Nel romanzo-inchiesta"Il mistero del bosco. L'incredibile storia del delitto di Arce" il giornalista Pino Nazio espone, con un linguaggio chiaro e accessibile a tutti il caso, attualmente irrisolto, dell'omicidio di Serena Mollicone.
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Sovera Ed. 128 pp 15 euro
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La diciottenne di Arce scompare da Isola Liri il primo giugno del 2001; il suo corpo senza vita viene ritrovato due giorni dopo da una squadra della protezione civile, nel boschetto di Fontecupa.
Serena ha le mani e i piedi legati, un sacchetto di plastica le avvolge la testa; sul sopracciglio sinistro c'è una ferita provocata da un colpo violento, che non l'ha uccisa ma stordita: è morta, infatti, per soffocamento, dopo una lenta agonia. Chi le ha tolto la vita, l'ha portata nel bosco poche ore prima del ritrovamento.
Chi e perché si è macchiato di questo orrendo delitto? Chi poteva volere la morte di una ragazza così giovane, da tutti in paese conosciuta come una studentessa allegra, solare, altruista e gentile, tanto con le persone che con gli animali?
Ad oggi, dopo ben ventuno anni da questa morte assurda e violenta, non c'è nessun colpevole.
È di pochi giorni la notizia dell'assoluzione, da parte della Corte di Assise di Cassino, dei cinque imputati (l’ex maresciallo Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco, il luogotenente Vincenzo Quatrale e l'appuntato Francesco Suprano - con diversi capi d'accusa -) "per non aver commesso il fatto".
La sentenza ha fatto discutere e ha suscitato molta amarezza e delusione, perché la domanda su chi abbia ucciso Serena resta e ci ricorda che l'assassino (o gli assassini) è ancora a piede libero e finora l'ha fatta franca.
Il padre della vittima, Guglielmo Mollicone, sin dal primo istante non ha smesso di lottare perché la verità su cosa sia accaduto alla sua amatissima figlia venisse fuori, ma purtroppo è morto due anni fa privato della (comunque magrissima) consolazione che fosse fatta giustizia e che la morte di Serena non restasse vana.
"...non è vero che tutte le morti sono uguali: alcuni dei modi in cui lasciamo il transito terreno sono più duri da digerire. Una morte violenta per mano di altri uomini non ha niente di naturale, di scontato, accade semplicemente perché nell’indole umana, negli aspetti più reconditi, si annidano comportamenti
inspiegabili, comportamenti contro natura."
L'autore inserisce la narrazione dei fatti reali in una cornice fittizia, romanzata, immaginando due amici (Lorenzo e Jacopo, già presenti nel
libro su Emanuela Orlandi) che si incontrano per parlare del caso della ragazza uccisa nel frusinate nel 2001; con il contributo di un'amica di Lorenzo, Jacopo ha modo di immergersi, prima ancora che nella sequenza di eventi che hanno caratterizzato il delitto in oggetto, nel contesto famigliare in cui è nata e cresciuta Serena.
Si parte infatti col disegnare la situazione della famiglia: il matrimonio di Guglielmo con Bernarda, l'attività della cartoleria, il lavoro come maestro delle elementari, e poi l'arrivo della primogenita (Consuelo), anni dopo quello di Serena, le affinità tra Bernarda e Consuelo e tra Guglielmo e Serena, e poi il dramma della malattia della mamma e la sua prematura dipartita, quando la piccola di casa aveva solo otto anni.
Una variabile importante per inquadrare ciò che è accaduto a Serena riguarda il fatto che nella zona di Arce e nel suo circondario era diffuso l’uso e lo spaccio di droga: droghe leggere, come hashish o marijuana, ma anche droghe pesanti, eroina e cocaina.
Nel giro di amicizie e nella comitiva di cui faceva parte la ragazza purtroppo non mancavano personaggi poco raccomandabili, che fossero ragazzi dediti all’uso quotidiano di droghe pesanti o spacciatori.
Questo aspetto è fondamentale in quanto la ricerca del movente e dell'assassino si è diretta, da un certo momento in poi, proprio su questo sentiero.
In ventuno anni diverse sono state le piste investigative e anche i sospettati; in particolare citiamo Carmine Belli, un carrozziere di Arce che conosceva Serena (era solito darle un passaggio in macchina; la ragazza chiedeva spesso l'autostop) e su cui sono caduti i sospetti degli inquirenti, tanto da incarcerarlo per poi però tornare libero in quanto l'uomo non aveva a che fare con l'omicidio, non avrebbe avuto materialmente modo e tempo per commetterlo, e anzi il suo impianto accusatorio sembrava piuttosto costruito a tavolino, come a voler trovare per forza il colpevole, o meglio il capro espiatorio.
Ma a dare una virata al "giallo di Arce" e ad alimentare la speranza di Guglielmo circa la possibilità concreta di arrivare alla verità, ci pensa il brigadiere Santino Tuzi, sette anni dopo l'omicidio: l'uomo racconta al magistrato titolare delle indagini di aver visto Serena Mollicone entrare in caserma verso le 11.30 di quel primo di giugno e recarsi al piano di sopra per parlare col comandante o comunque con qualcuno cui potesse dire ciò che le premeva raccontare.
Ebbene, a detta del Tuzi (che, ricordiamo, muore suicida nell'aprile del 2008, pochi giorni dopo la confessione davanti al magistrato), la ragazza lui non l'ha vista scendere, pur essendo rimasto in servizio fino a dopo le 14.
Se la testimonianza dell'uomo era vera, cosa poteva implicare? Che Serena fosse stata vittima di un'aggressione - e quindi poi della volontà omicida - di qualcuno all'interno della caserma di Arce? E perché qualcuno di questi uomini con la divisa avrebbe dovuto azzittirla?
Forse Serena si era recata lì per denunciare qualcuno di sua conoscenza che, purtroppo, spacciava droga?
I sospetti cadono su Marco Mottola, il figlio dell'ex maresciallo, anche perché all'inizio delle indagini c'era stata pure la testimonianza di una barista, che aveva dichiarato di aver visto Serena, la mattina della scomparsa, scendere da una Lancia Y, lo stesso modello di auto di Marco; la donna però aveva poi ritrattato...
Pino Nazio, quindi, ci fa ripercorrere le tappe che hanno contrassegnato gli anni di indagini, le piste e le ipotesi investigative, gli errori, i particolari strani ed inspiegabili, come il cellulare di Serena che scompare e riappare "magicamente" nel cassetto della cameretta, o Mottola padre che, senza mandato e in via del tutto informale, si reca a casa Mollicone per prendere diari o quant'altro potesse risultare utile alle indagini (?!)...
Ma soprattutto ciò che resta impressa è la tenacia, la caparbietà di un padre coraggio che non si è mai arreso finché è stato in vita, ma ha sempre tenuto accesi i riflettori e l'attenzione sull'omicidio della sua bambina, anche se purtroppo, come dicevamo, è deceduto senza ottenere le risposte e la giustizia che cercava.
Le domande sui responsabili e sul movente del delitto di Arce restano attualmente ancora senza risposte, ma ci auguriamo che non sia così per sempre e che questo non sia uno dei tanti cold case che, con gli anni, finiscono nel dimenticatoio o vengono tutt'al più ricordati proprio perché sono dei "gialli irrisolti" e fitti di mistero.
Un libro-inchiesta breve, fruibile, molto fluido nello stile e agile nel ritmo, interessante per chi desidera avere una comprensione ordinata, immediata e chiara degli elementi principali di questo caso.