martedì 11 giugno 2024

STELLA DI MARE di Piergiorgio Pulixi [ RECENSIONE ]

 

Nella cornice di una Sardegna tanto bella quanto ricca di contrasti, un nuovo ed efferato caso impegna la squadra capeggiata dal vicequestore Vito Strega che, affiancato dalle ispettrici Rais, Croce e la new entry Pontecorvo, indaga sul brutale assassinio di un'adolescente.
Per risolverlo dovranno immergersi nella spietata realtà di un quartiere popolare in cui la criminalità, la violenza, l'omertà, sono  alcuni dei principi che lo governano e che lo rendono impenetrabile per le forze dell'ordine.



STELLA DI MARE
di Piergiorgio Pulixi



Rizzoli
432 pp
Sta per spuntare l'alba di un nuovo giorno quando un pescatore ritrova, sulla spiaggia nei pressi del Porto Canale di Giorgino, un cadavere orribilmente deturpato.
È il corpo di una ragazza su cui si intravede la scritta di un tatuaggio: Stella Maris.

E Stella è proprio il nome della giovane vittima.
Maria Stella Coga è stata assassinata; il suo viso è irriconoscibile non solo per essere stato giorni nel mare, ma anche per aver subito violenti fendenti sferrati con un'aggressività rabbiosa di tale portata da essere sicuramente frutto di sentimenti forti, quali l'odio o la vendetta.

Ma chi poteva odiare fino a questo punto una ragazzina? 

Quando Mara Rais, Eva Croce e Clara Pontecorvo si trovano dinanzi a un omicidio di tale efferatezza ne sono comprensibilmente turbate: Stella era così giovane, aveva un futuro davanti a sé che, nonostante il difficile contesto famigliare e sociale di provenienza, forse avrebbe potuto arricchirsi di sogni e speranze luminose, soprattutto considerando quanto Stella fosse bellissima fisicamente.
Tanto bella da essere ammirata moltissimo e altrettanto invidiata.

Ella era considerata la più bella del quartiere, il Sant'Elia, abitato per lo più da pescatori, da gente semplice e onesta ma anche, purtroppo, da persone di malaffare che negli anni avevano contribuito a diffondere la convinzione che quel rione fosse pericoloso e malfamato, un postaccio in mano a spacciatori e delinquenti.
Eppure, negli ultimi tempi, un flebile vento del cambiamento aveva cominciato a soffiare e si era concretizzato in progetti di riqualificazione sociale che, se non l'avevano cancellata, quanto meno avevano ridotto la sacca di criminalità e illegalità che continuava comunque a resistere e a reclutare "soldati".

Cominciando a indagare sulla vita della vittima, sulla famiglia, le amicizie e il fidanzato, le ispettrici si immergono gradualmente in un terreno non certo facile da sondare, anzi: incontrano da subito atteggiamenti di evidente opposizione, di diffidenza e chiusura da parte di tutti coloro che conosceva la vittima.
Tutti, a Sant'Elia, odiano le forze dell'ordine, che siano poliziotti o carabinieri, e il pensiero di rispondere alle loro domande, farli entrare in casa o addirittura collaborare con loro, è inimmaginabile; chi dovesse farlo verrebbe considerato un traditore, una spia, e come tale additato e disprezzato (se non punito...) dagli abitanti del quartiere.

Quando le tre poliziotte decidono, quindi, di avvicinarsi alla madre di Stella (Sandra), alla nonna Rosaria, al padre e all'amica del cuore, si trovano davanti ad un muro di ostilità e reticenza che pare insormontabile.

È difficile interloquire con Sandra, che ha problemi di alcolismo, non ha un buon rapporto con nessuno dei figli (il figlio maggiore Raul è in carcere, il più piccolo - Valentino, detto Nino - è autistico ed è più di ingombro che di benedizione; per la figlia Stella provava più invidia che amore) e che sembra aver trovato l'unica ragione di vita nella combriccola pseudoreligiosa denominata "Le soldatesse di Cristo", fondata e capeggiata da un parroco (don Sirigu) di dubbia reputazione e dalla traballante moralità, con alle spalle un curriculum contrassegnato da illeciti e condanne.

Il padre di Stella è un reietto emarginato da tutti, che vive in solitudine in un camper fuori dal rione, dal quale è stato "bannato" per essere stato denunciato dalla moglie, anni prima, per (presunti) abusi sessuali proprio su Stella. Reati per i quali l'uomo si è sempre dichiarato innocente ma nessuno gli ha mai creduto.

In tanti vengono interrogati, dai genitori alla stanca nonna (che ha visto morire più di un famigliare a causa di uno stile di vita criminale) ad Asya, l'amica più stretta di Stella, ma nonostante le tante informazioni raccolte, la polizia brancola inizialmente nel buio.

Pur di far progressi nell'indagine, Rais & Co. sono disposte a collaborare con i poco amati "cugini", i Carabinieri, nella persona - in particolare - del tenente colonnello Mirko Capasso, un uomo affascinante, sicuro di sé e da tutti ritenuto "uno che porta risultati".
Ma a dare veramente manforte alle nostre ispettrici è lui: Vito Strega.

Vito accetta di volare in Sardegna pur con la consapevolezza di portarsi dietro le tante voci e grida che da anni e anni lo assillano e tormentano, giorno e notte: il "canto degli innocenti" che grida nella sua testa e di cui non riesce a liberarsi.
In passato, ha provato ad attenuare questo drammatico canto che è parte di lui, ma ogni tentativo si è sempre rivelato un palliativo dai benefici temporanei, che si trattasse di musica o psicoterapia.

Vito sa che nel suo lavoro serve lucidità e professionalità, che non sono concessi errori e defaillances, così cerca aiuto da un caro e vecchio amico affinché gli dia ciò che gli serve per tenere a bada le voci nella sua testa. Non basteranno a zittirle ma se riuscisse almeno ad attenuarle, sarebbe già un aiuto per avere la mente il più possibile sgombra, concentrata sul difficile caso che sta impegnando le sue colleghe.

Ciò che Strega non sa è che, in sua assenza, una misteriosa e anonima presenza si aggira nei luoghi e tra le persone a lui vicine per carpire i segreti e i punti deboli del vicequestore: chi è e quali informazioni vuol raccogliere sull'uomo? E con quale scopo?

Intanto, col passare dei giorni, le indagini non fanno che complicarsi e sporcarsi ulteriormente di sangue; nell'ansante ricerca della verità sulla sorte occorsa a Stella - il cui corpo inevitabilmente svela qualcosa,e di chi l'ha colpita fatalmente e delle modalità -, emergono tanti loschi e inquietanti particolari riguardanti coloro che le erano vicini.

Il suo fidanzato, Samuel Bullegas, ad es., noto alle Forze dell'ordine per l'attività di spaccio, era conosciuto altresì per la sua cieca gelosia verso la bellissima fidanzata, che mostrava segni di ribellione al contesto in cui era nata: Sant'Elia cominciava a star stretta a Stella, che forse sognava un futuro più roseo, lontano da quella triste realtà...

E se Samuel l'avesse uccisa perché geloso e ossessionato dall'idea che Stella lo lasciasse?

Ma a ben guardare, in tanti potevano avere le proprie ragioni per detestare la ragazza.

Chi ha tolto la vita alla ragazza, ha voluto anche sfregiarla, eliminare dal suo viso ogni traccia di quella bellezza per cui ella era famosa nel rione.

 

Il caso è complesso e ogni piccolo passo verso la verità (che si rivela man mano sempre più sfaccettata e complicata) è frutto di un lavoro meticoloso e attento da parte di tutti i membri della squadra, e ognuno con le proprie caratteristiche e doti dà un contributo fondamentale alle indagini: Rais con la sua determinazione e il suo grande intuito, Croce con la riflessività e l'empatia che la caratterizzano, Pontecorvo dimostra di essere un valido e lucido aiuto per entrambe e Vito Strega che riesce a farsi spazio tra le voci urlanti nella sua testa per sentire quella più urgente: la voce di Stella, che lo conduce piano piano verso il vero colpevole.

Mettere insieme tutti gli elementi dell'omicidio, le persone effettivamente coinvolte, le condizioni che hanno portato a quella ingiusta morte, richiederà tutta la perspicacia, la capacità di ragionamento, l'intuito di Strega, e comprendere la verità lo metterà di fronte a interrogativi e dilemmi di non facile soluzione.

 

Stella di mare è un thriller psicologico che mi ha appassionato dalla prima all'ultima pagina; lo stile dell'autore si caratterizza sempre per una grande fluidità, grazie a capitoli brevi (o comunque mai troppo lunghi), a una scrittura che passa da uno scenario all'altro senza essere brusca e sempre tenendo viva l'attenzione del lettore sulle vicende di ciascun personaggio, a un ritmo che ora è più pacato ora più incalzante, soprattutto verso la fine.

