martedì 20 agosto 2013

Viaggiare leggendo..... e fare brutti incontri



Ed eccomi con un posto fuori programma, scritto direttamente dalla Svizzera!!!

travel_book
Il post di questa sera riguarda una figura leggendaria su cui sono stati fatti film, libri e quant'altro e compare inoltre nel romanzo I GIORNI DEL TE' E DELLE ROSE della Donnelly.

Parleremo brevemente di lui....!!
Con capelli sottili, occhi grigio
chiari infossati e un grande naso rosso.
Ecco come Jack lo Squartatore,
avrebbe dovuto apparire,
secondo le nuove ricerche d’archivio
nei documenti della polizia inglese.
Jack The Ripper è stato il primo serial killer ufficiale della storia ma una delle caratteristiche di quest'uomo e della sua criminosa storia è che....non è stato arrestato né condannato: contro di lui non esiste nessuna prova, e non è mai stato possibile associare un volto a quelle mani assassine!!
Contro di lui solo indizi e testimonianza poco attendibili e superficiali!
Roba da non credere: a distanza di quasi 120 anni, Scotland Yard mantiene ancora aperto il fascicolo su Jack Lo Squartatore.....

Come si legge anche nel romanzo, tutto ha inizio nell'A.D. 1888.
Siamo nel malfamato e torbido quartiere dell'East End di Londra, Whitechapel.

La prima vittima è del 31 Agosto, nella strada di Buck's Row: uno scaricatore di porto rinviene il cadavere sgozzato, e privato degli organi interni, di Mary Ann Nichols. Mary Ann era una prostituta e un'alcolizzata, passava le nottate divisa tra i propri clienti e qualche bicchiere bevuto nei ricoveri per i poveri.
Quest' aspetto del "lavoro" delle vittime le accomunerà: tutte esse erano prostitute e il modo di ammazzarle seguiva sempre lo stesso "schema": Jack fronteggia la donna in un angolo buio di qualche strada di Whitechapel e le afferra la gola, stringendo per soffocarla, fino a che la sventurata non perde i sensi. 
A questo punto arriva la parte peggiore: Lo Squartatore le adagia per terra e comincia a tagliare la gola con tanta efferatezza quanta precisione. Arriva quasi alla decapitazione della testa, poi si lancia sugli organi interni e sul resto del corpo: Jack è capace di rimuovere un rene senza toccare altre parti, può esportare l'intera parte genitale con un solo taglio netto. Inutile aggiungere che le parti rimosse diverranno suoi trofei.

L'8 settembre 1888: la seconda vittima si chiama Annie Chapman, ha 46 anni e fa la prostituta. Il suo corpo viene ritrovato a Hanbury Street, incredibilmente martoriato: l'addome è aperto, gli intestini sono stati rimossi. Alcune interiora sono sparse sul pavimento, altre sono state semplicemente poggiate sul petto della donna. La vagina è stata rimossa con grande precisione. Vicino al corpo della donna sono raccolte tutte le sue cose, disposte quasi ad arte e, insieme ad esse, c'è un bigliettino con una piccola firma: Jack The Ripper, che qualcuno descrive come un tipo basso, col cappotto scuro e una valigia nera nella mano sinistra.

Mentre tutti fanno congetture e la popolazione è terrorizzata, Jack tira fuori il suo lato comico e prende in giro giornali e opinione pubblica inviando lettere e "souvenir"... provenienti dal corpo umano!
La notte del 31 settembre 1888 vengono uccise le prostitute Elizabeth Stride (a Berner Street) e Catharine Eddowes. Entrambe vengono mutilate e accoltellate numerose volte con un bisturi, diversi organi non verranno ritrovati, sul momento, ma spediti insieme a una lettera a capo del comitato di vigilanza di Whitechapel.

La quinta e ultima vittima è Mary Jane Kelly, il 9 novembre, che è poi la vittima il cui corpo verrà deturpato nella maniera peggiore.

Molti sono i sospettati, nel corso del tempo: Montague John Druitt, un medico londinese ritrovato morto nel Tamigi; Aaron Kominski, un parrucchiere ebreo di origine polacca affetto da turbe mentali; Michael Ostrog, un medico russo finito in carcere e in manicomio per vari episodi criminali; e George Chapman, un apprendista medico accusato dell’avvelenamento delle sue tre presunte mogli. 
La pista più complicata è quella che fa riferimento al cosiddetto complotto reale e coinvolge il figlio della regina Vittoria, Alberto Vittorio. Secondo tale pista, il principe ha avuto una figlia da una relazione con una prostituta, e la corona per evitare lo scandalo è stata costretta a rivolgersi a una serie di fiancheggiatori massoni, tra cui lo stesso Jack. Quest’ultimo risolve la faccenda uccidendo tutte le donne che sono a conoscenza della relazione tra il principe e la prostituta.
Poi c'è la teoria della scrittrice Patricia Cornwell, che dà la colpa al pittore Walker Sickert.

Io vorrei.. un paio di libri (on my wishlist)



on my wishlist

Libri finiti in wishlist!!!!!!!!!!

Che ne dite di questi libri che mi piacerebbe leggere?
Li avete letti? Li conoscete?

L'AMORE E ALTRI LUOGHI IMPOSSIBILI
di Ayelet Waldman


L'amore e altri luoghi impossibili
Ed. Rizzoli Superpocket
Bestseller
336 pp
5.90 euro
2011
Una donna che ha perso la strada dell’amore.

Un bambino che non vuol farsi amare.
Un romanzo intenso e inatteso sui desideri più nascosti del cuore


Trama

E solo ora che è troppo tardi capisco che, in qualche modo, quel bambino fastidiosamente precoce, egoista, con i suoi dinosauri e i suoidaimon, i suoi caschi per la bicicletta e la sua intolleranza al lattosio, ha fatto breccia nel mio cuore. Anzi, ha fatto molto più di questo.

