mercoledì 25 novembre 2020

COVER REVEAL >> "Quello che non ti aspetti" di Giovanna Roma




Cari lettori e lettrici, il post di oggi è dedicato all'uscita del nuovo romanzo di Giovanna Roma: si tratta di una storia di sport, amicizia e vita, la cui uscita è prevista per il 9 dicembre.



Quello che non ti aspetti

FORMATO: digitale e cartaceo
Self-pubblishing
GENERE: Sentimentale
DATA PUBBLICAZIONE: 09 dicembre 2020
GRAFICO: SP Graphic Design

GOODREADS: https://bit.ly/3nxEWA8


SINOSSI

Sono noto per i miei scatti di rabbia. Ho il numero maggiore di penalità nella squadra di hockey e la faccia sulle riviste scandalistiche. Metto nei guai chi se lo merita e Hope Harley lo merita più di tutti.
Questo finché scopro che qualcosa di più grande di lei manovra la sua vita. All'improvviso i miei soldi sono carta straccia, i muscoli inutili. La mia sregolatezza diventa un'esistenza vuota.
Hope è cieca ai rischi. Sfida Golia, si lancia nel dirupo, non rimanda e ricomincia da zero ogni giorno.
La lezione più dura che mi abbia impartito? Lei è la verità, mentre io sono una bugia.

BIOGRAFIA AUTRICE.
<<Sono nata e cresciuta in Italia e viaggiato sin da bambina. I generi che leggo spaziano tra thriller, psicologia, erotico e dark romance. Anche quando un autore non mi convince, concedo sempre una seconda possibilità, leggendo un altro suo libro. Sono autrice dei romanzi "La mia vendetta con te, il suo sequel "Il Siberiano", lo storico "Il patto del marchese" e la serie dark "Deceptive Hunters".>>








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sabato 21 novembre 2020

Libri in lettura (novembre 2020)

 

Buongiorno, lettori carissimi!

Come procedono le vostre letture?

Io proseguo con Leggere Lolita a Teheran, e ho iniziato questi tre libri:


LA COSA VERAMENTE PEGGIORE di Torey Hayden (Corbaccio Ed., trad. L. Corradini

Caspani, 176 pp).

David è un ragazzino difficile: abbandonato dalla madre da piccolo, parla con difficoltà, è violento e apparentemente ritardato. Le famiglie alle quali è stato affidato insieme alla sorella hanno finito per rispedirlo agli assistenti sociali. Il suo modo di fare ordine in una vita spezzata è quello di trovare «la cosa veramente peggiore»: andare dal dentista, essere picchiato dai compagni, non avere nessuno che si preoccupa per lui. Fino a quando, insperabilmente, i brandelli della sua esistenza cominciano a trovare un significato: la «nuova famiglia» è una donna sola che potrebbe essere sua nonna, ma che lo tratta con rispetto e affetto, e i suoi nuovi amici sono una bambina più piccola e geniale – e per questo emarginata proprio come lui – e un piccolo gufo orfano. 

Torey Hayden, una delle autrici più esperte e attente al mondo dell'infanzia e ai suoi problemi, ha scritto questo libro sui bambini e rivolto anche ai bambini con la maestria e la delicatezza che l'hanno resa un vero e proprio punto di riferimento amatissimo dal pubblico.


LA DONNA DEL RITRATTO di Kate Morton (Sperling&Kupfer, trad. E. Cantoni, R. Salerno, 496 pp).

Nell'estate del 1862, un gruppo di giovani artisti si riunisce a Birchwood Manor, una grande casa nella campagna dell'Oxfordshire.
A guidare il gruppo è Edward Radcliffe, il più appassionato e promettente di loro. A lui è venuta l'idea di immergersi nella natura per trenta giorni, lontano da Londra e dalla sua formalissima society, per dare libero sfogo alla creatività. 
E invece, alla fine di quel mese, la tragedia stravolge le loro esistenze: una donna viene uccisa, un'altra sparisce nel nulla e un prezioso gioiello scompare. 
Più di centocinquanta anni dopo, una giovane archivista di Londra s'imbatte in una scoperta che la riporterà sulle tracce di una storia dimenticata nel tempo, dei segreti di Birchwood Manor e di una ragazza apparsa in un ritratto perduto e ritrovato.




LA VITA STRAORDINARIA DI SAM HELL di Robert Dugoni (Amazon Crossing, trad. R. Marasco, 493 pp).

Sam Hill ha sempre guardato il mondo con occhi diversi. È nato con le pupille rosse, e i compagni lo chiamano “il bambino diabolico” o Sam “Hell”, come l’inferno.  
Per sua madre, invece, l’albinismo oculare indica la “volontà di Dio”, ciò che lo rende straordinario. Confortato dalla fede materna, lui tiene duro, anche grazie alla solida saggezza del padre e a due amici insostituibili: Ernie Cantwell, l’unico afroamericano della scuola, e Mickie, che irrompe nelle sue giornate come un tornado.
Oggi che ha quarant’anni ed è diventato un oftalmologo, Sam non crede più che la sua vita sia straordinaria, tanto meno dopo la tragedia che lo ha costretto a voltare le spalle al mondo che conosceva. 
Scappare dal dolore a occhi chiusi però non gli è servito. 
Guardando indietro alla sua esistenza, mentre viaggia per il mondo, ha gli occhi bene aperti e sa distinguere con chiarezza ciò che l’ha cambiato, l’ha plasmato e l’ha tanto spaventato. E finalmente riuscirà a mettere a fuoco quel che conta davvero.

venerdì 20 novembre 2020

Recensione: L'EROE DI ELEANOR (Natale in città, vol. 2) di Jill Barnett



A Natale manca poco meno di un mese, è vero, ma io ho avuto modo, attraverso il delizioso racconto che vi propongo oggi, di immergermi nella fredda, innevata e frizzante atmosfera natalizia newyorchese, e di godermi momenti di dolcezza e romanticismo.



L'EROE DI ELEANOR
(Natale in città, vol. 2)
di Jill Barnett



Babelcube Inc.
75 pp
trad. Isabella Nanni
"Tutte le volte che era con lui, non era se stessa. Il brutto dell'amore era che rendeva diversi; ti faceva comportare in modo irrazionale. L'amore era molto simile al clima invernale. Arrivava nel momento peggiore e ti rendeva la vita impossibile. come la neve e il ghiaccio che cadevano, poi si scioglievano. Non ce n'era motivo, succedeva e basta. L'amore ti dava uno schiaffo in faccia senza alcuna spiegazione logica. Ci si poteva chiedere perchè all'infinito, ma questo non cambiava il fatto che si amava la persona che si era destinati ad amare." 

Ah, che fascino New York a Natale, tra cumuli di neve bianca, slitte, gente che canta canzoni natalizie: il periodo e la location adatte per innamorarsi, vero?

Siamo verso la fine del 1800 e la signorina Eleanor Austen è costretta, dopo la morte del nonno, a trasferirsi in un angusto appartamentino all’ultimo piano dell’edificio che l'anziano aveva affittato a Conn Donoughue, proprietario di una palestra piuttosto rumorosa.