Pur essendo attraversato, per la maggiore, da un'atmosfera cupa e drammatica, non mancano i momenti più leggeri ed ironici, grazie alle battute al vetriolo di Rais, alla simpatia della gigante buona Pontecorvo e a Bepi Pavan, costretto ad ingaggiare controvoglia una battaglia contro l'adipe avvinghiata al suo corpo e alla quale egli è molto affezionato.

Ho ritrovato anche in questo romanzo la sensibilità e la profondità di Pulixi nel tratteggiare le personalità dei suoi personaggi, nel puntare la luce sui punti di forza come sulle zone d'ombra, sulle debolezze e sulle contraddizioni, in particolare in merito a Strega (un protagonista che non si smette mai di conoscere completamente, il che stuzzica la curiosità del lettore), ma anche sullo stesso contesto sociale, che in questo caso è il quartiere cagliaritano di Sant'Elia.

Pulixi si conferma tra gli scrittori di thriller/noir italiani che personalmente preferisco e non posso che consigliarvi la lettura di questo e, prima ancora, degli altri volumi che compongono la serie con questi protagonisti.


Romanzi della serie in cui compaiono Rais, Croce e Strega:

  1. L'ISOLA DELLE ANIME
  2. UN COLPO AL CUORE 
  3. LA SETTIMA LUNA

lunedì 10 giugno 2024

LE MIE LETTURE DI GIUGNO 2024

 

Ecco il mio maggio ^_-


.
1. STELLA MARIS di C. McCarthy: breve romanzo filosofeggiante-esistenzialista (3/5). PER PALATI RAFFINATI.
2. GUERRA di K. Gryshko: poesie sulla guerra in Ucraina (3.5/5). PER GLI AMANTI DELLE POESIE.
3. L'ULTIMO MAGO di F. Diotallevi: fiction con un protagonista realmente esistito in una Torino oscura ed esoterica (4/5).  CONOSCI GUSTAVO ROL?
4. UN ANIMALE SELVAGGIO di J. Dicker (5/5): thriller incentrato sulle relazioni di coppia, intricato e con colpi di scena. SE AMI DICKER, NON PERDERTELO.
5. MAGNIFICAT di S. Aggio: narrativa italiana in cui la dimensione sovrannaturale si mescola al mondo dei vivi (3.5/5). SE CERCHI UNA STORIA IN CUI IL CONFINE TRA TERRENO E ULTRATERRENO È LABILE.
6. "Quando muore un amore. Storie di lutto e memoria" di M. Carlesi: poesia - la morte può strapparci chi amiamo ma non l'amore e i ricordi legati a questo amore (4/5). SE AMI LE POESIE.
7. LIA di M.C. Russonarrativa italiana a tema violenza domestica e femminicidio (4/5). PER CHI CERCA UN LIBRO BREVE E CON TEMATICHE ATTUALI.
8. LO SCORPIONE D'ORO di M. Camocardi: hystorical romance godibile e ben scritto (4/5). SE HAI VOGLIA DI UNA STORIA D'AMORE IN CUI CI SONO AVVENTURE E INTRIGHI.
9. IL CERCATORE DI LUCE di C. Abate
narrativa italiana - un ragazzino in crescita tra litigi in famiglia e un uomo la cui arte l'ha reso immortale (3/5). UN ROMANZO LENTO E PLACIDO COME I LAGHI DELLA BELLA SVIZZERA, IN CUI IL PITTORE SEGANTINI HA VISSUTO.
10. I QUADERNI BOTANICI DI MADAME LUCIE di M. Da Costa: come si sopravvive a un grande dolore? La solitudine in mezzo alla natura può offrire conforto (5/5). PER CHI CERCA UNA STORIA EMOZIONANTE, CHE PARTE TRISTE PER POI APRIRSI ALLA SPERANZA.


Nel mese di maggio, i miei preferiti sono stati il romanzo di Dicker per la sua trama ricca di dinamiche e sorprese, unita a uno stile piacevolissimo, e quello della Da Costa, che anche stavolta mi ha conquistata e fatta emozionare.



READING CHALLENGE

Il mese scorso ho soddisfatto l'obiettivo SAGGIO BREVE attraverso la lettura del libro di Travaglio: ISRAELE E I PALESTINESI IN POCHE PAROLE (11)

Per gli obiettivi di giugno, si sono aggiunti i seguenti:

- UN LIBRO SUGGERITO DA UN "AMICO" SOCIAL
- UN LIBRO CHE SIA UNA RILETTURA O UNA VARIAZIONE DI MITI
- FRIEDA di Annabel Abbs

sabato 8 giugno 2024

I BEATI ANNI DEL CASTIGO di Fleur Jaeggy [ RECENSIONE ]



Come si svolgeva la vita in un collegio femminile svizzero negli anni del secondo dopoguerra? Cosa pensavano le signorine di buona famiglia che passavano tra quelle mura il fiore dei loro anni?
La giovane protagonista ce lo racconta con sensibilità e capacità introspettiva.



I BEATI ANNI DEL CASTIGO
di Fleur Jaeggy 



Adelphi
107 pp
Siamo in un collegio femminile svizzero situato nell'Appenzell; le giornate sono scandite da una rigida disciplina e da un clima piuttosto tetro, che mal si concilia con la voglia di vivere, la curiosità, i desideri e i primi turbamenti che si agitano nella mente delle allieve, tutte adolescenti provenienti da famiglie agiate dell'alta borghesia europea.

La protagonista è una ragazza riflessiva e un po' insicura che trova nell'amicizia con una nuova compagna, Frédérique, il senso della sua permanenza in quella triste scuola.
Frédérique è bella ma sembra non accorgersene o non darvi peso; è raffinata ed elegante in un modo talmente naturale da sembrare snob, distaccata, presuntuosa.
Ma forse la sua è solo sicurezza: la sicurezza di chi sta imparando, sin dall'adolescenza, a stare al mondo, a sbarazzarsi di ogni timidezza.

Frédérique attira le attenzioni di tutte le ospiti del collegio per la sua aura misteriosa e per il suo atteggiamento sprezzante verso le regole e le convenzioni sociali e morali dell'epoca. 

Sebbene (o forse proprio in virtù di questo) siano caratterialmente e fisicamente all'opposto, le due ragazze pian piano si legano molto l'una all'altra, scambiandosi confidenze, segreti, tanto da confondere la protagonista, che si chiede quali siano i suoi reali sentimenti verso l'amica.

Del resto, sono questi gli anni in cui le ragazze (e i ragazzi) sono impegnati nella scoperta di sé, nella costruzione e definizione della propria personalità, della propria sessualità; è un periodo in cui è facile provare sentimenti, emozioni, impulsi anche contrastanti tra loro, davanti a quali ci si sente confusi, timidi, insicuri, imbarazzati, sbagliati.

Ci sono altri personaggi minori, che ruotano attorno alle due amiche, e lo stesso collegio è anch'esso una sorta di personaggio: opprimente, controllante, severo, pregno di tutta la rigidità degli schemi sociali e della mentalità borghese, nelle sue ipocrisie e limiti, soprattutto per le donne.


I beati anni del castigo è un romanzo di formazione che si legge molto velocemente, anzitutto per il numero di pagine ma anche per lo stile dell'autrice, che è essenziale, sempre misurato, con frasi brevi e incisive che, se appunto conferiscono fluidità al ritmo, al contempo a me hanno trasmesso una sensazione di forte distacco e ciò che leggevo non ha saputo coinvolgermi emotivamente, nonostante certi passaggi abbiano sfumature piacevolmente malinconiche con un pizzico di poesia, grazie soprattutto alla tendenza, da parte della protagonista, a riflettere, osservare, farsi domande, dare spazio ai ricordi.

C'è da dire, però, che proprio questa penna così precisa e lineare è coerente con il contesto dell'istituto (con la sua atmosfera cupa, austera) e con il tipo di vita monotona condotta dalle educande - almeno esteriormente, perché è ovvio che dentro tante di loro avevano un fuoco che non vedeva l'ora di accendersi al di fuori di quelle grigie pareti.

È un romanzo che tocca tematiche quali l'identità, la voglia di ribellarsi alle norme sociali del tempo (ancora così chiuse e limitanti in merito alla condizione femminile), l'amicizia tra ragazze, la complessità del mondo emotivo delle adolescenti, la curiosità verso il proprio e l'altrui corpo, la sessualità femminile, la ricerca del proprio posto nel mondo.