Sposare un uomo che ha già un figlio è una cosa, occuparsi del bambino tutti i mercoledì pomeriggio è un’altra…
Innamorandosi di Jack, Emilia pensava di poter costruire un rapporto con William, ma il piccolo, saputello e indisponente, ha la straordinaria capacità di portarla all’esasperazione.
D’altra parte, si deve amare per forza un figliastro?
 Emilia lotta contro i suoi sentimenti quando sopraggiunge il dramma: a pochi giorni dalla nascita, sua figlia Isabel muore all’improvviso.
Per Emilia è il crollo emotivo e la fine di tutto. 
Eppure, a volte l’amore e la felicità si nascondono nei luoghi e nelle persone più insospettabili: sarà proprio grazie a William, in fondo nient’altro che un bambino in cerca d’affetto, che Emilia ritroverà se stessa e tornerà a vivere... 
Con spiazzante sincerità, Ayelet Waldman – la scrittrice che diede scandalo dichiarando di amare il marito più dei suoi figli – esplora in questo coraggioso romanzo le sfumature più intime e segrete dell’amore materno e dell’animo femminile.

L'autrice.
yelet Waldman (1964) è autrice di saggi e romanzi di successo. Il suo ultimo, controverso libro è Sono una cattiva mamma, Rizzoli 2011. Vive a Berkeley col marito, lo scrittore Michael Chabon, e i loro quattro figli.


LA DONNA LEONE
di Erik Fosnes Hansen


Tropea Editori
390 pp
18 euro
Trama

Eva è nata in un piccolo villaggio norvegese. La madre muore di parto e il padre rimane terrorizzato alla vista della neonata: capelli biondo chiaro la ricoprono come una custodia morbida e le danno l'apparenza di un cucciolo di leone. Eva soffre di una rara sindrome: ipertricosi lanuginosa congenita, o irsutismo. Il padre, capostazione del paese, non riesce ad accettarla e la bambina cresce chiusa in casa, in una solitudine popolata di libri. Ma Eva rifiuta l’isolamento imposto e convince il padre a farle frequentare la scuola del villaggio. Gli altri bambini però vedono in lei solo una freak, e prendono le distanze; la Chiesa la fa sentire in colpa; i passanti la additano, i vicini la scherniscono e un uomo di spettacolo la vuole nel suo circo. Solo la scienza si interessa a lei, ma come una curiosità che deve essere messa in mostra e che umilia crudelmente la sua dignità. Nonostante tutti questi tormenti, la ragazza cresce incredibilmente forte. Prima con timidezza e poi sempre più sicura di sé, dimostra una grande voglia di vivere. Anche se è “strana”, tutto è “normale” in lei: pensa e sente come tutte le ragazze, con in più una gran forza di volontà che le permetterà di farsi strada nel mondo. La storia di Eva è una storia di emancipazione che Erik Fosnes Hansen orchestra magistralmente. Ironico e sarcastico, pungente e inquietante, Hansen ha scritto un grande romanzo, la celebrazione di ciò che è più umano nell'uomo.

L'autore.
Erik Fosnes Hansen (1965) è uno dei più celebri scrittori norvegesi contemporanei. Raggiunge il successo con il suo secondo romanzo, Corale alla fine del viaggio (che ha vinto il prestigioso premio norvegese “Riksmålprisen”), seguito da Attimi di segretezza. È membro dell’Accademia norvegese di Lingua e Letteratura, e collabora con varie testate estere.

lunedì 19 agosto 2013

Titoli ... di montagna



Attualmente sono in viaggio verso la Svizzera....!! ^_^

I titoli di oggi renderanno omaggio a questa nazione che mi accoglierà per una decina di giorni... In che modo?
Beh, ho scelto titoli che hanno al loro interno parole che associo alla Svizzera: montagna, lago, neve, sentiero.

VI PIACCIONO? ^_^

LA MONTAGNA DELL'ACQUA LILLA'
(Pepetela, Ed. Sette città)

.

LA CASA SUL LAGO DELLA LUNA
(F. Duranti, Bur)

.

IL SUONO DELLA NEVE CHE CADE
(R. Flanagan, Ed. Frassinelli, 2011)



IL SENTIERO NASCOSTO DELLE ARANCE
(E. Sotiropoulos, Ed. Newton Compton, 2012)

.

Recensione IL BACO E LA FARFALLA di Diego Repetto



Recensione di un libro letto insieme agli utenti di un forum per appassionati lettori (LIBRI CHE PASSIONE) e che mi è piaciuto molto, soprattutto perchè tratto da fatti realmente accaduti!!


IL BACO E LA FARFALLA
di Diego Repetto

Ed. Italia Press
244 pp
12 euro
2011
Sinossi

“Chi sta fuori non si rende conto. Il ritmo della loro vita è scandito dai loro problemi, non dai nostri. Il lavoro, la famiglia e tutto il resto. Un ritmo frenetico, una corsa affannosa senza un attimo di respiro. A loro il tempo manca, a noi avanza… tutto cambia al di là di queste mura. Qui invece tutto resta uguale, cristallizzato. Siamo un baco che mai si trasformerà in farfalla”.

In questo mondo sono sempre i più deboli a pagare il prezzo più alto. Sono coloro che non possono volare ad essere presi ogni volta come capro espiatorio. E non volano non perché non vogliano, ma perché il fato o in molti casi qualcuno più potente ha spezzato loro le ali.

Guido si ritrova bambino con una madre da cercare e un padre da vendicare. Qualche anno dopo, poco più che adolescente, decide di fare i conti con un passato il cui peso si è fatto, col passare del tempo, insopportabile. Una scelta che lo porterà a scoprire molti lati oscuri della sua famiglia e che segnerà per sempre il resto della sua vita.


il mio pensiero

Guido Tommasi è il protagonista di questo romanzo che, come precisa l'Autore stesso, si basa su fatti realmente accaduti e che sono stati raccontati proprio a lui.
Il contesto iniziale dell'immediato dopoguerra l'ho trovato molto interessante e ben presentato, soprattutto nelle problematiche sociali che lo hanno caratterizzato.
La narrazione è in prima persona, un po' come un racconto autobiografico e, come spesso dico, questa scelta narrativa a me sta (quasi) sempre bene, perchè mi aiuta a vedere maggiormente le cose dal punto di vista del protagonista; mi facilita l'immedesimazione, in pratica.

