martedì 14 maggio 2019

Recensione: COUNTRY DARK di Chris Offutt



Un romanzo potente che racconta, attraverso un protagonista giovane d'età ma maturo e navigato dal punto di vista delle esperienze di vita, una storia dura e drammatica che appassiona e illumina i lati più nascosti e oscuri del sogno americano.


COUNTRY DARK
di Chris Offutt



Ed. minimum fax
trad. R. Serrai
235 pp
E' il 1951 e il protagonista, Tucker, ha soltanto 18 anni, non è che un ragazzo ma ha già fatto esperienze dure ed estreme, infatti è appena tornato nei posti in cui è nato e cresciuto, nel Kentucky, dopo aver partecipato a una delle guerre più sporche e dimenticate della storia americana: quella di Corea.

"... aveva ucciso ed era stato quasi ucciso, e aveva visto uomini fatti che tremavano di paura e piangevano come bambini."

Ha combattuto in condizioni difficilissime, non ha esitato a uccidere, come se fosse la cosa più naturale al mondo, si è distinto per il coraggio, l'audacia e per la destrezza nell'uso delle armi.
La guerra l'ha reso un ragazzo duro, solitario, di poche parole, pratico, sempre sulla difensiva e pronto ad attaccare se necessario; ora che è tornato "a casa", reduce senza medaglie e senza rimorsi, desidera solo ricongiungersi alle terre aspre e isolate nelle quali è cresciuto, metter su famiglia e vivere in pace.

Dopo aver scroccato passaggi a tipi strani - qualcuno schivo come lui, qualcun altro troppo chiacchierone - per attraversare l'Ohio, giunge finalmente nella "terra verde e turgida del Kentucky", riadattandosi con estrema naturalezza alla natura selvaggia e spesso inospitale, ma pure così famigliare, accampandosi nei boschi e acchiappando animali e piante selvatiche per nutrirsi.

Ma qualcosa di inaspettato accade, condizionando per sempre la sua esistenza e facendogli incontrare la donna della sua vita.
Quando il giovane ex-soldato scorge un uomo mentre schiaffeggia e cerca di violentare una ragazza, interviene immediatamente: lui è Boot ed è lo zio di Rhonda, che cerca in tutti i modi di sfuggire alle grinfie del parente, maledicendosi per essere stata così ingenua da accettare un suo passaggio in auto.

Dopo aver "sistemato" zio Boot, Rhonda decide, con tutta l'impulsività e la spontaneità dei suoi 15 anni, di salire nella macchina del suo "salvatore" e di seguirlo dove lui deciderà di andare.

Tucker e Rhonda si trovano così, per caso, ma il loro incontro sembra essere scritto nelle stelle perchè tra i due nasce un amore sincero e forte destinato a legarli per sempre e in modo indissolubile.

"Rhonda pensava che Tucker fosse un buon partito; era di corporatura minuta, proprio come lei, serio e capace. Si domandò se i loro figli avrebbero avuto gli occhi come i suoi. Gli prese la mano e, in silenzio, giurò di restargli vicina per sempre. Non avrebbe mai lasciato quell’uomo."

Passa qualche anno, è il 1964 e ritroviamo i due sposati e con ben cinque figli; Rhonda è una mamma tanto giovane e ancora bellissima quanto tanto stanca e provata da una vita che non si sta rivelando molto clemente...

E' vero, è sposata con l'uomo che ama..., ma quest'uomo è sempre via per lavoro; Tucker, infatti, ha scelto di lavorare alle dipendenze di un certo Beanpole, un contrabbandiere di alcol, e questo lavoro lo costringe a trascorrere mesi in macchina a far su e giù con la merce, cercando in tutti i modi di non farsi arrestare.

Ed è vero pure che la vita le ha dato la gioia di essere mamma ma... è una gioia appannata da una triste realtà: non solo deve praticamente crescere i figli da sola perchè il padre non c'è, ma  quattro di essi hanno problemi di varia natura, dal maggiore - Big Billy -, nato idrocefalo e quindi ridotto a un vegetale, a Ida, Velmey e Bessie, che non hanno patologie fisiche o cognitive evidenti, ma qualcosa che non va, in loro, c'è....; e infine c'è Jo, una bimba di otto anni giudiziosa, dolce, sensibile, premurosa verso i propri fratellini bisognosi, e di grande aiuto per la sua mamma, che non saprebbe come andare avanti senza la sua Jo.

Jo, che non vede l'ora di udire il rombo del motore dell'auto del suo amato papà, che ha sempre un regalino per lei, di ritorno dai suoi viaggi.
Jo, che guarda con placida rassegnazione le condizioni in cui versano i fratellini e intanto, riflessiva com'è, si chiede cosa sia questa "grazia" di cui sente parlare e cantare in chiesa ma di cui non ha ben capito il significato.

"«Mamma le canta sempre una canzone. Alla bambina. “Amazing Grace”. Parla della grazia». (...) «Io però non so che cosa sia, questa grazia. E non saperlo mi fa paura». (...) «Ma insomma, questa grazia, cos’è?» «Sei tu», disse Hattie. «È il modo in cui ti prendi cura di queste bambine. È quanto sei meravigliosa»."

Una mattina, Hattie, l'assistente sociale che segue Rhonda e figli, arriva accompagnata da un arrogante dottore, deciso a fare il punto della situazione in casa di Tucker per poter eventualmente intervenire, anche con soluzioni drastiche e drammatiche, per il bene dei bambini.

La situazione precipita di lì a poco su tutti i fronti... e il fragile equilibrio di Tucker e i suoi affetti più cari vengono messi in pericolo: il giovane non esita a fare scelte complicate, sicuramente sbagliate dal punto di vista etico e legale, ma per lui assolutamente necessarie per proteggere la famiglia, anche se questo significa commettere azioni riprovevoli o andare incontro a "sacrifici" non di poco conto.

Del resto, se c'è una cosa che proprio non manca a Tucker, è il coraggio.

Pur non avendo neanche trent'anni, Tucker è cresciuto in fretta - sia a motivo del contesto sociale e famigliare, sia, ancor di più, per l'esperienza della guerra - divenendo ruvido, cinico, pragmatico, intraprendente e autosufficiente, veloce e preciso con le armi in mano - che sia un coltello o una pistola - e, con le risorse, materiali e non, che gli sono proprie, è pronto a difendere ciò che ama nell’unico modo che conosce.

"Country Dark" ci narra le vicende di un giovane uomo che dalla vita prende ciò che può in quanto è consapevole di come nessuno gli regali nulla, anzi..., deve stare sempre all'erta perchè alle spalle può arrivare qualcuno deciso a fregarlo, e se non vuole fare una brutta fine, Tucker deve difendersi e attaccare, senza pensarci troppo ma, al contempo, non sottovalutando le conseguenze, bensì stando attento a uscirne sempre in piedi, e possibilmente vivo.