Il bello ed aitante Conn è un famoso pugile irlandese, di 32 anni, ed è pure single. Ma non per molto, perché il destino - o lo spirito del Natale - ha deciso di dargli un aiutino in amore!

Quando scopre che, da un giorno all'altro, l'appartamento del quarto piano dello stabile in cui ha la palestra, sta per essere occupato dalla legittima proprietaria, si infuria perché lì ci sono alcune sue cose, che egli ha temporaneamente sistemato in quei locali sapendoli disabitati.

Ma a quanto pare la bella Eleanor ha deciso di riappropriarsene; del resto, non avendo un lavoro e non potendo, quindi, permettersi un affitto, deve necessariamente andare ad abitare nella casa del nonno.
Tra i due non scorre proprio una grandissima simpatia: lei si rivolge al giovane cercando di mantenersi altezzosa, distante, ma è solo perché quel benedetto ragazzone tutto muscoli e con un sorriso furbo e intrigante, in realtà le provoca più di un brivido e la fa arrossire come mai nessuno è riuscito a fare.

Conn, dal canto suo, si mostra sicuro di sè, ironico, pronto a far battute per mettere in imbarazzo la bella proprietaria, ad es. rivolgendosi a lei con un nomignolo, Nellibelle, che alla donna fa saltare i nervi.

Eppure..., a dispetto di menti alzati e braccia incrociate, risposte secche e ghigni sarcastici, Conn ed Eleanor si piacciono, e anche tanto.
Cosa li frena allora dal dichiararsi l'uno all'altra?

A dire il vero, tempo prima tra loro c'è stato un piccolo avvicinamento, ma qualcosa è andato storto, e  adesso, se lui cerca di farle capire quanto gli piaccia, la donna scappa a gambe levate.
Come mai? Eppure, non solo l'attrazione per Conn non è scemata, ma anzi i sentimenti sono sempre più forti.
Cosa impedisce a Nellibelle di lasciarsi andare e vivere un amore appassionato con l'uomo che le ha fatto perdere la testa e che sembra contraccambiare?

La motivazione risiede nella paura di fare la cosa sbagliata, di essere giudicata male dagli altri e di non essere la donna adatta per Conn, facendogli più male che bene.
E già, perché tra i due ci sono otto anni di differenza d'età.
Lei ha quarant'anni suonati e lui trentadue: cosa direbbe la gente di una donna non più giovanissima che si fidanza con un giovanotto nel pieno del suo vigore?
Considerato il periodo storico in cui la vicenda è ambientata (che poi, diciamocelo: non è così raro anche ai nostri giorni vedere gente che storce il naso di fronte a coppie in cui lei è più grande di lui), questi dubbi ci stanno, ma quando c'è l'amore, un ostacolo come otto anni di differenza può essere tranquillamente superato.

Donn è caparbio, determinato e, soprattutto, sinceramente innamorato della sua Nellie, e non è intenzionato a perderla, anche perché per lui Eleanor è a dir poco bellissima e poco gli importa che lei sia più "vecchia" di lui.

È un racconto che si legge con molta scorrevolezza, è davvero piacevole, delizioso, romantico al punto giusto e con due protagonisti che entrano facilmente nelle simpatie del lettore: lei è fragile, insicura, cerca di mostrarsi forte e indipendente ma ha un disperato bisogno di protezione, amore, di una famiglia; lui, nonostante i pettorali d'acciaio e l'altezza notevole, è un cucciolo tenero e pieno d'amore da dare.

Conn ed Eleanor sono due persone terribilmente sole e trovano nel sentimento che li lega un'ancora di salvezza, una preziosa opportunità per riempire certi vuoti delle loro esistenze con un affetto importante e dare un senso a una quotidianità altrimenti triste e grigia.  

Il romanticismo presente in questo racconto natalizio di Jill Barnett, lungi dallo scadere nella stucchevolezza e nelle smancerie patinate, ci regala anche diversi momenti buffi, ironici, che fanno sorridere perché la protagonista, più cerca di darsi un contegno e di dimostrare di non avere bisogno di Conn, più combina guai..., e menomale che c'è lui a correre in aiuto della sua Nellie!
Mi è piaciuto anche il contesto, che non è quella parte di New York ricca, ma una zona di quartieri dove vive gente semplice, cui piove dentro casa perché l'acqua filtra da un tetto in pessime condizioni.

Lettura agile e gradevole, ideale per chi ama storie romantiche e l'atmosfera magica e da sogno che  il Natale sa creare.

mercoledì 18 novembre 2020

Recensione: IN UN MILIONE DI PICCOLI PEZZI di James Frey


Tra queste pagine, terribili e inesorabili, si consuma il difficilissimo tentativo di disintossicazione da alcool e droga da parte di un giovane di 23 anni, che altri non è che l'Autore, il quale quindi ci parla di se stesso e dell'esperienza vissuta in prima persona, e lo fa con una narrazione frenetica, sofferta, cruda, da cui trasuda tutto il dolore per il male fatto (a se stesso, ai propri cari e non solo) e tutta la tenera - sì, tenera! - tenacia di chi sta provando ad uscire dal tunnel, a resistere alla tentazione di ricaderci, a trovare in se stesso la forza per vivere libero da ciò che lo porterebbe sicuramente alla morte. 
La tenacia e la disperazione di chi sta provando a rinascere dalle proprie ceneri, a rimettere insieme quel milione di piccoli pezzi in cui si era ridotto e frantumato.


IN UN MILIONE DI PICCOLI PEZZI 
di James Frey





Tea Edizioni
trad. B. Amato
459 pp

Un ragazzo di 23 anni si risveglia a bordo di un aereo in uno stato di totale confusione, al confine tra la vita e la morte, conseguenza del massiccio (e protratto nel tempo) abuso di alcol e droghe. 

La famiglia, sbalordita, smarrita e disperata, lo accoglie all'aeroporto di Chicago per trasferirlo in una clinica di riabilitazione del Minnesota. 

James è un ragazzo pienamente consapevole di se stesso, dell'esistenza sbandata condotta fino a quel momento, e lo è anche delle conseguenze tragiche cui andrà incontro se non decide una volta per tutte di cambiare strada.
A confermarglielo è il dottore che lo visita e che, senza troppi giri di parole, gli dice che, se dovesse toccare un goccio di alcol o "farsi" anche solo una volta, ad attenderlo c'è la morte sicura.
Il suo corpo è al limite, è stato provato in una maniera allucinante e non sarebbe in grado di reggere l'assunzione di quella robaccia che è pane quotidiano per James da tantissimi anni.

E allora che si fa, caro James? Resti o scappi? Vivi o muori?
Perché la scelta è tutta lì, ed è la più importante della tua vita, la più tosta che dovrai mai capitarti di prendere.

La tentazione di mollare quel percorso neppure iniziato c'è e non è facile resisterle; ma qual è l'alternativa? 
James lo sa: se non scegli la vita, allora ti aspetta la morte.