L'infanzia di Guido non è stata proprio tranquilla e questo emerge da subito: cresce senza madre e il padre è il suo primo e concreto punto di riferimento (nonostante non sia facile per il papà stare sempre col bambino), ma purtroppo il destino decide di togliergli anche questa figura importante e di affidare il ragazzetto in un istituto, in cui Guido potrà intrecciare relazioni e amicizie significative, che in qualche modo lo aiuteranno a guardare il mondo con positività!

In particolare, spicca, nell'adolescenza, la figura della signora Milton, la direttrice, un personaggio che compare non moltissimo ma che avrà sempre un influsso positivo sul ragazzo!

Guido però non è un sedentario e crescendo in lui spicca il desiderio di andare in cerca della madre; l'incontro con Costanza però non è come quello sognato per anni.
Questa donna, provata dalla vita, ha la sua famiglia ormai e in essa tutto questo posto per il primogenito abbandonato anni fa non c'è e non ci sarà mai davvero.
Leggendo, ho provato sensazioni per la maggior parte negative per questa donna; sì, è vero che esse sono state un po' mitigate nell'apprendere il suo passato - è troppo facile giudicare le azioni altrui e  la verità non è mai da una sola parte... - ma nel complesso trovo che come madre Costanza sia stata troppo fredda ed indifferente verso suo figlio, che pure cercherà varie volte di metter da parte i risentimenti.

Ma ciò che non riesce proprio a mettere da parte sono gli incubi, frutto di un passato che spesso e volentieri si affaccia a tormentare il presente di Guido: un passato che risale a quando era solo un bambino e i suoi occhi innocenti hanno dovuto assistere all'assassinio della persona per lui più importante al mondo, perduta la quale, Guido si sentirà sempre, ogni tanto e nel corso degli anni, terribilmente solo: quello di suo padre.

E qui arriverà a fare un'azione moralmente da condannare: farsi giustizia da soli non è mai la soluzione giusta e non soddisfa la sete di giustizia ma solo il desiderio di vendetta.
Ma Guido è umano e in lui si è ormai radicata la convinzione di dover far cessare i propri incubi vendicandosi.
L'esperienza che seguirà a questa decisione segnerà il carattere di questo ragazzo, che comunque non è un delinquente e che non avrà difficoltà a reinserirsi nella società.

Anche se, c'è da dire - è un tema che compare nel romanzo - il reintegro degli ex-carcerati è qualcosa che incontra tantissime difficoltà, che poi vanno a sintetizzarsi nel pregiudizio che le persone hanno verso questa categoria di individui...

Ciò che costituirà la salvezza di Guido è l'aiuto esterno di persone che si fideranno di  lui e che gli daranno modo di dimostrare che è un membro della società utile, capace di lavorare seriamente ecc...

Guido riesce a trovare dei punti fermi nella propria vita ma ancora una volta il destino non sarà clemente con lui.
Il baco che era diventato farfalla, attraverso l'esperienza del carcere, si ritroverà a dover affrontare ancora un'altra volta un periodo difficilissimo, da innocente stavolta.

Se leggerete "Il baco e la farfalla" vi accorgerete come a Guido ne capitino davvero di tutti i colori.
Pensate che è una storia vera e che le vicende sono davvero accadute al protagonista!
Fino all'ultima pagina vi stupirete, probabilmente, nel rendervi conto di come la vita non si stanchi di giocare con Guido, di mettergli davanti delle "prove", degli ostacoli, ma vi renderete forse anche conto che il nostro protagonista verrà sì colpito numerose volte ma le sue ali nessuno riuscirà a spezzargliele.... e che nonostante in tanti momenti qualcosa di lui sia "morto", in tanti altri egli ha saputo rinascere.

Un bel libro, che lascia riflettere su molti temi, tra cui in particolare quello del carcere quale mezzo di.... rieducazione? Mhm.... L'autore  pone l'accento sui tanti problemi inerenti il sovraffollamento nelle carceri e il futuro che aspetta coloro che ritornano alla vita normale, dopo aver scontato la propria pena.
Ma ci sono anche tematiche come i rapporti genitori-figli, tra moglie marito, problemi legati al lavoro..., insomma, la vita a 360°.

Una scrittura semplice, scorrevolissima, immediata, dinamica, con un giusto equilibrio tra descrizioni di ambienti e persone, riflessioni personali del protagonista e azione, accompagnata da numerosi colpi di scena.

Consigliato, una bella lettura, che mai rischia di annoiare!

domenica 18 agosto 2013

Segnalazione concorso Antipodes (genere fantasy)



Buon pomeriggio amici!!
Questo post è dedicato agli aspiranti scrittori del genere fantasy, in tutte le sue forme...!!

Leggete con me queste info sul concorso indetto dalla Casa editrice Antipodes.

La Casa Editrice Antipodes s.a.s. indice il I Concorso letterario per romanzi brevi di genere fantasy “Laguz e Berkana”, a partecipazione gratuita con pubblicazione finale delle opere selezionate. Il concorso è finalizzato alla pubblicazione di opere inedite di narrativa scritte in lingua italiana in stile fantasy, in ogni declinazione del genere (urban fantasy, heroic fantasy, epic fantasy, sword&sorcery, new weird, slipstream, steampunk, dieselpunk, …), per dare vita a una collana di qualità che raccolga e promuova i nuovi talenti.

Per partecipare al concorso “Laguz e Berkana”, inviate le vostre opere inedite entro e non oltre il 15 settembre 2013 e atteneteVi scrupolosamente al regolamento

CHE POTETE LEGGERE


RICORDATE: Data scadenza iscrizione: domenica 15 settembre 2013

Anteprima: COME INCIAMPARE NEL PRINCIPE AZZURRO di Anna Premoli



Dopo il successo di "Ti prego lasciati odiare" (che ha vinto ), Anna Premoli torna con...

COME INCIAMPARE NEL PRINCIPE AZZURRO

di Anna Premoli


Ed. Newton Compton
Anagramma
320 pp
9.90 euro
USCITA 5 SETTEMBRE
2013
Trama

Ogni ragazza moderna che si rispetti sogna di sfondare e magari di andare a lavorare all’estero, e Maddison è esattamente come tutte le altre. Solo un po’ meno motivata, e un po’ meno disposta ad andare via delle altre.
Così, quando la promozione arriva sotto forma di un trasferimento in Corea del Sud, Maddy è tutt’altro che felice; è molto meno motivata delle sue colleghe e per nulla attratta dall’idea di stravolgere la sua vita. Come è possibile che abbiano pensato proprio a lei, che del defilarsi ha fatto da sempre un’arte, che ha il terrore delle novità e di mettersi alla prova?
Una volta arrivata in Corea, il suo capo, occhi a mandorla e passaporto americano, non le rende neanche facile adattarsi al nuovo ambiente. Catapultata in un mondo inizialmente ostile, di cui non conosce nulla, di cui detesta le abitudini alimentari e non solo, Maddison si vedrà costretta a tirar fuori le unghie e a crescere una volta per tutte. E non è detto che sulla sua strada non si trovi a inciampare in qualcosa di bello e del tutto imprevisto!

Ecco le divertenti vicende di una ragazza in carriera che si ritrova cittadina del mondo suo malgrado.

L'autrice.
Nata nel 1980 in Croazia, nel 1987 si è trasferita a Milano, dove si è laureata in Economia dei mercati finanziari, presso la Bocconi. Ha lavorato alla J.P.Morgan e, dal 2004, al Private Banking di una banca privata, dove si occupa di consulenza finanziaria e ottimizzazione fiscale. La matematica è sempre stata il suo forte, la scrittura invece è arrivata per caso, come “metodo antistress” durante la prima gravidanza. Ti prego lasciati odiare è stato pubblicato in ebook nell’estate 2012, ed è subito salito ai primi posti nella classifica dei libri più scaricati.

Recensione: 3096 di Natascha Kampusch




Il libro del quale oggi vi parlerò non è un romanzo, non narra "vicende tratte da fatti realmente accaduti", di cui magari sono stati modificati nomi di persone o di luoghi per rispetto della privacy, e non troverete scritto che ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.
No no, qui ogni riferimento è certo e chiaro e si riferisce a persone esistenti, con un nome e un cognome, a fatti avvenuti in un determinato periodo e che resteranno impressi nella mente di coloro che li hanno vissuti.

Ed. Bompiani
293 pp
10.90 euro
2010
Anzi, nella mente di colei che l'ha vissuti, perchè l'altro protagonista non c'è più e non può raccontarci più nulla.
Sto parlando del libro-testimonianza di Natascha Kampusch, la ragazza che sopportò di tutto e credette, contro ogni umana speranza, di poter ottenere la propria legittima libertà.
Una ragazza che si presenta ai nostri occhi molto carina, con i suoi occhioni azzurri e il suo sorriso dolce e un po' malinconico....
O forse siamo noi, che "sappiamo" (o pretendiamo di sapere) la sua storia, che vogliamo vedere in lei quel pizzico di tristezza, di struggimento interiore che una persona, vittima di un sequestro e di una prigionia lunga 3096 giorni (otto anni e mezzo) deve necessariamente portare con e dentro sè, possibilmente tutta la vita, perchè è impossibile dimenticare, gettarsi alle spalle un passato così pesante, doloroso, tragico...
Vero?
Beh, bisognerebbe chiederlo a Natascha, per avere la risposta giusta, quella vera.
Ma credo che, se anche voi leggeste il suo libro, forse come me arrivereste all'ultima pagina con il pensiero che l'Autrice ha dentro sè una forza interiore incredibile grazie alla quale è riuscita a resistere e sopravvivere, a non impazzire, non solo in quel terribile periodo in cui le è stata strappata la vita di bimba e adolescente in seno alla sua famiglia e ai suoi cari, ma anche dopo, quando, una volta libera fisicamente, ha dovuto percorrere un cammino di liberazione da catene e prigioni che la tenevano stretta in una morsa nell'anima, nella mente, nelle proprie emozioni...

Ma forse penserete che sto correndo troppo, che vi sto già dando il mio pensiero e la mia "interpretazione" dei fatti prima ancora di introdurvi i fatti stessi.
Come al solito, sto scrivendo il mio parere su un libro appena terminato lasciandomi prendere dall'emotività e rischio di non essere troppo razionale nell'esporvi le cose con ordine.
natascha
Ma che razionalità volete che mantenga nel parlarvi di una storia di schiavitù e soprusi, perpetrati per 3096 giorni da un uomo disturbato all'indirizzo di una bambina/ragazzina impaurita e sola?

Forse sarebbe stato più logico iniziare con il racconto della storia nuda e cruda, chissà magari con un incipit del tipo "Il tempo per Natascha Kampusch si è fermato il 2 marzo 1998, quando un uomo dall'aspetto inoffensivo l'ha sollevata di peso, mentre lei stava andando a scuola, l'ha caricata sul proprio furgone bianco e l'ha rapita, segregandola in cantina per otto lunghi anni...".
Ecco, magari questo sarebbe stato l'inizio giusto, conciso e chiaro, un punto di partenza da cui poi dire tutto il resto.
Ma questa è la storia che sappiamo tutti (quanto meno tutti quelli che hanno seguito o ricordano o si vorranno informare sul "caso Natascha") e non è quella che la protagonista e Autrice ci racconta.

Natascha ci conduce per mano nella segreta che l'ha vista segregata per anni e anni, e ci lascia dare uno sguardo ad essa, alla sua vita lì dentro, alle sue lacrime, ai maltrattamenti subiti, ai chili persi, ai suoi pensieri negativi e a quelli "fiduciosi", necessari per poter sopravvivere al rapitore e per continuare a sperare che di lì, presto o tardi, sarebbe fuggita.