E' la storia di un uomo le cui avventurose vicissitudini lo portano, spesso e volentieri, a sentirsi terribilmente stanco, "come se il tempo che passava fosse stato tutto accumulato in un magazzino e ora glielo avessero scaricato addosso. Aveva trent’anni e se ne sentiva sessanta."

E' anche la storia di una famiglia sbatacchiata qua e là da forti venti di tempesta, e qualche alberello meno forte riescono, purtroppo, ad abbatterlo...; ma Rhonda e Tucker sono due rocce forti, sono determinati, e il loro amore è ciò che li aiuta, negli anni, ad affrontare e superare problemi, lontananza, privazioni di vario genere.

"I Tucker erano delle brave persone sfortunate, come tante famiglie su quelle colline. (...) Stargli accanto era come essere in inverno, quando non solo piove, ma il vento ti soffia pure l’acqua in faccia."

E' la storia dei tentativi disperati di un uomo di salvare se stesso e la propria famiglia da questa vita poco misericordiosa, andandole incontro a muso duro, senza mai chinare il capo.
Tucker si sporca le mani più di una volta e questo inevitabilmente si ripercuote sui suoi cari, ma egli non si illude e sa che certe cose spiacevoli sono inevitabili. E' il prezzo da pagare se non vuoi soccombere.

"La guerra e la prigione gli avevano insegnato che non si può evitare di schierarsi, che tutti alla fine si ritrovano in mezzo a qualcosa."

Il Kentucky di cui ci racconta Offutt è una terra selvaggia, viva, rustica, e l'Autore sa come restituircela in tutta la sua cruda verità e rude bellezza; ci sembra di ascoltare il ronzio delle locuste o delle api, di vedere il verde vivace dei boschi, di godere del tepore del sole arancione che tramonta, di sentirci addosso la polvere gialla del terreno argilloso, di guardare incantati e immobili i tanti animali che popolano l'ambiente naturale, di fermarci a fissare le stelle sulla veranda insieme a Rhonda e Tucker, perchè quei puntini luminosi restano lì, in cielo, ad illuminarci, qualunque cosa accada, nonostante certe notti paiano più buie di altre.

Una scrittura capace di catturare il lettore e inserirlo interamente nel contesto, facendolo entrare nella vita piena d'imprevisti del protagonista, dandogli modo e tempo di empatizzare con le drammatiche vicissitudini della sua famiglia.

Offutt è riuscito a far sì che tutto ciò che ruota attorno a Tucker - il modo di parlare, guardare, muoversi - sia coerentemente riflesso nel linguaggio, che ben ci lascia intendere non solo com'è lui, il protagonista, ma anche il suo rapporto viscerale con la terra cui appartiene e che lo identifica; sa come raccontarci magistralmente ciò che è umano con un linguaggio semplice (non potrebbe essere diversamente visto che Tucker non è un uomo acculturato) ma anche profondo e ricco.

Molto bello, sono felice di aver scoperto questo autore, ho letto il libro affezionandomi progressivamente ai personaggi e lasciandomi coinvolgere emotivamente dalle loro vicende.
Per certi versi, mi ha ricordato Haruf (Canto della pianura). 


lunedì 13 maggio 2019

Segnalazione graphic novel || La Musa Dimenticata - La storia di Hoffmann #2 di Emilia Cinzia Perri, Deda Daniels



Cari lettori, se siete appassionati di graphic novel, oggi ve ne segnalo una: è la storia di un artista e della sua ispirazione. Riuscirà il giovane Markus a realizzare i suoi sogni di libertà?



La Musa Dimenticata - La storia di Hoffmann #2



di Emilia Cinzia Perri (testi), Deda Daniels (disegni)
Genere:  Graphic Novel storico-fantastico
Casa editrice: Edizioni BD
Formato:  cartaceo
Volumi: 2, serie completa
Pagine:  112 a volume, colore


Ad Amburgo, durante la Belle Époque, un giovane tenta di realizzare un sogno impossibile.
Secondo la mentalità dominante nell'Impero Tedesco Markus Hoffmann dovrebbe diventare un soldato impeccabile, un marito severo, un cittadino modello per la gloria del secondo Reich.
Lui vuole diventare soltanto un pittore...
L'incontro con una donna misteriosa, la sua Musa ispiratrice, gli permetterà di realizzare il suo sogno di libertà?
E se una potente maledizione gravasse sulla Musa che è stato in grado di richiamare dalle onde del mare?




Le autrici.
Emilia Cinzia Perri - Vive tra Roma e Bologna. Da sempre appassionata di fumetti, cinema e letteratura, nel 2005 sceneggia l’albo "Korea 2145", su disegni di Enzo Troiano, vincendo il premio Carlo Boscarato, categoria miglior esordio. Collabora con lit-blog (Diario di pensieri persi) e siti di informazione su fumetti e cinema (Osamushi, Shoujo Manga Outline). Diversi suoi racconti sono raccolti in antologie (Delos Books, Alcheringa, Plesio). Nel 2016 per la casa editrice Kleiner Flug firma l'albo "Salomé", disegnato da Silvia Vanni (Crepax Award 2017, Selezione Gran Guinigi 2017). Nell’aprile 2017 esce per Watson Edizioni "Un fantasma molto affamato", il suo primo romanzo e l'anno successivo, per La Ruota Edizioni, il romanzo per ragazzi "Freccia Senzapaura". 

Deda Daniels - Nata in quel di Trinacria, risiede a Singapore dal 2010. Laureata in Animazione presso l’Academy of Art di San Francisco, lavora nel campo dell’animazione fino al 2006 su progetti targati Disney, Mattel, Hasbro, Pixar e Nickelodeon come Story Artist, Storyboard artist e product designer. Dopo aver collaborato per anni con siti di informazione sui fumetti come lo Shoujo Manga Outline e Osamushi, pubblica nel 2008 con Jar Edizioni il volume di curiosità giapponesi e collezionismo "Gashapon Hunter". In Italia lavora a due storie brevi di "Isa e Bea - Streghe tra noi" e con lo stesso editore su testi di Simona Calavetta lavora sul magazine "La Principessa del Cuore". Dal 2010 in poi si dedica a webcomics come “Il Pirata Baldassarre”, “Il Fiore e il Naso” e “Il Marchio di Caino”.

domenica 12 maggio 2019

Dietro le pagine di... “Lascia dire alle ombre” (Himself)



Non molti giorni or sono ho recensito il romanzo “Lascia dire alle ombre” (Himself) di Jess Kidd, una storia misteriosa, dalle tinte dark e con elementi fantastici, che ruota attorno a una fitta maglia di misteri che una piccola cittadina irlandese custodisce gelosamente per anni, fino a quando uno straniero - personalmente coinvolto in quei segreti - giunge per svelarli e comprendere finalmente la verità su se stesso e la sua povera mamma.

Come sempre, mi son chiesta cosa o chi potesse aver offerto alla Kidd gli spunti giusti per creare la trama e l’ambientazione del suo libro.