In conclusione: prosa raffinata, in alcuni passaggi suggestiva e quasi magnetica; il contesto dell'istituto per me è sempre accattivante lì dove però si creano dinamiche varie e interessanti, ed è forse questo che mi è mancato: nel complesso, ho trovato la storia poco appassionante nonostante i personaggi avessero "un buon potenziale" e la scrittrice abbia una "bella penna".
Non mi ha fatto impazzire, ecco, mi aspettavo di più.

venerdì 7 giugno 2024

NOVITÀ E ANTEPRIME [News Libri]


Pubblicazioni che hanno attirato la mia attenzione.

IN LIBRERIA

- Dopo Figli della libertà, prequel della fortunata trilogia del Cavaliere d’inverno, Paullina Simons racconta un nuovo capitolo delle vite di Gina Attaviano e Harry Barrington, consegnandoci un romanzo che vibra di passioni e ideali. 
- Rose Tremain porta il lettore nella fuligginosa Londra di metà Ottocento, un posto bigotto, spietato e perverso dove i trovatelli vengono trattati come delinquenti e la buona condotta si insegna a urli e sberle, ma dove c’è spazio anche per la gentilezza, per l’amicizia e per l’amore. 


PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA

- Romanzo storico: Una regina dall'animo sensibile. Una terra straniera. Un popolo ostile e ribelle. 
-  Le atmosfere inquietanti di Shirley Jackson e una storia dell’orrore in stile The Blair Witch Project si fondono in una narrazione magistrale: è nata una nuova stella nel firmamento del giallo nordico.
- Un romanzo inedito dell'autrice irlandese Lucinda Riley!!



Bellagrand. Dove nasce il sogno di Paullina Simons (Rizzoli, trad. R.Zuppet, 592 pp, Marzo 2024).


America, prima metà del Novecento. Tra strade infiammate dagli operai in rivolta e l’eco della Rivoluzione russa che promette la libertà dall’oppressione del capitalismo, Gina e Harry rincorrono il loro amore, che sembra non avere futuro. 
Troppo diversi i loro mondi, troppo lontane le loro aspettative: lei, immigrata dalla Sicilia quando era ancora una ragazzina, è tutta concretezza e istinto; lui, rampollo di una facoltosa famiglia con cui ha tagliato i ponti, è un sognatore infervorato dall’utopia comunista. 
Mentre Gina lavora fra la sala rammendi di uno stabilimento tessile e le pulizie a casa di gente facoltosa, Harry inneggia alla lotta del proletariato dal palco di un comizio e sostiene la propaganda scrivendo per giornali che non lo pagano un centesimo. 
Gina vorrebbe la rivoluzione del pane, una vita tranquilla e un figlio. 
Harry è pronto a sacrificare tutto per un ideale più alto e quando finisce in carcere con il rischio di restarci per dieci anni, Gina ha solo una possibilità per salvare suo marito: chiedere aiuto al padre di lui, Herman Barrington, ricco industriale che è l’incarnazione stessa del capitalismo. 
È in quel momento che Herman offre alla giovane coppia il sogno di una nuova vita in Florida, a Bellagrand, in una villa bianca come la sabbia e l’innocenza. 
Sembra la promessa del paradiso, e forse lo è. Basterebbe rinunciare alla rivoluzione e scegliere l’amore… ma quale? Quello romantico, così forte da scalare una montagna di fango? O quello per la politica, che minaccia di far crollare tutto?




Lily. Storia di una vendetta di Rose Tremain (Einaudi, trad. G.Scocchera, 272 pp., dal 4 giugno in libreria).


,
Appena partorita, in una notte d’inverno del 1850, la piccola Lily è stata abbandonata ai cancelli  di un parco londinese, in balia dei lupi e del gelo notturno. 
Salvata per caso da un agente di polizia, ha conosciuto per breve tempo il conforto di una casa, prima di essere rigettata nel crudele mondo delle istituzioni vittoriane. 
Ad attenderla, ora che è cresciuta, c’è la salvezza o la rovina? Cosa accadrà quando l’uomo che le fa battere il cuore scoprirà che Lily è un’assassina? 
C’è chi passa la sua prima notte di vita in una morbida culla, circondato dall’affetto dei genitori, e chi invece no. Lily Mortimer è stata infilata in un sacco e lasciata ai cancelli di un parco, esposta al gelo e alle bestie feroci. Si è salvata solo per il passaggio fortuito di un giovane agente di polizia. 
Affidata alle cure amorevoli di una contadina, ha trascorso i suoi primi sei anni di vita tra i luminosi campi del Suffolk, ma poi, come prescritto dalla legge, il grigiore di Londra e la freddezza dell’orfanotrofio l’hanno reclamata indietro. 
Punizioni, cattiverie e soprusi sono stati a lungo la quotidiana ricetta del Foundling Hospital per soffocare ogni ribellione di Lily e degli altri bambini orfani e indigenti come lei. 
Ora, a quasi diciassette anni, la giovane è finalmente libera e, grazie alle sue doti nel cucito, ha un impiego gratificante in un emporio di parrucche. 
In più, un sorriso gentile ogni domenica in chiesa la conforta: che il futuro le riservi finalmente l’attesa serenità?
Ma il passato non allenta la morsa su di lei. La assillano sempre gli stessi orribili ricordi, il senso di colpa e la paura della forca. 
Perché nessuno ancora lo sa, ma Lily è un’assassina...



La rosa di Provenza di Carol McGrath (Tre60, trad. I. Katernov, 384 pp., dal 14 GIUGNO).


Inghilterra 1236. A soli tredici anni, Ailenor di Provenza lascia la Francia per convolare a nozze con re Enrico III, un uomo molto più grande di lei. 
Contro ogni previsione, la loro unione è felice e sincera. Ma in quanto straniera, Ailenor non è apprezzata a corte ed è vista come una “lupa” affamata di potere, soprattutto quando i suoi parenti, dalla Savoia, la raggiungono in Inghilterra e ottengono posizioni di rilievo sia a Palazzo sia nel clero. 
Mentre la Francia e il Galles rappresentano una minaccia costante per il Regno e i baroni inglesi sono sempre più ostili alla Corona, Ailenor, di natura delicata e gentile, è costretta a imparare i meccanismi spesso subdoli e spietati che regolano la vita di corte. 
Fortunatamente la giovane sovrana, oltre all'amore del suo sposo, può contare anche sull'amicizia di due donne straordinarie: Rosalinda, un'amabile ricamatrice e Nell, la sorella del re. 
Su uno sfondo complesso dove scontri e rivalità si alternano a momenti di pura bellezza tra ricami, sete preziose e giardini in fiore, riuscirà la giovane regina a trovare la forza per superare ostacoli e avversità, e proteggere se stessa e i suoi affetti più cari?



Il villaggio perduto di Camilla Sten (Fazi, trad. R.Zatti, 360 pp, dal 2 LUGLIO).


La regista di documentari Alice Lindstedt è da sempre ossessionata dalla storia del villaggio perduto.
Nel 1959, l’intera famiglia di sua nonna scomparve insieme ai 900 abitanti del villaggio in questa misteriosa tragedia, lasciandosi alle spalle soltanto una donna lapidata a morte nel centro della piazza e una neonata abbandonata. 
Le domande senza risposta sono troppe. 
Ora Alice ha riunito una piccola troupe di amici per realizzare un film su ciò che è realmente accaduto. Ma non si può tornare indietro. 
Non molto tempo dopo essere giunti sul posto, cominciano a succedere cose strane. L’attrezzatura viene distrutta. Uno di loro sparisce. 
Mentre il dubbio genera paura e le menti dei protagonisti iniziano a incrinarsi, una cosa diventa sorprendentemente chiara per Alice:
Non sono soli.
Stanno cercando la verità...
E se fosse lei a trovarli prima?
Non resta che scoprirlo.



La ragazza nascosta di Lucinda Riley (Giunti, trad. R. Salerno, 592 pp., dal 12 SETTEMBRE).


Da umile studentessa a top model nel giro di qualche mese. 
È quello che succede alla giovane Leah Thompson, diciassette anni, quando viene notata da una delle più importanti agenzie di modelle inglesi e dal piccolo villaggio nella brughiera in cui vive si trova catapultata sulle passerelle di Milano e New York. 
I suoi lunghi capelli castani e lo sguardo luminoso catturano chiunque la incontri. 
La sua gentilezza e riservatezza li fanno innamorare. 
Ma il suo cuore batte solo per Brett, il suo primo amore, che l'ha profondamente ferita e che non vede più da tempo.
La nostalgia di casa è tanta e le insidie del mondo della moda non le rendono facile il distacco, tra rivalità inaspettate e amicizie per niente disinteressate. E mentre il fato tesse i suoi fili, intrecciando la sua storia con quella di due ragazzini polacchi fuggiti da Treblinka e in cerca di vendetta, Leah dovrà fare i conti con una profezia che incombe su di lei… stai attenta, la bellezza potrebbe non essere una benedizione. 
Non puoi cambiare il destino…


martedì 4 giugno 2024

STELLA MARIS di Cormac McCarthy [ RECENSIONE ]



Al centro di Stella maris - secondo volume della dilogia iniziata con Il passeggero - vi è Alicia Western, personaggio affascinante e poliedrico, presentatoci all'interno di una cornice sofisticata, caratterizzata da brillanti conversazioni tra la donna e uno psicologo.


STELLA MARIS 
di Cormac McCarthy 


Einaudi Ed.
trad. m. Balmelli
200 pp
Nell'ottobre del 1972 una donna molto giovane (di soli venti anni) bussa alla porta della struttura psichiatrica "Stella Maris"; con sé ha una busta con dentro quarantamila dollari in contanti e, alle spalle, già dei ricoveri in ospedali psichiatrici.

La ragazza si chiama Alicia Western ed è lì per cercare di sfuggire ai suoi demoni, frutto dei disturbi mentali che l'affliggono.

La conosciamo attraverso gli incontri con lo psicologo cui è stata affidata, il dottor Cohen, che comprende da subito - e noi lettori insieme a lui - come la paziente che ha di fronte sia assolutamente un soggetto particolare.
Non tanto  (e non solo) per le diverse diagnosi attribuite alla donna - sociopatia deviante, anoressia, probabile autismo, tendenze suicide e schizofrenia paranoide - quanto per la sua intelligenza brillante e la sua mirabile dialettica.

Sì, perché la giovane Western è una matematica geniale (impegnata nello studio della teoria dei topoi) con un QI alto, nonché una virtuosa del violino. 

Sette sono i capitoli che compongono il libro e che corrispondono a sette sedute terapeutiche in cui assistiamo agli incalzanti dialoghi tra lo psicologo ed Alicia, durante i quali apprendiamo alcune informazioni sul passato della donna, in riferimento a sé stessa (alla sua personalità, inclinazioni, "problematiche"...), alla sua infanzia complicata, al rapporto con la nonna, con il padre (la madre muore quando è ancora una bambina) e, soprattutto, con l'amato fratello Bobby (protagonista de Il passeggero).

Bobby è "l'argomento" che più sta a cuore alla ragazza ma, al contempo, è proprio quello su cui ella è meno disposta a parlare, perché Bobby purtroppo non è più con lei, essendo in coma in Italia dopo un incidente automobilistico, e dato per morto.

Per Cohen entrare nella mente della paziente si rivela un'ardua missione in quanto quella che ha davanti è un'anima divisa, tormentata, lacerata, una personalità sfuggente e complessa, una donna che - benché giovanissima - mostra di possedere una grande cultura, una mente vorace ed arguta, un'interlocutrice dalla battuta sempre pronta e perspicace.

Tra i due si innesca una danza di parole intrisa di espliciti e abbondanti riferimenti alla filosofia (Kant, Schopenhauer e Wittgenstein...), alla matematica (Grothendieck e Gödel, Maxwell...) e alla musica, intervallate dalle allucinazioni che occupano la mente di Alicia.

Siamo in presenza di un romanzo dalla struttura narrativa non tradizionale, che inserisce il lettore in un vortice di continue domande e risposte che viaggiano su un doppio binario, ora ironico, ora drammatico, ma comunque finalizzato ad esplorare in profondità la (contorta) psiche di Alicia, che tra una riflessione esistenziale/ matematica e l'altra, non manca di seminare frammenti di ricordi e di confessioni intime.

Vittima della schizofrenia di cui soffre e dei frequenti pensieri suicidi, Alicia sente il tormento del combattimento che avviene dentro di lei e che vede contrapposti razionalità e delirio, realtà e allucinazione, verità e finzione.

Nonostante la donna si mostri inizialmente un po' diffidente verso il giovane Cohen, questi riesce a trovare una via verso la sua paziente grazie a un approccio empatico, che lo spinge non solo a farle domande pertinenti ma soprattutto ad ascoltarla, ad assecondarne i ragionamenti, le emozioni, i silenzi.

La filosofia è indubbiamente al centro delle conversazioni e guida dottore e paziente nell'affrontare temi impegnativi, relativi ad es. alla coscienza, al libero arbitrio, all'esistenza di Dio. 


Ho scelto di ascoltare questo libro su Audible attratta dall'ambientazione (la seduta psicoterapeutica) e dalla brevità, per cui ammetto di non  aver controllato se fosse il seguito di qualcos'altro; mi pare di capire che comunque lo si possa leggere anche senza aver letto precedentemente Il passeggero, ma immagino che farlo dopo sia più indicato per inquadrare meglio Alicia e, soprattutto, capire chi sia suo fratello Bobby.

Detto ciò, non posso dire che il libro mi abbia fatto impazzire, anzi...

Poca "ciccia" e troppe "chiacchiere", passatemi l'espressione.

Nel senso che di per sé la trama non ha elementi avvincenti in quanto è statica, collocata tra quattro mura e con due soli protagonisti che si limitano a star seduti l'uno di fronte all'altra, per cui le informazioni riguardanti la protagonista concernono il passato o, tutt'al più, ciò che pensa e sente lei al presente.
Va da sé che, mancando dinamiche e vicende a scandire il ritmo narrativo, a contare qui sono le parole, i discorsi, e questo romanzo è l'ideale per chi privilegia addentrarsi nelle intricate maglie delle riflessioni filosofico-esistenzialistiche, per chi ama gli scambi verbali e lo sfoggio di una dialettica spigliata, acuta, figlia di una mente molto intelligente, di una personalità ricercata.
Se cerchi invece dinamicità, colpi di scena, suspense ecc..., non fa per te, ecco.

Ho trovato affascinante e magnetica, tagliente e provocatoria la prosa di McCarthy e questo, assieme al setting clinico, è uno degli elementi che ho apprezzato maggiormente e che mi ha spinta a concludere l'ascolto.

È una lettura, a mio avviso, impegnativa, sicuramente elegante, raffinata (per stile, tematiche, personaggi, contesto) e richiede una certa concentrazione e un'inclinazione ad addentrarsi in argomenti profondi.

Io, evidentemente, non ero molto predisposta in questo senso (e non in questo periodo).

sabato 1 giugno 2024

GUERRA di Khrystyna Gryshko [ RECENSIONE ]

 

GUERRA è una raccolta di poesie (pubblicata da Bertoni Editore, 2021) della scrittrice ucraina Khrystyna Gryshko.

Come suggerisce il titolo stesso della silloge poetica, centrale è il tema della guerra come evento che

Bertoni Ed.
84 pp

porta inevitabilmente morte e devastazione, non solo fisiche ma ancor prima morali, emotive, psicologiche; la guerra provoca la morte delle speranze, delle illusioni, dei sogni, distrugge giovani vite in un attimo, stronca relazioni e amori, mai più tornati a casa.


Ai bombardieri
che l’altro ieri
hanno versato
non il latte
ma il sangue
innocente,
della povera
gente.
Si sente
il boato.
Non di nuovo.
Ti prego:
non di nuovo…


Non c'è conflitto che non causi povertà, desolazione e in tempi come i nostri, dominati dal progresso in ogni campo, il fatto che ci siano le guerre è una chiara dimostrazione di come i passi avanti nella scienza, nella tecnologia ecc..., non vadano di pari passo con il progresso morale ed etico, anzi: le vite umane non sono tenute in nessun conto, il che annienta e mortifica ogni pretesa di progresso di qualsiasi tipo.

Ovunque guerra, ovunque fucili,
le bombe esplodono sopra i civili,
ovunque si spezzano le vite umane
e le preghiere sono più vane.


Ma le guerre non sono solo quelle tra due Paesi: ogni giorno, che viviamo su questa Terra, ha in sé una qualche forma di conflitto:


Ogni giorno aprendo i nostri occhi assonnati
senza saperlo ci prepariamo alla guerra
della scelta fra il bene e il male innati
presenti dall'inizio sulla Terra.


Non solo, ma ci sono anche le guerre private, che siano quelle con i propri cari o quelle con persone che hanno provato a farci del male.
A tal proposito, nelle note biografiche, l'autrice racconta come, ad es., i rapporti con la madre si siano deteriorati quando ella l'ha condotta dall'Ucraina (dove Khrystyna viveva con i nonni in un villaggio) in Italia; la poetessa aveva allora 13 anni e per lei sua madre era quasi una sconosciuta; nel nostro Paese, inoltre, Khrystyna ha sperimentato sulla propria pelle cosa voglia dire essere bullizzati e non essere accettati.


Ma, come non di rado accade, dalle esperienze negative e dal dolore, possono nascere pensieri, progetti, sogni, aspirazioni che, nel caso dell'autrice, hanno trovato spazio "sulla carta", per diventare racconti, poesie, fiabe.

In questo versi non manca l'Amore, sentimento di sovente accostato a stati di malinconica, rimpianti, tristezza; frequenti anche i riferimenti all'inquietudine, alla stanchezza del cuore al cospetto e al pensiero della guerra; i pensieri, le paure, i sospiri salgono fino al cielo come preghiere per raggiungere Dio, destinatario di suppliche che, si spera, siano ascoltate.


Dio almeno ci deve salvare
e io gli grido dicendogli “Vieni!”
poiché di sgomento ormai siamo pieni.
Ma Egli al solito tace e giace
e noi continuiamo più in guerra che pace.



Le poesie possono avere rime baciate o alternate ma, al di là dell'aspetto formale, "tecnico",  ciò che mi resta principalmente impresso di questa raccolta è la sensazione di aver letto dei versi onesti, lucidi nella loro visione della realtà, nel racconto della guerra e di ciò che essa provoca di negativo, nello sguardo vòlto all'essere umano e alla sua capacità di sperare e di tentare di rinascere nonostante le rovine e la morte attorno a sé, e la poesia (ma possiamo dire la scrittura, in generale) può costituire sicuramente un nobile mezzo per non soccombere e, anzi, per continuare a vivere facendo sentire la propria voce.


Io con rima
creo guerra di parole;
di immagini che sole
sono niente,
ma insieme
arma potente!


Ringrazio l'autrice per la copia digitale della raccolta e non mi resta che invitarvi a leggerla.

mercoledì 29 maggio 2024

L'ULTIMO MAGO di Francesca Diotallevi [ RECENSIONE ]




Sullo sfondo suggestivo di una Torino oscura e misteriosa degli anni Sessanta, Francesca Diotallevi ci restituisce il ritratto di un uomo la cui vita è stata ammantata anch'essa di mistero: Gustavo Adolfo Rol, "...traghettatore di anime (...) Visibile e invisibile, possibile e impossibile." 


L'ULTIMO MAGO 
di Francesca Diotallevi


Ed. Neri Pozza
240 pp
18 euro
 Nino Giacosa è un uomo che superato i quaranta e la cui esistenza è un continuo susseguirsi di fallimenti e solitudine.

"La sua vita era tutta lì, grigia come il cielo che lo sovrastava. Un’esistenza trascorsa a scacciare, senza successo, i demoni che lo assediavano."

Nino è un uomo spezzato dentro e da sempre in fuga: fugge dagli uomini cui deve dei soldi, fugge dalla sua passione per il gioco d'azzardo, fugge dai ricordi dolorosi e sempre vivi della prigionia ad El Alamein (combatté nella seconda guerra mondiale e fu fatto prigioniero dagli inglesi), e fugge dai fantasmi del passato, in particolare da Miriam, la donna che ha amato. 

In realtà, c'è qualcun altro da cui sta fuggendo: sé stesso. 
Da quel sé stesso che da una parte è tentato di lasciarsi andare a una vita allo sbando, priva di scopi e ambizioni, in balia di alcol e gioco, e dal'altra è solleticata dal desiderio di poter essere qualcuno, di lasciare un segno del proprio passaggio sulla terra e di farlo attraverso un libro.

Nino ha lavorato nel mondo del cinema in ruoli senza troppe pretese, ma ciò che sogna è scrivere una sceneggiatura.

E dopo tanti sogni infranti ecco che il desiderio di scrivere una storia diventa uno scopo che potrebbe riempire il vuoto della sua intera esistenza.

Ma trovare un soggetto interessante è un'impresa tutt'altro che semplice, sopratutto se vivi nel timore che i tuoi creditori ti trovino e te le suonino per bene, se le tasche sono perennemente quasi del tutto vuote e se l'unica pensione che puoi permetterti è un buco squallido presso una signora nervosa e seccante che non fa che urlare e guardarti con aperto biasimo.

Un giorno, però, qualcosa comincia a cambiare, portando un diversivo nella grigia e triste vita di Nino.
Anzitutto, rincontra - dopo una ventina d'anni - i due amici d'infanzia Giorgio e Miriam.
Certo, sono passati davvero troppi anni perché la vecchia e solida amicizia degli anni verdi sia ancora quella d'un tempo; sì, perché c'è stato un periodo in cui i tre sono stati inseparabili, ma la guerra li ha allontanati e ha scombinato tutto.
E mentre Giorgio ha sposato Miriam, Nino ha tagliato i ponti con loro dopo essere tornato dalla prigionia in Egitto, preferendo un'amara solitudine alla frequentazione del buon Giorgio e della bella Miriam, di cui è da sempre innamorato (ed era convinto che anche lei lo amasse..., salvo poi sposare l'altro).

Nino, quindi, riapre timidamente i rapporti con i due vecchi amici, e se con Giorgio c'è una cortese distanza, tra lui e Miriam c'è un vero e proprio muro di freddezza e diffidenza.
Miriam guarda Nino con astio, con disapprovazione per ciò che è diventato (un nullafacente che alza spesso il gomito, povero e con la deleteria fissa per le carte da gioco) ma nel fondo di quegli occhi espressivi e profondi, l'uomo vi legge anche altro.

E parte di questo altro egli lo tocca e sperimenta personalmente attraverso un invito apparentemente innocuo ma che si rivelerà importante e unico: Miriam lascia che una sera Nino vada con lei a casa di un uomo particolare, sensazionale, che corrisponde al nome di Gustavo Rol.

Chi è Gustavo Rol?
Se lo chiede Nino e, con lui, anche il lettore, e insieme scoprono pian piano, pagina dopo pagina, incontro dopo incontro, qualche frammento della variopinta ed eclettica personalità di questa persona non comune, che qualcuno chiama illusionista, qualcun altro mago o prestigiatore, altri anche medium.

Rol rifiuta con forza etichette di questo genere e l'unica cosa che chiede alle persone - che egli stesso ammette in casa propria, durante le serate speciali che organizza - è che esse assistano (e partecipino) ai suoi "esperimenti" senza pregiudizi di sorta ma con un atteggiamento di sincero stupore davanti a ciò che vedranno, anche qualora non capiscano appieno gli eventi a cui assistono.

E allora cosa accade tra le mura della bella casa di Gustavo Rol, in via Silvio Pellico, a Torino? Cosa vedono e cosa sentono i pochi eletti ammessi alle serate?
Sono spettatori di giochi e numeri di magia? Di sedute spiritiche? 

Di certo, Rol sa creare un'atmosfera di suspense, carica di una tensione palpabile che fa trattenere il respiro, sbarrare gli occhi e gelare il sangue perché quello che avviene in quegli appuntamenti speciali ha il carattere del soprannaturale, è qualcosa che il padrone di casa per primo giudica di valore inestimabile, metafisico, quasi divino.
Prodigioso.

Quando Nino viene introdotto per la prima vola al cospetto di quest'uomo che "si esprimeva nel più garbato dei modi e con un tono di voce dolcissimo, lezioso", il cui sguardo sembrava trapassarti l'anima e leggervi dentro con una sicurezza che non è di questo mondo, porta con sé tutto lo scetticismo e il raziocinio che lo caratterizzano, per natura e carattere.

Nino si rende conto di come sia Miriam che gli altri ospiti pendano letteralmente dalle labbra di Rol, di come siano ammaliati dalla sua figura carismatica, di quanto grande e cieca sia la loro fiducia in quell'uomo e nell'autenticità dei suoi "esperimenti" ultraterreni.

Ma Giacosa non ci casca: è convinto che sotto ci sia un grande imbroglio, celato dalle mani sapienti di un illusionista, bravo, per carità, ma che resta comunque un furfante cui piace incantare la gente più sensibile e credulona con i propri trucchetti, che riesce a scoprire particolari di ogni singola esistenza dei presenti con chissà quali mezzucci e spacciarli per abilità sovrumane, vicine al divino, al trascendente.

Ed è con questo atteggiamento diffidente, con l’occhio vigile a ogni dettaglio, che Nino inizia a partecipare con costanza alle serate di Rol, sempre facendo attenzione a non lasciarsi irretire e sedurre; la sua missione è scoprire e svelare il trucco che c'è dietro le dimostrazioni straordinarie che avvengono in quella casa.
E chissà che dalla frequentazione di questo personaggio unico ed enigmatico non possa nascere del materiale per la sceneggiatura che desidera da tempo scrivere e che potrebbe cambiare finalmente la sua vita!