Certo, restare ed affrontare la disintossicazione è spaventoso e nei due mesi che trascorre in clinica il ragazzo dovrà combattere contro i propri demoni e contro la Furia, la rabbia cieca e violentissima che gli monta dentro e che pretende di essere placata con lo sfogo più animalesco: James ha una rabbia dentro di sé talmente (auto)distruttiva da provarne lui per primo paura.

Eppure con quella Furia interiore è praticamente cresciuto, visto che la cova da quando ha incominciato a sbandarsi, a vivere come uno scapestrato, il che ha avuto inizio a soli dieci anni.
Già, dieci anni. Un bambino.
Un bambino che ruba le bottiglie di liquore ai genitori, che comincia a fumare e poi ad assumere droghe, per poi darsi a vizi e stravizi sempre più illeciti e pericolosi man mano che gli anni passano, con relativa e costante infrazione di ogni tipo di regole, commettendo molti reati e maturando problemi con la giustizia.
Anni vissuti facendosi del male e facendone anche ai propri cari, agli amici e a tante persone incrociate lungo il proprio cammino, molte delle quali sono state vittime della condotta terribile di un James fuori controllo e privo di freni morali, che agiva spinto da una cattiveria che, colpendo gli altri, cercava di distruggere principalmente la propria persona.

James, all'interno della struttura, interagisce col personale che vi lavora e con gli altri ospiti, uomini che, come lui, sono stati feriti e messi in ginocchio dalle dipendenze.
I rapporti interpersonali già non sono semplici in casi normali, figuriamoci in un contesto popolato da individui che hanno sempre vissuto infischiandosene di tutto e tutti, con l'unica preoccupazione di soddisfare la propria voglia di droga, sesso, alcool.
Con qualcuno avrà inizialmente delle rogne, con altri "pazienti" instaurerà rapporti di amicizia, fatti di scherzi, risate, confessioni, pianti e abbracci: sono quelle amicizie particolari ed uniche nel loro genere, che possono nascere soltanto in situazioni anomale, straordinarie, quando a incontrarsi sono esseri disperati, giunti al limite, che sanno che quella è, molto probabilmente, la loro ultima possibilità per non morire da drogati e alcolizzati.

Stare senza bere e farsi non è una passeggiata, e James dovrà davvero fare appello a tutte le proprie energie fisiche e mentali, alla propria sincera e convinta volontà di non soccombere ma di rinascere, di riprendersi la propria vita di ventitreenne, per dare un senso al percorso in Clinica.

James riconosce che c'è un sacco di gente che cerca di far bene il proprio lavoro e di aiutare davvero chi è affetto da forti dipendenze, eppure egli non condivide la logica e l'ideologia "spirituale" che c'è dietro ai cosiddetti "Dodici Passi", che è il programma portato avanti in clinica e che si basa sull'intraprendere un cammino di "redenzione" attraverso degli step che permettano alla persona con queste problematiche di affidare a un "potere spirituale superiore" (Dio, per chi ha fede) la propria vita e il proprio desiderio di rinascere; pensare di uscirne contando esclusivamente sulle proprie forze, è da pazzi, e il fallimento è una possibilità concreta.

E poiché James non nutre alcun tipo di fede in un essere superiore, o trova la giusta forza e motivazione in se stesso, o è destinato all'insuccesso.

Ma ecco che, proprio quando si sente poco motivato a restare, i suoi occhi incrociano quelli di Lilly, una ragazza minuta, bella, magra come uno scricciolo, che ha alle spalle una storia di abusi, soprusi e sofferenze che nessuno dovrebbe passare nella propria vita; Lilly è un'anima in pena, bisognosa di amore e sicurezze, di conforto e di un po' di pace, e James sente nascere e crescere dentro di sè un sentimento di amore e di tenera protezione per questa ragazza dalle ali spezzate, che si lega a lui con il medesimo slancio e la medesima disperata necessità.
Il loro amore non nasce nel posto e sotto gli auspici migliori: basterà a dar loro la motivazione per cercare di guarire e uscire dalla clinica pronti ad affrontare il mondo?

Lo scrittore scrive scrive scrive... ed è un fiume in piena, che "vomita" (passatemi l'espressione poco piacevole, ma credo renda bene il concetto) con un ritmo frenetico ("su di giri") parole, frasi, pensieri tortuosi e tormentati di un'anima angosciata e impaurita, la cui fissa è bere/drogarsi, perchè è questo che il suo corpo pretende, perché a questo è stato abituato negli ultimi dieci anni.
Sono pagine piene di sofferenza fisica e psicologica e ci sono diversi passaggi descritti con una spietata onestà da suscitare il rigetto nei lettori più sensibili.

A predominare in James è la PAURA, e con essa la triste sensazione di essere irrimediabilmente solo, incompreso, e di non meritare amore da nessuno, genitori compresi.
il racconto del presente è interrotto dai flashback che ci riportano indietro nel tempo, ad esperienze passate, agli incontri sbagliati, ai tanti terribili errori commessi.

Volutamente, l'Autore fa un uso essenziale e molto parco (ed arbitrario, se vogliamo) della punteggiatura, usando molte coordinate ed omettendo virgole, punti, le virgolette del discorso diretto ecc..., come per rovesciarci addosso il vissuto emotivo del protagonista - un individuo a pezzi - e tutta l'ansia, il senso di urgenza (basta orpelli, inutilità, basta perdere tempo in cose che non servono: è tempo di dire tutta la verità, di tirar fuori tutto quello che c'è nel corpo e nella mente, per liberarsi di ciò che è "sporco", cattivo"), di frenesia, di rabbia, insomma tutto il carico di pensieri impetuosi e tortuosi e di emozioni intensissime che hanno travolto lui e che inevitabilmente travolgono il lettore.

È un libro che "fa male" male, e non potrebbe essere diversamente, in quanto leggere il tipo di sofferenza provata da chi sta cercando di disintossicarsi è faticoso emotivamente; James pronuncia spesso frasi come "Mi faccio schifo", "Non ho fiducia in me, stima di me, senso del mio valore".

"Le ferite che non guariscono mai possono essere piante solo da soli".

Accanto a quella "massa di dolore, tristezza, afflizione, angoscia e pena" ci sono diversi momenti di solidarietà, tenerezza e commozione, perché in fondo queste persone ferite e rotte hanno bisogno di sentire che non sono sole, che non tutto è perduto e che c'è un briciolo di speranza anche per loro.

Ho sofferto con e per James, il quale però - a dispetto delle pessime condizioni emotive e psicofisiche in cui è al suo arrivo in Clinica - mostra un'incredibile resistenza al dolore (per la sua crudezza, la descrizione dell'intervento ai denti senza anestesia mi ha provocato veramente dei brividi), che viene descritto in tutta la sua ferocia.
In certi momenti alla pietà per lui si accostava una sorta di leggera antipatia, frutto dei suoi atteggiamenti oppositivi e molto irritanti verso i famigliari e gli operatori, soprattutto quando questi manifestavano l'intenzione di aiutarlo.
Ma quando si leggono libri di questo tipo - in cui le sofferenze sono una conseguenza diretta di scelte personali sbagliate - bisognerebbe sospendere giudizi e pregiudizi e predisporsi a comprendere e, in un certo senso, a perdonare.
E il primo che deve avere il coraggio di perdonare è proprio lui, James, che quando arriva in clinica non ha neppure la forza di guardare nei propri occhi riflessi in uno specchio.