Risultati immagini per dietro le pagine
.

La scrittrice ha dichiarato di lasciarsi ispirare dalle persone con cui le capita di avere a che fare, compresi estranei con cui iniziare casualmente una conversazione; la gente possiede, in maniera differente, una ricchezza di storie incredibili, e alcune persone non aspettano altro che poterle raccontare. Le piace viaggiare da sola per questo motivo, perché trova che le persone siano spesso più disposte a chiacchierare con un singolo individuo, che con più d’uno!

Diverse fonti influenzano la sua scrittura; ad es. la poesia, che l’aiuta a rimanere concentrata sul ritmo e le immagini e a scegliere parole “forti”, cosa per lei molto importante.

È stata anche enormemente influenzata dal lavoro di Angela Carter, Charles Dickens, George Saunders, Flann O'Brien, Toni Morrison e William Kennedy; altre fonti di ispirazione sono stati Under Milk Wood di Dylan Thomas e The Playboy of the Western World di JM Synge.


Tornando al romanzo, le vicende fondamentali sono per lo più inserite nel 1976 (con “incursioni” nel

passato, attorno al 1950), che poi sono anche gli anni ai quali risalgono i personali ricordi sull’Irlanda dell’Autrice.

La storia di Orla (la madre di Mahony, il protagonista) si svolge tra la metà degli anni '40 e il 1950; la ricerca per questa prima fase narrativa era basata su resoconti personali e orali di persone che all'epoca vivevano a Mayo (la cittadina in cui viveva la sua famiglia prima di trasferirsi a Londra), insieme a fotografie e letture del periodo in generale.

Per quanto riguarda la scelta del paesino (immaginario) in cui ambientare le vicende - Mulderrig -, esso è frutto di diverse “influenze”, dei tanti posti in cui Jess è stata, in particolare pare si ispiri principalmente a Mayo; il suo intento era che chiunque provenisse da una piccola comunità potesse sentirsi parte del luogo fittizio da lei creato, reso quasi “ultraterreno” in virtù della presenza dell’elemento magico.

L’hanno molto aiutata le storie sentite nell’infanzia, quando visitò Mayo per la prima volta, trascorrendovi del tempo. La sua mamma è sempre stata una grande narratrice e amava condividere storie sulla città in cui era cresciuta, sulla gente del posto.

Jess precisa di essere stata molto attenta a non basare nessun personaggio su una persona realmente conosciuta o di cui aveva sentito parlare, non in maniera evidente, quanto meno, desiderando più che altro che le persone si identificassero con i personaggi e i loro caratteri, le loro scelte.
jess kidd

Ciò non toglie che alcuni personaggi prendano spunto da qualcuno che lei ha davvero avuto modo di conoscere; è il caso della vivace signora Cauley, vagamente basata su una signora incontrata da piccola (la cui madre a volte si prendeva cura di lei) e che era piuttosto eccentrica. È un personaggio che s’è fatto spazio spontaneamente nella mente, è così vivida da sembrare vera e la Kidd non nega che le piacerebbe scrivere un romanzo basato sul suo passato, in quanto sembra una persona molto complicata e potrebbe essere bello ed interessante costruire una storia dell'Abbey Theatre (Dublino) intorno a lei. 

Spero di aver solleticato un pochino il vostro interesse per questo romanzo, che a me è piaciuto davvero tanto!!

venerdì 10 maggio 2019

Segnalazioni noir/poliziesco (maggio 2019)



Cari lettori, oggi vi presento un paio di romanzi appartenenti al noir e al poliziesco.



QUATTORDICI SPINE
di Rosario Russo


Aggiungi didascalia
Acireale, Sicilia. Un efferato delitto sconvolge l’abulica routine quotidiana: Don Mario Spina, canonico della basilica di San Pietro, viene ritrovato senza vita all’interno della sacrestia, ucciso con decine di colpi d’arma da taglio.
Inoltre, da un’antica credenza sono state trafugate le spoglie del maggiore artista locale, Paolo Vasta.
L’ispettore di polizia Luigi Traversa, da poco arrivato dal Veneto, si ritrova a indagare su un delitto a tratti inspiegabile.
Chi è stato a compiere quell’orrendo crimine? E quale misterioso passato nasconde il poliziotto, giunto all’improvviso in città?

Quattordici giorni serviranno a Traversa per risolvere il caso, togliendo una spina alla volta da quel pericoloso fico d’India tutto siciliano, che una volta ripulito mostrerà all’ispettore la terrificante verità.

L'autore.

Rosario Russo (1986) è uno scrittore siciliano che vive e lavora ad Acireale. Laureato in Lettere e Filosofia ed appassionato di Storia, ha conseguito successi in numerosi premi letterari, presentando racconti di vario genere. Nel 2012 ha esordito con la sua opera prima, “Il Martirio del Bagolaro” (Carthago edizioni), romanzo storico ambientato ad Acireale nel 1862. Il poliziesco “Quattordici spine” (Algra editore) è il secondo romanzo dell’autore.



Il secondo libro è un noir e si tratta della prima indagine dell'ispettore Paolo Proietti di Roma. La vittima è uno scultore di fama internazionale, pochissimi avevano accesso all’appartamento dove viene ritrovato cadavere e nessuno ha un movente valido per torturarlo a morte. L’ispettore Proietti, a capo dell’indagine, intuisce che sta per sollevare un verminaio.


SILENZI DI ROMA
di Luana Troncanetti 



Fratelli Frilli Editori
208 pp
14.90 euro


Ernesto vive un rapporto ormai logoro con la moglie depressa, il suo taxi è teatro di storie che si intrecciano a un delitto nella Roma "bene". 
La vittima è uno scultore di fama internazionale, pochissimi avevano accesso all’appartamento dove viene ritrovato cadavere e nessuno ha un movente valido per torturarlo a morte. L’ispettore Paolo Proietti, a capo dell’indagine,  conoscerà una verità lo lascerà schifato, esausto e fragile come mai un poliziotto dovrebbe sentirsi. É un malessere che conosce fin troppo bene, lo rivive negli incubi che lo angosciano a quattordici anni di distanza da un caso in cui si è lasciato coinvolgere troppo. 
Ernesto e Paolo sono fratelli senza un filamento di DNA in comune, condividono tutto fin dal giorno in cui si sono incontrati sui banchi delle scuole superiori. 
Tutto, tranne un segreto che ciascuno nasconde all’altro: il poliziotto per non giocarsi il distintivo, il tassista perché è impossibile confessare al suo amico cosa lo torturi da giorni. 
Il silenzio viaggia nel mondo degli artisti malati, viziati e viziosi, e in quello dei ricordi che fanno male da morire, nella paura di non essere più abbastanza o di non averci provato a sufficienza, protegge i mostri e offende gli innocenti. 
Si spezzerà, poi, nella voce di una giustizia sommaria che non regala pace o reale assoluzione dai peccati, ma dignità a quanti sono costretti a macchiarsi le mani di sangue.