Ciò che però non aveva messo in conto è che tra lui e Gustavo potesse crearsi un rapporto di complicità, una sintonia imprevista e preziosa, fatta di conversazioni serene e illuminanti per lei vie di una Torino gelida e impenetrabile, momenti in cui è lo stesso Rol ad aprire il proprio cuore al dubbioso Nino, raccontandogli la propria vita, il modo in cui ha scoperto di avere questo «dono» e la sensazione di tristezza e di costernazione nel rendersi conto di come tutta l'ammirazione e la venerazione che lo circondano siano fini a sé stesse e non frutto di una volontà genuina, da parte di chi lo segue, di capirlo davvero. 

Frequentando Gustavo Rol, imparando gradualmente a conoscerlo un po' di più, a sbirciare un pezzetto di quella personalità ingombrante e sfuggente, i dubbi di Nino verranno sciolti? 
L'ipotesi che l'altro sia un abile prestigiatore  verrà confermata o semplicemente Nino Giacosa potrà dire di aver conosciuto un essere assolutamente speciale, a metà tra l'umano e il divino, tra il terreno e il trascendente, capace di racchiudere in sé illusione e verità, magia e realtà, luce e ombra, vita e morte?

 

Attraverso "L'ultimo mago" ho avuto modo di avvicinarmi ad un personaggio realmente esistito di cui sinceramente, prima di leggere questo libro, non avevo mai sentito parlare.
Il velo si apre su Gustavo Rol e l'autrice sa come renderlo avvincente, misterioso, lasciandone emergere la complessità, i conflitti interiori, il suo essere - in un certo senso - padrone e schiavo di questi suoi doni "magici" inspiegabili scientificamente, e di portare il peso, dentro di sé, di tale dualità, che se lo rendeva una creatura degna di considerazione e plauso per un verso, per l'altro gli lasciava in bocca l'amara certezza di essere solo e incompreso, pur avendo attorno alla propria persone frotte di curiosi.

A prescindere dalle posizioni personali circa tutto ciò che appartiene alla dimensione magica, all'illusionismo e affini, Rol è senza dubbio una figura ricca di fascinazione, che finisce per instillare interrogativi e dubbi circa i suoi "poteri" e l'autenticità dei suoi "prodigi", a fronte delle testimonianze di chi lo ha conosciuto, ha avuto il privilegio di entrare in casa sua (ricordiamo personaggi noti come Fellini, l'avv. Agnelli ed altri) e di vederlo all'opera.

Interessante anche il co-protagonista, Nino Giacosa (che fa un po' da contraltare a Rol: razionale, "terreno" e dubbioso l'uno, pieno di meraviglia e metempirico l'altro), sempre in lotta con qualcosa e qualcuno, a partire da sé stesso; battaglie interiori che Rol vede con chiarezza, scrutando nel suo animo e lasciando Nino spiazzato, confuso, sorpreso.

Al punto da farlo sentire rammaricato al pensiero di non aver vissuto appieno, di essere stato troppo legato a ciò che vedeva, toccava o a ciò che gli mancava di materiale, tenendo lontana da sé la meraviglia, la capacità di stupirsi e di lasciarsi sedurre con serena fiducia dalla magia,

"...vorrei aver vissuto diversamente. Vorrei essermi lasciato andare alla meraviglia e all’incanto delle cose che non si possono spiegare, perché senza questo cosa resta, di una vita? Nient’altro che la realtà. E a chi basta, la realtà?"

E anche il lettore, come Giacosa, finisce per chiedersi quanto sia capace di lasciare spazio, nella propria vita, all’imprevisto e all’inspiegabile, nella convinzione che "ci sono più cose tra cielo e terra di quante la scienza potrà mai spiegare e (...) che la vita non sia tutta qui, che quel che vediamo sia solo un’insignificante porzione di quel che ci circonda. Comprendere che una vita acquista senso solo se può contare su una certa dose di incanto, di prodigio. Di meraviglia".


Accattivante anche la cornice costituita dalla città di Torino, capitale della magia bianca e della magia nera, "città austera e oscura (...) con quell’aria d’altri tempi e i mostruosi volti in pietra che si affacciavano da sotto i cornicioni, i diavoli in bronzo a protezione dei portoni e i piccoli occhi a fessura che da terra spiavano in superficie.", con le sue leggende che la rendono "una sfinge fissa e muta come un segreto", eternamente immersa in un enigma di difficile comprensione.


Il mio parere sul romanzo della Diotallevi è positivo, sono felice di averlo letto e mi ha trasmesso una grande curiosità circa questo sensitivo, Gustavo Rol.




Alcune citazioni

"la notte sapeva essere lunga e tormentosa, ma era dell’alba che occorreva dubitare, poiché è nel primo chiarore che si abbassa la guardia, sollevati."

"...delle vite degli altri ci sfugge sempre l’essenziale."

"Non importa quanti anni passeranno, quante cose accadranno nel frattempo, quanti altri amori vivrà quella donna: certe cose ti restano dentro, non passano mai e non cessano mai di tormentarti. Alcuni giorni sono meglio di altri, ma non bisogna illudersi. Le tragedie che ci colpiscono si fanno eredità, un lascito che non vorremmo ma che ci appartiene nostro malgrado".

«Tutte le storie di amori infelici sono storie di fantasmi, non è così?»

sabato 25 maggio 2024

UN ANIMALE SELVAGGIO di Joël Dicker [ RECENSIONE ]



Mentre si avvicina, inesorabile, il giorno di una rapina di una gioielleria di Ginevra, le serene vite famigliari di due coppie vengono stritolate in un torbido ingranaggio di segreti e menzogne dal quale sarà difficile uscirne indenni.


UN ANIMALE SELVAGGIO
di Joël Dicker 


La Nave di Teseo
trad. M.Zemira Ciccimarra
448 pp
"gli animali selvaggi sono come gli uomini: li puoi ammansire, truccare, travestire, puoi lare doro amore e speranza, ma non puoi cambiare la loro natura".

Il 2 luglio 2022 due ladri hanno in progetto di rapinare una importante gioielleria di Ginevra e, benché questo evento sia il culmine verso cui convergono tutte le vicende e le dinamiche che sostengono la struttura narrativa del romanzo, ad essere poste sotto attenta analisi sono le vite (singole e di coppia) dei personaggi coinvolti.

Sophie e Arpad Braun sono sposati ormai da diversi anni (con figli) e la loro è la classica famiglia che potremmo definire "del Mulino Bianco": sono belli,  ricchi, due professionisti di successo eleganti e di classe, vivono in una grande villa (chiamata "la casa di vetro") e appaiono così felici da suscitare spesso l'invidia di chi li conosce e frequenta.

Ad esempio, l'invidia di Greg, che abita vicino alla casa di vetro.
Greg è un rispettabile ed encomiabile poliziotto sposato con Karine; i due conducono, assieme ai figli, una vita semplice, onesta e sobria, e anche la loro può essere definita una bella famiglia.

Certo, non dispongono delle medesime risorse economiche dei più agiati Braun (con cui saltuariamente trascorrono del tempo insieme), non sono altrettanto ammirati né si distinguono per eleganza e raffinatezza, però sono "moderatamente felici" e la loro vita di coppia procede abbastanza bene, tra alti e bassi.

O almeno, questo è ciò che pensa Karine.
Greg, invece, è insofferente e insoddisfatto, e soprattutto cela pensieri e voglie estreme che non sono dirette verso la propria moglie, bensì verso l'affascinante e sensuale Sophie; è lei che Greg sogna di baciare e possedere, è diventata la sua ossessione e non fa che osservarla di nascosto, spiandola per rubarle, seppur con gli occhi e da lontano, momenti di intimità, sia ella da sola in casa o col marito.
La sua attrazione fisica per la bella signora Braun non può non condizionare il rapporto con Karine, con cui Greg si fa giorno per giorno più freddo, distante, seccato e irritato, quasi ne mal sopportasse la vicinanza e avesse cominciato a vedere tutti i difetti estetici e caratteriali della moglie, che nel paragone con Sophie perde alla grande.
Per placare gli istinti sessuali che non può sfogare su e con l'oggetto del proprio desiderio, Greg si butta su una relazione extraconiugale, salvo poi rendersi conto che avere l'amante può essere impegnativo tanto quanto avere una moglie.

Ma il poliziotto non è l'unico spione appostato nei pressi della casa di vetro: qualcun altro, dalla propria auto, è da giorni interessato ad osservare ciò che accade in casa Braun.

Perché? È un ladro che sta organizzando una rapina alla villa? O è un uomo fissato con Sophie, tipo Greg?

