mercoledì 15 aprile 2015

"Le storie che non conosci": una canzone per promuovere #ioleggoperchè



Avete ascoltato la canzone "Le storie che non conosci" cantata da Samuele Bersani, Pacifico e Guccini?

Beh, fatelo, lettori, perchè fa da colonna sonora a #ioleggoperché, il progetto nazionale che promuove il libro e la lettura organizzato dall’Associazione Italiana Editori (AIE) che sarà celebrato nella Giornata Mondiale del Libro il 23 aprile.



Chi ha dimenticato non si sa
se ti ha lasciato andare o se in realtà
ti sta cercando ancora nella borsa tra patente e occhiali

Hai dedica con data se è un regalo
col prezzo ben nascosto dietro a un adesivo
e hai l’aria di chi non ha un letto fisso ma si appoggia in giro

Sarai mai stato in metropolitana
su una corriera sudamericana
in uno zaino pieno a dondolarti sopra un treno

Arrotolati in tasca in un cappotto
chiuso nel buio di un cassetto

Pagine unte con le briciole addosso
cerchi olimpici di vino rosso
e una formica pietrificata del secolo scorso

Ci sono dei graffiti a coprire ogni fianco
spirali ipnotiche a matita in alto
e poche righe sopravvissute a un pennarello giallo

Sarai mai stato a rischio di bruciarti
o su una mensola ad impolverarti
e riscoperto da qualcuno che non ti aspettavi
lo hai fatto uscire da un periodo nero
uscire fuori ancora intero



Una storia che non conosci
non è mai di seconda mano
è come un viaggio improvvisato
a chilometraggio illimitato

Una storia in cui tu ti specchi
con i tuoi occhi da marziano
è come una lanterna
magica che non si ferma

Finito di stampare nel mese di agosto
di un anno povero con poco inchiostro
un sangue nobile che colora ogni tua parola

Hai mai viaggiato tutta una notte
attraversando un temporale forte
Ti sei trovato aperto ad asciugare sotto al sole

Ho illuminato fino alla mattina
da una candela o da una pila

Una storia che non conosci
non è mai di seconda mano
è come un viaggio improvvisato
a chilometraggio illimitato

Una storia in cui tu ti specchi
con i tuoi occhi da marziano
è come una lanterna
magica che non si ferma

Le storie che non conosci, non sono mai di seconda mano

Frammenti da... "Sense and Sensibility" (Ragione e Sentimento)



Qual è l'innamorato perfetto e adatto a te, cara Marianne?

Edward è davvero simpatico, e provo molta tenerezza per lui. Ma...non è il genere di giovanotto... gli manca qualcosa... ha un aspetto che non colpisce; non ha nessuna di quelle qualità che mi aspetterei in un uomo capace di conquistare mia sorella. I suoi occhi non hanno quello spirito, quel fuoco, che rivela allo stesso tempo virtù e intelligenza. E oltretutto, mamma, temo che non abbia davvero gusto. La musica sembra attrarlo ben poco, e anche se ammira moltissimo i disegni di Elinor, non è l'ammirazione di una persona che ne capisca il valore. È evidente, nonostante il continuo interesse che mostra quando lei disegna, che in realtà non sa nulla di questa materia. Ammira come un innamorato, non come un intenditore. Per soddisfare me, queste due caratteristiche devono essere unite. Non potrei essere felice con un uomo il cui gusto non coincidesse sotto tutti i punti di vista con il mio. Deve condividere tutte le mie emozioni; gli stessi libri, la stessa musica devono incantarci entrambi. 

(Ragione e sentimento, J.A.)

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Citazione d'Autore ("Chelsea&James")



Libro in lettura da ieri: "Chelsea&James" di R. Giuseppe Cozzo (post segnalazione).

Ecco la citazione poetica da lui riportata in apertura al romanzo.


'As the flowers are all made sweeter
by the sunshine and the dew,
So this old world is made brighter
by the lives of folks like you.'

"Come i fiori sono resi più profumati 
dalla luce del sole e la rugiada
così questo vecchio mondo è più splendente
grazie all'esistenza di persone come te"

Estratto di una poesia di
Bonnie Elizabeth Parker
(1910-1934)

Il significato della parola EPIGRAFE al quale mi riferisco 
è questo: Iscrizione in fronte a un libro o scritto qualsiasi,
 per dedica o ricordo; più particolarm.,
 citazione di un passo d’autore o di opera illustre che si pone 
in testa a uno scritto per confermare con parole autorevoli 
quanto si sta per dire. (Treccani)

martedì 14 aprile 2015

Recensione: LA PIOGGIA PRIMA CHE CADA di Jonathan Coe



Un romanzo breve ma che mi è piaciuto molto.

LA PIOGGIA PRIMA CHE CADA
di Jonathan Coe


Ed. Feltrinelli
222 pp
 16,00 euro
trad. Delfina Vezzoli
2007

  • Un disco che suona i  canti dell'Auvergne; un microfono ancora in mano, cassette inserite nel registratore; sul tavolo, un album di foto e del buon whisky.
  • Così viene trovata l'anziana Rosamond dal suo dottore; ormai è morta e non c'è nulla da fare... ma cosa sarà stato a provocarle la morte?
  • Soffriva di cuore, effettivamente, ma sicuri non c'entri nulla quel flacone vuoto di Diazepam?
  • Hum... forse si tratta di suicidio?

I nipoti di Rosamond non sanno che pensare, soprattutto dopo l'apertura del testamento.
La cara zia ha lasciato la propria eredità a tre persone, essenzialmente: un terzo a Gill, la sua nipote preferita; un terzo a David, il fratello di Gill; e un terzo a Imogen.

Ma chi è Imogen?


  • Inizialmente a Gill e David proprio non viene in mente di chi si tratti, eppure... un ricordo si fa strada e cominciano a ricordare che una volta nel 1983, alla festa per il cinquantesimo compleanno di Rosamond, più di vent'anni prima, dunque, hanno conosciuto una deliziosa bimba bionda di sette o otto anni, venuta con gli altri a festeggiare la padrona di casa: una bimba dolcissima e silenziosa, che si muoveva quasi furtivamente. 
  • Imogen era cieca.
  • Beh, forse conviene rintracciarla e farle sapere dell'eredità, no?
  • Ma Imogen non si trova. E allora non resta – come indicato dalla stessa Rosamond in un biglietto scritto prima di morire – che ascoltare le cassette, quelle stesse incise dalla donna mentre sfogliava l'album di fotografie selezionando le venti istantanee capaci di riassumere tutta la sua esistenza.
  • E, assieme a Gill e alle sue due giovani figlie, il lettore si mette all'ascolto della voce di Rosamond che, malinconica e lucida, racconta la storia della propria famiglia, le drammatiche vicende che spiegano cosa è accaduto a Imogen, delineando il quadro della società inglese di riferimento, affrontando tematiche spinose e delicate, come quella di madri poco affettuose o l'omosessualità.

Prima di questo, avevo letto un solo libro di Coe (La famiglia Winshaw) e non mi aveva fatto impazzire di gioia; ok, c'è da dire che quello che mi "frega" (pardon per l'espressione) sono i finali...., e ad ogni modo ero un po' prevenuta...
Ma mi son dovuta ricredere in quanto questo libro l'ho letto in poco tempo non solo per la sua brevità, ma più che altro perchè mi ha molto coinvolta!
E questo da subito; sarà che mi piace molto la tecnica narrativa del "tornare indietro nel tempo" e qui la protagonista fa davvero un bel tuffo nei ricordi, attraverso le fotografie, testimoni fedeli di un passato lontano ma non per questo dimenticato.

E' un percorso all'indietro che mi ha emozionata; mi piace il personaggio di Rosamond, che Coe ci presenta come una donna delicata, sensibile, attenta, desiderosa di instaurare rapporti veri ed intensi con chi la circonda, ma purtroppo le cose non le vanno mai bene, in questo senso, visto che c'è sempre qualcuno che le volta le spalle, finisce per ignorarla, per non dare al rapporto lo stesso valore che gli dava Ros: questo vale per Beatrix, per Rebecca, per Thea ..., insomma per quelle donne che, seppur in modi diversi, lei amava.

Devo dire che il finale mi ha lasciato un po' di amaro in bocca (stessa cosa per l'altro libro di Coe); c'è in questo, e nell'altro romanzo, molta malinconia, infelicità, la ricerca di trovare un senso a tutto senza però riuscire a "chiudere il cerchio"...

Nel complesso però è bello, una lettura piacevole, adatta agli spiriti un po'... nostalgici e malinconici ^_-

Recensione: MI RICORDO di Paola Capriolo




Eccomi con una recensione: un romanzo delicato e forte, dove personaggi e fatti viaggiano sul filo dei ricordi e giungono fino a noi...