È un romanzo in parte autobiografico (nota) scomodo, non facile da leggere proprio perché crudo (nel linguaggio e nell'argomento), estremo, senza freni, e non potrebbe essere diversamente, visto che il protagonista è un ragazzo che ha vissuto gli ultimi dieci anni della propria vita così: letteralmente senza freni, senza regole, in balìa di se stesso e delle proprie dipendenze.
Tra queste pagine viene fuori tutto il marcio che può inondare l'esistenza di una persona quando appunto vive priva di qualsiasi limite, diventando schiava di sostanze che alterano il suo equilibrio psico-fisico, emozionale, sociale, relazionale...: non sei più tu, quando fai uso di schifezze che azzerano la tua volontà, la tua personalità.
E questo non può che essere l'inferno, per il tossico/alcolista, ma anche per chi gli è vicino e lo ama.

Frey ha scritto un tipo di esperienza tremenda, brutta, dolorosa, e non poteva che raccontarla in modo tale che tutto questo dolore e questo marciume venissero fuori in modo esplicito. 
Cosa pensano, sentono, vogliono, come soffrono e fanno soffrire gli altri, delle persone che fanno uso di sostanze stupefacenti e di alcool?
Frey ce l'ha scritto e non c'è nulla di eroico né in lui né negli altri personaggi che gravitano attorno a James in Clinica, ciononostante è giusto ricordarli perché a modo loro, con tutte le fragilità, i tormenti, gli errori..., restano dei guerrieri che c'hanno provato: a combattere contro le proprie insane voglie, ad uscire dall'incubo in cui si sono (più o meno consapevolmente) infilati.

Una lettura adatta a chi si sente pronto a scendere, insieme al protagonista, nel suo personalissimo inferno e a conoscerne con feroce lucidità ogni demone, tormento, pensiero ed emozione.



nota → a proposito di quanto vero sia il racconto del proprio passato da alcolizzato e tossicomane, dopo che sul sito The Smoking Gun è emerso come molti dettagli riguardanti i presunti reati commessi da Frey (e descritti nel romanzo) non fossero veritieri, l'Autore ha ammesso di aver sì calcato un po' la mano e di aver aggiunto dettagli fittizi ad altri assolutamente personali e realmente vissuti, ma anche di non aver avuto mai l'intenzione di scrivere un libro totalmente autobiografico, quindi essendo lui un romanziere, è ovvio che ha mescolato finzione e realtà. 

lunedì 16 novembre 2020

Libri a tema - Le "donne di conforto"


Con il post di oggi, oltre a darvi il buongiorno e ad augurarvi un sereno inizio di settimana, desidero porre alla vostra attenzione un argomento delicatissimo e molto, molto triste e doloroso: le "donne di conforto".

La guerra - ogni guerra - porta con sé tante, troppe brutture, e se c'è una cosa che ci ricorda - se mai ce ne fosse bisogno - è quali bassezze è in grado di compiere l'essere umano verso i propri simili.

Chi erano le donne di conforto?
Erano donne e ragazze (parliamo anche di ragazzine di 12-13 anni) ridotte in schiavitù sessuale dall’esercito imperiale del Giappone, prima e durante la Seconda guerra mondiale, e comunque negli anni tra il 1932 e il 1945.

Queste povere vittime erano sottoposte a violenze e torture, umiliate e violentate anche 40 volte al giorno.

Perché siano state chiamate "comfort women" è intuibile, il che rende il tutto (se possibile) ancora più raccapricciante.

Il sistematico sfruttamento sessuale, fatto di stupri, torture e uccisioni, non ha soltanto rovinato la vita a quelle donne in quel periodo, ma anche successivamente: molte di esse si tolsero la vita e le sopravvissute hanno vissuto (e vivono) in povertà, isolate, oggetti di stigma e in pessime condizioni di salute fisica e mentale.

Quante donne furono coinvolte in questo miserabile sfruttamento?
Benché non tutti gli studiosi siano d'accordo, la stima si aggirerebbe dalle 50mila alle 200mila donne,  provenienti principalmente da Corea, Taiwan, Cina, Giappone e, in misura minore, da Filippine, Tailandia, Birmania e Indonesia.


I giapponesi hanno cercato di negare una connessione diretta tra il loro esercito, i rapimenti e gli stupri. 

Lo storico giapponese Ikuhiko Hata ha di recente pubblicato un libro in cui tratta la questione (Comfort women and sex in battle zone), sostenendo che le donne costrette a prostituirsi saranno state al massimo 40mila, perché in realtà la maggior parte delle prostitute era assolutamente consenziente, trattandosi  soprattutto di case gestite da «privati» e dunque non direttamente collegate all’esercito imperiale. 

Ma tali ipotesi sono state smentite da testimonianze, oltre che dall’ammissione stessa del governo giapponese. 
Le donne che hanno vissuto questa atrocità e che ancora sono in vita (parliamo ovviamente di anziane over 80) sono diventate oggetto di battaglia politica, e in Corea si radunano ancora, accanto a una statua (collocata di fronte all'ambasciata giapponese a Seul) che raffigura una ragazza, simbolo delle «donne di conforto».

Negli ultimi 30 anni, le sopravvissute spesse volte si sono rivolte ai tribunali giapponesi per ottenere giustizia ma hanno sempre perso.

Nel 2015, in seguito ad esplicita richiesta da parte di alcune sopravvissute coreane, il Giappone aveva riconosciuto sì la sua responsabilità, con la promessa anche di istituire un fondo da 1 miliardo di yen per assistere le donne, per poi però tirarsi indietro, sostenendo che la controversia era già stata risolta nel 1965, quando i due paesi aveva normalizzato i legami diplomatici e il Giappone aveva dato oltre 800 milioni di dollari alla Corea del Sud come indennizzo per tutti i crimini di guerra, incluse le ferite procurate alle donne di conforto.


Di seguito vi segnalo alcuni libri nel caso foste interessati all'argomento.

LE MALERBE di Keum Suk Gendry-Kim (Bao Publishing, trad. M. L. Emberti Gialloreti): è il dolorosissimo racconto, basato sulla testimonianza diretta di una sopravvissuta, del dramma delle comfort women. Questo libro si sofferma su un passato che spesso si è cercato di dimenticare o negare, ma che è importante conoscere e ricordare. 



Storia della nostra scomparsa di Lee Jing-Jing (Fazi Ed., trad. S. Tummolini).

Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia. Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l'unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini. 
Ma non sempre basta. Wang Di viene strappata all'abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi. 
Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l'identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l'abbandonerà mai. 
Sessant'anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell'ormai anziana Wang Di s'incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte. 
È lui l'unico testimone di quell'estremo, disperato grido d'aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini. 


La responsabilità legale degli Stati per le azioni passate: La situazione delle 'Donne di conforto' di Naoko Adachi (Ed. Sapienza).

Un certo numero di donne sono state schiavizzate sessualmente dall'esercito giapponese durante la seconda guerra mondiale ed erano conosciute come "donne di conforto". Si tratta di un atto illecito dello Stato giapponese del passato che ancora oggi attira l'attenzione internazionale. Al fine di superare il passato, tali azioni sbagliate dovrebbero essere considerate nel contesto della responsabilità legale dello Stato, processo importante per ottenere una giustizia adeguata nella comunità internazionale.






Figlie del mare di Mary Lynn Bracht (Ed. Nord,  trad. K. Bagnoli, 288 pp).

Corea, 1943. Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana ha un’amatissima sorella minore, Emi, 
con cui presto condividerà il lavoro in mare, a cercare conchiglie e molluschi da vendere al mercato. Ma i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare la sorella da un destino atroce, Hana viene catturata dai soldati giapponesi e deportata in Manciuria, dove verrà imprigionata in una casa chiusa gestita dall’esercito.
Corea del Sud, 2011. A  ottant’anni, Emi non ha ancora trovato pace: il sacrificio della sorella è un peso sul cuore che l’ha accompagnata tutta la vita. 
In Figlie del mare rivive un episodio che la Storia ha rimosso: una pagina terribile che si è consumata sulla pelle di intere generazioni di giovani donne coreane. E insieme vive la storia di due sorelle, il cui amore resiste e lotta nonostante gli orrori della guerra, la violenza degli uomini, il silenzio di oltre mezzo secolo finalmente rotto dal coraggio femminile.


LE FIGLIE DEL DRAGONE di William Andrews (Neri Pozza, trad. C. Brovelli, 304 pp).

Nata in Corea e adottata da una coppia di americani quando aveva solo cinque mesi, la ventenne Anna Carlson non ha mai avvertito il desiderio di cercare la donna che la ha messa al mondo. Ma dopo la morte di Susan, la sua madre adottiva, Anna sente la necessità di raggiungere la Corea per conoscere le sue origini.
Nell’orfanotrofio di Seoul in cui la giovane si reca per avere notizie del suo passato, tuttavia, la attende un’amara verità: sua madre è deceduta vent’anni prima, nel darla alla luce.
Pronta a ripartire senza le risposte che cercava, Anna viene avvicinata da un’anziana con i capelli grigi legati in una treccia, che le mette in mano un pacchettino. All’interno c’è un foglio con un indirizzo di Seoul, scritto in un corsivo elegante, e un pettine in cui è intagliato un drago con il dorso d’oro massiccio. Qual è il significato di un dono tanto prezioso?
Recandosi all’indirizzo scritto sul foglio, Anna non solo scoprirà che la donna, Hong Jae-hee, è la sua nonna materna, ma verrà a conoscenza della sua drammatica storia.
Una storia che ha inizio nel 1943, quando Hong Jae-hee e la sorella maggiore, Soo-hee, vengono reclutate dall’esercito giapponese per lavorare in una «casa di conforto», dove diventano ianfu, «donne di conforto», ovvero prostitute, schiave sessuali dei soldati giapponesi. Resistere all’orrore diventerà, per le due sorelle, l’unico modo per sopravvivere…
Affrontando un argomento quasi sconosciuto, la tragedia delle donne di conforto coreane al servizio dei soldati giapponesi, William Andrews racconta una struggente storia di dolore, coraggio e speranza.






Fonti consultate:

- https://lepersoneeladignita.corriere.it/2020/08/14/dopo-75-anni-le-donne-di-conforto-chiedono-ancora-giustizia-al-giappone/
- https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2016/02/lee-il-manifesto.pdf

sabato 14 novembre 2020

Recensione: LA CASA SULL'ARGINE di Daniela Raimondi

 


Due secoli di storia sono quelli che ci scorrono davanti leggendo le vicende della famiglia Casadio, in cui il peso delle superstizioni e delle credenze popolari si fa sentire puntualmente ad ogni generazione, portando con sé più amarezze che gioie, più disgrazie che belle notizie, tante nascite sì, ma anche tanti lutti. Ma la vita è fatta così, e poiché le avversità non mancano mai essa va presa come viene, non c'è da essere troppo tristi ("chi è triste nella vita continua a esserlo dopo la morte"): meglio alzare la testa e prenderla di petto perché "nella vita quello che conta è il coraggio!".


LA CASA SULL'ARGINE
di Daniela Raimondi



Editrice Nord
400 pp
I protagonisti di questa saga famigliare ambientata nel borgo di Stellata (Ferrara), situato a ridosso del fiume Po, sono i Casadio, una famiglia che, a partire dal 1800, mescola il proprio sangue con quello degli zingari: Giacomo sposa infatti Viollca, una zingara giunta in paese con una carovana in un giorno di pioggia.

Come conseguenza di questo matrimonio, i discendenti della famiglia si dividono in due ceppi: i sognatori dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, che raccolgono l'eredità di Giacomo, e i sensitivi, che hanno gli occhi e i capelli neri di Viollca, la veggente.

Conosciamo Dollaro, che sente le voci dei morti e parla con loro; Achille, assetato di conoscenza e amante della lettura; Edvige, bella e anticonformista, che combatte contro tutti e tutto per vivere il proprio amore romantico e appassionato, andando però incontro a tristi conseguenze.

Tra i Casadio spiccano personaggi femminili dalla tempra forte, come Neve,  miracolata dalla Madonna da piccolina, circondata sempre da api che le ronzano intorno, attirate da un inspiegabile aroma di zucchero, e che metterà al mondo un bel nugolo di bambini insieme al suo Radames; la bella Adele, sorella maggiore di Neve, che sposerà uno sconosciuto brasiliano, lascerà Stellata per raggiungere il marito in Brasile, divenendo una ricca proprietaria terriera; Donata, che aderisce con estrema convinzione alla rivoluzione proletaria, vivendo però un combattimento interiore per via dei propri intensi sentimenti per il giovane Stefano, assistente universitario dalle idee politiche decisamente opposte a quelle della ragazza.
E poi lei, la pittrice, Norma, l'artista che forse più di tutti i Casadio incarna ed esprime l'anima sognatrice della famiglia attraverso i suoi quadri meravigliosamente vividi.
 
Le vicende di questa gente semplice, attaccatissima al proprio paesello, alla terra, alle proprie abitudini, convinzioni e superstizioni, si susseguono di generazione in generazione, attraversando eventi storici importanti, quali l'Unità d'Italia e le avventure garibaldine, la prima e la seconda guerra mondiale, l'alluvione del Polesine nel 1951, passando ancora per gli anni di piombo, fino ad arrivare al 2013.

