Il solitario protagonista di questo romanzo lascia il luogo in cui è nato e cresciuto (il Kentucky) per nascondersi tra le aspre montagne del Montana, cambiando identità e vita, con la speranza di lasciarsi definitivamente alle spalle le conseguenze delle proprie azioni.
IL FRATELLO BUONOdi Chris Offutt
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| Minimum Fax trad. R. Serrai 360 pp |
La sua è una vita praticamente monotona, trascorsa tra il lavoro, le chiacchiere con i colleghi e i rapporti con i famigliari che gli sono rimasti: sua madre, sua sorella Sara (sposata e con prole) ed Abigail, che è la sua "quasi-fidanzata".
Orfano di padre, di recente ha perso anche il fratello maggiore, Boyd.
A differenza di Virgil, Boyd era la testa calda della famiglia: irruento, attaccabrighe, dove c'era odore di guai, c'era lui, pronto a litigare con qualcuno.
Fino al giorno in cui ci ha "rimesso le penne".
Boyd, infatti, viene ucciso ma il suo assassino non viene ufficialmente identificato, né tanto meno arrestato.
È a piede libero e tutti, a Blizzard, sanno a chi appartiene la mano che ha ammazzato Boyd Caudill, anche se nessuna voce si leva per testimoniare contro di lui.
Spesso e volentieri c'è qualcuno che ricorda a Virgil che in giro l'assassino di suo fratello se ne sta tranquillo e indisturbato perché il ragazzo non si è ancora deciso ad applicare "il codice delle colline".
Che lo voglia o meno, Virgil è quotidianamente davanti a una decisione complicata, un vero dilemma morale per lui: tutti si aspettano che vendichi Boyd andando ad ammazzare il colpevole.
Perché negli Appalachi il sangue si lava con il sangue, e per Virgil esistono solo due alternative: la vendetta o la fuga.
E qualunque decisione prenderà, nulla per lui sarà più come prima.
L'idea di provare della vita un altro essere umano toglie serenità a Virgil ed è contraria al suo modo di essere e di pensare.
Ma il pensiero di vendicare il fratellone, che amava e che è sempre stato per lui un punto di riferimento, comincia a diventare un pensiero fisso, un'incombenza che deve assolvere perché è il posto in cui è cresciuto a chiederglielo, le leggi non scritte degli Appalachi.
Virgil si veste di coraggio e prende una decisione drastica che segnerà la linea di demarcazione tra la "vecchia" e la "nuova" vita.
Di fronte a Virgil si aprirà una nuova strada che lo porterà dritto al Montana, una terra sconosciuta dove cerca di ricostruirsi una nuova identità sotto falso nome, assumendo quello di Joe Tiller.
" Tutto d’un tratto si rese conto che aveva passato la vita a seguire gli schemi pensati da altre persone. Sentì il debole luccichio della vera libertà, una sensazione che gli mise paura".
Nello stanziarsi in una capanna sperduta e vivendo in modo semplice, da montanaro solitario, Virgil/Joe non ha la minima idea di quali e quanti tipi di persone incontrerà, della comunità di persone nella quale gli eventi turbolenti, che lo vedranno protagonista, lo condurranno, e di come la vita non smetterà mai di metterlo davanti a decisioni e scelte difficili.
Joe avrà modo di conoscere ambienti e comunità del Montana che hanno abitudini, ideologie, modi di vivere molto differenti da ciò che lui conosce, e i dilemmi morali non mancheranno neanche in questa seconda fase della sua esistenza, durante la quale egli cercherà ciò che già desiderava prima: un po' di pace.
Forse una famiglia, dei legami veri e duraturi.
Ambientato tra il Kentucky e il selvaggio Montana, Il fratello buono è un country noir ma anche un po' romanzo di formazione, a mio modesto avviso, perché il suo protagonista inevitabilmente vive esperienze particolari, che lo segnano e formano, spingendolo a riflettere su sé stesso, i propri valori (personali, famigliari, comunitari), su come - a prescindere da dove viva - la violenza ritorna sempre al centro, influenzando destini e scelte, che sia contro una persona o contro lo stesso Stato quando non difende e non garantisce i diritti dei cittadini.
In queste pagine si toccano anche altri temi, come l'importanza delle proprie origini e l'attaccamento ad esse (anche quando si è geograficamente distanti), il sapore amaro della vendetta, la discriminazione verso chi è considerato "straniero", "intruso" (non un americano puro), l'uso delle armi, il rapporto con le leggi dello Stato (in termini di obbedienza o ribellione).
Offutt sa essere aspro, asciutto, ma anche malinconico, introspettivo, profondo nelle sue descrizioni della geografia tanto ambientale/naturale, quanto di quella umana; sa creare atmosfere cupe, selvagge ma raffinate dal punto di vista del tratteggio delle componenti psicologiche e sociali.
In alcuni punti la narrazione ha avuto sicuramente dei rallentamenti (nella trama e, di conseguenza, nel ritmo) ma nel complesso è un bel romanzo, complesso nelle tematiche e nello stile.





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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz