giovedì 23 febbraio 2023

[ RECENSIONE ] MANOLA di Margaret Mazzantini



Due sorelle, due gemelle eterozigoti, diverse, anzi opposte, sotto ogni aspetto: splendente l'una, cupa l'altra; là dove una è bella e formosa, l'altra è brutta, di una magrezza malata e decorata da un repellente tripudio di peli che ricoprono il corpo sgraziato come una foresta cresciuta senza possibilità di ceretta; se Anemone è sfacciata, vivace, senza pudore, Ortensia è triste, affetta da senescenza precoce, grigia, ingrugnita.
Queste sorelle paiono, messe insieme, un singolare scherzo della natura, come un grande scherzo sono i racconti che esse fanno delle loro esistenze, personalità, manie, paure, desideri.
La vita stessa sembra giocare con loro e, alla fine, in un certo senso si prende gioco di loro rovesciandone i ruoli.


MANOLA 
di Margaret Mazzantini


Ed. Mondadori
252 pp
Manola non nasce come un romanzo, bensì come una pièce teatrale, che vede la stessa scrittrice nel ruolo di interprete (nel 1995).
È un libro particolare, volutamente "strano" e strambo nei toni, nel linguaggio, perché tali sono le due protagoniste, Anemone e Ortensia, e il mondo e il modo in cui esse vivono.

Come dicevo nell'introduzione, sono due donne agli antipodi: splendente e colorata Anemone, nera e ombrosa Ortensia.
Sono cresciute nell'albergo dei propri genitori, abituate a un viavai di uomini e donne di tutti i tipi; sono cresciute un po' come due selvagge, lasciate a sé stesse e con due genitori altrettanto singolari e bizzarri.

E Manola? Chi è?

"Ma lei, Manola, esattamente cos'è? Una prana, una sensitiva, una teosofa, un'antroposofa, un'alienista?"

Manola non è, a ben guardare, un vero e proprio personaggio, nel senso che, pur essendo colei alla quale entrambe le ragazze si rivolgono (per raccontarsi), non la vediamo né parlare, né agire e interagire, ma è tra le pagine solo per accogliere, muta e invisibile, le confidenze, gli sfoghi. C'è ma non c'è, insomma.

Le due sorelle pensano ciascuna che l'altra sia "sbagliata", che non abbia tutte le rotelle al posto giusto; se per Orty, Any è un essere superficiale, cui la vita e la perfida madre natura ha donato tutto, "una sorta di uccello del paradiso, un goffo impiastro variopinto, eppure non conosce la levità aerea dei volatili, ha il passo terrestre di un trattore a cingoli", quest'ultima ritiene che sua sorella non abbia alcun senso della realtà, delle proporzioni: 

"È brutto, Manola, non riuscire a guardarsi nella giusta dimensione. È una vera e v propria malattia, la malattia dello sconfinamento. Se e 'è una cosa che bisogna avere bene in testa nella  vita sono i confini, poi, per il resto, fai come ti pare. Io sono per la libertà vigilata. Ma mia sorella è una tale zuccona di fosso. Io vorrei aprirgliela, la zucca, dico, per vedere cosa c'è dentro." 

Insomma, per la coloratissima Anemone, l'infelice gemella è un ammasso di peli sotto cui convivono tante, troppe manie e fissazioni: Ortensia è incapace di vivere, è inadeguata, una bruttona con la vocazione per il martirio, o meglio per l'ostentazione dello stesso, della sofferenza, del dramma.

A sentirle parlare (e sparlare) l'una dell'altra, può sembrare che si odino, ma non è esattamente così: a modo loro, come tutte le sorelle (e le gemelle ancor di più) si vogliono bene e sono l'una lo specchio dell'altra.

Entrambe imperfette ("Sono le imperfezioni che ci caratterizzano"), bisognose di amore, attenzioni, forse per questo, a un certo punto, si innamorano dello stesso uomo, Poldo.

Ecco, Poldo.
Che personaggio assurdo, repellente e comico allo stesso tempo.
Potrebbe sembrare un uomo ma boh..., non è detto che lo sia davvero.
È probabilmente il più grottesco dei personaggi (già tutti irrealistici) che ruotano attorno alle gemelle, e a lui si affiancano altri tipi incredibili, dal tacchino Grogo al medico serbo, alla psicanalista freudiana Lucianella (matta come un cavallo, se non di più).

Non c'è una trama ordinata e con un filo logico in quanto il libro si pone come una lunga doppia confessione, per cui le due donne si raccontano partendo dal passato, dall'infanzia in albergo, ci parlano dei loro genitori e di loro stesse e di come ciascuna vede l'altra, di come concepiscono la vita, delle avventure sessuali di ogni tipo di Anemone e delle mille fobie di Ortensia, dell'autostima della prima - carina, boccolosa, guardata con lascivia dagli uomini - e della consapevolezza di Orty di essere quella brutta, che tutti scacciano schifati...,fino a quando nella sua vita non arriva Poldo, appunto.

Poldo: grasso oltre ogni lardosità possibile, viscido, fissato con l'autoerotismo e soprattutto col cibo: mangia tutto e, se non stai attento, se magna pure a te.

Il ritratto spassoso e divertente di questo soggetto - che non può esistere davvero perchè è ... troppo, decisamente troppo!! sotto ogni aspetto - ce lo dà la sarcastica Anemone, che non riesce a comprendere come a quell'acciughina tutta preghierine e occhi al cielo di sua sorella, possa piacere quell'ammasso rivoltante di ciccia.

"Lui si chiama Poldo. Non ho mai visto niente di simile. Lui è la "Cosa", un oggetto molle e immondo, che si spande ovunque. Sono letteralmente sgomenta. No, non credo che sia di questa terra; credo, piuttosto, che sia stato espulso in corsa da un disco volante, in transito nella nostra atmosfera. Poldo è il classico abominio che neanche gli ET vogliono tenersi. Non so come spiegarle. Ha presente trecentocinquanta chili di trippa fetida montati su centoquaranta centimetri d'altezza? (...)
Mangia tutto, Manola, macina tutto! Ortensia mi ha spiegato che il trippone si vorrebbe mangiare la madre, ma siccome non può s'innervosisce e deve ruminare giorno e notte."


Comunque, nella vita ci vuole fortuna e questo Poldo - che nulla di attraente possiede, dal fisico abnorme alle sue ipocrite velleità da pseudointellettuale dei poveri sfigati - a un certo punto diventa il principe azzurro delle gemelle, l'oggetto erotico, il sogno proibito di Anemone e Ortensia.

Come andrà a finire: se lo divideranno? Si batteranno con le unghie e coi denti per averlo ognuna tutta per sé?

Beh, a dirla tutta, il nocciolo del libro non è Poldo con la sua carica erotica, ma sono le nostre gemelline e la loro affannata ricerca di un proprio posticino in questo mondo, il loro bisogno di amore, approvazione, di trovare un senso da dare alla propria esistenza, chiusa tra le mura di quell'albergo.

In questo libro, la Mazzantini affronta tanti temi in modo apparentemente leggero e "folle", con l'intelligenza e l'ironia che le appartengono e che spingono ad andare oltre la superficie, a scavare, a sviscerare, grazie anche all'uso di termini insoliti e stravaganti, con una forte valenza onomatopeica, e di espressioni e descrizioni che evocano nel lettore precise sensazioni (disgusto, stupore, ilarità...): c'è l’universo femminile con tutto ciò che lo compone, la sessualità, l'amore senza inibizioni, il rapporto con il cibo, i legami coi genitori (e tra madre e padre), quello tra sorelle, la psicanalisi e Freud, il desiderio di emancipazione e il bisogno di legarsi a qualcuno (fino a dipenderne) pur di sentirsi parte di qualcosa, le fobie, pure il comunismo e le mode culturali. 

Un minestrone, penserete.
Eh, un po' sì (non ditelo troppo forte chè c'è il rischio che se lo mangi Poldo!), ma con un suo senso, che è da ricercare nell'autoironia e nella capacità della Mazzantini di descriverci personaggi femminili sopra le righe, visti sempre da dentro, mentre sono impegnati a pensare, mangiare, andare al bagno, fare sesso, piangere, disperarsi..., a vivere, in pratica.

In Manola troviamo una scrittura potente dal punto di vista della capacità e dell'efficacia comunicativa, che alterna l'uso di un linguaggio volutamente ricercato (sono presenti molti vocaboli non di uso comune, quotidiano) a uno molto informale, con termini gergali, spesso utilizzati nella loro forma alterata (zerbinaccia, gozzaccio, fazzolettuccio, acchiappaticcio, ecc...), dialettali, parole ed espressioni che di proposito sconfinano nello scurrile, soprattutto nel loro riferimento alla sessualità, 
raccontata in modo insolente, sfacciato, ma anche giocoso e comico.
Credo che questo aspetto dello stile narrativo della Mazzantini sia, del resto, più che noto a quanti abbiano letto almeno un suo libro: non ha peli sulla lingua, se deve essere esplicita e "sfrontata" lo è, e lo sono anche i suoi, spesso eccessivi e originali, personaggi.

Consigliato? Bah, ad essere onesta, non posso dire che lo consiglio a tutti, perchè il modo di scrivere della mia adoratissima Margy non è da mezze misure: o lo si odia o lo si ama; è fin troppo diretto ed esplicito, senza dubbio efficace nel tratteggiare in modo molto vivido i personaggi e il loro vissuto ma, proprio per questo, può infastidire, "urtare"; mentre leggevo, soprattutto all'inizio, mi son ritrovata spesso a pensare: "Ma che vuoi raccontare? Davvero dovrei seguire le folli psico-confessioni di queste due sorelle matte e sorbirmi le loro sciagure, le manie, i vaneggiamenti, la loro malata e anomala sessualità ecc...? Dove vuoi arrivare con questo minestrone condito con una maionese impazzita?".

Ma non potevo lasciare un libro di Margaret a metà; aspetto e spero che si decida a pubblicare qualcosa di nuovo e poi che faccio?, abbandono Anemone e Ortensia così, senza pensarci due volte? 
E no, non potevo.
Tra l'altro, le due mi hanno lasciata nel dubbio: ma sono realmente due sorelle... o è una donna sola ma con qualche problemino di bipolarità?? Due facce della stessa medaglia? Le contraddizioni e le mille sfaccettature che formano la nostra personalità? Luce e tenebre, bianco e nero, timidezza e sfacciataggine, dipendenza affettiva ed emancipazione... e potrei continuare.

Insomma, cari lettori, con Margaret è difficile che la lettura assomigli a una dolce carezza sul viso: è più simile a una risata sguaiata, a un trippone che continua a mangiare a sbafo senza fermarsi, a un tacchino psicopatico. È come una seduta di brainstorming, una chiacchierata con lo psicanalista muto e senza lettino.
Effetto shaker assicurato.




ALTRI LIBRI DI MARGARET MAZZANTINI RECENSITI SUL BLOG

lunedì 20 febbraio 2023

Una storia di bullismo e vendetta - THE GLORY [ serie tv ]




Da quando ho visto SQUID GAME, sono entrata leggermente in trip per i drama coreani; in particolare, ad attrarmi sono le storie in cui emergono con forza determinate tematiche sociali, che sia il divario socio-economico tra i (molto) ricchi e i (molto) poveri, la violenza perpetrata da parte dei minori e la questione della loro colpevolezza secondo il codice penale coreano, il bullismo.

Dopo aver apprezzato il film PARASITE e la serie LA GIUDICE, eccomi con un'altra serie tv recente e, anzi, ancora in produzione (è in arrivo la seconda stagione): The Glory,  trasmessa dal 2022 in Corea del Sud, con Song Hye-kyo, Lim Ji-yeon, Lee Do-Hyun.
La prima stagione consta di 8 episodi.

Tutto ruota attorno alla vendetta.
Moon Dong-eun è una giovane donna che è da poco stata assunta come insegnante in una scuola elementare privata, incarico scelto non a caso ma con un preciso intento: avvicinarsi ad una delle sue piccole alunne e, attraverso di essa, vendicarsi della madre, Yeon-jin.
Yeon-jin è stata una compagna di liceo di Dong-eun ma purtroppo tra le due non c'è stato assolutamente un buon rapporto, tutt'altro: Yeon-jin era la capobanda di un gruppetto di amici che hanno commesso atti di bullismo che personalmente mi hanno impressionata per l'inimmaginabile crudeltà.

Non si trattava "semplicemente" (e sia chiaro, lo dico tra mille virgolette, perché il bullismo è da condannare in ogni sua forma per il solo fatto che si tratta di abusi, soprusi, cattiverie ecc... che generano sofferenza in chi le subisce, quindi lungi da me fare classifiche circa la gravità di queste azioni deprecabili) di prese in giro, scherzetti sgradevoli, colla sulla sedia o trucioli di matita nel borsellino.
No, qui parliamo di veri e propri atti di tortura, di violenza fisica e psicologica da parte di questo gruppetto di giovanissimi criminali (perché questo erano: dei criminali impuniti) che prendeva di mira compagne più deboli, magari più timide, docili di carattere, e soprattutto indifese e povere, per bersagliarle nei modi peggiori, con un tale livello di sadismo, di malvagità da fare invidia ai killer più cinici e crudeli.

Dong-eun ha passato l'inferno per mano di questi cinque ragazzacci (due maschi e tre femmine), ha versato fiumi di lacrime di disperazione e dolore e, ad aggiungersi a questa sofferenza, c'era l'oscena indifferenza del mondo degli adulti.

Fatta eccezione per l'infermiera scolastica, non c'è nessun adulto che, venendo a sapere di questa incresciosa situazione, prenda seri provvedimenti.
Anche quando Dong-eun trova il coraggio per denunciare i suoi carnefici, essi vengono convocati in polizia ma tutto finisce sempre a "tarallucci e vino": quasi tutti i ragazzi provengono da famiglie molto ricche ed influenti (solo una di loro no, ma è talmente schiava del gruppo che, avendo paura di diventare anch'ella vittima dei bulli, finisce per cercare di imitarli e divenire carnefice pure lei, seppur in misura minore e, comunque, come "gregaria passiva") e basta un gesto da parte dei genitori (che tra l'altro sono indifferenti alle condotte criminali dei figli, al massimo li rimproverano per essersi fatti "sgamare"), che sia la promessa di tener sotto controllo i loro vivaci ragazzi o pagare perché la storia non venga fuori, a stendere un velo su ciò che accade a scuola.
Come dicevo, Dong-eun è invece povera, vive una disastrosa situazione famigliare, con una madre disagiata che se ne infischia altamente delle enormi difficoltà che la figlia adolescente subisce quotidianamente a scuola.

Insomma, tutto quel grande dolore, vissuto in solitudine, versando lacrime che mai nessuno ha asciugato, si trasforma, negli anni, in un odio profondo, in una rabbia e in un risentimento incontenibili da cui ha origine un feroce desiderio di vendetta, che per lunghi 17 anni occuperà la mente di Dong-eun fino a diventare un piano diabolico, architettato in ogni suo aspetto e vòlto, finalmente, a farla pagare a quei cinque che l'hanno letteralmente perseguitata e rovinato l'adolescenza, influenzando (in negativo) la sua esistenza.
Sì, perché un tale quantitativo di cattiveria gratuita e violenta non può non cambiare chi la subisce per diverso tempo, incapace di difendersi in quanto solo e privo di supporto e "strumenti".
Dong-eun odia Yeon-jin (lei su tutti perché era la mente e la leader) e i suoi maledetti amici, di un odio profondo, viscerale, e desidera vendicarsi facendoli soffrire, colpendoli lì dove sono più fragili.
Occhio per occhio, dente per dente.

Quando conosciamo la protagonista, è già adulta e insegnante; come anticipato, ha proposto la propria candidatura in una scuola specifica, per essere la maestra della piccola e innocente Ye-sol, figlia unica di Yeon-jin e suo marito Sung-il.

Cos'ha in mente Dong-eun? In che modo si servirà di una bimba senza colpe (come lo era lei, del resto, no?) per far del male alla sua principale aguzzina?

Per vendicarsi dei criminali-bulli dei tempi delle superiori, Dong-eun si è preparata per anni, alimentando il fuoco dell'odio, del rancore, della rabbia: lei sa cosa essi fanno attualmente, dove vivono, ne conosce i vizi, le debolezze, i segreti...: quale piano ha ideato per distruggerli? 

La sua è una tela davvero diabolica, precisa, attenta ai dettagli, in cui non agirà da sola: ad aiutarla (consapevolmente) ci saranno una signora (vittima di ripetute violenze domestiche da parte del marito) e un giovane chirurgo plastico, Ju Yeo-jeong (che si prende una cotta per Dong-eun).

Questo giovanotto educato e gentile insegna a Dong-eun un gioco da tavola (in cui si usano un tabellone, su cui è disegnato un reticolato, e un tot numero di pietre [pedine], nere e bianche) chiamato Go e che ha un ruolo predominante nella narrazione, per due ordini di ragioni.
Dal punto di vista metaforico, i meccanismo di gioco e lo scopo del Go ben riflettono quello che è il progetto vendicativo della donna: a vincere è il giocatore che riesce a circondare le pietre degli avversari con le proprie, occupandone i "territori". 
Ed è proprio quello che Dong-eun vuole fare con Yeon-jin: circondarla da tutte le parti, prendersi la sua vita, lasciarla priva di tutto.
Ovviamente anche gli altri quattro sono presi di  mira, tanto più che i cinque sono ancora tutti amici e si frequentano regolarmente.

L'altra ragione è più pratica e ha comunque a che fare con Yeon-jin: arrivare a lei tramite suo marito, che è appassionato di Go.

La trama si snoda sul doppio livello temporale: il passato - che ci racconta le torture dei bulli a danno della povera Dong-eun - e il presente, in cui la seguiamo nella sua vendetta.
Dong-eun non gioca "di nascosto", nel senso che palesa le proprie intenzioni ai diretti interessati, che ovviamente sono presi in contropiede: dov'è finita quella loro compagnuccia sciocca, debole, passiva, che si faceva fare di tutto, che li supplicava inutilmente di non farle del male...? Adesso si è vestita di coraggio: è un bluff o è davvero cambiata? E come può costituire una minaccia per ciascuno di loro?

Mentre Dong-eun organizza, osserva, segue e fa seguire, persuade, "mercanteggia", ricatta..., osserviamo come i rapporti di "potere" tra i cinque "amici" siano gli stessi di quand'erano adolescenti: c'è sempre la stessa leader, i membri più forti, prepotenti, aggressivi sono sempre gli stessi, e questo vale pure per i componenti più deboli, trattati a "pezza da piedi".

Intelligentemente, Dong-eun parte da questi ultimi, manipolandoli, consapevole di come il suo ritorno in mezzo a quel gruppo di bulli li destabilizzi e di come sia importante creare scompiglio, insinuare dubbi, sospetti.

Ora non è più la ragazzina impaurita e sola che essi maltrattavano come volevano: adesso è una donna sicura di sè (o almeno è ciò che vuol mostrare, ma la sofferenza emotiva c'è sempre, così come restano i segni sul suo corpo umiliato) che non permetterà più a nessuno di schiacciare.

"The Glory" è una serie tv drammatica con sfumature thriller che regala momenti di suspense, piccoli colpi di scena, tiene alta l'attenzione e la tensione emotiva; si empatizza molto con la protagonista adolescente e devo dire che personalmente ho quasi "sofferto" nel vedere gli atti di bullismo criminale; ecco, da questo punto di vista, la visione è un pugno nello stomaco e forse gli spettatori troppo sensibili potrebbero non amare tali esplosioni di violenza perversa, compiuta per di più da dei liceali.

Crudo ed esplicito nel linguaggio, con non poche scene forti, in "The Glory" vediamo agire tanto personaggi traumatizzati, cambiati dalle esperienze dolorose, quanto altri odiosi, privi di morale, di coscienza, incapaci di provare rimorso, di chiedere sinceramente perdono; ci sono i poverissimi, che devono sudare per ogni soldo guadagnato, che devono ingoiare bocconi amari per poter lavorare, con la speranza di realizzare qualche piccolo progetto di vita; e, per contro, ci sono i figli di papà, i viziati che hanno tutto senza aver alzato un dito, che vanno in chiesa ostentando una pietas che non posseggono, che possono spendere ingenti somme di danaro anche solo per un paio di scarpe.

Ho guardato le otto puntate in pochissimo tempo perché ti vien voglia di proseguire per capire come agirà la protagonista, anche se ovviamente il finale è aperto in quanto, come anticipavo, è in arrivo la seconda stagione (a marzo?).

Ammetto che, fino alla fine, ho avuto non pochi problemi ad associare i nomi ai volti, ma vabbè :-D

La consiglio, è appassionante, ideale per chi ama i k-drama, le tematiche sociali e il modo di affrontarle, con uno stile spietato e feroce.


domenica 19 febbraio 2023

\\\ RECENSIONE /// UNA DONNA IN FUGA di Linda Castillo



La tranquilla vita in fattoria di una bella famigliola Amish viene travolta dall'incontro con una donna ferita e bisognosa di cure; è una poliziotta e sta fuggendo da qualcosa o da qualcuno che vuol farle del male.
Complice anche una fortissima nevicata, la donna non può che accettare l'accoglienza del capofamiglia e chiedere aiuto all'unica persona in grado di tirarla fuori dai guai: la vecchia amica e poliziotta Kate Burkholder.


UNA DONNA IN FUGA
di Linda Castillo



Ed. Piemme
trad. R. Salerno
315 pp
Painters Mill è una piccola e sonnacchiosa cittadina dell'Ohio dove dimorano molte famiglie Amish, tutti conoscono tutti ed è ancora possibile vivere un'esistenza placida, contrassegnata da un'ordinarietà che rende tranquilli e sereni.

Certo, i dolori e le tribolazioni non mancano e lo sa bene il giovane Amish Adam Lengacher, padre di tre bambini ancora piuttosto piccoli e vedovo da non molto tempo (la sua giovane moglie è morta dando alla luce il quarto figlio, deceduto anch'esso).
Ma la fede è un gran conforto e Adam sa che il buon Dio, che tutto conosce e a cui nulla sfugge, veglia su di lui e sulla sua famiglia; a un devoto fedele quale egli è spetta il compito di obbedire ai Suoi comandamenti e vivere una vita santa, in linea con i principi di fede Amish.
Perciò, quando questo padre di famiglia -  uscito nei boschi per un giro in slitta con i figli - trova un'auto finita fuoristrada nella bufera della notte prima e, non lontano, immersa nella neve, una donna - non ci pensa un secondo ad accorrere per dare aiuto.
La donna è ferita e sul punto di morire assiderata, ma ancora abbastanza lucida, tanto da puntare una pistola in faccia a quell'uomo che le sta offrendo il proprio aiuto. 

Debole e sanguinante, la donna non riesce ad opporre resistenza quando l'Amish la prende e la porta con il carretto a casa propria. L'uomo non sa chi sia costei, potrebbe essere pericolosa e creare problemi a lui, che ha dei bimbi da proteggere, ma la fede in Dio gli impone di prestare soccorso a chi è in difficoltà, offrendo ospitalità e rifugio. 

Fortunatamente, a dargli una mano ci pensa una vecchia conoscenza, una ex-Amish che ha "ripudiato" la propria comunità per uscirne e fare la propria vita "nel mondo": Kate Burkholder.

Kate è il capo della polizia di Painters Mill e ha vissuto parte della propria adolescenza in una comunità Amish; di quel passato ha molti ricordi (purtroppo non tutti piacevoli), che riaffiorano spesso nonostante siano passati non pochi anni da quando abbandonò la comunità; benché ormai non sia più una Amish, dentro di sé si sente legata a quel mondo scandito da una vita semplice, all'insegna della fede e di sentimenti buoni, rassicuranti, e a volte le manca.

Quando Adam la chiama perché lo raggiunga nella propria fattoria, Kate riassapora il tepore di un'esistenza nota e ormai distante, che ancora le smuove qualcosa; ma non c'è spazio né tempo per i sentimentalismi: in casa Lengacher sta accadendo qualcosa che stride con la pace che regna solitamente tra quelle mura.
E quel qualcosa ha un nome che spunta dal passato della stessa Kate: Gina Colarosa.
La donna ferita e soccorsa è lei, Gina, l'ex-compagna di scuola di Kate e anche ex amica, perché le due - entrambe in polizia - hanno avuto, da ragazze, un rapporto molto stretto, che però poi si è spezzato.
Ciascuna, negli anni, ha preso la propria strada e Kate, in particolare, ha lasciato perdere Gina dopo aver appurato come ella avesse scelto di accompagnarsi a poliziotti corrotti e senza scrupoli, finendo per compiere anche lei azioni illecite che, se rese note, avrebbero creato non poco scandalo in polizia.

Decidendo di tacere per non danneggiarla, Kate ha preferito tagliare ogni ponte con Gina... fino a quel giorno, in cui la rivede, dolorante e sfatta, sul letto di una camera della famiglia Lengacher.

Cosa l'è successo? Chi le ha sparato e perché? Gina si è forse cacciata nei guai, come suo solito? Se ne ha combinata un'altra delle sue, forse è ricercata dalla polizia stessa? E se si è messa in un brutto giro e ad inseguirla fossero dei criminali?
Se c'è una cosa che Kate non può permettere è che vengano coinvolti degli innocenti, ed è ciò che purtroppo potrebbe accadere, visto che si trova in casa di un Amish, con figli piccoli al seguito.

Parlando con Gina emerge pian piano la verità (la sua, quantomeno): qualcuno la vuole incastrare e, molto probabilmente, farla fuori in quanto testimone scomoda.

Testimone di cosa? La risposta è presto detta e risiede nel motivo per cui la stessa Kate, tempo addietro, si allontanò da Gina: il concreto rischio di mettersi in combutta con certi poliziotti i quali, avendo scelto la via dei soldi facili e arraffati con mezzi illegali, disonorano il distintivo che portano. Gina sa e ha visto troppe cose che non avrebbe dovuto vedere e sapere o, al massimo, su cui dovrebbe tacere.
Evidentemente il dubbio di questa gente è che Colarosa "canti", che denunci le malefatte dei colleghi, rovinando loro carriera e vita privata.

E questo, tali persone - che si sentono potenti e al sicuro - non possono assolutamente permettere che accada.

Certo, fin quando la neve continua a cadere copiosamente, rendendo impraticabili le strade e, a maggior ragione, quella che conduce alla fattoria dei Lengacher, Gina può dirsi abbastanza al sicuro: a prescindere da chi la stia cercando, è quasi impossibile che immaginino dove sia nascosta!

Ma non c'è da abbassare la guardia, Kate lo capisce benissimo: se ciò che l'amica le ha raccontato di alcune frange di polizia "malate" è vero, questa gente sa ciò che fa e come farlo: commettere crimini e uscirne puliti è roba loro, sanno come fare un "lavoretto" senza rischiare di uscirne colpevoli.

Colarosa è in pericolo e, finché è in casa di Adam, lo è anche lui con i suoi dolcissimi bambini.
Kate lascia intervenire il collega John Tommasetti (con cui c'è del tenero), del cui intuito e, soprattutto, della cui integrità, si fida ciecamente, ed entrambi cercano di trovare una soluzione, tenendo sempre presente, però, che di Gina Colarosa non ci si può fidare al 100%!
E se mentisse per cercare di uscire pulita da una situazione di dubbia moralità in cui finora è stata intenzionalmente coinvolta?

È un dilemma cui Kate, integerrima e professionale, non può sottrarsi, tanto più se tiene conto del passato di Gina e delle sue "cattive compagnie".

Intanto, in casa Lengacher, la vita prova a proseguire come sempre, per amore dei bambini, che non hanno idea del pericolo che può costituire quella forestiera carina e vivace.
Sì, perché Gina entra subito nelle grazie dei piccoli... e anche in quelle di Adam che, sarà pure un vedovo Amish ma resta anche un uomo giovane e sano, che sa riconoscere quando una donna è attraente.
E Gina lo è eccome: bella, seducente, ironica, espansiva, chiacchierona. Insomma, per il povero Adam quella donna è una vera e propria tentazione!

La neve, intanto, scende sempre meno e coloro che stanno dando la caccia alla donna in fuga, sono sempre più vicini.

In uno scontro che rischia di mietere vittime e con un ultimo colpo di scena, Kate farà di tutto per difendere i Lengacher e anche Gina, con la speranza che Gina meriti davvero tutta questa lealtà e amicizia...

Il thriller/poliziesco di Linda Castillo scorre con molta scioltezza, per scrittura, abbondanza di dialoghi, cambi di scena e alcuni flashback utili a chiarire aspetti del passato (in particolare inerenti l'amicizia tra Kate e Gina); ho ascoltato l'audiolibro e la voce della lettrice è stata espressiva e molto piacevole.

Consigliato a chi cerca un thriller sufficientemente avvincente il cui ritmo narrativo non è  sempre veloce e incalzante (più che altro lo diventa verso la fine, quando c'è più azione perché si sta arrivando alla soluzione) ma sa tenere comunque viva l'attenzione del lettore; per me  il contesto delle comunità Amish resta un elemento interessante e mi piace molto anche la protagonista, una poliziotta onesta e coraggiosa. 

venerdì 17 febbraio 2023

ANTEPRIMA GIUNTI - ATLAS. LA STORIA DI PA' SALT di Lucinda Riley, Harry Whittaker, dall'11 maggio in libreria

 

La bellissima saga LE SETTE SORELLE, dell'autrice di origini irlandesi, Lucinda Riley, sta per terminare con l'uscita dell'ottavo romanzo, dedicato all'enigmatica e sfuggente figura del benefattore e padre adottivo delle sorelle D'Aplièse, Pa' Salt. 

Prima di lasciarvi con la sinossi del libro, riepiloghiamo insieme il viaggio che ci ha portati dalla scoperta delle origini di Maia all'ultima sorella, Merry.

Nel primo libro (Le sette sorelle. Maia), conosciamo le sei sorelle D'Aplièse, i cui nomi prendono ispirazione dalle sette stelle della costellazione delle Pleiadi: Maia, Ally (Alcyone), Star (Asterope), CeCe (Celaeno), Tiggy (Taygete) ed Electra. Manca la settima e questo è evidente da subito, il che fa presagire che la sorella che manca all'appello (Merope) sia un mistero tutto da risolvere... ma per il quale bisognerà aspettare che le prime sei trovino ciascuna la propria strada, che conoscano le proprie origini e le famiglie nelle quali sono nate.

Tutto parte dalla improvvisa morte di Pa' Salt, che ovviamente lascia un immenso vuoto nelle vite delle figlie adottive, che l'amano moltissimo.
L'uomo ha lasciato ad ogni figlia una lettera di addio, nella quale dà loro gli indizi necessari per avviare la ricerca delle proprie origini: sugli anelli della sfera armillare presente in giardino ci sono una frase e delle coordinate geografiche utili a cercare il luogo in cui le ragazze sono nate, per poter – se vogliono - finalmente sapere chi sono e da dove vengono.

Megan Montaner
La prima a buttarsi nella scoperta del proprio passato e della famiglia di provenienza è quindi Maia, che vola in Brasile e lì, in compagnia di Floriano (uno scrittore) conoscerà la storia di Izabela, la sua bisnonna, vissuta nel 1927.
Sarà un viaggio fitto di sorprese e informazioni sconvolgenti che aiuteranno la donna - che soffre per scelte dolorose fatte in passato - a fare i conti con sé stessa, accettando ciò che non può essere cambiato e provando ad essere felice e serena.


rachelle lefevre
Ally è la seconda sorella (Ally nella tempesta), velista professionista che s'innamora dello skipper Theo..., ma il loro amore subisce un durissimo contraccolpo ed Ally si ritrova sola, con la triste consapevolezza di come il suo presente stia procedendo con una perdita dopo l'altra. Cosa fare per cercare di risollevarsi? 
La sfera armillare la conduce nella contea di Telemark, in Norvegia, ed Ally entrerà nel mondo di Anna Landvik, una giovinetta con un talento canoro immenso.


Phoebe Dynevor

Star è la terza delle sette figlie adottive, la più solitaria e silenziosa, sempre all’ombra (La ragazza nell'ombra) della sorella CeCe, con cui sin da piccola condivide un rapporto simbiotico, fin troppo stretto, che finora le ha impedito di emergere, "sbocciare".
Grazie agli indizi lasciati da Pa' Salt, Star conosce un libraio particolare e la sua meravigliosa libreria londinese; da lì, approda nella bucolica tenuta High Weald, appartenuta ai propri avi, e conosce la storia di una certa Flora MacNichol, una donna volitiva e coraggiosa, che ha avuto al suo fianco, come amica, niente meno che la scrittrice Beatrix Potter.


Nel quarto appuntamento della saga famigliare è CeCe (La ragazza delle perle) a ritrovarsi davanti
Emilia Clarke

alla scelta di mettersi o meno alla ricerca di se stessa e della propria famiglia d'origine; lo farà, of course, attraverso una fotografia in bianco e nero e il nome di una donna che viveva in Australia più di cento anni fa: Kitty McBride, la cui già avventurosa esistenza si era intrecciata con quella della sua serva aborigena, dando vita a nuove dinamiche. Ad attendere una stupita CeCe, insomma, c'è una splendida e affascinante Australia, ricca di sorprese.



hilal altınbilek

Ne La ragazza della luna, è la dolce e sensibile Tiggy a cercare notizie sul proprio passato e ad aiutarla c'è un anziano signore che conosce molti dettagli del passato di sua nonna: la famosa ballerina di flamenco Lucía Amaya Albaycín. Dall'incantevole e fredda Scozia il lettore viaggia insieme alla protagonista e giunge nell'assolata Spagna, venendo proiettato dal 2007 al 1912 (anno in cui nasce Lucìa) e poi negli anni Trenta/Quaranta.



Giovane, bella, ricca, inseguita dai paparazzi: Electra è la ragazza del sole, la top model di  
Diamond white

successo con grossi problemi di dipendenza da alcool e droga. È il passato stesso a bussare alla sua porta nella persona di Stella Jackson, un'anziana donna di colore che le somiglia molto, bella ed elegante a dispetto degli anni: ella le dice di aver conosciuto Pa' e di avere una storia da raccontarle, per aiutarla a riscoprire se stessa sotto una nuova luce...
Stella comincia a raccontare e, insieme ad Electra, il lettore viene catapultato nel 1939, a New York, dove conosce Cecily Huntley-Morgan, una giovane ragazza di buona famiglia che si trasferisce in Kenya e quel soggiorno, che doveva essere temporaneo, le cambierà la vita.

caitriona balfe

E infine c'è lei, Merope: trovarla non sarà facile, le sei sorelle si trasformeranno un po' in detective e un po' in quasi stalker, ma "chi la dura, la vince" e riusciranno a contattare la loro sorella perduta, la cui identità rivelata comincerà ad avvicinare tanto le sorelle quanto noi lettori alla verità circa Pa' Salt, che sarà il protagonista dell'ottavo e ultimo (sob!) romanzo della bella serie.
Merry McDougal ci conduce in un'Irlanda del passato, dilaniata da sanguinose guerre interne, portate avanti in nome della libertà.



Beh, non mi resta che aspettare maggio!

ATLAS. LA STORIA DI PA' SALT
di Lucinda Riley,  Harry Whittaker



Ed. Giunti
trad. L. Taiuti
864 pp
23 euro
USCITA 
11 MAGGIO 2023
Nizza, 2008. 
Dopo averla inseguita per tutto il mondo, le ragazze D’Aplièse hanno finalmente trovato la sorella perduta, e ora che sono finalmente insieme a bordo dello yacht di famiglia, sono pronte a salpare per commemorare la morte di Pa’ Salt. 

Merope, però, arriva portando con sé il prezioso diario del padre e così, nelle lunghe ore di navigazione per raggiungere il Mar Egeo, le sorelle, circondate dai loro cari, potranno finalmente scoprire la verità sull’uomo che le ha accolte e cresciute e che in fondo conoscevano appena. 

Parigi, 1928. La famiglia Landowski trova un bambino di sette anni svenuto nel proprio giardino. A un passo dalla morte, viene salvato e accolto come se fosse uno dei loro figli. Nonostante sia un ragazzo gentile, precoce e talentuoso, pur di non spiegare da che cosa sta fuggendo si chiude in un ostinato mutismo. 
Mentre diventa un giovane uomo, si innamora, prende lezioni al prestigioso Conservatorio di Parigi e sembra quasi poter dimenticare i terrori del suo passato, ma poi una nuova minaccia lo costringe a partire: non potrà mai essere al sicuro, non finché il suo migliore amico non avrà compiuto la sua vendetta.

mercoledì 15 febbraio 2023

** RECENSIONE ** UNA MINIMA INFELICITÀ di Carmen Verde

 

Un romanzo che ruota attorno al rapporto tra una figlia e sua madre; la prima non fa che cercare attenzioni dalla seconda per tutta la vita, anelando un affetto che la genitrice, per prima, non riesce ad esternare perché l'amore, da lei, è sempre fuggito via lontano, lasciandosi dietro non poca infelicità.



UNA MINIMA INFELICITÀ
di Carmen Verde


Ed. Neri Pozza
160 pp
 La mia missione – sublime quanto irrealizzabile – era meritare finalmente l’attenzione di Sofia Vivier. La felicità di poter dire (...) «Io la guardo e lei mi guarda», a me era negata. Mamma non mi guardava mai. Ma la sua indifferenza non faceva che accrescere il mio amore già smisurato.


Annetta Baldini apre l'album dei ricordi e, mostrandoci diverse fotografie di famiglia, ci racconta la sua storia quando è ormai adulta... e sola.
Terribilmente e irrimediabilmente sola.

La sua vita è trascorsa all'ombra della figura materna: Sofia Vivier, le cui attenzioni e il cui affetto saranno l'oggetto costante del desiderio da parte dell'unica figlia, Annetta appunto.
Annetta che cresce poco poco, secca secca, bassina, come se il suo corpo si rifiutasse di lasciare l'infanzia.
Annetta che cerca con lo sguardo sempre quello della mamma, che però troppo spesso ha gli occhi assenti, che sembrano passarla attraverso e non guardarla mai davvero.

Annetta che fa di tutto per farsi amare da Sofia, ma Sofia non sa come si fa, perché lei, di amore, non ne ha mai avuto e non sa come amare quella eterna bimba magrolina, del cui sviluppo anomalo e tardivo un po' si vergogna.

Sofia, la mamma bella, elegante e tanto, tanto inquieta. Un'anima in pena che non si preoccupa di dare scandalo.
Sposata con Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti (un uomo molto più grande di lei), Sofia sa che su di lei la gente chiacchiera, spettegola a più non posso: è una poco di buono, ha più di un amante e il marito lo sa e - che vergogna! - non dice e non fa nulla.
Un debole, un codardo senza polso, che accetta che la moglie si comporti come una sgualdrina, e con una figlia in casa, poi!

Antonio lavora e non parla; dentro casa è come un'ombra, un fantasma che attraversa lieve quelle stanze; la sua presenza lascia indifferenti sia la giovane moglie che la figlia, con la quale farà sempre fatica a instaurare un rapporto anche minimo di confidenza.

Annetta va a scuola dalle suore, ama leggere poesie che, a parere delle religiose, sono inadatte a una mente così giovane, sono inopportune, come del resto lo è Sofia, moglie infedele e madre distratta, che dimentica pure di andare a prendere la figlia a scuola.

Sofia sembra non curarsi dei pettegolezzi, ma fa ciò che desidera; se deve far entrare un uomo in casa, lo fa e basta.
E come potrebbe comportarsi diversamente, lei che è alla ricerca costante di qualcuno che la ami?

"L’amore era il suo pensiero più ostinato, la sua ferita più profonda, mai rimarginata. Se da ragazza l’aveva atteso, sicura di non esserne delusa, adesso lo inseguiva disperatamente, ossessivamente, arrancando per immonde strade di periferia, nella speranza di raggiungerlo.
Le era parso, a volte, che l’amore la sfiorasse nella direzione opposta e allora aveva cambiato strada (è questione d’istinto, l’amore), fino a perdersi. Altre, era rimasta ad aspettare e aspettare, fin quasi a non sapere più chi o cosa stava aspettando.
Povera Sofia. Credeva nell’amore come altri credono in Dio, ma in lei l’amore non aveva mai creduto."

In fondo, su questo aspetto, lei e la piccola Annetta sono simili: anche sua figlia è bramosa d'amore, ma lo cerca unicamente da quella sua mamma strana, distante, poco espansiva, parca di sorrisi, e ancor più, di abbracci o carezze.

I tre abitanti di casa Baldini, lontani l'un dall'altro, rinchiusi ciascuno nel proprio personale spazio privato (che sia il negozio per Antonio, la cucina o un'altra stanza della casa per madre e figlia), vivono insieme ma le loro esistenze si sfiorano senza concedersi spazio; il comune denominatore è l'infelicità: tutti e tre sono inesorabilmente infelici.

"L’infelicità è un luogo, un luogo fisico, una stanza buia nella quale scegliamo di stare. Tanto che, quando accendiamo un lume, subito lo schermiamo, perché nessuno possa spiare all’interno.
Fu nonna Adelina a insegnare a mia madre l’infelicità. Non dovette essere complicato: Sofia era un’allieva volenterosa."
"La vita non è meno della letteratura. Bisognerebbe studiare a scuola l’infelicità delle nostre madri."

A gettare, per diversi anni, un po' di scompiglio e malumori dentro casa ci pensa una donna: Clara Bigi, una domestica assunta per prendersi cura, inizialmente, della piccola Annetta, per controllarla affinché non legga cose poco adatte a lei e per dettare delle regole in quella famiglia lasciata un po' a se stessa.

La donna, in effetti, impone le proprie regole rigide e insensate, introducendo sì discontinuità nella vita familiare ma, al contempo, dando modo ad Annetta di crearsi un'apertura verso la mamma: le due, infatti, condividono la brutta opinione che hanno di quella domestica prepotente, crudele, che sembra essere diventata la padrona in casa Baldini, col silenzioso beneplacito di Antonio, che le lascia fare il bello e il cattivo tempo.

Ma quella vicinanza originatasi dalla comune antipatia verso Clara non durerà per sempre e, nel corso degli anni, diverse cose cambieranno: presenze che vanno via, altre che arrivano e poi se ne vanno anch'esse, mentre mamma e figlia restano sempre lì, ancorate a quella casa che assume, di anno in anno, le sembianze di un tempio (o di una tomba?), testimone di un'infelicità famigliare e dei tentativi fallimentari di dare e ricevere amore.

In questa sorta di sacrario Annetta si chiude, continuando a mettere al centro di tutto lei, sua madre, e finendo imprigionata in quel piccolo e insignificante corpo che non cresce, come se volesse restare bambina, sempre e solo figlia e non ancora (forse mai?) donna.

"L’anima è in pace solo nei luoghi che conosce." 

L'esordio letterario di Carmen Verde mi ha colpita positivamente per la sua penna lieve, delicata, intensa, minuziosa, che sa come trasmetterci i pensieri più profondi della protagonista, il suo famelico bisogno di amore insoddisfatto, che la lascia a digiuno e che in qualche modo è riflesso in quel corpo non cresciuto a dovere.

"Tutta la mia persona era perfettamente contenuta in quella di mia madre. Il mio piccolo corpo non era, in fondo, che una porzione del suo."

Ci arriva tutta anche la profonda tristezza, l'assenza di gioia e vitalità caratterizzanti queste singole esistenze, che sembrano vagare, come barchette portate di qua e di là dalle onde del mare, senza meta, incapaci di darsi affetto, conforto, vicinanza, reciproca comprensione.

Nonostante la mancanza di dinamiche ed avvenimenti avvincenti, Una minima infelicità è un romanzo che riesce a "costringere" il lettore a proseguire nella lettura, e il ritmo rilassato, la scrittura profonda, ipnotica e introspettiva, lo inducono a restare chiuso in casa con Annetta, a respirarne la stessa aria, a spegnere la luce e chiudere le porte di stanze disabitate e silenziose, a osservarla rimpicciolirsi sempre più, con il corpo e l'anima prosciugati.

Adatto a chi ricerca una lettura intima, di quelle che non ci portano, con l'immaginazione, in posti lontani e attraenti, ma che ci lasciano entrare dentro luoghi privati, tra le mura della casa di una famiglia infelice (come ce ne sono tante), a guardare, con un misto di tenerezza e pietà, una bambina affamata che guarda con occhi adoranti una mamma troppo assente e distante.



lunedì 13 febbraio 2023

❤ RECENSIONE 💔 I NOSTRI CUORI PERDUTI di Celeste Ng



In un tempo che non è poi così futuro ma, anzi, fin troppo vicino e simile al nostro, a seguito di una profonda crisi economica, il governo degli Stati Uniti ha deciso di difendere le proprie radici culturali  imboccando la strada del fanatismo e dell'odio interrazziale, perseguitando e allontanando tutto ciò che è asiatico, intervenendo in particolare sulle famiglie, separando genitori ritenuti sovversivi dai loro figli.
Il giovane protagonista è costretto a crescere senza sua madre e, come lui, tanti altri giovani e innocenti cuori perduti, separati con la forza dalle mamme e dai papà.


I NOSTRI CUORI PERDUTI
di Celeste Ng



Ed. Mondadori
trad. F. Aceto
384 pp

Bird - il cui vero nome è Noah, ma sua madre l'ha sempre chiamato Bird e per lui questo è l'unico nome con cui si identifica - ha dodici anni e vive a Cambridge, nel Massachusetts, con suo padre Ethan, un ex linguista ora impiegato nella biblioteca universitaria di fronte a casa. 

Padre e figlio vivono un'esistenza alquanto solitaria, quasi del tutto priva di relazioni sociali, fatta eccezione per quelle a scuola e al lavoro.
La loro quotidianità è scandita sempre dalle medesime attività e tra i due regna, costante, un pesante silenzio: quello di chi avrebbe un sacco di cose da dirsi e da chiedere, ma sa che è meglio tacere.

Bird, ad esempio, ha moltissime di domande in testa circa la sua mamma, Margaret: perché se n'è andata? Perché non ha fatto mai sapere dov'è, neanche con una telefonata o un messaggio? Tornerà mai? Pensa qualche volta a Bird e ad Ethan, o si è rifatta una vita chissà dove e con chissà chi?
Ma sua madre gli ha mai voluto davvero bene??

La donna è andata via da un giorno all'altro, in circostanze misteriose, quando lui aveva solo nove anni; era una poetessa di origini cinesi ed è stata proprio una sua poesia a metterla in cattiva luce davanti al governo americano, in quanto quei suoi pochi versi ("ridateci i nostri cuori perduti") erano diventati lo "slogan" dei gruppi di dissidenti che manifestavano contro le leggi in vigore. 

Leggi autoritarie, denominate con la sigla PACT (Preserving American Culture and Traditions Act): un insieme di norme volte alla difesa della cultura e delle tradizioni americane, il che implica la messa al bando di tutto ciò che non è americano, compresi i libri o le forme d’arte "non allineati", giudicati pericolosi perché contrari allo spirito patriottico, nazionalistico.

Ma dove affonda le radici questa esterofobia che da subito si converte nell'avversione e nella paura verso  tutto ciò che proviene dalla Cina?

Tutto è partito dalla crisi economica, la peggiore degli ultimi decenni; cosa l'ha causata: la speculazione, l’inflazione...? Gli esperti non ne sono convinti e, da lì a breve, i vecchi risentimenti e il desiderio di individuare qualcuno da incolpare non tardano a venire a galla e "nel giro di pochi anni si decise che questo qualcuno era la Cina: la perenne minaccia gialla. Da quel momento per ogni caduta, per ogni frattura provocata dalla Crisi si sarebbe data la colpa ai sabotatori cinesi."

E fu così che, in modo quasi impercettibile, il racconto della Crisi aveva cominciato a cristallizzarsi e sempre più persone - dagli economisti agli operai - arrivarono a dire: chi è che se la sta passando bene grazie al nostro declino? Gli sguardi e le dita accusatori puntarono decisi verso est: la Cina e, pian piano, tutto ciò che è asiatico, si trasformò nel mostro da tener lontano per il bene di tutti.

Uno degli interventi precipui per salvaguardare la sicurezza nazionale colpisce le famiglie perché, si sa, è dal nucleo famigliare che partono l'educazione, la trasmissioni di valori, principi..., e sono le singole famiglie a formare la società, ergo, bisogna agire su di esse prima che su qualsiasi altro aspetto sociale.

Vengono individuate quelle case in cui ci sono uno o entrambi i genitori cinesi, filo-cinesi o anche soltanto contrari al PACT: i figli di questi soggetti vanno tolti ai genitori e “ricollocati” in altre famiglie di americani fedeli, patriottici.

In questo clima di paura, Bird - consapevole di essere per metà un bimbo di origini cinesi - sa che non deve fare domande e non deve neppure nominare sua madre; suo padre è stato chiaro: Noah deve dimenticare la mamma e non deve neppure nominarla, ma fingere che ella non ci sia mai stata.
Entrambi non vogliono più dover sentire la mancanza di cose e persone che non potranno mai riavere.

"Tutti sapevano che la madre di Bird era una persona di origine asiatica. Le autorità non facevano che sottolineare che essere un PAO – Person of Asian Origin – non era di per sé un reato. Il presidente ribadiva che il PACT non era una questione di razza, ma di patriottismo e di mentalità."

Bird, negli ultimi tre anni, non ha fatto che mettere quella mamma amata - che l'ha abbandonato senza spiegazioni - in un cantuccio buio del cuore; è andato avanti giorno per giorno quasi rinnegando lei e quella sua passione per il raccontare storie, cercando di obbedire all'unico genitore rimastogli, che altro non fa che vivere sempre in penombra, a testa bassa, come se volesse rendersi invisibile.
E Bird deve fare altrettanto: "Non attirare l’attenzione. Tieni la testa bassa. Se vedi che le cose si mettono male, tu va’ nella direzione opposta"

Bird a scuola è guardato con sospetto, disprezzo, diffidenza, perché tutti sanno chi è Margaret Miu: sua madre, la poetessa cinese, la sovversiva antiamericana; non ha amici e l''unica coetanea con cui ha legato è Sadie.
Sadie è stata tolta alla sua famiglia originaria (filo-cinese) e affidata a diverse famiglie di fedelissimi americani; ma la ragazzina ha un carattere ribelle e non si arrende: lei vuol cercare i propri genitori e tornare da loro!

Un giorno accade qualcosa che comincia a creare crepe in quella quotidianità piatta e priva di emozioni in cui Bird è rinchiuso: riceve una lettera al cui interno c’è un foglio costellato di minuscoli gatti disegnati.
Bird capisce che si tratta di un messaggio in codice che gli ha inviato sua madre. 

Allora non l'ha dimenticato! E cosa sta cercando di suggerirgli attraverso quei gatti?

Un po' alla volta, un turbine di sensazioni, sentimenti, ricordi - dapprima confusi, poi via via sempre più nitidi - si riaffaccia prepotentemente nella sua mente: la sua mamma, così brava a raccontargli storie interessanti, a usare le parole per aprire preziose fessure da cui potesse entrare la magia, riempiendo il mondo di possibilità e conferendogli senso.

Ormai curioso di vederci chiaro, Bird inizia un'affannosa ricerca per ritrovare Margaret, partendo proprio dalle storie che lei gli raccontava da piccolo e, attraverso una rete clandestina di bibliotecari che aiuta le famiglie dei bambini rapiti, il ragazzino approda a New York e lì capirà tante cose di questo periodo strano e della società in cui sta vivendo e, soprattutto, potrà ricevere finalmente le risposte alle tantissime domande che da tempo desiderava poter rivolgere alla madre.

"I nostri cuori perduti" è un distopico che, come dicevo, non è collocato in un futuro lontano e diverso dal nostro, per cui non è affatto difficile immaginarlo né ipotizzare che ciò che viene narrato sia verosimile e fattibile: può succedere che gli USA (e non solo, certo) sviluppino un odio profondo verso la Cina tanto da tagliare i rapporti con questa nazione? Tanto da "perseguitare" con leggi fatte ad hoc chiunque sia associabile ad essa? Tanto da togliere dei figli ai propri genitori se, secondo il governo, ce ne sono le condizioni e con la motivazione di proteggere i bimbi e la comunità?
Beh, credo che la risposta sia sì: è possibile, non è nulla di fantascientifico.

L'atmosfera vissuta in questa parte di mondo è apparentemente placida, "normale", quasi noiosa..., ma in realtà si percepisce che sotto quella presunta tranquillità, dietro quell'ordine e quell'obbedienza alle leggi, si celano sentimenti di diffidenza, pregiudizi verso il diverso (chi ha gli occhi a mandorla sa che non può stare proprio tranquillo, e lo stesso Bird è tra questi...), paura del vicino impiccione, un eccesso di prudenza nel parlare, nell'esternare pensieri ed opinioni discordanti col rischio che qualcuno faccia una segnalazione alle autorità.

Protestare? Ovviamente non c'è spazio per i ribelli: bisogna puntare all'unità nazionale a tutti i costi, e l’unità necessita di un nemico comune su cui sfogare la rabbia e che impersoni tutte le peggiori paure della gente.

Questo romanzo ha un ritmo placido, non toglie il fiato ma instilla in modo sottile un vago senso di inquietudine verso un modo di vivere che è identico al nostro, se non fosse che ci sono troppe case all'interno delle quali si vivono tragedie, separazioni, arresti, rapimenti nel cuore della notte.
Troppi cuori perduti, sparsi nel territorio statunitense; troppi genitori che piangono figli che non possono più crescere, amare, proteggere.
Tutto mentre il mondo sta a guardare queste ingiustizie.

Metafora struggente e autentica di come la paura del diverso e la voglia di trovare un capro espiatorio davanti a problemi troppo grandi, siano dietro l'angolo e possano da un momento all'altro stravolgere intere esistenze, il libro della Ng racconta anche il coraggio di continuare a coltivare la speranza in tempi bui mantenendo il cuore intatto, nonché il potere dell’amore feroce e forte di una madre cui viene toccato il proprio bambino.

Le battute finali sono potenti nel loro essere commoventi e intense.

Consigliato, mi è piaciuto molto per la scrittura limpida, delicata e fluida, che diventa però uno strumento vigoroso e incisivo per denunciare un rischio concreto e da non sottovalutare: lasciare che modi di pensare pericolosi, discriminatori, razzisti, possano condizionare i singoli e interi Paesi, con effetti davvero terribili e inumani. 


ALCUNE CITAZIONI

"Forse, pensa, la vita è proprio questo: una lista infinita di errori che non cancellano certo le gioie, ma che semplicemente le ricoprono, mescolandosi con esse, tutti i piccoli momenti che compongono il mosaico di una persona, una relazione, una vita."

"Volevo che tu non fossi solo la pianta che cresceva, ma la persona che la faceva crescere. Volevo che avessi potere sulla tua vita, che indirizzassi la tua energia verso ciò che deve venire, rivolto verso la luce. (...) 
Sei uno che sa prendersi cura degli altri, proiettato verso il futuro; e sei un lottatore, difendi quello che già c’è."

"Quand’è che si può considerare conclusa la storia di qualcuno che ami davvero? Finiamo per rigirarci tra le mani i nostri ricordi più preziosi, fino a consumarli, per poi riscaldarli di nuovo con il calore del nostro corpo. Passiamo le mani sulle curve e sulle cavità di ogni dettaglio che abbiamo, li memorizziamo, li snoccioliamo tutti in continuazione anche se già li conosciamo intimamente. Chi mai pensa, cercando di evocare il volto della persona amata che non c’è più: basta così, ti ho guardato abbastanza, ti ho amato abbastanza, abbiamo avuto abbastanza tempo, tutto quello che c’è stato è stato abbastanza?" 

sabato 11 febbraio 2023

❤️ RECENSIONE ❤️ SEGRETI DI UNA NOTTE D'ESTATE di Lisa Kleypas

 

Quattro donzelle in età da marito, desiderose di scrollarsi di dosso l'etichetta di "zitelle", sono pronte a tutto pur di accalappiare un bel partito da cui farsi impalmare, possibilmente bello, preferibilmente non troppo maturo e sicuramente aristocratico.
E l'amore? Quello non è detto che ci sia..., ma se c'è, allora è bene non farselo scappare!