Che abbiano la testa immersa nei sogni e scrollino le spalle scettici dinanzi alle oscure profezie derivanti dalle carte e dalle leggende gitane trasmesse da nonna Viollca (attenzione a nutrire e a non ammazzare il serpente che c'è in ogni casa, perché dalla sua presenza dipende la fortuna o meno della famiglia che abita tra quelle mura) o che ci credano come se fosse la verità assoluta, i Casadio vivono tutti come sospesi tra il timore di un destino scritto nei tarocchi e raccontato in modo neanche troppo sibillino nei sogni, l'irrefrenabile desiderio di sfidare le carte e la pericolosa abitudine di inseguire passioni e sogni. 

«Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni e la nostra breve vita si completa in un sonno», scrive Shakespeare nell'opera teatrale "La tempesta" (citazione riportata dall'Autrice in apertura al prologo), e le vite di queste persone hanno la consistenza dei sogni, collocandosi in quella dimensione dove il reale e l'esperienza dei vivi sono incredibilmente vicini all'aldilà, al regno dei morti, ed infatti se c'è un filo rosso che unisce gli episodi narrati e i diversi Casadio che si avvicendano quali protagonisti, è questa connessione tra la vita e la morte, tra il passato, il presente e il futuro, tra chi c'è stato e non c'è fisicamente più, e chi viene dopo, che però conosce la storia dei genitori, dei nonni, dei prozii..., e riconosce come vitale e infrangibile il legame con essi, e ad onorarlo  e tenerlo vivo c'è la memoria, e attraverso il racconto di quel che è stato, delle "profezie" e dei sogni premonitori, delle scelte fatte - che siano state dettate dall'amore o dalla ribellione, dalla sete di giustizia o dalla volontà di cambiare il mondo, dalla ragione piuttosto che dall'istinto -, delle sconfitte e delle piccole conquiste, ogni membro della famiglia ritrova se stesso, le proprie origini...:

"Molti hanno gli occhi neri, la stessa espressione irrequieta nello sguardo; altri gli occhi chiari e lo sguardo inconfondibile dei sognatori. Ma in ognuno di loro vedo la stessa storia: una storia di terra. Mi sembra di scorgere ombre di terra sulla loro pelle; terra nei loro sguardi, polvere di campo nei capelli, sotto le unghie. E so che (...) me la porto dentro anch’io tutta quella terra, e lo stesso destino di questi sognatori sconfitti.".

Una saga famigliare che si lascia apprezzare - tanto più dagli amanti del genere -, scorrevole e con protagonisti interessanti, che vivono di volta in volta situazioni e dinamiche che personalmente ho seguito con un certo coinvolgimento; certo, ci sono stati personaggi e vicende che ho preferito (ad es. Adele in Brasile, o la storia di Donata) ad altri, ma nel complesso tutti hanno degli intrecci e degli sviluppi piacevoli da leggere.
Mi è piaciuta questa contrapposizione tra il "ramo dei sognatori" inguaribili, costantemente innamorati di qualcosa o qualcuno e con la testa tra le nuvole (caratteristica che porta con sè inevitabilmente qualche guaio)  e quello gitano, dei veggenti che credono nelle verità rivelate da tarocchi e sogni notturni.


"Ricordati che, se non li teniamo a freno, i sogni finiranno per portarci una tragedia peggiore di tutte le disgrazie che ci sono capitate. Lo ha visto nella carte quella nostra antenata, la zingara, e lei non si sbagliava mai".

"I Casadio avevano la follia nel sangue, e prima o poi quell’inseguire sogni impossibili li avrebbe portati alla rovina. Bisognava essere vigili, guardarsi dalle passioni sconsiderate, dagli innamoramenti folli."

Bello anche il borgo di Stellata, che è a tutti gli effetti un personaggio principale, spettatore costante di tutte le traversie di questa sua gente semplice, così profondamente legata alla propria terra, alla propria famiglia e alle proprie radici. 


"la casa non è un luogo, ma un sentimento, Qualcosa che custodiamo dentro di noi, che creiamo giorno dopo giorno con fatica e molta volontà".

Un bel romanzo; leggerlo è stato come sfogliare quei vecchi e impolverati album di famiglia, con numerose foto in bianco e nero, che ritraggono famigliari, molti dei quali magari non abbiamo conosciuto dal vivo, ma di cui abbiamo sentito parlare e con i quali sentiamo un forte e inevitabile legame di appartenenza.
L'epilogo è intriso di malinconia, di un'intensità struggente e poetica; anche se i personaggi che compaiono sono tanti non c'è da spaventarsi, anzitutto perché - come ho già scritto - i morti non se ne vanno per sempre, ma qualche capatina, a modo loro, la fanno sempre, e poi perché l'Autrice ha riportato, a fine libro, l'albero genealogico dei Casadio. Quindi, doveste chiedervi a un certo punto a chi è figlio Tizio, potete andare tranquillamente a controllare ^_-

venerdì 13 novembre 2020

Segnalazioni editoriali || LE VOCI DEL FARO di Laura Ferrari (thriller) - "Bella, fulgente e terribile" di Elizabeth Kingston

Cari lettori, torno qui sul blog - con la speranza di trovare il tempo, nel corso del week end, per scrivere e pubblicare la recensione dell'ultimo romanzo terminato (La casa sull'argine, di Daniela Raimondi) - per condividere con voi un paio di novità editoriali: un thriller e un romance storico.


LE VOCI DEL FARO di Laura Ferrari (Milena Edizioni, 176 pp).

Laura Marshall, fotoreporter del National Geographic di Londra, vola a Malta per fare visita all’amica Emma. 
Durante la cena di benvenuto, Laura viene a conoscenza della leggenda del faro di Gozo: nel 1961 una coppia di amanti si è suicidata gettandosi dalla scogliera. 
Poco dopo l’arrivo di Laura, il marito di Emma scompare nel nulla. 
È Philippe Oman, noto attore teatrale, di cui si perdono le tracce dopo uno spettacolo. 
Iniziano le ricerche capitanate dall’agente di polizia Morgan e Laura si sente in dovere di supportare le indagini. 
Spinta dal desiderio di raggiungere il faro per scattare fotografie, Marshall conoscerà il guardiano Bill e il frate del convento vicino e scoprirà i segreti legati alla leggenda e alla sparizione dell’attore




Bella, fulgente e terribile di Elizabeth Kingston (Quixote Ed., trad. S. L. Benatti, SERIE: Welsh Blades Book 2, PAGINE: 307, €3,99 (e-book), disponibile su Kindle Unlimited. DATA DI USCITA: 20 novembre 2020).

