?".

Insomma, il povero Donato è un eterno pesce fuor d'acqua in una società che egli giudica superficiale, egoista, individualista, e a un tipo come lui - che ama guardarsi dentro, osservare le persone per capirne intenti, pensieri, che non si accontenta delle chiacchiere vuote e sciocche, delle domande fatte per pura educazione ma prive di un reale interesse umano per l'altro, che detesta essere giudicato ed etichettato come un asociale dalla vita noiosa, con la testa tra le nuvole e alienato dal mondo - non resta che continuare a credere nonostante tutto nel proprio sogno di poter un giorno davvero sfondare con i propri libri, avendo così la sua personale rivincita contro chi non crede nelle sue capacità e lo giudica uno sfigato solitario.

Donato è ben consapevole di essere davvero un tipo particolare, che ad es. non esita a mostrare insofferenza quando è in compagnia di un interlocutore che blatera sciocchezze per una serata intera, o che ha enormi difficoltà a socializzare con persone che non conosce.
In special modo, sa di non avere il coraggio di avvicinare né tanto meno corteggiare una donna che gli piace.

Non ha chissà quante care amiche, ma quelle che ha (l'intelligente e perspicace Isabella o l'allegra Ramona) gli bastano e dal rapporto con loro - seppur non costante - prende il buono che un'amicizia disinteressata sa dare; quando, però, il suo sguardo incrocia per caso quello della bella Gloria, lo scrittore sente nascere dentro di sé la voglia di conoscerla.
Ma gli manca il coraggio di presentarsi e quando vede la ragazza per strada o al bar, l'ansia sale e lo frena dall'agire.
 
Sarebbe bello se nella realtà accadesse  come nei suoi libri, dove gli basta scrivere una frase, immaginare una scena... ed essa ovviamente viene vissuta dal protagonista senza alcun problema.

Ma la vita non è né un un romanzo né un film, e non basta mettere su carta una frase bella perché essa si  verifichi nella vita reale.

O forse sì?
A un certo punto, a Donato sorge un sospetto assurdo: possibile che egli abbia dei poteri soprannaturali?
Eh già, perché alcuni avvenimenti narrati nei suoi romanzi prendono veramente forma e purtroppo anche in senso negativo...

Quando si verifica un evento spiacevole a una persona che neppure conosce, Donato sente di esserne il responsabile in quanto egli l'aveva scritto precedente nei suoi racconti, per quanto con qualche dettaglio differente.

Quindi la disgrazia è colpa sua?
E se provasse a metter mano al racconto incriminato e a modificarlo per "salvare" il malcapitato?

Il presunto potere sembra avere effetti positivi nella vita reale della persona coinvolta, e questo getta lo scrittore nella più totale confusione: ma è lui che sta impazzendo nel credere che veramente quel che scrive possa verificarsi o possiede sul serio questa capacità paranormale?

E se provasse ad utilizzare tale dono incredibile per scopi più personali, dando una mano ad una sorte a volte capricciosa?

Non è facile per il romanziere accettare una tale sorprendente (e inquietante!) scoperta, perché egli si considera uno scettico, una persona estremamente razionale, poco incline a credere a superstizioni o in qualsivoglia divinità superiore che controlla le vite degli esseri umani; eppure, gli strani avvenimenti sembrano smentire le sue convinzioni, il che rischia di confonderlo e avvicinarlo pericolosamente sull'orlo della follia.

Saprà Donato Bratti sfruttare a proprio vantaggio quelle che potrebbero essere solo delle sinistre coincidenze, per ritrovare una nuova linfa vitale per la sua attività di scrittore e, cosa più importante, lasciarsi andare alla vita senza avere più paura di fare un passo verso gli altri?

"Il romanziere" è un metaromanzo che ruota attorno alle innumerevoli difficoltà incontrare da uno scrittore che quotidianamente insegue i suoi sogni nonostante non sempre quest'affascinante talento sembri ripagare di tutti i sacrifici. 

È anche un romanzo psicologico perché in larga parte segue il flusso di coscienza del giovane scrittore, il quale ha un ricco mondo interiore che egli riversa nei suoi mille pensieri, nelle notti insonni, nelle lacrime di frustrazione o paura, nel suo balbettare o chiudersi davanti ad una donna, nel sopportare le solite ovvietà trite e ritrite pronunciate con leggerezza da amici e conoscenti, che proprio non riescono a cogliere la sua vena artistica, nel suo perdersi in ragionamenti, domande, timori, che fanno di Donato Bratti un personaggio molto sfaccettato e complesso, pieno di fragilità ma altresì di risorse.