SEGRETI DI UNA NOTTE D'ESTATE 
di Lisa Kleypas


Leggereditore
Serie Wallflowers n.1
272 pp
C'è stato un tempo in cui non avere un fidanzato o un marito a (soli!!!) venticinque anni era una vera e propria tragedia, perché a quell'età eri già "vecchia" per trovare un buon marito, e più passava il tempo e più il rischio di restare zitella si faceva concreto.
Annabelle è una ragazza che versa in queste... "condizioni"!
Vive nell'Inghilterra della seconda metà dell'Ottocento, proviene da una buona famiglia ma, da quando suo padre è morto, lei, sua madre e il suo giovanissimo fratello si trovano in serie difficoltà economiche.

Annabelle non ha una dote e, se non fosse per il buon nome della famiglia, non verrebbe neppure invitata a feste e balli, in cui comunque fa da tappezzeria e nessun damerino celibe la invita a ballare, nonostante sia molto bella.

La ragazza è piuttosto scoraggiata: il suo bel faccino e la sua spiccata intelligenza nulla possono contro la povertà, contro quegli abiti consunti... e contro la certezza che ci sarà sempre qualche fanciulla ricca più quotata e preferibile a una disgraziata come lei.

Certo, c'è un giovanotto che la guarda con occhi penetranti e pieni di ardore, in barba ai problemi economici di Annabelle, ma è decisamente il pretendente sbagliato!

Simon Hunt è figlio del macellaio presso cui la mamma di Annabelle si serve da sempre: è bello, alto, con un fisico possente, uno sguardo magnetico e un sorriso impertinente, ed è anche molto ricco..., ma non è un nobile! La ricchezza di Hunt proviene dai suoi affari commerciali (è un imprenditore) e non dal possedere un titolo nobiliare e dall'essere erede della fortuna di un casato dell'aristocrazia inglese.

Insomma, neppure lui, come la fanciulla, è un buon partito.
Certo, ogni qualvolta i due si vedono e i loro sguardi si incrociano, a lei parte più di un brivido lungo la schiena e a lui un groviglio di sensazioni mai provate al cospetto di un'esponente del gentil sesso..., ma entrambi restano fermi nelle loro posizioni: lei disprezza quel borghese arricchito dai modi rozzi e sfacciati, lui adora stuzzicarla e provocarla (avendo capito che Annabelle ha un bel caratterino e una lingua tagliente) ed è convinto che, presto o tardi, fosse anche solo per necessità, lei gli cadrà tra le braccia..., ovviamente non come moglie (è uno scapolo nell'animo) ma come amante!

Annabelle preferirebbe restare nubile a vita piuttosto che concedersi a quell'arrogante di Simon Hunt e cerca, con le sue nuove ed esuberanti amiche, Lillian, Evie e Daisy, di architettare dei piani per trovare un marito all'altezza delle aspettative.

Belle, giovani, piene di speranze, sogni e timori, e soprattutto stanche di aspettare che l'uomo della loro vita venga a cercarle, le quattro zitelline stringono amicizia e il loro sincero legame le rende ogni giorno, e a ogni ballo e ricevimento, più audaci e intraprendenti: si promettono di aiutarsi l'una con l'altra a raggiungere il loro scopo (accalappiare un ottimo partito e imbarcarsi in un matrimonio da favola, che permetta loro di frequentare "la meglio nobiltà" e fare la bella vita), che forse nulla ha di romantico, ma è sicuramente pratico e intelligente. 

Non è semplice, però: Annabelle è in disgrazia e senza dote; le sorelle Lillian e Daisy Bowman (americane) sono troppo peperine, sfacciate e chiacchierone per i placidi nobili inglesi, ed Evie vive con una zia zitellona, arcigna e acida, che non le permette di "spiccare il volo".

Insomma, quattro piccole tragedie in cerca di un lieto fine ciascuna.

L'occasione d'oro arriva quando lord Westcliff (uno degli scapoli "papabili") organizza nella propria immensa dimora una battuta di caccia, dove ad essere "cacciati" sono soprattutto gli uomini, prima ancora che gli animali.
Quale migliore occasione, che questa gita nell'Hampshire, per mettersi in mostra con qualche duca ricco e accomodante, bello o brutto poco importa, basta che abbia un bel conto in banca e sia almeno gentile nei modi e fisicamente passabile?

Le quattro spumeggianti e determinate amiche sono più che intenzionate a trovare un marito, partendo da Annabelle, che è la maggiore tra loro e quindi quella più bisognosa di un piano d'attacco efficace.

Peccato che a rovinare i piani ci si metta quell'antipatico di Simon Hunt, sempre tra i piedi e sempre pronto a prendere in giro e stuzzicare Annabelle, con cui inizia un gioco di seduzione e desiderio, in cui ben presto non sarà più chiaro chi insegue e chi fugge. 

Fino a quando, come nel gioco degli scacchi, il più esperto dei giocatori (Cupido!) si intrufolerà tra Annabelle e Simon e farà la mossa più imprevista di tutte, lasciandoli impreparati e senza fiato.

Simon conquisterà il cuore di Annabelle e riuscirà ad averla tutta per sè?
Cosa farà la giovane: cederà al fascino irresistibile di quel giovanotto bello e sicuro di sé o continuerà a cercare il marito ideale, quello più ricco e generoso, mettendo in secondo piano il bisogno/desiderio di amare ed essere amati?


Il primo romanzo di questa serie dedicata a quattro donne dalle passioni coraggiose, pronte a sfidare le rigide regole della società vittoriana, è una lettura romantica deliziosa, scorrevole, uno svago piacevole e adatto a chi cerca storie d'amore, con personaggi ben tratteggiati, rispondenti a degli stereotipi propri del genere, dialoghi abbondanti e con momenti di passione.

giovedì 9 febbraio 2023

🌼 RECENSIONE 🌼 LE CICOGNE DI TAUCHWALD di Mirtis Conci




Una fantastica avventura attende quattro giovani cicogne, che impareranno, tra avversità e sfide, il valore dell'amicizia, la ricchezza dell'essere diversi e la possibilità di superare i propri limiti.



LE CICOGNE DI TAUCHWALD
di Mirtis Conci


161 pp

Salli e Manfri sono due giovanissime cicogne (sorella e fratello) che vivono con la famiglia a Tauchwald; per loro è arrivato il primo anno di scuola, dove devono imparare le regole del giusto volo e prepararsi a rispettare la posizione e il ruolo che lo stormo richiede.

Salli ha il sogno di diventare capo-pilota, come è successo alla sua amata e saggia nonna Dorotea; è cosciente del fatto che per le femmine il ruolo di capo-pilota è contemplato solo in casi eccezionali, com'è stato proprio per la nonna, che lo è diventata solo dopo una disgrazia accaduta al marito (nonno Manfredo), mettendola, tra l'altro, in una condizione famigliare non ben vista dal resto della comunità.
Nonostante nonna Dorotea sia una capo-pilota provetta e abbia dimostrato abbondantemente di essere esperta e affidabile, la mentalità vigente tra le cicogne nel villaggio ha fatto sì che il suo ruolo non venisse comunque accettato.
Insomma, Manfri e Salli sanno di essere considerati membri di un nucleo famigliare un po' "strambo", e ad aggiungere un ulteriore elemento di diversità ci pensa il loro aspetto fisico: hanno, infatti, la testa dal piumaggio nero!

I due fratellini sono entusiasti all'idea di andare a scuola ma devono fare i conti con i primi ostacoli : c'è una cicogna un po' monella (Florian) che da subito comincia a "bullizzarli", stuzzicando Manfri (per litigarci) e prendendo in giro la povera Salli, che cerca di ignorare il compagno dispettoso e i suoi amici... ma non è facile!

A scuola Salli fa amicizia con un'altra cicogna, Melanie, che - pur venendo da una famiglia in vista e stimata - ha pure lei le sue difficoltà, che cerca di non rivelare a nessuno per non sentirsi diversa, oltre che per non deludere le aspettative dei genitori.

Manfri, poi, pur studiando per diventare ciò che gli altri si aspettano che diventi (capo-pilota), in realtà non ambisce a questo ruolo: sono altre le attività per cui si sente portato!

Manfri, Salli, Melanie, Florian: quattro caratteri differenti, ciascuno con i propri sogni segreti nel cassetto, con le proprie personali paure, i limiti, le insicurezze, e tutti e quattro accomunati dal desiderio di scoprire qual è il loro posto nel mondo!

Per adesso, in quanto allievi, sanno di dover seguire le lezioni e impegnarsi per imparare a memoria le regole di volo, che vanno rispettate senza se e senza ma, perché quando arriverà il momento di  affrontare una lunga migrazione, tutte le cicogne in volo dovranno arrivare sane e salve nelle terre calde dove trascorreranno l'inverno.

La prima traversata arriva e, a causa del comportamento immaturo di Florian, lo stormo perderà non solo lui ma anche Salli, Manfri e Melanie, che saranno obbligati a passare un lungo inverno insieme, tentando di sopravvivere, con la speranza di riprendere il volo quando (e se) sarà possibile. 

Questo inconveniente non ci voleva... o forse sì?