Il Galles è stato conquistato, ed Eluned ha perso tutto: la patria, il marito, le speranze. 
Tutto quello che rimane è la vendetta, e lei non si fermerà davanti a nulla pur di ottenerla. 
Certa che non rimanga alcuna traccia della fanciulla idealista che aveva amato Robert de Lascaux, una vita prima, accetta di sposarlo per migliorare le sorti del figlio, evitare il monastero e, cosa più importante, per avere una facile via d’accesso all’uomo la cui testa vendicherà il Galles.
Quando gli viene chiesto di sposare la donna che ama da diciotto anni, Robert non esita di certo. 
Ma la dama che incontra all’altare ha talmente poco in comune con la ragazza che adorava, che inizia a chiedersi se sia rimasto qualcosa della giovane audace e appassionata. 
Il matrimonio con lei potrebbe procurargli le fortune e lo status che la sua famiglia ha sempre voluto, ma per lui nessun ammontare di ricchezze ha mai avuto l’importanza di Eluned.
Intrappolati in una rete di intrighi, vendetta e desiderio, non possono scordare il passato; ma saranno in grado di condividere un futuro?
L’affascinante mondo del Galles medievale continua in questo avvincente romanzo legato a Uomini del Re.

L'autrice.
Elizabeth Kingston vive a Chicago, dove si diletta a scrivere romanzi storici, passare troppo tempo su Twitter, e mangiare la sua giusta dose di prodotti da forno. Lei spera sinceramente che al pubblico piaccia la sua scrittura, al punto tale da condividere con gli altri le sue storie. Adora leggere, lavorare a maglia e andare in bicicletta. Quella che vedete è lei al naturale, in pigiama, mentre beve qualcosa di caldo.

mercoledì 11 novembre 2020

Segnalazione - raccolta di poesie "Echi di Romanticismo” di Eleonora Zizzi



Cari lettori, questa sera desidero segnalarvi la nuova raccolta poetica della scrittrice Eleonora Zizzi, dal titolo  "Echi di Romanticismo”.


Echi di Romanticismo
di Eleonora Zizzi

Editore: CTL
94 pp
2020
La poetica di Eleonora Zizzi denota un tipo di necessità che diviene logos allorché si manifesta il bisogno di comunicazione scritta. 
Cólta, originale e innovativa, preziosa nei significati e costellata di belle ambientazioni la poesia della nostra svela una diversa maniera di porsi anche in relazione ad un nuovo modo di essere che conduce ad una maggiore coscienza del proprio sé. 
Un dialogo, questo, mirante alla costruzione di mondi veri, mondi capaci di creare e diffondere la meraviglia della Natura quale forma transitoria dell'Uomo e immagine visibile e immanente del divino. I motivi ispiratori, gli aspetti formali, i tratti tematici e le linee strutturali orientano la scelta antologica in direzione della completezza espressiva, sempre animata da quella tensione interiore che induce a soffermarsi sul tessuto letterario per lo più legato alla cultura underground senza, però, perdere di vista le forme codificate di poesia, prosa e teatro. 
Nei motivi cardine si scorge il continuo richiamo alle correnti letterarie e alle fonti di ispirazione spesso ravvisabili nel desiderio di poter realizzare una raccolta ben strutturata e in sintonia con la spontaneità artistica, immediatezza che determina l’orizzonte poetico e concorre a richiamare temi e motivi della cultura classica, del genere gotico e del movimento romantico.


L'autrice.
Eleonora Zizzi è nata a Pinerolo (TO) nel 1996. Inizia la sua attività di scrittrice a quindici anni sia con romanzi brevi, genere in cui si specializza, sia con la poesia, cui diventerà presto elemento nutritivo del suo blog. Pubblica il suo primo romanzo nell'ottobre 2015 dal titolo La morale di Venere. Partecipa al concorso "Mario Luzi"; nel 2016 e viene inserita nell'Enciclopedia della Poesia Italiana contemporanea con la nomina ufficiale di scrittrice. Nel 2018 le viene assegnato il Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea "Laura Capone Editore"; con la poesia L'amore è come un gioco. Dal 2017 rinnova completamente il format del suo blog, arricchendolo di nuove rubriche (storia, letteratura e cronaca) e collaborazioni. Ora si dedica alla stesura di nuovi romanzi, poesie e progetti editoriali. 


DISPONIBILE (al momento) su libreriauniversitaria.it,  Libroco,  Libraccio,  IBS, Librerie Coop, Feltrinelli e Mondadori.

Blog dell’autrice: https://storytellerseyewords.com/


lunedì 9 novembre 2020

Recensione: L'ULTIMA MOGLIE DI J.D. SALINGER di Enrico Deaglio



E se il celebre e, per certi versi, misterioso scrittore Jerome David Salinger - creatore del giovane Holden - divenisse oggetto di interesse di spie russe ed agenti federali, con tanto di coinvolgimento di Trump e Putin?


L'ULTIMA MOGLIE DI J.D. SALINGER
di Enrico Deaglio



Marsilio Ed.
120 pp
Con una penna brillante e ironica, Deaglio introduce il personaggio di John Taliabue, un docente di letteratura comparata alla New York University, che una mattina sente suonare insistentemente alla porta di casa: a dargli noia è Mark Simonetti, agente dell’Fbi, che si sente il tenente Colombo e che, con tanto di tesserino, comincia a fare un sacco di domande a Taliabue su Salinger (scrittore preferito del professore, da questi chiamato confidenzialmente "Jerry") e su una certa Olga Simoneova, presunta spia russa e ultima moglie dello scrittore.

Simonetti è convinto che la russa sia implicata in un crimine letterario su cui l'FBI sta indagando e che ruota attorno all'inspiegabile scomparsa di J.D. Salinger dalla vita pubblica e al fatto che questa donna misteriosa abbia sposato Salinger con l'obiettivo di microfilmare la sua ultratrentennale produzione letteraria.

Taliabue non nutre grandi simpatie per l'FBI ma, spinto da domande insistenti, non può non raccontare quel che sa...

Ne viene fuori una simpatica e vivacissima mini-biografia di Salinger, in cui l'Autore (nei panni del suo Taliabue) si lascia andare a riflessioni e analisi critiche de Il giovane Holden, soffermandosi sul titolo, che in lingua originale è "The catcher in the rye", intraducibile in altre lingue e che mette insieme baseball e campi di segale, rifacendosi a un verso di una poesia del poeta scozzese Robert Burns.

In queste pagine veniamo sollecitati a rivedere l'opera di Salinger e tutto quello che ruotava attorno ad essa: i problemi con la traduzione nelle varie lingue, cosa si potrebbe nascondere dietro la metafora del campo di segale, il "legame" tra il romanzo e l'assassinio di John Lennon, della giovane attrice Rebecca Schaeffer e soprattutto la malinconica figura di Leah.

Leah è un personaggio che compare nel racconto autobiografico"A Girl I knew" (1948, comparso su una rivista per casalinghe e poi ritirato dal mercato per volere di Jerry) e molto probabilmente Salinger ha conosciuto davvero questa ragazza ebrea viennese, morta in un campo di concentramento.

Ripercorriamo, seppur brevemente, la partecipazione di Salinger al secondo conflitto bellico e il suo essere tra i primi ad entrare in un campo di sterminio dopo la guerra, testimoniando così le crudeltà compiute dai nazisti.

Forse fu proprio il trauma psicologico - da cui non si riprese mai completamente - riportato dopo quella terribile esperienza a indurlo ad isolarsi?
Sì perché, in barba al grandissimo successo ottenuto grazie al suo Holden Caulfield (1951), cosa fa? Si ritira a vita privata (e blindata) in una casa di campagna a Cornish...