L'autrice.
Luana Troncanetti è nata e vive a Roma. Ama spaziare dalla scrittura ironica al noir.
Dal 2010 a oggi ha partecipato a numerose raccolte per Giulio Perrone, contribuito all’antologia Hai voluto la carrozzina? per Fabbri Editori, scritto umorismo per Comix, Homo Scrivens e Cento Autori. Fra le sue opere su Amazon, figurano due raccolte di racconti brevi: Gabbie e Agrodolce (già pubblicato nel 2016 da L’Erudita - Giulio Perrone editore). E’ fra gli scrittori che hanno collaborato alla Staffetta Letteraria Bimed 2017/2018, un meraviglioso progetto di narrazione collettiva che coinvolge studenti di ogni ordine e grado in storie scritte a più mani. Aprile 2018 - OFF viene pubblicato nell’antologia Delitti al Thriller Cafè - I Buoni Cugini editori (introduzione di Romano De Marco - partecipazione di Piergiorgio Pulixi). Maggio 2018 - Partecipa all’antologia Attesa frammenti di pensiero - Homo Scrivens (a cura di Brunella Caputo) con il racconto breve Bella a metà.



giovedì 9 maggio 2019

Recensione: STORIA DI UNA SFIGATA QUALSIASI di Valentina Alvisi



Un romanzo breve ma piacevole, con una narrazione fluida e spumeggiante, che presenta tematiche attuali appartenenti alla realtà giovanile contemporanea affrontate con spontaneità e schiettezza.


STORIA DI UNA SFIGATA QUALSIASI
di Valentina Alvisi



Intrecci Edizioni
123 pp
Margherita (che tutti chiamano col nomignolo Meg) è una ragazza all'ultimo anno di liceo, vive a Bologna ed è figlia unica di due genitori premurosi che non le fanno mancar nulla.

In questo breve romanzo conosciamo uno spaccato della sua giovanissima vita, il suo affacciarsi al mondo degli adulti affrontando giorno per giorno le problematiche della propria età, quella fase dell'esistenza in cui sei consapevole di non essere più una ragazzina ma allo stesso tempo non ti senti ancora pronta e matura per determinate scelte e situazioni importanti.

Meg è un tipo vivace, è molto bella, ha un gruppetto di amiche più care che si sostengono a vicenda, e ha anche un amico del cuore, Riccardo, che ascolta con pazienza tutte le paturnie di Meg e le sue vicissitudini sentimentali non sempre fortunatissime.

La giovane protagonista è convinta che non di rado le donne corrano dietro agli uomini che le fanno soffrire e, suo malgrado, sta capitando anche a lei, che da tempo "sbava" dietro a Simone, un ragazzo tanto bello quanto poco serio, che cambia ragazze come fossero calzini; cotta di lui, Meg non può fare a meno di sbattere contro il muro della delusione e dell'umiliazione a causa dell'arroganza del bellimbusto, ma questo l'avvicina ancora di più all'amico Riccardo, che per lei c'è sempre, pronto ogni volta a raccogliere le sue lacrime e a consolarla.

Ma le sue più care amiche vedono oltre quell'amicizia e si accorgono che Riccardo è innamorato di Meg; com'è possibile che lei non se ne sia accorta e sia convinta che le premure di lui siano solo motivate dall'amicizia?

Meg non vuol credere che il suo compagno di banco voglia davvero qualcosa di più dal loro rapporto, così mette la testa sotto la sabbia e intanto continua a divertirsi con le amiche e a conoscere altra gente, tra cui il bellissimo e dolce Stefano.
Il giovanotto - che vive e lavora a Milano - l'attrae immediatamente, nonostante la "scottatura" provocata da Simone ancora le provochi sofferenza; ma la vita è così breve, le occasioni ghiotte non capitano tutti i giorni e, quando accadono, è bene coglierle..., e così tra i due inizia una relazione, fatta in particolare di una grande intesa fisica, intima, alla quale man mano si aggiunge un sentimento d'affetto da ambo le parti.

Stefano sembra quello più coinvolto, convinto ed entusiasta e spingerà la fidanzata a fare scelte che a lei paiono troppo frettolose ma, per non ferire il ragazzo e non sembrare una sciocchina, le asseconderà.

Intanto, attorno a lei, anche i suoi amici vivono ognuno le proprie esperienze: c'è che va a convivere col proprio fidanzato, chi resta incinta, e poi c'è sempre lui, Riccardo, costantemente acquattato in un angolo a "sorvegliare" la sua Meg, innamorato e un po' deluso, ma anche tenace e testardo, e con i suoi atteggiamenti - non sempre coerenti agli occhi della ragazza - la manderà sempre più in confusione...

In un susseguirsi di viaggi, amicizie al femminile che si consolidano sempre più perchè vere e sincere, rapporti di coppia altalenanti, momenti belli e altri difficili, l'Autrice porta il lettore nella vita di tutti i giorni di una ragazza come tante, e lo fa attraverso una narrazione molto briosa, vivace, resa tale dalla scelta di un linguaggio (anche colorito) tipico dei giovani d'oggi, dal racconto di situazioni realistiche (la scuola, le uscite la sera...) proprie di questa fascia d'età, i piccoli e grandi problemi da gestire (dalle interrogazioni a una gravidanza inaspettata, dal trasferimento in un un altro paese all'alcoolismo), il rapporto coi genitori, coi coetanei, e soprattutto la comprensione di se stessi, di ciò che si è e si vuol essere/diventare.

Meg è protagonista e voce narrante, piace perchè è schietta, senza peli sulla lingua, a volte molto decisa ed altre insicura, posata ma anche passionale (non mancano i bollenti momenti d'intimità col fidanzato), insomma una ragazza "normale", un personaggio credibile, in cui il lettore suo coetaneo probabilmente non fatica a ritrovarsi, condividendone i dubbi, le mille domande, le paure, i facili entusiasmi.

Crescere è davvero un'avventura tanto eccitante quanto ardua, ogni giorno porta con sè un carico di sorprese (belle e brutte), di delusioni, di decisioni importanti da prendere, di chiarimenti da fare su se stessi; Meg ha modo di maturare ed evolvere in queste pagine, e le esperienze cui andrà incontro l'aiuteranno a capire molte cose su di sè, su ciò che la rende felice e serena, su quello per cui si sente pronta o ciò che al contrario la spaventa,  sulle persone fondamentali per la sua vita, le amicizie da coltivare e gli amori nascosti dietro l'angolo, che aspettavano solo che lei si fermasse a guardarli davvero e con occhi diversi, più consapevoli. 