Come Efrem nell'altro (e succitato) libro dell'Autore, anche Donato deve sforzarsi di non soccombere davanti allo scoraggiamento, al malessere che prova nel sentirsi incompreso e non accettato per quello che è, e capire che non ci vogliono i super poteri per vivere ed avere successo nella vita: gli basta nutrire un pizzico di fiducia in se stesso, sorridere, godere delle piccole cose che capitano giorno per giorno e rendere la propria vita un romanzo tutto da scrivere... vivendola appieno.

L'Autore ci presenta il variegato e complicato universo interiore di un giovane uomo che deve imparare il difficile mestiere di vivere, prima ancora di quello di romanziere, e lo fa con una scrittura diretta ed immediata, che affianca dialoghi semplici e realistici al vortice di pensieri e riflessioni del protagonista, rendendo così la lettura scorrevole e profonda insieme,

martedì 6 aprile 2021

RomanticAnteprima: IL DUCA SILENZIOSO di Jess Michaels




Dopo IL DUCA TRADITO e UN DUCA DA SCEGLIERE, il 13 aprile esce il quarto libro della serie di romance regency “Il Club del 1797” di Jess Michaels: Il Duca Silenzioso. 

Lo trovate in esclusiva su Amazon a questo link

Traduttore: Isabella Nanni
Editore: The Passionate Pen LLC
Genere: Romance storico
Prezzo ebook: € 3,99 – disponibile anche in Kindle Unlimited
Prezzo cartaceo: € 14,55


Nato muto, Ewan Hoffstead, Duca di Donburrow è stato maltrattato dal padre malvagio e dai suoi miserabili fratelli minori fino a quando non è intervenuto uno zio a salvare la situazione. 

Tuttavia, porta con sé le cicatrici del proprio passato, inclusa la terribile convinzione che forse una "persona come lui" non merita davvero il titolo che suo zio gli ha preservato combattendo duramente in suo favore.

Charlotte, rimasta vedova di recente, agli occhi della società è la virtuosa Contessa di Portsmith, ma quando è con Ewan, si sente ancora la ragazzina estasiata che lo ha incontrato decenni prima, quando suo fratello era il migliore amico di lui e di suo cugino.

Un viaggio programmato per trascorrere il Natale con le loro famiglie nella tenuta di Ewan riunisce i vecchi amici. Ma quando una tempesta impedisce agli altri di arrivare in tempo,

Charlotte decide di smettere di vivere nella paura e di conquistare l’uomo che ha desiderato e amato per tutta la vita. Ewan non può resistere alla sua seduzione, ma teme di cedere al suo cuore. Soprattutto quando la famiglia che si era sbarazzata di lui ritorna e minaccia non solo la sua vita, ma quella della donna che ama.


Estratto

Ewan Hoffstead era vissuto nella consapevolezza che suo padre lo odiava ogni giorno dei dieci anni che aveva passato su questa terra. Sapeva anche perché: per tutta la vita non era stato in grado di parlare. Ci aveva provato, ovviamente. Era rimasto per ore davanti allo specchio a inspirare forte prima di sforzarsi di buttare fuori qualcosa, ma dalla sua bocca non era uscito niente. Suo padre aveva anche provato a frustarlo per disobbedienza quando non riusciva a emettere nient’altro che qualche grugnito impotente.
Tutto inutile. Ewan era muto e a quanto pareva sarebbe rimasto muto. Suo padre diceva che questo difetto lo rendeva stupido e guasto. Ewan si sentiva guasto, certo, ma non era così sicuro di essere stupido. Aveva imparato a leggere e a scrivere da solo, perché suo padre si rifiutava di perdere tempo dietro alla sua educazione. E quando era con suo cugino Matthew e la sua famiglia, nessuno sembrava pensare che fosse stupido. A dire il vero, spesso conosceva le risposte alle domande prima di Matthew ed erano quasi della stessa età.
Ma niente di tutto questo aveva importanza. Il Duca di Donburrow lo disprezzava e questo non fu mai più chiaro che durante la loro visita a casa di Matthew e di suo padre e sua madre, il Duca e la Duchessa di Tyndale, dove erano ospiti da una settimana. Era come se vedere un ragazzo dell’età di Ewan, senza nessuno dei suoi difetti, rendesse Donburrow ancora più spregevole e odioso
.

Biografia autrice.
Jess Michaels è un’autrice bestseller di USA Today. Sebbene abbia iniziato come autrice tradizionale pubblicata da Avon/HarperCollins, Pocket, Hachette e Samhain Publishing, e anche da Mondadori in Italia nella collana “I Romanzi Extra Passion”, nel 2015 è passata al self publishing e non si è mai guardata indietro! Ha la fortuna di essere sposata con la persona che ammira di più al mondo e di vivere nel cuore di Dallas. Quando non controlla ossessivamente quanti passi ha fatto su Fitbit, o quando non prova tutti i nuovi gusti di yogurt greco, scrive romanzi d’amore storici con eroi super sexy ed eroine irriverenti che fanno di tutto per ottenere quello che vogliono senza stare ad aspettare.