Questa pubblicazione è davvero molto breve e si legge in un niente; è per lo più finzione, ovviamente, eppure inserisce diversi e interessanti elementi reali dell'esistenza del celebre scrittore, così da catturare l'attenzione del lettore. Ecco, se ci fosse stato un maggiore approfondimento su questi aspetti veri e sul personaggio di Leah, l'avrei apprezzato ancora di più.
Godibile.


sabato 7 novembre 2020

Recensione: UNA NOTA NEL CUORE (prequel) - "Marta e Joseph" - di Ilaria Mossa

 

Joseph e Marta sono due adolescenti sulla soglia dell'età adulta: si conoscono, si frequentano e sentono nascere e crescere, di giorno in giorno, un sentimento puro e forte che regala loro emozioni intense, perchè l'amore che provano è travolgente, dà tanto ma pretende altrettanto, e la sua fiamma è destinata ad ardere nel loro cuore anche in mezzo alle prove e agli ostacoli che il destino porrà sul loro cammino.


UNA NOTA NEL CUORE (prequel) - "Marta e Joseph" - 
di Ilaria Mossa


246 pp
Joseph ha diciassette anni ed è un ragazzo molto timido, imbranato, goffo, insicuro; soprattutto quando si tratta di ragazze, diventa assolutamente incapace di fare il primo passo e di "provarci", come normalmente accade alla sua età. A nulla servono gli incoraggiamenti ironici e scherzosi del suo amico del cuore, Shawn, ed infatti, davanti alla ragazza di cui è segretamente invaghito, Joseph non sa che fare, non ha il coraggio di avvicinarla e dichiararsi perchè teme di fare una figuraccia: Marta è così bella, corteggiatissima, sicura di sé..., come potrebbe mai rivolgere uno sguardo a un tipo invisibile e anonimo come lui?
A complicare le cose contribuisce suo fratello maggiore, Stephan, che è il suo esatto opposto: arrogante, presuntuoso, strafottente, ma anche sexy e sfacciato; insomma, uno di quei ragazzi che ci sa fare con le donne, che sa sedurle e, soprattutto, abbandonarle dopo essersi divertito.

Quando scopre che Stephan - con cui non va assolutamente d'accordo, anzi questi sembra quasi odiarlo e non perde occasione per maltrattarlo e prenderlo in giro, manifestando aperta ostilità e disprezzo verso il fratello minore - e Marta si conoscono e che lui sembra volerci provare per soffiargliela sotto il naso,  Joseph sente di non avere alcuna possibilità di conquistare la ragazza, ma dovrà ricredersi.
Marta è una ragazza sensibile e si rende conto di quanto Stephan sia vuoto, supponente e convinto di essere irresistibile, e si scopre irresistibilmente attratta da Joseph, così dolce, riservato, maldestro e palesemente cotto di lei.
Inoltre, i due sono accomunati dal loro grande talento nella musica, per coltivare il quale frequentano una scuola  di musica, la Moz-Art, con la speranza di poter vivere della loro passione, perchè la musica è  per entrambi qualcosa di fondamentale, grazie alla quale si sentono liberi di essere ed esprimere loro stessi.

Abbattere la corazza di timidezza di Joseph non è semplice, perché lui è così schivo e pauroso da non riuscire, all'inizio, neppure a sostenere lo sguardo incuriosito e divertito di Marta, che si sente inspiegabilmente attratta da quel ragazzo dagli occhi dolci, che sa ascoltarla, farla sentire importante e che saprà aprire una breccia nel suo cuore.

Come accade in ogni storia d'amore, non sempre tutto fila liscio come l'olio e tra i due non mancheranno piccole incomprensioni, gelosie, cose non dette, ma anche tantissimi momenti di felicità e tenerezza, grazie ai quali il loro sentimento ne uscirà rafforzato.

Entrambi hanno situazioni famigliari complicate, che spesso generano malumori, amarezze: Joseph proviene da una famiglia semplice, non ricca; i suoi genitori fanno sacrifici per tirar su i due figli e non far loro mancar nulla, ma i problemi economici non mancano; inoltre, sembra che in casa Joseph sia il "cocco" di mamma e papà, e questa cosa dà enormemente fastidio al primogenito, Stephan, tanto da incrinare il rapporto tra i due fratelli...
Dal canto suo, Marta è figlia di due genitori benestanti, distinti e colti, i quali riversano sulla loro unica figlia ambizioni e aspettative, spesso col rischio di non tener conto dei reali bisogni e sogni della ragazza; in particolar modo, è con la madre - una donna rigida, altera, fredda e determinata a controllare ogni aspetto della vita di Marta e a pianificare il suo futuro - che scoccano le scintille e i litigi.

Quando poi la mamma di Marta apprende che tra lei e Joseph c'è del tenero, non prende affatto bene la notizia: per sua figlia ci vuole un ragazzo all'altezza, non un tipo insicuro e povero, senza arte né parte!

Insomma, i problemi e gli ostacoli ci saranno: riusciranno i due innamorati a trovare, nell'amore che li unisce, la forza per risolverli e superarli? Il loro amore per la musica continuerà ad essere un collante o il desiderio (legittimo) di inseguire ambizioni e sogni potrebbe addirittura dividerli?

La storia di Marta e Joseph è il prequel di quella tra Robert e Rosemary, narrata in "Una nota nel cuore - Rose e Robert", per cui, proseguendo nella lettura, arriveremo a capire quali legami uniscono questi quattro protagonisti e come si sono create determinate dinamiche.

Ho ritrovato la scrittura molto delicata e piacevole di Ilaria Mossa; il romanzo è ben scritto, si legge davvero con molta scorrevolezza, grazie ai tanti dialoghi e al cambio di punto di vista narrativo, infatti le "voci" ora di Marta, ora di Joseph si alternano di capitolo in capitolo, e questo permette al lettore di potersi immedesimare con entrambi.
L'autrice, come del resto anche nel precedente libro, dà molto spazio ai sentimenti, ai pensieri e ai piccoli grandi tormenti dei suoi giovani protagonisti; la storia d'amore, che è il fulcro della narrazione e che si staglia sullo sfondo della passione per la musica, è tenera e romantica; Joseph è un personaggio che suscita simpatia proprio per il suo carattere chiuso, insicuro, dietro il quale si cela una grande dolcezza e una capacità d'amare senza riserve.
Marta a primo impatto potrebbe sembrare più "leggera", ma le scelte razionali (che siano più o meno condivisibili, agli occhi di ciascun lettore) che farà riveleranno una personalità tutt'altro che superficiale.

L'autrice, nel giungere alle ultime battute, ci apre il velo su cosa ne è stato dei protagonisti diciotto anni dopo: l'amore sarà stato il vincitore indiscusso?
Per scoprirlo, non vi resta che leggere questo libro, che consiglio in special modo a quanti hanno voglia di tuffarsi in una lettura molto romantica.



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