Consigliato in particolare a chi è alla ricerca di un romanzo breve ma piacevole, con una narrazione fluida e spumeggiante, che presenti tematiche attuali appartenenti alla realtà giovanile contemporanea, affrontate con spontaneità e schiettezza.

mercoledì 8 maggio 2019

Cover mon amour



Di recente sono stata colpita e attratta da alcune copertine vivaci e colorate.
Che ne pensate?

Cliccando sui link potrete leggere la sinossi.


IL MENESTRELLO di Oliver Potzsch.


Ispirato alla nota figura di Johann Georg Faust, l'alchimista tedesco protagonista di alcuni dei più celebri capolavori della letteratura, "Il menestrello" è il primo capitolo di una nuova saga.

IN LIBR

LINK IBS

IL GUARDIANO DELLA COLLINA DEI CILIEGI di Franco Faggiani.

Intrecciando realtà e fantasia, il romanzo di Franco Faggiani descrive la parabola esistenziale di un uomo che, forte di una rinnovata identità, sarà pronto a ricongiungersi con il proprio destino saldando i conti con il passato.
LINK FAZI


IL REGNO E IL GIARDINO di Giorgio Agamben.

La a ricerca di Agamben prova invece a pensare il paradiso terrestre non come un passato perduto né come un futuro a venire, ma come la figura ancora e sempre presente e attuale della natura umana e della giusta dimora degli uomini sulla terra.


LINK NERI POZZA

martedì 7 maggio 2019

Recensione: LASCIA DIRE ALLE OMBRE di Jess Kidd



Un romanzo dall'atmosfera mystery, con un tocco thriller, che ci regala una storia nera e "magicamente surreale", sovrannaturale, fantastica ma più che mai umana, che porta allo scoperto ciò che si nasconde nel cuore dell'uomo.



LASCIA DIRE ALLE OMBRE
di Jess Kidd


Bompiani Ed.
tras. S.C. Perroni
400 pp
Ci si accosta a questo libro venendo immediatamente a conoscenza, nel prologo, di un terribile omicidio: una povera ragazza viene barbaramente ammazzata da un uomo che seppellisce il povero corpo in mezzo a una radura; ma non sono soli, perchè la donna aveva con sé il suo figlioletto ancora molto piccolo, e pure lui va "sistemato". Ma qual è la sorpresa quando, dopo aver seppellito la ragazza, l'assassino non trova il corpicino, perchè le ombre della foresta sembrano averlo inghiottito...

Quel bambino è cresciuto, si chiama Mahony, ha ventisei anni, viene da Dublino, città in cui vive, ed è appena giunto in quella in cui è nato: Mulderrig, un paesotto di quattro strade e un pub sulla costa occidentale  dell’Irlanda.

"Oggi Mulderrig è solo un benigno corpuscolo geografico, srotolato alla rinfusa e steso al sole. Fingendosi innocuo. Se Mahony si ricordasse di questa piccola città, cosa che ovviamente non può fare, non noterebbe molti cambiamenti da quando l’ha lasciata. Mulderrig non cambia, né in fretta né adagio. Ventisei anni non fanno la minima differenza. Perché Mulderrig è un posto come nessun altro. Qui i colori sono un po’ più brillanti e il cielo è un po’ più vasto. Qui gli alberi sono vecchi come le montagne e un fiume limpido sfocia nel mare. La gente nasce per vivere, restare e morire qui. Non vogliono andarsene. Perché mai dovrebbero, se tutte le strade che portano a Mulderrig sono in discesa e quindi per andarsene è tutta salita?"


Nello zainetto che porta con sè ha la foto sbiadita di Orla Sweeney, la madre che non ha mai conosciuto e che l'ha abbandonato, quand'era piccolissimo, in un orfanotrofio.

Sicuro di sè e sufficientemente ostinato, Mahony è deciso a scavare nel proprio passato, a dissipare la cortina di bugie e le fitte ombre che avvolgono il villaggio e i suoi sconosciuti abitanti, perchè la domanda che l'ha condotto lì è principalmente una: cosa è accaduto davvero a sua madre? Che ne è stato di lei?

In Mahony l'urgenza di far chiarezza urla prepotentemente e chiede di essere ascoltata e di trovare una risposta.
Ma non è facile perchè Mulderrig è come avvolta da un muro di silenzio e omertà, e ancora superstizione, paura, voglia di dimenticare..., e trovare qualcuno disposto a dire la verità si rivela da subito un'impresa ardua.
Tutti guardano con prudenza e diffidenza lo straniero venuto da Dublino, vestito in modo semplice, con la sigaretta sempre pronta, il sorriso ironico appena abbozzato e quello sguardo che sa essere gentile e affabile ma anche gelido, indagatore, che inchioda l'interlocutore e sembra non lasciargli scampo.

Dalle prime pagine comprendiamo che l'atmosfera del romanzo è magica, fantastica, infatti, tanto per cominciare, ci vien fatto capire che Mahony ha una facoltà sovrannaturale: vede i morti.
Eh sì, il ragazzo è perennemente accompagnato, ovunque vada, dagli spettri di gente morta, che gli gironzolano intorno tranquilli, apparentemente indifferenti a ciò che accade nel mondo dei vivi, ma in realtà ancora drammaticamente legati a ciò che è terreno; come se non trovassero pace, avendo lasciato "qualcosa in sospeso" in questa vita e che impedisce loro di "godersi l'aldilà".

Mi ha fatto sorridere constatare come il ragazzo sia così abituato alle presenze spettrali attorno a lui (che ovviamente gli altri non vedono) da non esserne minimamente turbato, anzi ci appare divertito e non di rado intenerito dai comportamenti bizzarri da esse tenuti, quasi volte a intrattenere il loro insolito spettatore.

Eppure, nonostante questa capacità straordinaria, c'è una persona morta che non riesce a "sentire" né vedere: sua madre Orla, appunto, e questa cosa lo rattrista, gli provoca sensi di colpa e soprattutto gli fa sorgere la domanda: perchè??

"È da sempre convinto di due cose: che sua madre sia morta e che lui l’abbia conosciuta. Per sentire la sua perdita deve aver conosciuto la sua presenza. E la sua perdita la sente, l’ha sempre sentita. Il che spiega perché l’abbia cercata per tutta la vita: perché l’ha amata e perché l’ha perduta. L’ha cercata ma lei non ha mai risposto."

A Mulderrig, quindi, Mahony incontra persone che, pur mantenendosi gentili e sorridenti, restano sulle loro, indispettiti dal suo ritorno, infastiditi e irritati al pensiero che questo straniero di città sia venuto a impicciarsi di fatti vecchi di più di vent'anni, che nessuno ha voglia di ricordare perchè solo nominare quella ragazzina selvaggia e poco di buono - Orla Sweeney - ancora suscita ghigni di disprezzo ed espressioni oscene in più di un uomo, e  parole dure e ingiuriose da parte delle donne.

Questi atteggiamenti accendono molte lampadine nella mente intelligente di Mahony, che si convince ancora di più che qualcosa dev'essere necessariamente accaduto alla sua mamma - che al tempo della gravidanza (e della successiva scomparsa) era poco più che una ragazzina.

