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il mio pensiero |
We
are family
narra la storia e le vicende divertenti e, per molti versi, tenere, della famiglia Santamaria, una famiglia
italiana come tante e, allo stesso tempo, come poche; una famiglia composta da
membri davvero particolari, dalla personalità eccentrica, un po’ matti ma uniti
da un grande amore l’uno verso l’altro.
Siamo a Roma, negli anni Settanta e a
raccontarci la propria storia, in prima persona, è il protagonista, Almerico Santamaria,
che tutti chiamano semplicemente Al.
Il tutto parte da quando Al ha poco più di
quattro anno e di lui apprendiamo un dato fondamentale, che sarà un po’ il fil rouge di tutto il romanzo: egli è un bambino superdotato, ha capacità
eccezionali, ha imparato prestissimo a leggere, riesce e fare conti matematici
velocemente e molto meglio degli adulti, si interessa della vita politica ed
economica nazionale ed internazionale e riesce a trattare i grandi temi di
attualità con scorrevolezza e padronanza, meglio di tanti politici e
sapientoni.
Ma Al è e resta sempre e comunque un bambino
e, crescendo, i tratti della sua infantilità e del suo restare, in un certo
senso, sempre legato al mondo dei bambini, lo accompagneranno anche col passare
degli anni, quando sarà adolescente e giovanotto.
Al è un bambino sveglio, intelligente,
chiacchierone, un grande ed acuto osservatore del mondo attorno a sé, adulti
compresi, che lui guarda con benevolenza e un pizzico di “pietà” per la loro
perduta capacità di guardare le cose con gli occhi semplici e schietti dei
bambini; si rattrista nell’udire le news catastrofiche che danno radio e tv
(che non riesce a fare a meno di ascoltare), si inceppa davanti alla lettera
“c” e, soprattutto, a “stonare” con le sue doti di enfant prodige, è Casimiro.
Chi è Casimiro?
Il suo amico invisibile, l’amico immaginario che forse tutti (quanto meno
tanti) i bambini si creano nella loro mente, una sorta di alter ego al quale ci si rivolge soprattutto nei momenti “no”; ed
infatti Casimiro è una specie di “salvagente” per il bravo Al, che sente il
bisogno di parlare e sfogarsi con lui quando gli adulti attorno a sé non gli
danno retta o non lo ammirano come vorrebbe.
Al vive con il papà Mario, chiamato
anche Elvis per la passione per il grande cantante; sua madre Agnese, dolce,
paziente, con una bassa autostima; e c’è la sorella maggiore di Al, di pochi
anni più grande di lui, Vittoria, la
classica sorella che cerca di tenere a bada l’esuberante fratellino,
consapevole che avere un genio in famiglia non è un privilegio che tutti hanno.
Al è anche un bambino iperattivo, pensa e
fa mille cose tutte insieme, in attesa di scoprire qual è la “propria strada”;
di una cosa è certo: se è nato genio, se possiede capacità e doti fuori dal
comune, queste risorse non possono essere sprecate, ma utilizzate per il bene
del mondo, così comincia a pensare che la
propria missione da grande sarà proprio “salvare il mondo”.
Certo, intanto si incomincia dalla propria
famiglia, la famiglia Santamaria, cui non manca nulla, nonostante manchi tanto
dal punto di vista economico.
Ma papà e mamma cercano di non farlo pesare
ai figli e trasformano tutto in gioco, inscenando in particolare il desiderio
di acquistare la “casa promessa”, cioè la casa ideale della famiglia
Santamaria.
E questa “casa promessa” è un po’ alla base
della gran parte delle vicende in cui Al accompagna il lettore che, pagina dopo
pagina, tra tanti sorrisi, seguirà le avventure di un ragazzino incredibile,
dalle mille risorse, che si ingegnerà in tutti i modi possibili per rendere
felice chi lo circonda.
Tante saranno le modifiche sorprendenti che
Al, aiutato da una paziente Vittoria, apporterà alla casa promessa, in attesa
che gli amati genitori, che a un certo punto andranno in viaggio di nozze a
Venezia, ritornino e restino a bocca aperta davanti alla creazione della casa
promessa dei Santamaria, da parte del loro figlio genio.
In un susseguirsi di scene raccontate con ironia,
in un
ritmo dinamico, con un linguaggio scorrevole e attraverso
la prospettiva esilarante di un bambino che, pur essendo intelligentissimo,
mantiene una visione delle cose legata alla propria età, il lettore può
gustarsi con vivo interesse le avventure di Al, della sua famiglia e dei suoi
amici, attraversando con lui varie fasi della vita, in cui si faranno sentire
specifiche “esigenze”, determinati sentimenti, tutti affrontanti con simpatia,
leggerezza, in un’atmosfera spassosa, “all’italiana”, per certi versi un po’
folle, fino ad arrivare ad un finale in grado di sorprendere e
commuovere.
Al è un personaggio cui è impossibile non
affezionarsi, che fa sorridere ma anche intenerire, perché eternamente a metà
strada tra l’essere eccezionale (per quanto concerne, le idee, i progetti, il
Quoziente Intellettivo) e l’essere normale (per quanto riguarda le emozioni, i
desideri, le paure…):
“Forse
è così che si sentono i geni. Capaci di afferrare i più grandi misteri
dell’universo e poi fragili di fronte a semplici domande sul proprio futuro”,
lascia dire Bartolomei al suo eccezionale protagonista.
Riuscirà Al a salvare il mondo, a lasciare
un segno nella Storia, come da piccolo ha sempre desiderato?
We
are family
è una sorta di favola moderna, con elementi forse “surreali” ma con altri fin
troppo reali, a cominciare dall’amore; We
are family è anche, infatti, la
storia d’amore di una famiglia come tante, con problemi come ne abbiamo
anche noi oggi, ma che non perde mai la voglia
di vivere e il desiderio di portare avanti l’impresa più difficile, quella
“al di sopra delle capacità umane che
richiede ancora oggi il massimo impegno”: salvare il piccolo e primo mondo
nel quale ci troviamo, cioè la nostra casa, la nostra famiglia, a maggior
ragione quando tutto sembra crollare giù e perdere senso, trovando nella
“finzione” e nel gioco la forza per affrontare i momenti difficili.
Un romanzo delizioso, divertente ma anche
commovente, la cui lettura non posso che consigliare!