Come è sua abitudine, anche in questo romanzo Dicker struttura la storia in un continuo alternarsi di presente e passato; la rapina fa da spartiacque, creando una sorta di prima e dopo, e tutto ciò che accade prima del fatidico 2 luglio, è assolutamente importante per capire chi sono i nostri personaggi, qual è la loro personalità, quali sono le aspettative, le speranze, i timori, i segreti, il passato.
I lati oscuri e i "peccati" mai confessati.

Il racconto del passato è, a sua volta (in quanto più complesso e ricco di fatti), stratificato in vari periodi, che possono arrivare anche a vent'anni prima, quando ad es. Sophie e Arpad si erano appena conosciuti.

Dicker ci lascia entrare gradualmente nelle vite di Arpad e di Sophie, così da permetterci di conoscere cosa l'uno e l'altra si sono sempre nascosti reciprocamente, cosa erano prima di unire le loro vite e quanto di quei giorni andati è rimasto in loro.

Arpad è uno stimato professionista che lavora in una banca eppure c'è una macchia nel suo passato, qualcosa che lo costrinse, quand'era più giovane, a scappare e a cercare di rifarsi una vita lì dove nessuno lo conosceva.
Come mai? Cosa può aver mai combinato?

Sophie è, però, la vera protagonista di questo thriller famigliare, colei alla quale si deve lo stesso titolo del libro: un animale selvaggio.

A vederla oggi, la donna è un connubio di fascino e forza, è non solo bella fisicamente, ma ha carisma da vendere; è una di quelle persone che, quando entra in una stanza affollata, attira gli sguardi di tutti perché è come se fosse costantemente circondata da una luce alla quale tutti vogliono avvicinarsi.

Sophie è un bravo avvocato e ama il suo Arpad e i loro splendidi bambini; eppure, c'è un fuoco che arde dentro di lei, qualcosa che pretende di trovare sfogo per farla sentire viva, e il tatuaggio della pantera che è sulla sua gamba rispecchia bene la sua personalità: Sophie non è fatta per restarsene nei salotti a chiacchierare di futilità, lei è sveglia, agile, scaltra e selvaggia come una pantera, e come una belva selvatica ha bisogno di muoversi al di là delle sbarre della prigione dorata in cui si è infilata col matrimonio.
Una prigione comoda, certo, una bolla di felicità e tranquillità, fatta di lavoro, casa, figli, marito, amici, cene... 
Un tipo di vita che, però, ha sempre reso Sophie insoddisfatta, ma mai avrebbe immaginato che una persona (importante) del passato sbucasse fuori dopo anni a turbare le placide acque del presente.

Questa persona è un uomo che conosce sia lei che Arpad; è tornato con uno scopo ben preciso, che potrebbe stravolgere le vite dei Braun.
Nel giorno del proprio 40° compleanno, Sophie riceve da quest'uomo un regalo che sconvolgerà la sua vita e che la porterà, con la mente, indietro di anni e anni prima, lontano da Ginevra e dalla villa elegante di oggi, in un passato in cui la pantera che è in lei era viva e attiva.

Attraverso un meccanismo narrativo in cui il passato, implacabile, insegue il presente e in cui la tensione sale con l'approssimarsi del giorno della rapina, il lettore punta la lente d'ingrandimento su Sophie e Arpad, impegnati a cercare di continuare a nascondersi i rispettivi segreti per non dover assistere al drammatico crollo della loro vita; ma la resa dei conti è sempre più vicina e la famosa rapina avrà il suo peso.

Dicker è bravo nel costruire storie ricche di intrecci e di suspense, in cui tutto tutto ciò che sembra lineare e ovvio si trasforma, in un susseguirsi di flashback e colpi di scena inaspettati, in qualcosa di intricato e imprevedibile; la caratterizzazione psicologica dei protagonisti è l'elemento principale, prima ancora dell'aspetto thriller in sé per sé; da Sophie ad Arpad a Greg, i personaggi sono delineati con profondità e sfumature, in special modo Sophie, che emerge quale figura complessa e affascinante, alle prese con un passato che tenta di nascondere ma che rischia di farsi sempre più ingombrante, perché specchio di desideri e istinti nascosti, che lei vorrebbe continuare a soffocare per il bene di tutti.

Attorno a lei ruotano personaggi tormentati e ambigui, che sia l'uomo del passato (conoscenza in comune con Arpad), il marito stesso (bugiardo anch'egli) o Greg, diviso tra l'essere un buon poliziotto e marito, e l'assecondare gli impulsi che gli si agitano dentro. Forse l'unico personaggio meno complicato e più "limpido" è Karine.

Un animale selvaggio è un thriller avvincente che spinge non a lambiccarsi il cervello su un mistero o un crimine o un caso da risolvere, quanto piuttosto a riflettere sulla natura umana, su quanto ambigue possono essere le relazioni interpersonali (nello specifico, quelle di coppia), sul potere (nefasto) dei segreti e sulla battaglia tra razionalità e istintività. 

Con un ritmo incalzante e una scrittura elegante, Dicker esplora sapientemente le zone d'ombra dell'animo umano, spesso in balia di desideri in contrasto tra loro, in costante tensione verso la ricerca della verità ma, al contempo, vittima di bugie costruite per proteggere chi/ciò che si ama.

Il libro l'ho ascoltato su Audible e mi è piaciuto moltissimo, la storia mi ha tenuta incollata dall'inizio alla fine.

Lo consiglio a chi ha già avuto modo di apprezzare Dicker, a chi desidera leggere un thriller non cruento ma più psicologico, incentrato sulle relazioni e sulla profondità della psiche umana.

giovedì 23 maggio 2024

MAGNIFICAT di Sonia Aggio [ RECENSIONE ]



Nilde e Norma sono due cugine rimaste orfane nel 1944, quando i loro genitori morirono sotto i bombardamenti; sono sempre state tutto l'uno per l'altra, cresciute come sorelle legate da un affetto tenace e solido, che però a un certo punto si incrina fino a spezzarsi, col rischio di trascinare l'una lontana dall'altra..., proprio come gli argini del Po si ruppero nel novembre 1951, travolgendo il territorio del Polesine.


MAGNIFICAT
di Sonia Aggio


Fazi Ed.
202 pp
L'alluvione del Polesine di cui si narra tra queste pagine è stata una delle calamità naturali più gravi in Italia; coinvolse le province di Rovigo, Ferrara e Mantova, causando centinaia di vittime e migliaia di sfollati.

È quindi il 1951 quando Nilde e Norma vivono tranquille in un piccolo casolare nella campagna del Polesine; a dispetto della loro diversità fisica e caratteriale, le due si vogliono un gran bene e sanno di poter contare sul sostegno reciproco.

Ma un giorno tutto cambia, all'improvviso, ed è Norma la responsabile.

Da un po' di giorni ha iniziato a comportarsi in modo strano, soprattutto da quando (a detta sua) è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, fatto di per sé non grave eppure, da allora, la ragazza adotta comportamenti strani, misteriosi: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non vuol parlare con la cugina, arrivando ad impedirle persino di avvicinarsi. 

Per carattere, già Nilde è timorosa e va in ansia per un nonnulla, figurarsi di fronte ai bizzarri e inspiegabili mutismi della cugina-sorella, alle sue risposte sgarbate, addirittura ai suoi gesti quasi violenti, aggressivi fisicamente: Nilde è confusa e spaventata, quasi ha paura di questa nuova versione di Norma, che a malapena le parla, che nulla le spiega dei propri malesseri, di ciò che la rende nervosa e scontrosa.

Che cosa le sta succedendo? 
Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo.

Cosa sta spingendo Norma ad allontanarsi da Nilde (in un modo fin troppo brusco, quasi con cattiveria) e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? 
Dev'essere per forza accaduto qualcosa e più Nilde insiste con domande, suppliche accorate sull'orlo delle lacrime, e più sembra che Norma si innervosisca e aumenti la distanza tra loro.
Una distanza riempita da silenzi e bugie.

Attorno al legame indissolubile che lega le due protagoniste si sviluppano altre dinamiche e rapporti, come quello tra Nilde e Domenico (un bravo ragazzo che le vuol bene e che entrerà a far parte della sua vita) e il disastro provocato dall'alluvione, che obbligherà la gente a cercare di scappare per non farsi travolgere dal fiume in piena. 

Ma ciò che più di tutto metterà a dura prova il rapporto tra le due cugine sarà una serie di misteriosi e inspiegabili incontri e "apparizioni" che coinvolgeranno proprio l'enigmatica Nilde.

La ragione per cui si sta allontanando bruscamente dall'amata cugina non è egoistica né capricciosa, anzi, è l'espressione di un amore sincero, coraggioso, disposto a sacrificarsi pur di preservare l'altra dal male. 
C'è qualcosa che va oltre il terreno, l'umano, il razionale e che sta tirando la pur forte Norma in un abisso oscuro, proprio come il Po travolge case e alberi e persone con le sue acque scure, che da "amiche" del territorio diventano "nemiche", portatrici di catastrofe, danni, morti, perdite.