Possibile che la sua giovanissima mamma abbia deciso di portare a termine una gravidanza di un figlio probabilmente avuto "per sbaglio" (e chissà da chi!) per poi abbandonarlo dopo averlo dato alla luce?
Per il giovanotto questo non ha alcun senso ed è certo che sono in molti a conoscere la verità. 

Fortunatamente, nonostante le immediate ostilità (prima velate, poi più esplicite), trova in alcune donne delle valide alleate, in particolare nelle due arzille anziane, la signora Cauley e Bridget Doosey, che accolgono con entusiasmo il figlio di Orla e si dimostrano ben felici ed elettrizzate all'idea di aiutarlo a dissotterrare verità nascoste da troppi anni.

I personaggi che compaiono via via tra queste pagine sono tutti particolari e hanno caratteristiche ben precise e adatte alla loro personalità: c'è padre Quinn, il prete di Mulderrig, un omuncolo che assomiglia a una donnola, il cui atteggiamento solenne e l'attaccamento alle regole morali della comunità lo rendono ridicolo; c'è l’arcigna infermiera del villaggio - la vedova Farrelly -, la cui durezza traspare nettamente dalla linea dura della sua bocca che non conosce sorriso; i due son decisi a opporsi a Mahony, "cortesemente" invitato a sloggiare e a non turbare la quiete di Mulderrig andando in giro facendo domande su quel "demonio" di sua madre che, secondo la versione ufficiale, è semplicemente andata via volontariamente su un autobus, dopo averlo lasciato in un istituto. 
Cosa c'è da scoprire?

A furia di aprire armadi, qualche scheletro deve venir fuori per forza, e alcuni degli abitanti di Mulderrig lo sanno, altrimenti non si affannerebbero tanto per convincere - con le buone ma, se necessario, pure con le cattive - Mahony a sparire...!

Ma Mahony, alto, bello, dal fisico asciutto, capace di ammaliare le donne del paese, è terribilmente testardo e intenzionato ad ottenere le risposte di cui ha bisogno, e nulla potrebbe mai distoglierlo dal suo scopo, nonostante la foresta che circonda il villaggio gli metta i brividi e gli faccia avvertire un peso sul cuore che non sa spiegarsi.
La verità è che ad opprimerlo e tormentarlo, più che i fantasmi che non riesce ad ignorare, è il pensiero per quella mamma di cui conserva soltanto una foto sbiadita, che non ha avuto modo di conoscere e amare perchè forse qualcuno gliel'ha strappata via, e se è così, Mahony ha tutte le ragioni per restare e indagare.

La sua ricerca della verità lo vede al fianco della pungente e vivace signora Cauley - una caustica attrice imparruccata ammalata e verso il tramonto della propria esistenza, una sorta di Miss Marple irriverente, sfacciata, che ama bere whiskey e giocare a carte -, di quello della signora Doosey -esuberante, pratica, coraggiosa - e ancora al fianco di Shauna, una ragazza dolce e buona, che sogna il grande amore.

La storia è ambientata nell'aprile 1976 ma ci sono alcuni capitoli collocati nel 1950, che ci fanno conoscere Orla, il suo difficile rapporto coi compaesani, la sua vita allo sbando e la brutta fine cui è andata incontro.

"Di giorno, Mulderrig sembra rispettabile, una solida mammina dalle caviglie grosse, vestita di campi variegati. Ma di notte, quando è distesa sotto a luna, è agghindata come una zingara, con i cerchi dei fortini primitivi a farle da anelli e braccialetti."


L'ambientazione l'ho trovata formidabile; la natura è descritta in modo meticoloso, vivido, e i suoi elementi (il vento che soffia impetuoso, gli alberi frondosi che sembrano chinarsi per afferrarti con i loro rami, gli animali che fanno sentire la loro presenza, la pioggia insistente, l'umida terra scura ..) prendono vita, come fossero un personaggio vero e proprio, che osserva in un silenzio vigile tutto ciò che accade e, al momento opportuno, interviene, anch'esso interessato alla missione di disseppellire verità sepolte e pronto a insorgere per giudicare quegli individui malvagi che hanno commesso azioni turpi, convinti di farla franca per sempre.

Questo paesino irlandese, a un occhio esterno ed estraneo, appare un'isola felice ma in realtà cova piccoli semi del male: il bigottismo e il falso moralismo, che celano solo ipocrisia, egoismo e tendenza a condannare gli altri (in particolare chi si comporta in modo differente dalla massa), la crudeltà e l'indifferenza che aleggiano tra le persone.

Tra topi negli scantinati, rane che saltellano nelle biblioteche, morti che gironzolano tra i vivi come se niente fosse, e bislacchi personaggi, "Lascia dire alle ombre" ci regala una storia nera e stravagante, fantastica, sovrannaturale eppure non potrebbe essere più umana, in quanto porta allo scoperto ciò che si nasconde nel cuore dell'uomo, e lo fa attraverso una scrittura magnetica, affascinante, intensa nelle sue descrizioni di ambienti, fatti e personaggi, nell'alternare momenti ironici ad altri malinconici, e nel rendere la presenza costante della morte come qualcosa non di cupo e spaventoso ma di "normale", che attiene alla vita stessa.

Una crime fiction con elementi fantasy che mi ha avvinta dalla prima all’ultima pagina, ricca di malìa, aspra e tenera insieme, con uno sviluppo delle vicende ben strutturato e reso interessante ed accattivante dal tocco giallo (scoprire l'assassino), l'ambientazione misteriosa e una narrazione piena di sorprese, che sa come intrattenere il lettore.

Promosso a pieni voti!


"Paura, senso di colpa e superstizione sono un ottimo sistema per manovrare il branco".

"Le persone che abbiamo perso, tornano da noi al momento opportuno (...). 
L'hai cercata per tutta la vita, lo so. Ma lei verrà da te quando sarà pronta".

lunedì 6 maggio 2019

Recensione in anteprima: "500 chicche di riso", di Alessandro Pagani



Cari lettori, oggi desidero presentarvi un libro che uscirà il 16 Maggio: "500 chicche di riso", di Alessandro Pagani - di cui ho avuto il piacere di leggere la precedente raccolta IO MI LIBRO; la prefazione è di Cristiano Militello  e le illustrazioni di Massimiliano Zatini.

Anche in questo caso si tratta di cinquecento frasi, lapidarie, che fanno davvero sorridere
96, Rue de-La-Fontaine Edizioni

perchè dotate di un umorismo intelligente; brevi frammenti di situazioni possibili, ironiche, grottesche, provocatorie, che si basano su nonsense, giochi di parole, simpatici equivoci legati a parole/espressioni simili da un punto di vista fonologico ma differenti da quello morfologico.
Botte e risposte tra interlocutori immaginari, volutamente demenziali e per questo buffi, spassosi, battute goliardiche, di quelle che tanto spesso si fanno tra amici e che suscitano risate proprio perchè sono assurde e nascono spontaneamente, prendendo spunto da tutto ciò che può attirare la nostra attenzione nel vissuto quotidiano.