"3096" è la storia di una ragazzina che, fino a dieci anni, ha vissuto un'infanzia come tanti; certo, non le sono mancati molti momenti di tristezza, di problemi: è la figlia di una coppia che prestissimo giunge a separarsi per incompatibilità caratteriale.
Suo padre passa le giornate a bere e porta spesso con sè la piccola e paffutella figlioletta nei locali, dove i suoi amici la vedono, le fanno una carezza e poi la ignorano, perchè è solo una bambina in mezzo a tanti adulti.
Sua madre è una donna forte, razionale, decisa a non lasciar spazio all'emozionalità e questo lo trasmette alla figlia che, da piccola, soffre la durezza della madre perchè desidererebbe da lei più dolcezza, meno asprezza nei rimproveri, ma dall'altra questo muro di difesa emotiva le tornerà utile durante gli anni di prigionia.
E' una bimba solitaria, timida, il cui aspetto fisico (grassottello) la fa sentire un po' a disagio; per non parlare dei problemi di enuresi diurna e notturna, che le attirano gli scherni e le sgridate sarcastiche e/o adirate di grandi e piccini...
Avvertiamo, leggendo le prime pagine del libro, tutte le paure e le fragilità della piccola Natascha, il suo sentirsi a volte tanto sola in mezzo a tanta gente, la sensazione di inadeguatezza.
Sono tutte caratteristiche che in qualche modo favoriranno il processo di umiliazione e schiavitù psicologica di Priklopil verso la sua vittima, che lui mira a tenere soggiogata non solo nella mente ma anche nel corpo.
Forse, come me, anche voi resterete inizialmente stupiti nel leggere come il rapitore nei primi tempi sia stato addirittura "gentile" con la piccola e spaventata Natascha, esaudendole ogni piccolo desiderio, dandole da mangiare ciò che lei chiedeva.
Tutte strategie che nascondevano ben altri progetti crudeli ma che certo la piccola non poteva immaginare.

Il terrore di trovarsi in una cantina fredda e buia verrà presto accompagnato dalla paura che l'uomo le farà ciò che lei aveva sentito dire tante volte in tv  e che era accaduto ad altre bambine: rapita per essere violentata e poi uccisa.
Ma Priklopil ha altri piani: lui vuole una schiavetta tutta per sè, che gli faccia i lavori di casa, che gli prepari da mangiare, che lo soddisfi in tante sue richieste.
Vi dico subito che Natascha non ha mai, nel suo libro, parlato di abusi di natura sessuale, dichiarando che quella "sfera" della propria prigionia è sua e solo sua e che non ritiene opportuno renderla pubblica.

Ciò che mi sento di evidenziare di questa terribile testimonianza è come Natascha abbia trovato la forza e il modo per non lasciarsi andare in una situazione umanamente insopportabile.
Stiamo parlando di una bambina di dieci anni, strappata alla propria vita, alla propria casa, alla propria famiglia e portata in una stanza fredda e puzzolente di umidità, e da quel momento in contatto solo con lui, il rapitore.
Quello che si nota è il fatto che la ragazza sottolinei proprio questa cosa per aiutarci a capire cosa le ha permesso di sopravvivere: non è stato solo il pensiero della fuga (che ha avuto sì da subito, ma che non è stato un pensiero costante...) o della vendetta, bensì l'idea che di fronte a sè aveva UN UOMO, un essere umano, l'unico essere umano a lei vicino in quegli anni, l'unico cui aggrapparsi comunque, per non sentirsi COMPLETAMENTE SOLA, l'unico che poteva provvedere ai suoi bisogni urgenti: la mano che vorresti mordere è la stessa che ti può dare da mangiare!

Non solo, ma Natascha ha mostrato un'incredibile forza anche nel perdonare più volte quell'uomo; se non l'avesse fatto, l'odio l'avrebbe divorata, consumata e che ne sarebbe stato di lei?

Un aspetto che mi ha fatto riflettere molto e mi ha fatto soprattutto pensare quanto sia difficile giudicare certe situazioni assolutamente straordinarie e che non tutti (grazie a Dio) sperimentiamo, è il fatto che Natascha si sente vittima due volte.
In che senso?
A farla sentire vittima due volte è l'opinione della massa (dalla polizia alla gente comune); come se la violenza di un sequestro lungo più di otto anni (costellato da maltrattamenti e umiliazioni) non fosse sufficiente a rendere una persona vittima, ad esso si aggiunge il giudizio di chi crede assurdo e singolare che Natascha possa mostrare comprensione, pietà, perdono per il proprio sequestratore, verso il quale è comprensibile che si debba provare solo odio, disprezzo...!
E di fronte al paradosso di questi sentimenti ritenuti ambigui e contrastanti, ecco che giungono in aiuto la medicina e la psichiatria, con i loro paroloni e le loro etichette: "Sindrome di Stoccolma".


Particolare stato psicologico che può interessare le vittime di un sequestro o di un abuso ripetuto, i quali, in maniera apparentemente paradossale, cominciano a nutrire sentimenti positivi verso il proprio aguzzino che possono andare dalla solidarietà all’innamoramento. L’espressione fu usata per la prima volta da Conrad Hassel, agente speciale dell’FBI, in seguito ad un episodio avvenuto in Svezia nell’agosto del 1973: quattro impiegati di una banca di Stoccolma, tenuti in ostaggio da due rapinatori per sei giorni, una volta rilasciati, espressero sentimenti di solidarietà verso i sequestratori arrivando a testimoniare in loro favore, con manifestazioni di ostilità verso il mondo esterno (polizia, autorità, ecc.). Gli effetti a breve e lungo termine sono caratterizzati da una sintomatologia ansiosa, disturbi fisici e psicofisici e sintomi depressivi. (Treccani).


Come risponde Natascha davanti a questo tentativo di rinchiuderla in un'etichetta patologica, in modo da "giustificarle" i suoi sentimenti ambivalenti verso il proprio aguzzino?

"Una diagnosi che io rifiuto decisamente. Perchè, per quanto gli sguardi di coloro che buttano  là questo concetto, possano essere pieni di compassione, l'effetto è terribile. Questo giudizio rende la vittima, infatti, due volte vittima, perchè la priva dell'autorità di interpretare la propria storia; gli avvenimenti più importanti della sua esperienza vengono così liquidati con le aberrazioni di una sindrome. E proprio quel comportamento, che ha contribuito in modo decisivo alla sopravvivenza del prigioniero, viene giudicato quasi sconveniente".

Ciò che dice Natascha è che la gente vuol vederla eternamente vittima, sofferente, si stupisce e storce il naso con diffidenza davanti ad una ragazza che cerca di vivere, di riappropriarsi della propria esistenza dopo un'esperienza tanto traumatica.
Una ragazza che, da bambina, a un certo punto ha fatto un patto con la se stessa di 18 anni: Tirami fuori di qui, chiede la Natascha bambina alla Natascha maggiorenne.

Passeranno 8 anni e mezzo, 3096 giorni: ore, settimane, mesi, anni... in balia di un folle, di un uomo infelice, solo e paranoico, che cercherà in tutti i modi di spezzare la personalità della sua giovane vittima per renderla sua in ogni senso, finchè un giorno come un altro, il 23 agosto 2006, la Natascha grande mantiene la sua promessa alla se stessa di qualche anno fa.
La libera.
Via, fuori dalla prigione, da una non vita nelle mani di un uomo che, pur essendo stato per lei l'unico riferimento per tanto tempo, resta un criminale, un pazzo, uno che le ha rubato la libertà e che stava uccidendo tutto di lei.

Consiglio questa lettura a chi ama le storie vere, anche forti, per avere una vaghissima idea di quale tipo di trauma vivono le persone rapite, ma anche quali grandi ed insospettabili risorse emotive e psichiche l'essere umano è capace di tirar fuori per salvarsi dal baratro e dalla morte.


manifestino diffuso
dopo la scomparsa

rapitore
porta di cemento che conduceva
alla segreta


AP Photo / polizia austriaca / ho
cantina in cui fu rinchiusa Natascha per 3096 giorni
La casa del reo nel caso Kampusch, Wolfgang Priklopil in Strasshoff a Vienna (foto d'archivio del 24 agosto 2006).
casa del rapitore a Strasshof



sabato 17 agosto 2013

Mini-recensione: IL GOLEM di Gustav Meyrink



Un romanzo gotico, connotato da un'atmosfera cupa, misteriosa, a tratti soffocante, che scaraventa il lettore in una Praga, buia, popolata da personaggi legati al mondo dello spiritismo e dell'occultismo:  un immenso ed interminabile incubo da cui non ci si riesce a svegliare.




IL GOLEM
di Gustav Meyrink



La storia narra di Athasius Pernath, intagliatore di pietre preziose. Un uomo scambia un giorno, nel duomo di Praga, il suo cappello con quello di Pernath, e rivive come in una visione la sua vita nell'antico ghetto di Praga.
Accanto a Pernath sono due figure principali: il vecchio rigattiere Aaron Wassertrum, che funge nel racconto da genio del male; e Hillel, impiegato al municipio ebraico, e che funziona da genio del bene. Vi è inoltre lo studente di medicina Charousek, suo figlio naturale e giustiziere; e Miriam sua figlia.



Il protagonista è colui che scambia il cappello di un certo Pernath vivendo, o meglio rivivendo, degli episodi strambi e un tantino angoscianti, propri della vita di questo individuo.

La storia, che si snoda attorno a questo mastro intagliatore, Pernath, e alle persone che vivono vicino casa sua, a cominciare da Wassertrum, brutto come la morte (ha il labbro leporino e questa caratteristica fisica lo rende, agli occhi del protagonista, sgradevole a guardarsi) non solo fisicamente, ma più che altro moralmente, nell'animo: è infatti malvagio, avaro, pronto a far del male per difendere i propri interessi.

E poi ci sono alcuni grotteschi amici con cui il protagonista trascorre parte del suo tempo e che gli raccontano una serie di storie strane, quale quella del Golem, di cui abbiamo visto qualche notizia in un post  dedicato proprio a questa figura leggendaria.

Questo essere indefinibile e inquietante si intreccia con gli incubi claustrofobici del protagonista, che spesso e volentieri si ritroverà a vivere esperienze "extra-corporali", come se uscisse dal proprio corpo o dalla propria anima per guardarsi dall'esterno, o meglio ancora, come se sentisse di "sdoppiarsi" in un altro Io, che lo fissa e gli si rivela in determinati momenti.

C'è il tisico e magrissimo Charousek, che vive solo ed unicamente per vendicarsi del rigattiere malvagio; ma soprattutto ci sono il rabbino Hillel, visto come figura positiva, saggia, con una grande conoscenza di tutti i segreti della cabala ebraica, e sua figlia Miriam.
Miriam è l'unico personaggio che mi ha colpito positivamente, perchè è ingenua, semplice, fiduciosa: vive ogni giorno aspettando un miracolo, che non è necessariamente qualcosa di grandioso, ma anche solo trovare una monetina per poter comprare qualcosa da mangiare giorno per giorno.

A un certo punto, tra i deliri cui è soggetto il protagonista - che a volte si immedesima totalmente in Pernath, altre volte capisce che non è lui e questo lo fa sentire enormemente a disagio, fuori da se stesso - c'è anche un episodio che ha un che di kafkiano: l'uomo viene accusato di un omicidio ingiustamente e trascorrerà dei mesi in prigione, in una cella piccola ed angusta, al buio.

Tutto il libro è attraversato da un'atmosfera cupa, misteriosa, a tratti soffocante, se ci si immagina davvero per le strade di Praga, al buio, "inseguiti" da storie e personaggi legati al mondo dello spiritismo e dell'occultismo, come in un immenso ed interminabile incubo da cui non ci si riesce a svegliare.
Devo dire che il finale non mi ha spiazzato in male ma in bene, perchè se fosse finito diversamente da come l'ha pensato l'Autore, davvero poi non c'avrei capito nulla e mezzo.

Insomma, ve lo consiglio o no....?
Sì, se siete tra coloro cui piacciono le storie al limite della follia, dell'allucinazione, un po' inquietanti, con personaggi loschi e atmosfere surreali e "gothic", allora potrebbe piacervi e, magari, attirarvi verso Praga, che è una città bellissima! ^_^

Consigli per gli acquisti: QUALCHE PIANO OLTRE di Sabrina Gregori



Ed eccomi col segnalarvi un libro dalla trama molto misteriosa!!!