Biografia traduttrice:
Isabella Nanni si è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne ed è iscritta al Ruolo Periti ed Esperti della CCIAA di Bologna per la categoria Traduttori e Interpreti. Le sue lingue di lavoro sono Inglese, Tedesco e Spagnolo, da cui traduce verso l’italiano, lingua madre. A gennaio 2019 è risultata vincitrice ex aequo del concorso di traduzione de “La Bottega Dei Traduttori”. Dopo un MBA da diversi anni è libera professionista e si occupa di traduzioni, sia editoriali che tecniche anche in ambito legale. È inoltre consulente di business development per editori di testate trade.
È l’orgogliosa madre di due splendide giovani dal sangue misto come Harry Potter, emiliano e campano. Coltiva rose di tutti i colori e con una vita di riserva studierebbe arabo, cinese e russo. Non potendo, si affida ai colleghi traduttori per allargare i suoi confini culturali.


lunedì 5 aprile 2021

LE MIE LETTURE - MARZO 2021

 

Eccomi con il recap delle letture marzoline.


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  1. CORPO ESTRANEO di S.Sperandio: bellissimo thriller tutto made in Italy, che mi ha davvero catturata per i suoi intrecci dinamici, che si complicano ad ogni capitolo, per  la tenacia e, in generale, la complessità emotiva della protagonista.
  2. RENDI LA MIA SPERANZA ETERNA. Poesie 2015-1019 di V. Rizzo:  poesie su tanti temi, quali la vita, l'amore, l'umanità nel suo essere così complessa e sfaccettata, la natura, il potere creativo ed evocativo della scrittura.
  3. DELLA STESSA SOSTANZA DEI PADRI- POESIE AL MASCHILE di D. R. Colacrai: 27 poesie il cui indiscusso protagonista è l'uomo, in tutte le sue sfaccettature e dimensioni.
  4. GRACE LO DICE FORTE di E.Henderson: un libro che, pur collocando le vicende in un istituto per malati fisici e mentali gravi e mostrandoci come essi spesso venissero (mal)trattati al suo interno, ci parla di vita, speranza, amore, tenerezza.
  5. EREDITÀ di V. Hjorth: un dramma famigliare dolorosissimo, su cui è regnato il silenzio per tanti, troppi anni, ma che adesso grida per essere riconosciuto e chiamato col suo nome.
  6. FIORE DI ROCCIA di I. Tuti: romanzo storico ambientato nel 1915 in Friuli e grazie al quale ho conosciuto "le portatrici", un gruppo di donne coraggiose che operarono lungo il fronte della Carnia, trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane.
  7. "Manuale di Sopravvivenza. Come liberarsi dalla trappola del narcisista, quando l’arma sono i figli" di A. Sansolini: offre consigli pratici su come affrontare la comunicazione tossica col carnefice per sfuggire alle sue innumerevoli trappole, volte sempre a terrorizzare e colpevolizzare la donna.
  8. VOLER BENE IN SEGRETO di D. J. Esposito: il protagonista di questo breve romanzo è un giovane uomo che sta vivendo un periodo della propria vita piuttosto triste, in cui a predominare sono sentimenti di solitudine, insoddisfazione, inutilità, che rischiano di gettarlo in uno stato di apatia e frustrazione dal quale deve trovare la forza di venir fuori per tornare a sorridere.

Tra queste letture, quelle che mi hanno colpito maggiormente sono state: Eredità, per l'argomento doloroso affrontato, espresso attraverso un flusso di coscienza che mi ha travolta emotivamente; Fiore di roccia per avermi fatto conoscere un pezzo di storia italiana a me ignota e per averlo fatto con una scrittura magistrale; Corpo estraneo, un thriller dinamico e dal ritmo serrato.


Attualmente proseguo la lettura di:

- DOVE STA IL LIMITE, di Raja Shahedeh, che rievoca la tragedia palestinese, attraverso un'amicizia complicata;
- IL ROMANZIERE di Domenico Esposito, con protagonista uno scrittore che vede verificarsi nella realtà le cose scritte nei propri libri;
- ELBRUS di Capocasa-Di Clemente, distopico.


CITAZIONE DEL MESE:


"Può l'uomo essere compassionevole in questo mondo che ci vuole l'uno contro l'altro, che toglie continuamente e spinge a usare denti e artigli come bestie per difendere ciò che resta?" (Ilaria Tuti, FIORE DI ROCCIA)



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