"In fila alle poste.«Scusi capellone, deve fare la coda.»«Senta, a me piacciono sciolti.»"

"Due scarpe innamorate.«Lacci unimmo e là ci unimmo.»"

"Arrestato durante alcool test.Alla domanda: «Gonfi il palloncino»Rispondeva: «Perché...c’è una festa?»."
"Tizio invita donna cinese a ballare.«Danza con me questa polka?»«Ma come si pelmette, blutto stlonzo?»"
"Ariel: «È una mela questa?».«Sì, renetta.»"
"La donna più sorpresa che abbia mai visto? Ester Refatta."


Una raccolta di battute scherzose, una lettura che diverte e intrattiene piacevolmente il lettore perchè ruota attorno a un senso dell'umorismo assolutamente da usare nella vita di tutti i giorni (eventualmente da riscoprire) perchè aiuta a guardare le cose da prospettive diverse, meno razionali forse, più leggere, che ci permettono di sorridere, imparando a fare dell'ironia una sorta di schermo protettivo e ci fa staccare un po' dai problemi quotidiani.

domenica 5 maggio 2019

Recensione: IL GARZONE DEL BOIA di Simone Censi



In un mix tra finzione e realtà, questo libro prende spunto dal personaggio, realmente esistito, del boia più famoso dello Stato Pontificio prima dell'unità d'Italia, arricchendo la sua persona e il suo non proprio rassicurante lavoro attraverso i racconti vivaci e minuziosi di colui che lo ha affiancato per anni in qualità di garzone.


IL GARZONE DEL BOIA
di Simone Censi



Elison Publishing
3.99 euro
LINK IBS
Siamo in Italia, nell'Ottocento, e a raccontarci gli aneddoti relativi alla inquietante attività di Giovanni Battista Bugatti, detto Mastro Titta, "er boja de Roma", celebre esecutore di sentenze capitali dello Stato Pontificio, è il suo aiutante, comprato da bambino per pochi soldi dalla famiglia di origine, di umili condizioni e con un padre violento, per farne il proprio garzone.

Come immaginiamo possa essere un uomo che per mestiere fa il carnefice? Un uomo la cui missione nella vita è impiccare i delinquenti, staccarne la testa ed esporla pubblicamente (come monito e avvertimento per chi volesse darsi alla criminalità) e infine squartarne il corpo come si fa con i maiali?

Non so voi, ma di getto mi verrebbe da pensare che un individuo che decide di darsi a questo tipo di esistenza fatta di sangue, bestemmie, corpi da sventrare, folla urlante e impazzita, condannati il più delle volte impenitenti e arroganti fino a prima di perdere la testa, deve quanto meno avere un temperamento o violento o indifferente al male e al vedere morire decine e decine di persone sotto gli occhi e per la propria mano.

Eppure non è il ritratto di un uomo cattivo e cinico che riceviamo di Mastro Titta in queste pagine, che intervallano la finzione alla realtà; le parti romanzate, infatti, si mescolano con gli appunti di Mastro Titta circa le sue esecuzioni e i casi umani con cui ha avuto a che fare in vita.

Il garzone, narratore e co-protagonista di questo romanzo storico, è solo un bambino quando viene venduto dal padre a Mastro Titta, che lo prende con sè per insegnargli il proprio lavoro e avere qualcuno che lo porti avanti dopo di lui.
A dire il vero, Mastro Titta era un ombrellaro di professione ma la professione ufficiale, per cui la Storia l'ha ricordato e per cui i suoi contemporanei lo scansavano, temevano e disprezzavano, era sicuramente quella del boia, appunto; ma il suo aiutante, che ha avuto modo di conoscerlo da vicino e vivere per anni con lui, ci dice che quest'uomo taciturno e riservato era in realtà dotato di una dirittura morale ammirabile.

"... ero il garzone del boia, il più temuto e famoso di tutto lo Stato Pontificio allora e il più celebrato in seguito, tanto che divenne col tempo leggenda fino a entrare nell’immaginario collettivo. Chi ebbe la fortuna come me di conoscerlo bene, se lo può ricordare come un uomo buono, devoto e suonerà strano a dirlo in questa situazione, ma era sempre solo sia per indole sia a causa delle contingenze, ma d’altra parte non troverò nessuno nemmeno a confutarmi e quindi ciò mi lascia abbastanza tranquillo."

Il carnefice non godeva nell'ammazzare gente, pur adempiendo al proprio triste ufficio con sollecitudine e molta serietà, cosa che non gli impediva però di provare, molto probabilmente, turbamenti nell'animo, che ben si guardava dal condividere apertamente con altri esseri umani.

"Era strano quell’uomo che avevo di fronte ed ero spaventato (...) Lui di fronte a me, uomo truce e feroce, aveva latente nell’animo un angolo dove aveva celato le proprie fragilità, i propri dubbi e incertezze. Uomo sincero e devoto cercava nel conforto dell’Altissimo le giustificazioni al proprio ufficio, come se gli incarichi ricevuti direttamente dagli alti vertici della Chiesa non fossero sufficienti a sollevargli l’anima."

Non ci vien detto il nome del nostro narratore, che racconta gli episodi di cui è stato spettatore in prima persona a distanza di molti anni, quando ormai è vecchio e ricco e la sua vita ha preso ben altra direzione rispetto a quella cui sembrava destinata; il perché non ci venga svelata la sua identità è alla base del libro stesso e l'Autore la spiega brevemente alla fine del libro (non vi resta che leggerlo, se siete curiosi ^_-).

Il garzone del boia ci fornisce, dunque, una visione nuova e a volte in contrasto con quella del proprio Maestro, che vede il proprio mestiere come una vocazione, qualcosa da svolgere con cura, dedizione, addirittura fede, mentre per il buon garzone è solamente una scelta obbligata dalla quale, chissà!, fuggire alla prima occasione.

Alternando quindi resoconti del Bugatti a quelli del garzone, veniamo a conoscenza di tante storie di vita, di esecuzioni di assassini e di ciò che ovviamente si nascondeva dietro le vicende personali dei protagonisti, spesso raccontate dal popolino sotto la forca.

Il giovane assistente cresce insieme a quest'uomo duro ma in fondo buono, che lo inizia anche alla lettura e alla scrittura, così che il romanzo presenta una doppia stesura.

