Con una scrittura dettagliata e viva, Grossman ci parla di sentimenti e di rapporti famigliari attraverso gli occhi, i pensieri, i gesti di una donna che cerca di affrontare, facendosi forza e armandosi di un vigore che forse non sapeva di possedere, un dolore che - lei è convinta - quasi certamente arriverà a lacerarla.
A UN CERBIATTO SOMIGLIA IL MIO AMORE
di David Grossman
Ed. Mondadori 780 pp 15 euro 2008 |
La nostra storia è ambientata in Israele e il primo incontro con i tre personaggi principali avviene quando essi sono ricoverati in un ospedale, durante la guerra dei sei giorni.
Avram, Orah e Ilan, sedicenni, sono ricoverati nel reparto di isolamento di un piccolo ospedale di Gerusalemme.
Mentre il conflitto impazza, nelle lunghe e buie ore del coprifuoco i tre ragazzi fanno conoscenza e, parlando e ascoltandosi, nascerà un'amicizia che si trasformerà, molto tempo dopo, in un legame indissolubile, in amore, in una sorta di triangolo difficile da sciogliere.
La Orah 16enne è un tipetto sveglio ma insicuro, sempre convinta di fare e dire le cose sbagliate; nel suo cuore ce'è una ferita profonda: la morte tragica ed improvvisa della sua amica del cuore, Ada. Dopo di lei, la vita della giovanissima Orah subisce una chiusura, come se da quel momento nel cuore della ragazza si fosse aperta una voragine, un deserto che le impedisce di sentirsi viva.
L'incontro con un ragazzo ricoverato, Avram, cambierà tutto.
Avram è un ragazzo intelligentissimo, con un animo da artista, creativo, pieno di idee, capace di giocare con la fantasia e con le parole in modo ammirevole; si innamora subito di Orah e anche lei sente un certo sentimento nei suoi confronti; ma in ospedale c'è anche il bell'Ilan, pure lui ricoverato, e nonostante all'inizio questi sia indifferente a Orah, sarà con lui che più di trent'anni dopo la troveremo sposata e con due figli, Adam e Ofer.
Il matrimonio però sta avendo un momento di forte crisi: Orah e Ilan si sono separati e lei vive praticamente da sola; Adam, infatti, ha scelto di vivere col padre, e Ofer finora è stato nell'esercito.
Proprio quando Orah è convinta che il secondogenito stia per tornare a casa, Ofer le comunica di aver scelto di partecipare a un'incursione in Cisgiordania sebbene siano ormai i suoi ultimi giorni di ferma.
Orah, che aveva progettato una gita a piedi con il figlio per festeggiare la fine del servizio militare, decide di partire lo stesso, senza di lui.
Orah, che aveva progettato una gita a piedi con il figlio per festeggiare la fine del servizio militare, decide di partire lo stesso, senza di lui.
A spingerla è un oscuro presentimento che si agita dentro di lei: Orah sente che restare a casa significa starsene ferma ad aspettare che qualcuno, dall'esercito, giunga ad informarla che il figlio ha perso la vita in qualche operazione militare, e Orah non ha alcuna intenzione di chiudersi in casa aspettando una notizia così orrenda e dolorosa.
Qualcosa nel suo cervello le suggerisce che andar via, scappare dalla routine, da casa, da tutti.., forse servirà a proteggere Ofer; fin quando lei sarà fuori casa, in giro, lontana dalle brutte notizie, Ofer rimarrà in vita.
All'ultimo minuto, decide di non fare questo viaggio da sola, così va a casa di Avram, che non vede da un sacco di tempo, e lo trascina letteralmente con sè, in questo viaggio in mezzo alla natura selvaggia, che diventerà giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, un viaggio nei ricordi, nel passato, in cui lei e Avram si diranno cose che già da tanto tempo avrebbero dovuto raccontarsi.
Conosciamo quindi moltissimi particolari della vita dei tre amici, che hanno vissuto per anni un rapporto quasi simbiotico, per certi versi ambiguo, a causa della confusione sentimentale di Orah, che si è sempre sentita legata e attratta da tutti e due i "suoi" uomini, conscia di amare Ilan e di non poter fare a meno di lui, ma conscia anche dell'amore di Avram per lei.
L'Avram adulto sembra ormai aver perso irrimediabilmente quella verve e quell'ironia che lo contraddistinguevano da ragazzo: ora è lo spettro di se stesso, un uomo inaridito, prosciugato nel corpo e nello spirito a causa di una orribile esperienza vissuta in passato, quando fu fatto prigioniero dagli egiziani, che fecero di lui e del suo corpo il bersaglio per ogni sorta di torture e malvagità.
Leggere le torture subite da Avram (per quanto sia un personaggio fittizio) è stato atroce, e mi ha messo la stessa amarezza di quando lessi le torture vissute da Alekos Panagulis, descritte in "Un uomo" di Oriana Fallaci: quanto l'essere umano può diventare abietto e ingegnoso nel far del male al prossimo?
Orah sa che in Avram c'è ancora un angolo di vita che va stimolato, fatto risorgere e così decide di raccontargli la propria vita con Ilan, con Adam e con Ofer, perchè sa che solo così potrà rendere partecipe Avram di ciò ha il diritto di sapere.