QUALCHE PIANO OLTRE
di Sabrina Gregori


Ed. Linee infinite
256 pp
12 euro
2013
Trama

Nella cornice di un cortile condominiale degli anni ’70, Sara e Paolo vivono la loro infanzia uniti da
una forte amicizia. Pomeriggi d’estate si allungano tra giochi con gli amici, sogni di supereroi e
innocenti fughe in un luogo appartato, solo per loro due, la tana. 
Qui, un giorno, Sara trova dei disegni nascosti, figure di mostri intrappolate nei fogli di carta: è il segreto di Paolo, tormentato da visioni pericolose e inconfessabili, segni di una realtà che nessuno può comprendere. 
Per impedire che anche Sara ne diventi vittima, Paolo la prega di dimenticare ciò che ha visto, e l’amica cancella l’episodio dalla memoria. 
I due bambini diventano adulti e l’amicizia si trasforma in un sentimento più intenso, ma la vita di Paolo si copre di ombre che Sara cerca di scacciare, fino a quando... 
In un giorno come tanti, Sara va a far visita a sua madre, nella stessa palazzina in cui è cresciuta. Entra nell’ascensore e preme il tasto per salire al terzo piano, ma quello che sembra un semplice gesto si rivela una scelta che cambierà la sua esistenza. 
Chiamata a salvare il suo amico di sempre, Sara supererà i limiti della morte, varcherà le porte dell'inimmaginabile e si troverà a fare i conti con il passato e con i suoi sentimenti, in luoghi dove la paura prende molte forme e il coraggio ha i contorni dell’infanzia.
Qualche piano oltre è un viaggio che sfida il tempo e lo spazio, uno sguardo attento nell’animo di una donna capace di affrontare un percorso di riscatto e consapevolezza interiore.


L'autrice
Sabrina Gregori, nata a Trieste, classe '68. Laureata in Scienze Politiche, ha lavorato per anni nel campo della formazione. È attrice di teatro amatoriale e si diletta nello studio del canto mo­derno. Ama andare a cavallo nei boschi, osservare le mosse sinuose dei suoi due gatti e leggere. Nel 2010 ha pubblicato il suo primo libro, TRE INNOCUI DELIRI (Ibiskos Editrice Risolo), una raccolta di racconti dal profilo inquietante, con cui ha partecipato al Festival letterario Grado Giallo. Ha proseguito le sue indagini nelle pieghe oscure dell'animo umano pubblicando poi altri racconti in alcune antologie e sul web. QUALCHE PIANO OLTRE è il suo primo romanzo. Immagina di entrare in un ascensore e premere il tasto del tuo piano. Immagina che l'ascensore non si fermi, ma prosegua ininterrottamente la sua corsa. Immagina che all'aprirsi delle porte la familiare realtà sia completamente trasformata. Ora immagina che sia tutto vero.


Recensione I GIORNI DEL TE' E DELLE ROSE di Jennifer Donnelly



il mio pensiero

I GIORNI DEL TE’ E DELLE ROSE
di Jennifer Donnelly


Ed. Sonzogno
Un romance corposo ma assolutamente piacevole e avvincente, per i miei gusti!
Quella narrata dalla Donnelly è una storia densa di avvenimenti, colpi di scena, con personaggi ben caratterizzati, a cominciare dalla protagonista, Fiona Finnegan.
Fiona è una diciassettenne di origini irlandesi, che vive a Londra, a Whitechapel (quartiere londinese, zona est); suo padre lavora al porto e lei è impiegata presso la Burton Tea, un’azienda molto importante che commercia tè.
La vita di Fiona procede serena e piena, circondata com’è dal calore della famiglia e dall’amore dell’uomo che ama, il giovane Joe Bristow, venditore ambulante di frutta e verdura.
I due ragazzi si conoscono e si amano praticamente da sempre; pur non vivendo nelle agiatezze e pur lavorando ogni giorno con fatica, i due conservano un sogno comune: aprire una drogheria, un negozio in cui vendere tanti prodotti di prima necessità ma anche di prima qualità, e per cercare di realizzare il prima possibile questo progetto, Fiona e Joe stanno mettendo da parte del denaro, uno scellino alla volta.
Sentir tintinnare il “salvadanaio” (una lattina  di cacao) li rende euforici ed eccitati e ogni volta che aggiungono anche solo qualche penny, sono già felci.
Ma la vita nel vecchio quartiere londinese, negli anni Ottanta dell’Ottocento, non è affatto facile e i sogni dei due innamorati devono fare i conti con la realtà circostante.
Anzitutto, i problemi economici, che vanno a incrociarsi con quelli sindacali, con i diritti dei lavoratori che non vengono assolutamente rispettati.
Il padre di Fiona, il buon Paddy Finnegan, è un sindacalista e, insieme ad altri colleghi, si impegna a far nascere nei colleghi una coscienza sociale, per pretendere un aumento salariale che non è che uno dei tanti diritti di cui il capo dell’azienda priva i suoi dipendenti.
Chiaramente, questa situazione è tutt’altro che rosea e il padre di Fiona incontrerà non pochi problemi nella sua lotta sindacale…
A questo si aggiunge l’atmosfera di terrore che aleggia per le strade e i vicoli di Whitechapel: un pericoloso serial killer va adescando delle prostitute e poi le ammazza crudelmente, infierendo sul loro corpo a colpi di coltello.
E chi sarà mai quest’assassino?
Immediatamente gli viene affibbiato il soprannome di Jack Lo Squartatore, dalla polizia, come dalla stampa, come dalla gente comune.
Ma nonostante tutto, il mondo di Fiona resiste, sta in piedi e lei prosegue a testa alta e con entusiasmo, lavorando e mettendo da parte i suoi scellini, mentre cerca di essere utile alla sua bella famiglia: il caro papà Paddy, la bella e saggia mamma Kate, il fratello minore Charlie, un po’ testa calda ma in fondo un bravo ragazzo, il piccolo Seamie, di quattro anni e l’ultima arrivata, la piccola Eileen; per non parlare degli amici, dal caro e buono “zio” Roddy, un agente di polizia, amico di famiglia, alla mamma di Joe, Rose.
Ma il bel quadro familiare si frantumerà ben presto e i sogni di un futuro come commerciante, nonché moglie di Joe, cominceranno a sfumare in modo drammatico.