I quattro amici vivranno un'avventura particolare, non priva di difficoltà e preoccupazioni, ma sarà una grande occasione per crescere, per stringere i legami tra loro, per conoscersi meglio, imparando ad accettarsi, incoraggiarsi, perdonarsi, e trovare il coraggio di decidere cosa vogliono fare da grandi, senza paura di deludere i genitori, che aspettano di riabbracciarli.

Durante l'inverno, in attesa di cercare lo stormo emigrato, i quattro vengono accolti da alcuni simpatici animali che vivono nella foresta, tra i quali c'è qualcuno di speciale, che mai avrebbero immaginato di incontrare...

"Le cicogne di Tauchwald" è un breve romanzo di formazione, adatto a giovani lettori, ma ovviamente non solo; il mondo degli animali, con le sue regole e la sua organizzazione, la natura con i suoi doni  meravigliosi, il ciclo delle stagioni..., tutto ci ricorda quanto abbiamo da imparare da ciò che ci circonda, e come sia fondamentale rispettarlo per il bene di tutti - uomini, animali, piante...

L'autrice ci accompagna nel mondo delle cicogne, raccontandocelo in modo preciso e affascinante, con un linguaggio semplice e rigoroso allo stesso tempo; diverse sono le tematiche presenti, da cui è possibile prendere spunto per riflettere con i piccoli lettori: il valore della vera amicizia, che fa superare qualsiasi avversità; differenze di ruolo, possibilità, aspirazioni ecc.. tra maschi e femmine in seno alla famiglia e, in generale, nella comunità; coltivare i propri talenti e sogni; ognuno è unico e speciale, non c'è da vergognarsi di ciò che si è, neanche dei propri "difetti"; rispettare le regole (in famiglia, a scuola...) porta beneficio al singolo come al gruppo; saper chiedere scusa e saper perdonare; non lasciarsi scoraggiare dai pregiudizi altrui ma perseverare - con una sana caparbietà - nei propri obiettivi, perché questo potrebbe essere anche d'aiuto a chi ci è vicino, aiutandolo a non restare impantanato nei propri limiti ma ad aprirsi e ad accogliere le diversità, che offrono sempre occasioni di ricchezza e di confronto costruttivo.

Una lettura divertente e formativa, per grandi e giovanissimi.

Ringrazio l'autrice, Mirtis Conci, per il dono graditissimo di questo libro; ricordo anche che sul blog c'è la recensione di un altro racconto di cui ella è co-autrice >>  IL PARCO DEI TESORI

martedì 7 febbraio 2023

Gli Jenisch, "zingari bianchi" - il genocidio dimenticato dei "bambini di strada"



Pochi giorni fa vi ho parlato di un film del 2017, “Dove cadono le ombre” di Valentina Pedicini, che racconta l'atroce storia del genocidio degli Jenisch (i cosiddetti “zingari bianchi”) in Svizzera nel corso del Novecento: centinaia e centinaia di bambini “zingari” furono rinchiusi in ospedali psichiatrici, in orfanotrofi, dove subirono abusi, furono sterilizzati e sottoposti a elettroshock per estirpare loro il gene del “nomadismo”, con l'obiettivo di farne delle persone “normali” e ricollocarli in nuove famiglie di svizzeri “puri”.

Pur facendo parte in generale della comunità zingara, mentre le popolazioni romani (Rom, Sinti, Kalé, Romanichals) sono etnie di derivazione indiana, l'origine degli Jenisch è germanica e hanno un loro proprio idioma; la Svizzera è stato il Paese che ha da sempre contato il maggior numero di Jenisch, sin dall’XI secolo (in Germania nel XIII secolo). 
Già nel 1825, a Lucerna, un gruppo di Jenisch fu torturato e processato per crimini contro la società; più tardi, alle famiglie vennero sottratti i figli in modo da combattere la cultura, la lingua e i modi di vita di questa comunità errante.
Il bieco tentativo di sterminio scientifico terminò solo nel 1975. 
Secondo i parametri applicati dalle autorità elvetiche, i nomadi erano considerati pericolosi, asociali, irrecuperabili, da tenere a bada con metodi repressivi. A nulla contava avere la cittadinanza svizzera. 

Fotografie scattate da Walter Studer in occasione di un reportage sul nomadismo,
realizzato nel 1954 nei dintorni di Oensingen © Peter Studer, Berna.



Nel 1926, quando le teorie eugenetiche (che si proponevano di ottenere un miglioramento della specie umana, attraverso le generazioni) erano in piena espansione, un insegnante di ginnasio, Alfred Siegfried (espulso dall’insegnamento con l'accusa di pedofilia), diventò responsabile della sezione Scolarità Infantile della fondazione Pro Juventute, e diede vita al programma “Opera di assistenza per i bambini di strada” (Kinder der Landstrasse), attivo fino al 1972. 
Proprio Siegfried, nel 1943, tenne a Zurigo una conferenza nella quale rese noti gli scopi, i metodi e l’ideologia alla base della propria attività: gli Jenisch erano dei “vagabondi” e “una piaga” per la società, a motivo della loro appartenenza etnica. 
Nel 1970, il governo svizzero condusse una politica semi-ufficiale che si proponeva di istituzionalizzare i genitori Jenisch, ritenuti “malati di mente”, e togliere loro i figli, nel tentativo di eliminare la cultura zingara (il nomadismo era considerato una patologia degenerativa ereditariamente trasmissibile); agli "zingari" Jenisch veniva impedito il matrimonio, le nascite erano controllate, si praticarono le sterilizzazioni * e privazioni della libertà personale. 

Centinaia, anzi migliaia, di bambini e bambine furono strappati alle loro famiglie di origine (con cui perdevano ogni contatto) e consegnati in affidamento, rinchiusi in orfanotrofi, cliniche psichiatriche o istituti penitenziari; il  progetto prevedeva il cambio di identità delle piccole vittime e l’attribuzione di un nuovo nome di battesimo; ovviamente, essi venivano anche "rieducati" dal punto di vista culturale e linguistico, obbligati a non usare la loro lingua madre. 

Ruth Dreyfuss, ex consigliere federale e presidente della Confederazione svizzera nel 1999, affermò in proposito: «Le conclusioni degli storici non lasciano spazio al dubbio: […] è un tragico esempio di discriminazione e persecuzione di una minoranza che non condivide il modello di vita della maggioranza.»

Solo nel 1987 la Confederazione elvetica si è scusata con gli Jenisch, riconoscendo la propria responsabilità morale e politica. 

Il numero esatto delle vittime non è noto, ma si presume che il numero di bambini coinvolti in questo maledetto progetto oscilli tra 500 a 2.000. 

Tra le vittime più note del programma di discriminazione e persecuzione dell’etnia jenisch, ricordiamo il politico Robert Huber e Mariella Mehr, nata a Zurigo nel 1947 (morta nel 2022) da una famiglia Jenisch, che ha raccontato la propria drammatica esperienza.
Mariella Mehr

"Io sono un essere umano. È importante preoccuparsi del fatto che siamo essere umani, più che della razza".

Mariella è stata soggetta a ripetuti ricoveri coatti in istituzioni mediche, dove già a partire dai nove anni subisce l’elettroshock; fu resa anche oggetto di lezioni universitarie e cliniche, quale esempio di «razza tarata». 
A 17 anni ebbe un bambino, che le fu tolto; a 24 anni venne sottoposta a sterilizzazione, come fecero già con la madre Maria Emma Mehr. 

Dal 1975, come giornalista, ha scritto molti articoli di denuncia. Negli ultimi vent'anni ha vissuto prevalentemente in Toscana. Ha pubblicato diversi romanzi e quattro libri di poesia. In italiano: il libro autobiografico Silviasilviosilvana (Guaraldi 1995), i romanzi Il marchio (Fandango, 2018), La bambina (Fandango, 2019) e Accusata (Effigie 2008), le raccolte poetiche Notizie dall'esilio (Effigie 2006), San Colombano e attesa (Effigie 2010) e Ognuno incatenato alla sua ora (Einaudi 2014).


"Stiamo separati di fronte al mondo"

Stiamo separati di fronte al mondo,
ognuno incatenato alla sua ora,
i nostri cani vanno a toccare un ieri,
quante volte e senza conseguenze?

Nebbia avvolge quel laggiù privo di sponde
nebbia si appoggia sulla mia spalla,
diventa pesante, più pesante, diventa pietra.

C’è una sola parola captata origliando
che voglio cavare fuori e conservare,
perché resti indietro una ferita aperta,
a mia consolazione, una via nel domani.

Bastava la speranza? Allora sperate con me,
tutti voi soccombenti.
Spera anche tu,
mio cuore,
un’ultima volta.

Mariella Mehr (Traduzione di Anna Ruchat)



* La sterilizzazione era una pratica conosciuta in Svizzera, considerata un’operazione rientrante nel normale lavoro del medico, prescritta per ragioni terapeutiche anche verso altre tipologie di persone quali alcolizzati, tossicodipendenti e persone malate di malattie veneree (in totale, il caso svizzero, ha visto tra il 1935 e il 1975 la sterilizzazione di circa 63mila persone, per la quasi totalità donne).


Fonti consultate:

https://www.rsi.ch/cultura/focus/Mariella-Mehr-14987043.html
https://tracce.studio/catalogo-generale/podcast/ognuno-incatenato-alla-sua-ora/  (podcast gratuito)
https://corriereitalianita.ch/gli-jenisch-in-svizzera-una-storia-di-persecuzioni/
https://thata.ch/jenische.htm
https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008247/2010-03-08/
https://www.einaudi.it/autori/mariella-mehr/
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