venerdì 24 ottobre 2025

IL FRATELLO BUONO di Chris Offutt [ Recensione ]



Il solitario protagonista di questo romanzo lascia il luogo in cui è nato e cresciuto (il Kentucky) per nascondersi tra le aspre montagne del Montana,  cambiando identità e vita, con la speranza di lasciarsi definitivamente alle spalle le conseguenze delle proprie azioni.


IL FRATELLO BUONO
di Chris Offutt

Minimum Fax
trad. R. Serrai
360 pp
Virgil Caudill è un giovane tranquillo che vive nel cuore del Kentucky; non ha mai lasciato i boschi e le montagne dove è cresciuto e la comunità nella quale si riconosce.

La sua è una vita praticamente monotona, trascorsa tra il lavoro, le chiacchiere con i colleghi e i rapporti con i famigliari che gli sono rimasti: sua madre, sua sorella Sara (sposata e con prole) ed Abigail, che è la sua "quasi-fidanzata".

Orfano di padre, di recente ha perso anche il fratello maggiore, Boyd.

A differenza di Virgil, Boyd era la testa calda della famiglia: irruento, attaccabrighe, dove c'era odore di guai, c'era lui, pronto a litigare con qualcuno.
Fino al giorno in cui ci ha "rimesso le penne".

Boyd, infatti, viene ucciso ma il suo assassino non viene ufficialmente identificato, né tanto meno arrestato.

È a piede libero e tutti, a Blizzard, sanno a chi appartiene la mano che ha ammazzato Boyd Caudill, anche se nessuna voce si leva per testimoniare contro di lui.

Spesso e volentieri c'è qualcuno che ricorda a Virgil che in giro l'assassino di suo fratello se ne sta tranquillo e indisturbato perché il ragazzo non si è ancora deciso ad applicare "il codice delle colline".

Che lo voglia o meno, Virgil è quotidianamente davanti a una decisione complicata, un vero dilemma morale per lui: tutti si aspettano che vendichi Boyd andando ad ammazzare il colpevole. 
Perché negli Appalachi il sangue si lava con il sangue, e per Virgil esistono solo due alternative: la vendetta o la fuga. 

E qualunque decisione prenderà, nulla per lui sarà più come prima.

L'idea di provare della vita un altro essere umano toglie serenità a Virgil ed è contraria al suo modo di essere e di pensare.
Ma il pensiero di vendicare il fratellone, che amava e che è sempre stato per lui un punto di riferimento, comincia a diventare un pensiero fisso, un'incombenza che deve assolvere perché è il posto in cui è cresciuto a chiederglielo, le leggi non scritte degli Appalachi.

Virgil si veste di coraggio e prende una decisione drastica che segnerà la linea di demarcazione tra la "vecchia" e la "nuova" vita.

Di fronte a Virgil si aprirà una nuova strada che lo porterà dritto al Montana, una terra sconosciuta dove cerca di ricostruirsi una nuova identità sotto falso nome, assumendo quello di Joe Tiller.

La sua fuga lo porta a vivere in solitudine per molto tempo, e stare con sé stesso quale unico compagno di viaggio e di vita, lo spinge inevitabilmente a pensare tanto, a confrontarsi con sé stesso, con la propria storia personale e famigliare.

" Tutto d’un tratto si rese conto che aveva passato la vita a seguire gli schemi pensati da altre persone. Sentì il debole luccichio della vera libertà, una sensazione che gli mise paura".

Nello stanziarsi in una capanna sperduta e vivendo in modo semplice, da montanaro solitario, Virgil/Joe non ha la minima idea di quali e quanti tipi di persone incontrerà, della comunità di persone nella quale gli eventi turbolenti, che lo vedranno protagonista, lo condurranno, e di come la vita non smetterà mai di metterlo davanti a decisioni e scelte difficili.

Joe avrà modo di conoscere ambienti e comunità del Montana che hanno abitudini, ideologie, modi di vivere molto differenti da ciò che lui conosce, e i dilemmi morali non mancheranno neanche in questa seconda fase della sua esistenza, durante la quale egli cercherà ciò che già desiderava prima: un po' di pace.
Forse una famiglia, dei legami veri e duraturi.
 

Ambientato tra il Kentucky e il selvaggio Montana, Il fratello buono è un country noir ma anche un po' romanzo di formazione, a mio modesto avviso, perché il suo protagonista inevitabilmente vive esperienze particolari, che lo segnano e formano, spingendolo a riflettere su sé stesso, i propri valori (personali, famigliari, comunitari), su come - a prescindere da dove viva - la violenza ritorna sempre al centro, influenzando destini e scelte, che sia contro una persona o contro lo stesso Stato quando non difende e non garantisce i diritti dei cittadini.

In queste pagine si toccano anche altri temi, come l'importanza delle proprie origini e l'attaccamento ad esse (anche quando si è geograficamente distanti), il sapore amaro della vendetta,  la discriminazione verso chi è considerato "straniero", "intruso" (non un americano puro), l'uso delle armi, il rapporto con le leggi dello Stato (in termini di obbedienza o ribellione).

Offutt sa essere aspro, asciutto, ma anche malinconico, introspettivo, profondo nelle sue descrizioni della geografia tanto ambientale/naturale, quanto di quella umana; sa creare atmosfere cupe, selvagge ma raffinate dal punto di vista del tratteggio delle componenti psicologiche e sociali.

In alcuni punti la narrazione ha avuto sicuramente dei rallentamenti (nella trama e, di conseguenza, nel ritmo) ma nel complesso è un bel romanzo, complesso nelle tematiche e nello stile.


Nessun commento:

Posta un commento

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...