Il “male” si insinuerà come un serpente, strisciando silenzioso, e come il serpente dell’Eden inizialmente avrà sembianze positive. Joe, stanco di lavorare obbedendo al padre dalla mentalità chiusa, che non ha “mire espansionistiche” e non crede di dover modificare e migliorare il proprio modo di lavorare per aprirsi margini di guadagno maggiori, decide di accettare una allettante proposta di lavoro a Covent Garden, da parte di un imprenditore, tale Tommy Peterson
E in effetti imparerà un sacco di cose e accrescerà le proprie competenze di commerciante, essendo già lui portato per questo e avendo da sempre tante belle idee e un grande entusiasmo; ma lontano dalla famiglia e dalla sua ragazza – che pure cerca di tranquillizzare, dicendole che con questo lavoro metterà da parte più soldi e più velocemente per poter aprire il loro negozio -, Joe si ritroverà invischiato suo malgrado in un ambiente che tenterà di “risucchiarlo”, allontanandolo dalla gelosa Fiona, che col suo istinto di donna capisce che sta rischiando di perdere il suo Joe..

Il mondo di Fiona comincerà  ben presto a crollarle addosso e diversi colpi di scena condurranno la bella, spaventata ma coraggiosa Fiona, a prender la manina del piccolo Seamie e a fuggire alla svelta da Londra, salpando su una nave della White Star (la stessa compagnia del Titanic), in compagnia di un giovanotto strambo ma simpatico e onesto (Nick) conosciuto per caso, e approdando in America, a New York, dove vive uno zio, fratello del padre, possessore di una drogheria, in cui Fiona intende imparare tante cose per aprire un giorno il proprio negozio (sogno che comunque non ha smesso di custodire).

Sola, senza famiglia e senza l’amore di sempre, Fiona non troverà a New York la situazione ”idilliaca” che sperava, ma questo non le impedirà d fare come sempre: alzare il mento, arrotolarsi le maniche e mettersi a lavoro per partire da zero e costruirsi un futuro.
La grinta e la determinazione di questa giovanissima ragazza, che non ha ancora 18 anni ma i cui occhi e le cui orecchie hanno visto e udito di tutto e il cui cuore nasconde pesi troppo grandi per una fanciulla, attraversano tutte le pagine di questo libro, in cui impariamo a conoscere Fiona ed apprezzarla, ammirarla per il suo carattere forte, non privo di fragilità, certo, ma capace di andare avanti nonostante le lacrime e i tanti momenti di solitudine, di disperazione, sempre circondata da persone che le vogliono bene e che le saranno di grande aiuto per realizzare i propri sogni, andando anche al di là delle proprie aspettative.

Un sogno che ha il sapore deciso e delizioso del tè e l’odore delicato delle rose tè.

Un sogno che si realizza non solo grazie alla caparbietà e alla forte personalità di colei che continua a crederci, ma anche grazie alla presenza di persone sincere e affettuose nelle quali, pure nella sconosciuta e frenetica New York, Fiona riesce a porre la propria fiducia.
Certo, non sarà sempre facile la via per il raggiungimento dei propri sogni e attraversandola Fiona incontrerà diverse persone e un paio di uomini, ai quali in qualche modo si legherà: Will McClane e Nick Soames, entrambi affettuosi con lei, sinceri nei loro sentimenti e, in qualche modo, entrambi ricambiati.
Ma nulla che somigli vagamente all’amore ardente e alla passione travolgente che il suo cuore e il suo corpo hanno provato con e per Joe.

Distanti chilometri e chilometri, divisi dall’oceano, entrambi vivono struggendosi l’un per l’altra, credendo che sia ormai troppo tardi e che ognuno ha ormai la propria vita.
Ma ci sono fuochi che non si possono estinguere e ciò che lega Joe e Fiona è qualcosa che mira a durare per sempre, a superare matrimoni sbagliati, risentimenti, destini avversi, anni di lontananza.

I giorni del tè e delle rose è una splendida storia d’amore, in cui quest’ultimo c’è in tutte le sue forme: l’amore tra i membri di una stessa famiglia, tra due innamorati, l’amore per il proprio lavoro, l’amore non corrisposto, l’amore non compreso (come quello omosessuale), l’amore che caratterizza la vera amicizia.

È anche una storia di rivincite, vendette, di odio e di crudeltà, sentimenti davanti ai quali Fiona non riuscirà mai ad abituarsi e che anzi la spingeranno a stringere i denti e ad andare diritta per la sua strada, a volte con successo, altre volte correndo rischi incredibili, ma sempre con la determinazione di chi agisce per amore, per il senso di giustizia, per orgoglio, per rispetto verso se stessi e i propri valori.

Diversi sono i personaggi che satellitano attorno alla testarda e bella protagonista, alcuni ci faranno indignare, altri ci commuoveranno o ci faranno sorridere di simpatia e tenerezza, ma è probabile che comunque non li dimenticheremo in fretta.

Un romanzo che ho letto in tutta fretta, non perché qualcuno mi corresse dietro ma per la voglia di andare avanti, di scoprire insieme a Fiona cosa le riservava il giorno dopo.
Fiona è un personaggio femminile che spesso mi ha ricordato Rossella O’Hara, anche se rispetto a quest’ultima, Fiona è molto più generosa, sensibile verso il prossimo, fedele all’amore che vive nel proprio cuore coma una fiammella inestinguibile; però le accomuno per la stessa forza, audacia, capacità di tenere la schiena dritta e il mento su, pronte a stringere i pugni e a guardare verso il futuro con il desiderio di prenderlo in mano e non di lasciarsi sopraffare dagli eventi (tragici) che la vita spesso riserva.
Anche il personaggio maschile mi è piaciuto molto, e in generale i personaggi principali sono ben tratteggiati e la stessa tecnica narrativa scelta dall’Autrice (sempre in terza persona) ci permette di vedere le cose da diversi punti di vista e di “sbirciare” in diverse vite, così da “sentire” le vicende più da vicino.

L’ambientazione anglo-americana della seconda metà dell’Ottocento, il riferimento a Jack Lo Squartatore, la descrizione vivida e vivace dei quartieri, delle persone, dei mercati, mi hanno catturata e immersa in quel contesto, come se fossi lì e potessi sentire odori, sapori, voci...

E’ il primo libro della Donnelly che leggo e non sarà l’ultimo; ho già pronto “Come una rosa d’inverno”, da portare con me in vacanza e da “spolpare” in auto, nel corso di 12 ore di viaggio dalla Puglia alla Svizzera.!! ^_^

Ok, non so se si è intuito, ma lo consiglio vivamente a chi ama il genere romance!!
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