Perchè tra Orah e Avram c'è un legame profondo, che nessuno potrà mai spezzare; il frutto del loro amore breve, fugace, pieno di passione animalesca, viscerale, ha saputo produrre qualcosa di speciale.
I racconti dettagliati, spesso confusi per la forte emotività da cui sono accompagnati, di Orah danno a uno scoraggiato e assente Avram un'idea del calore di quella famiglia che lui non ha ormai da troppo tempo, assenza che ne ha fatto un essere umano solo, una bestia cupa, triste, solitaria.
Avram ascolta, fa qualche domanda a voce bassa e imbarazzata, e Orah parla, parla..: fiumi di parole che ci raccontano i rapporti difficili con Ilan, un uomo apparentemente tutto d'un pezzo eppure non privo di paure, razionale, ordinato, freddo seppure innamorato.
Conosciamo i rapporti con il primogenito Adam, così particolare come ragazzo, sin da piccolo, con le sue stranezze, le sue fragilità; e poi con Ofer, questo figlio che da piccolino ha sempre mostrato una saggezza e un equilibrio impressionanti.
Parlare di tutto questo, condividere aneddoti ed episodi di vita quotidiana - la vita di Orah, che tramite le sue parole diventa anche un pezzetto di vita di Avram - aiuta i due "vagabondi" non solo a conoscersi ancora meglio, a confessare cose che non pensavano si sarebbero mai detti, ma soprattutto a vincere paure e presentimenti.
Parlare di tutto questo, condividere aneddoti ed episodi di vita quotidiana - la vita di Orah, che tramite le sue parole diventa anche un pezzetto di vita di Avram - aiuta i due "vagabondi" non solo a conoscersi ancora meglio, a confessare cose che non pensavano si sarebbero mai detti, ma soprattutto a vincere paure e presentimenti.
La narrazione di Grossman è complessa, contorta come lo è la personalità di Orah; è un flusso ininterrotto di parole, di pensieri, di flashback; si salta dal passato al presente anche nel corso di uno stesso rigo; non ci sono vere e e proprie sequenze dialogiche, i botta e risposta si susseguono senza punteggiatura, in modo continuo, come un lunghissimo monologo, che se da una parte può rendere lenta e difficoltosa la lettura, dall'altra non si può negare che crea un certo pathos, una tensione emotiva che è poi quella della sua protagonista, una donna-mamma-moglie apprensiva, impaurita da un presente e da un futuro per lei oscuri, ignoti, cui preferisce non pensare.
Ed è per questo che trascina Avram e se stessa (e il lettore) nel passato, nella sicurezza confortante di ciò che già è stato e che lei può riportare alla memoria, sentendosi viva e tranquilla.
Ma il viaggio dovrà pur avere termine e la realtà è lì che aspetta.
Devo dire che non è stata una lettura scorrevolissima; a livello di preferenze, non amo molto uno stile come quello di Grossman, in cui la narrazione non segue un ordine cronologico, anzi è volutamente confusa, i pensieri e i fatti si accavallano, presente e passato si sovrappongono; eppure, nonostante abbia letto questo libro a gocce, come per assimilare ogni cosa a piccole dosi, non ho potuto non apprezzare l'intensità della scrittura di questo Autore, che trascina il lettore nel suo flusso di pensieri e parole, da cui viene fuori tutta una gamma di emozioni e stati d'animo, dall'amore per il proprio uomo a quello per i figli, dalla paura di scontrarsi con un forte dolore alla speranza che si possano evitare le brutte notizie; istinto di morte e di vita, odio e amore, amicizia, rancori, paure, senso di inadeguatezza...
Leggere poi, in appendice, che l'Autore ha concluso questo libro dopo la morte del proprio figlio nel corso di un conflitto militare, ha dato un significato più forte a quanto letto.
Consiglio di provare a leggere Grossman perchè ha una capacità comunicativa notevole e una grande sensibilità nel mettere a nudo i suoi personaggi e nel delinearne la psicologia.
Devo dire che non è stata una lettura scorrevolissima; a livello di preferenze, non amo molto uno stile come quello di Grossman, in cui la narrazione non segue un ordine cronologico, anzi è volutamente confusa, i pensieri e i fatti si accavallano, presente e passato si sovrappongono; eppure, nonostante abbia letto questo libro a gocce, come per assimilare ogni cosa a piccole dosi, non ho potuto non apprezzare l'intensità della scrittura di questo Autore, che trascina il lettore nel suo flusso di pensieri e parole, da cui viene fuori tutta una gamma di emozioni e stati d'animo, dall'amore per il proprio uomo a quello per i figli, dalla paura di scontrarsi con un forte dolore alla speranza che si possano evitare le brutte notizie; istinto di morte e di vita, odio e amore, amicizia, rancori, paure, senso di inadeguatezza...
Leggere poi, in appendice, che l'Autore ha concluso questo libro dopo la morte del proprio figlio nel corso di un conflitto militare, ha dato un significato più forte a quanto letto.
Consiglio di provare a leggere Grossman perchè ha una capacità comunicativa notevole e una grande sensibilità nel mettere a nudo i suoi personaggi e nel delinearne la psicologia.
34. Un libro che avevi interrotto |