La prima è contraddistinta dal corsivo e dall'uso di un linguaggio spesso forte e colorito, in dialetto romanesco; la seconda scrittura è redatta quando oramai lo stesso è avanti con l’età, su consiglio del suo analista, che lo incoraggia a riprendere in mano questa storia per fuggire dai fantasmi che ancora lo perseguitano.
Sì perchè seguire il proprio padrone non è mai stata una passeggiata per il giovanotto, che questo mestiere sanguinario e cupo non l'ha mai amato, anzi; i propri sentimenti non gli hanno comunque impedito di imparare ad impiccare gente, tutt'altro, e del resto non sarebbe potuto accadere il contrario perché Mastro Titta pretendeva la perfezione da sé stesso come dal proprio garzone, un po' impacciato e qualche volta combinaguai.

La narrazione è sempre molto vivace, ricca di particolari circa i vari episodi coinvolgenti tanto lui e il suo Maestro quanto i disgraziati appesi alla forca; si tratta di racconti che mettono in luce tutta la meschinità e la miseria presente nell'uomo, di qualsiasi estrazione sociale, religione, sesso: donne infuriate e divenute assassine dell'amato che le ha prese in giro, uomini presi dal dèmone della gelosia, che per questo hanno commesso omicidi; ladri e furfanti ossessionati dalla brama di danaro; poveracci che si son trovati in situazioni più grandi di loro, preti lascivi... 

"Per Mastro Titta invece era tutto quanto normale, niente sembrava riuscire a turbare la sua tranquillità, seduto in un angolo al lume di una candela tirava fuori il vecchio taccuino rivestito di pelle nera e con solerzia scriveva e scriveva."

E mentre ci porta tra le strade di varie cittadine italiane e tra locande frequentate da uomini spesso col gomito alzato (garzone compreso, che alla fiaschetta non rinuncia mai), il narratore non manca di riflettere sul carattere di quest'uomo forte e solitario, guardato di volta in volta, dai paesani dei luoghi in cui giungeva, con cattiveria e disprezzo, e che per lui è stata la figura più vicina a un padre che abbia mai avuto.

Leggendo, ci facciamo non soltanto un'idea del Bugatti, di cosa era chiamato a fare per ottemperare ai propri doveri, del tipo di persone che si trovava a dover giustiziare, della folla spesso inferocita che puntualmente accorreva sotto al palco, pronta ad assistere al macabro spettacolo, ma dello stesso garzone, un giovanotto intelligente, acuto osservatore, rispettoso del proprio padrone, all'occorrenza coraggioso e di certo non indifferente alle variegate vicende umane con cui veniva ogni giorno a contatto.

Cosa deciderà di fare, con il passare degli anni, il garzone del boia? Si arrenderà al destino di essere anch'egli un esecutore di morte da parte dello Stato Pontificio, o la sua vita prenderà una piega lontana da tutto questo?
L'occasione per fuggire da quell'aura mortifera che lo avvolge da bambino, in compagnia di Mastro Titta, e che gli dà il tormento, potrebbe arrivargli in maniera inaspettata... Saprà coglierla?

"Il garzone del boia" è un romanzo storico scorrevole e interessante, a mio avviso, sia perchè al centro vi è un personaggio reale, per molti versi inquietante e sinistro, che qui ci viene restituito in modo molto "umano", grazie alla scelta dell'Autore di presentarci fatti accaduti davvero (che il boia appuntava con attenzione sul proprio taccuino) attraverso la "voce" di questo giovane assistente, impreparato e sorpreso di fronte a ciò che gli capitava di vedere, attraverso i cui occhi ci affacciamo ad una galleria di storie spesso incredibili, raccontate a volte con una vena d'ironia e altre con un pizzico di tristezza e malinconia; storie di uomini e donne travolti da emozioni impetuose e dalle più diverse circostanze che ne hanno fatto degli assassini.

Ringrazio l'autore, Simone Censi, per avermi dato modo di conoscere questo suo libro, la cui lettura vi consiglio, in special modo se vi piace il genere storico.

venerdì 3 maggio 2019

Leggende sul modo di dire "Muto come un pesce!"



Credo che a tutti noi sia capitato almeno una volta nella vita di usare l'espressione "muto come un pesce", per garantire il nostro silenzio e la nostra riservatezza in merito ad una determinata questione.

Ebbene..., da cosa prende origine questo modo di dire?

Ecco una simpatica leggenda sul perchè i pesci non emettono suoni.

C'è stato un tempo in cui sulla Terra dominava il silenzio: gli animali non facevano versi, le acque scorrevano e i venti soffiavano, ma tutto avveniva senza che venisse prodotto alcun rumore. 
Pensate che nemmeno l'uomo parlava. 

Un giorno accadde che il dio del canto cominciò a suonare l'arpa e, facendo vibrare le corde dello strumento, attirò l'attenzione di ogni creatura sulla Terra, che si mise in ascolto, tanto il vento quanto l'acqua e gli alberi. 

Il dio del cielo ordinò a ciascuno di scegliere il linguaggio che era loro più gradito.
Tutte le creature ascoltarono il signore del canto e scoprirono il modo più adatto di sibilare e di ronzare, di abbaiare o di ruggire…
L'uomo imparò, dal canto suo, tutti i diversi suoni prodotti dall'arpa del dio ma imparò anche a cantare meglio degli stessi uccelli.

Da allora, ogni creatura sulla Terra e nel cielo scelse per sé un proprio e caratteristico linguaggio.

E i pesci?
Essi furono più sfortunati: si rendevano conto che stava accadendo qualcosa di molto importante, ma non capivano che cosa fosse, potendo sì vedere tutte le creature della Terra aprire e chiudere la bocca ma non riuscendo, essendo sott'acqua, a udire alcun suono.
Ad ogni modo, decisero di comportarsi come gli altri, così impararono ad aprire e chiudere la bocca... ma senza produrre alcun suono!

Un'altra "versione" racconta che quando il dio degli animali decise che gli animali dovessero avere dei modi per comunicare attraverso suoni udibili, affidò questa "missione" alla Regina dei suoni, che distribuì bacche magiche a tutti gli animali; questi, tornati ognuno nelle proprie tane, seminarono le bacche, col tempo crebbero dei frutti che essi mangiarono... e iniziarono a fare i versi tipici di ciascuna specie, che noi tutti conosciamo: chi ragliava, chi cinguettava o miagolava.

Ma la Regina aveva dimenticato di distribuire le bacche magiche ai poveri pesci del mare e per rimediare, spremette le bacche e il loro succo fu fatto cadere nelle acque: i pesci bevvero ed ebbero il loro verso.
Un giorno soffiò un vento freddissimo, tutti gli animali si misero al riparo nelle loro tane, ma i pesci non trovarono alcun rifugio, quindi il vento si infilò nelle loro bocche e li rese muti. 
I pesci si arrabbiarono e si lamentarono con il dio degli animali, e ancora una volta la regina dei suoni cercò di trovare una soluzione, dando loro un verso ancora più forte e potente. 
Ma i pesci, ingrati e lamentosi, iniziarono a sparlare di tutte le creature della Terra, così il dio degli animali, vedendo il loro comportamento, decise di renderli muti per sempre...!



Fonte 1    Fonte 2
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...