Un'antica leggenda ritorna a circolare in quei giorni particolari, una voce insistente parla all'orecchio di Norma e ciò che sussurra la fa spaventare, rabbrividire, perché ha il sapore dell'ineluttabilità, lascia addosso il freddo della morte e la ragazza è pronta ad affrontare l'ignoto pur di non trascinare con sé la cara e ignara Nilde.
Piangerà e soffrirà senza di lei, ma preferisce che sia Nilde a piangere la sua Norma, e non il contrario.


"Magnificat" è un romanzo molto particolare, dalla trama quasi sfuggente, che richiede attenzione durante la lettura perché - almeno per me è stato così - la sensazione di "perdere qualche pezzo" lungo il tragitto è dietro l'angolo.
La natura si prende il suo spazio tra queste pagine, nel bene e nel male, in quanto portatrice di benedizioni e bellezza ma anche di calamità; si respira da subito un'aria di mistero che conferisce un che di gotico, una sensazione di evanescenza e di indefinito, di sospeso e irrisolto, anche quando poi - proseguendo fino alla fine - comprendiamo quegli aspetti che possono sembrare elusivi e poco chiari inizialmente.
Ma del resto mi sono fatta l'idea che siano proprio l'inafferrabilità e l'impenetrabilità a rendere interessante questo romanzo dai toni molto evocativi, e ciò è coerente con la presenza di elementi sovrannaturali, che attingono al complesso mondo delle credenze popolari, le quali mescolano spesso superstizioni e fede, razionale e irrazionale (o meglio, soprarazionale).

Concludo dicendo che ho avuto un rapporto strano con questo libro: all'inizio ho faticato ad entrare nella storia, mi sembrava di andare avanti brancolando nel buio, come se mi mancassero dei punti di riferimento, degli indizi o segnali chiari; poi ho messo da parte la razionalità e ho cercato di lasciarmi trascinare dall'autrice e dal suo modo di raccontare, accettando di entrare in un "piccolo mondo antico" sibillino e, per questo, affascinante.

Consigliato a chi ricerca un libro breve, diverso dal solito, in cui vengono affrontati argomenti come il legame tra sorelle, il peso delle tradizioni/credenze nei piccoli paesi, la forza dirompente dei fenomeni naturali, l'amore come àncora di salvezza e come sacrificio, l'andare incontro al proprio destino. 

mercoledì 22 maggio 2024

NOVITÀ IN LIBRERIA [ romanzi thriller e storici ]


Ed ecco alcune recenti  pubblicazioni mi "segno" qui sul blog perché mi interessano molto. Voi che ne pensate? Le trame vi incuriosiscono?



THRILLER

OVUNQUE TU SIA 
di Harlan Coben


Longanesi Ed.
368 pp
22 euro
Dal 21 maggio '24
Nella notte più brutta della sua vita, David si sveglia immerso in una scena sconcertante: suo figlio Matthew è stato assassinato. 
Fin dalle prime ore la polizia e la sua stessa famiglia sospettano che il responsabile del brutale omicidio sia proprio lui e anche se David sa che non è così, non ha modo di provarlo. 
Distrutto dal dolore e tormentato dal senso di colpa, assiste impotente allo sgretolarsi della propria linea difensiva e al naufragio del proprio matrimonio finendo per accettare la condanna all'ergastolo. 
Dopo cinque anni passati in totale isolamento, David riceve la visita della cognata, che gli mostra una foto recente scattata in un parco. Sullo sfondo, appena visibile, c'è un bambino. 
E quel bambino è Matthew. 
Possibile che suo figlio sia ancora vivo? 
A David non resta che fuggire dalla prigione in cui è rinchiuso per cercare a tutti i costi di scoprire cosa è davvero successo quella maledetta notte. 
Fino a quando David riuscirà a depistare gli agenti dell'FBI che lo braccano?  
Chi riuscirà a fermare un padre disposto a tutto pur di scoprire la verità su un figlio che credeva perso per sempre?




LA FAMIGLIA È  ANCORA QUI
di Lisa Jewell


Neri Pozza
trad. A. Biavasco,
V. Guani
384 pp
20 euro
Dal 21 maggio '24

2019. È mattina presto quando l’ispettore Samuel Owusu riceve una chiamata: sulle rive fangose del Tamigi è stato ritrovato un sacco nero contenente resti umani. 
Gli accertamenti della Scientifica portano a un vecchio caso che aveva visto coinvolti marito, moglie e un terzo uomo, trovati morti, allineati a terra come in un rituale, nella cucina della loro elegante casa di Chelsea, una bimba di pochi mesi, piangente, al piano di sopra, e i due figli adolescenti svaniti nel nulla. 
Un cold case fatto di indagini senza sbocco, profili di dna ignoti, ombre inquietanti di una setta. 

Anche Rachel Rimmer viene svegliata da una telefonata: suo marito Michael è stato trovato morto, aggredito con un’arma da taglio, nella cantina della sua villa di Antibes, in Francia. 
Alle domande della polizia francese circa il passato e le frequentazioni di Michael, Rachel non ha alcuna intenzione di rispondere sul suo passato, le sue frequentazioni. Domande a cui Rachel non ha alcuna intenzione di rispondere. 

Dopo essere fuggita da Londra trent’anni prima incalzata da un’orribile tragedia, ora Lucy Lamb può tornare lasciandosi alle spalle un’esistenza all’insegna della precarietà. 
Un’inaspettata eredità le consentirà finalmente di trovare una sistemazione più che decorosa per sé e i suoi due figli e di lasciare l’appartamento di suo fratello Henry, dove non sono i benvenuti. 
Anche perché Henry se n’è andato, in cerca di una persona del loro passato, quel passato che non possono dimenticare.



STORICO

LA STANZA DEI SEGRETI
di Megan Campisi

Ed. Nord
trad. Toticchi
400 pp
19 euro
Dal 21 maggio '24
La guerra civile infuria e, per aggiudicarsi la vittoria, servono armi più potenti di cannoni e fucili. Servono informazioni. 
Assunta dalla leggendaria Pinkerton National Detective AgencyPer, Kate Warner è l'unica agente donna e lotta da anni per conquistarsi il rispetto dei colleghi, che la considerano troppo emotiva per le operazioni sul campo. 
Ma adesso, nell'agosto del 1861, è lo stesso Allan Pinkerton a sceglierla per una missione delicatissima. Nessun uomo infatti potrebbe far collaborare Rose O'Neal Greenhow, una vedova sudista che è stata trovata in possesso di un messaggio cifrato che, se decrittato, potrebbe porre termine a quella carneficina. 
Ricca, viziata e razzista, la donna rappresenta tutto ciò che Kate disprezza ma deve assolutamente riuscire a conquistarsi la sua fiducia, e per farlo imparerà a mettersi nei suoi panni, scoprendo così una persona forte e determinata, che combatte per ciò che ritiene giusto. 
Solo allora Kate si rende conto che una donna del genere – così diversa eppure così simile a lei – non può essere piegata. 
E che tutte e due sono pedine di un gioco dall'esito imprevedibile...




LA PALUDE DELLE STREGHE 
di Jarka Kubsova


Neri Pozza
trad. C. Ujka
320 pp
19 euro
Dal 14 maggio '24
Amburgo, oggi. Quando Britta Stoever si trasferisce con la famiglia a Ochsenwerder, quartiere periferico a sud della città, si ritrova a vivere nella solitudine, che la stringe in una morsa e fa eco a quella che sente nascere dentro di sé. 

Eppure, da ex geografa, Britta è abituata al silenzio del paesaggio in cui si celano le storie, e quando in una delle sue camminate si imbatte in un cartello che porta il nome di una donna, la sua curiosità si ridesta. 
Quella che incontra, tuttavia, è una storia di invidie, di pregiudizi, di persecuzione. E di fuoco. 

Amburgo, 1570. Abelke Bleken, unica figlia di un ricco fattore, gestisce i suoi possedimenti con saggezza. 
È bella, dicono alcuni. È arrogante, dicono altri: tutta quella terra è troppa per lei sola. 
E il giorno in cui, grazie all’attento ascolto della natura, Abelke prevede l’arrivo di una tremenda inondazione – che causerà danni incommensurabili – la voce che nel villaggio si diffonde su di lei è soltanto una: strega. 
Basta poco perché l’invidia e il desiderio rendano le accuse concrete, condannandola al processo, alla tortura, al rogo.

Ispirato a una vicenda reale.





Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...