MI RICORDO
di Paola Capriolo


Ed. Giunti
PRIME PAGINE

Sinossi

Adela e Sonja: due figure di donna e due destini che non si potrebbero immaginare più diversi. 
La prima, negli anni trenta, conduce un’agiata esistenza accanto ai genitori nella loro villa in riva al fiume, intrecciando con un insigne poeta un ingenuo e appassionato carteggio sull’arte, la musica, la bellezza; la seconda, ai giorni nostri, lavora nella stessa casa come badante al servizio di un vecchio signore dispotico. 
Ma non è stato un caso a condurla lì, perché, come scopriremo a poco a poco, un vincolo profondo lega queste due vicende che scorrono parallele nelle pagine del libro. 
Mentre si prende cura del padrone accompagnandone la regressione verso l’infanzia, Sonja compie un lungo, tormentoso “scavo archeologico” alla ricerca del proprio passato familiare; intanto, le lettere di Adela al poeta ci svelano il lento precipitare della sua vita dalla normalità all’incubo. a motivo delle persecuzioni razziali. 
Se esiste una speranza di riscatto, è affidata alla memoria e alla compassione di chi viene dopo; o forse a quella misteriosa frase di Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”, di cui Sonja intuirà solo alla fine un significato possibile.

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Adela a Sonja: due donne sole, con il peso di un passato e di un "cimitero di ricordi" che hanno segnato le loro vite, tenendole unite nella memoria nonostante non lo siano state nella realtà.
Una madre e una figlia cui la vita non ha dato modo di costruire un rapporto perché ci sono ricordi troppo dolorosi, vicende personali troppo pesanti e drammatiche che spesso si frappongono tra il presente e il passato, tra ciò che vorremmo (e avremmo voluto) e ciò che invece è..., e che impediscono di essere e far felici chi ci ama.
Capitolo dopo capitolo, il lettore segue le alterne vicende che coinvolgono il presente della 50enne Sonja (che fa la badante ai vecchietti) e il passato della madre, Adela; un passato vecchio quarant'anni, sepolto dagli anni passati su di esso, ma che non ha smesso di tormentare i vivi.

Sonja è una donna sola, che decide di rispondere ad un annuncio di lavoro strano, ma che fa apposta per lei: un vecchio (che si rivelerà scontroso e poco simpatico) cerca assistenza; la badante vivrà con lui e percepirà uno stipendio davvero modico, ma a Sonja non importano questi dettagli.
Lei desidera con tutta se stessa semplicemente ritornare in quella casa dai muri azzurri, in cui vive attualmente il vecchio solo, ma che è stata la casa d'infanzia di Sonja.
Entrare in quella nota villetta, ritrovarla praticamente come lei e il padre l'hanno lasciata, è per la donna un tuffo doloroso nel passatoun passato che fa male ricordare ma che è altrettanto impossibile dimenticare.

Un ritorno a ciò che è stato, a quei fantasmi che hanno abitato tra quelle mura, protagonisti ormai silenziosi di un'infelicità quasi palpabile, che ancora, dopo tanti anni, sembra aleggiare tra le stanze, nelle pagine impolverate dei vecchi libri di famiglia, nel giardino abbandonato, in cui ancora dondola al vento l'altalena della Sonja bambina.
Una casa cullata dall'incessante e fedele scroscio del fiume che scorre lì vicino, che da sempre fa compagnia a chi ha vissuto prima e a chi adesso vive lì.

Un fiume testimone della tristezza e del dolore che ha attraversato la vita di Adela.

La narrazione, come dicevo, procede alternando la voce delle due donne. Capiamo subito che Sonja ha vissuto nella casa in cui va a lavorare e che Adela è sua madre.
Adela la conosciamo attraverso delle lettere che, da giovanissima, ha inviato costantemente al Grande Poeta (il suo nome non è mai pronunciato), un letterato a lei contemporaneo, che la giovane ammirava profondamente e con il quale amava conversare (seppur in modo epistolare) di poesia, arte..., di tutto ciò che rientra nella bellezza, quella bellezza - per dirla alla Dostoevskij - capace di salvare il mondo.

Parole piene di devozione ed entusiasmo, quelle della 18enne Adela, che con ansia attende le risposte e la considerazione del Grande Poeta, i cui versi le infondono gioia e meraviglia.
Siamo negli anni '30; Adela appartiene ad una famiglia benestante; suo padre è medico, sempre accompagnato da un fedele giovane amico (anch'egli dottore) e la loro vita scorre - proprio come il placido fiume - serena e all'insegna di abiti all'ultima moda e spettacoli teatrali.
Finché il terribile spauracchio delle leggi razziali non piomba sulla nostra Adela e sulla sua famiglia; sì, perchè essi sono ebrei, e se prima di allora questo non era mai stato un problema, dopo Hitler lo diventa.
La vita cambia da un giorno all'altro: paura, coprifuochi da rispettare, divieto di recarsi in luoghi pubblici, pazienti che non si fanno più visitare dal papà medico...; e poi la malvagità più inutile eppure feroce e simbolica: quella contro il povero Tristan, il cagnolino di Adela.
Ma Tristan è solo un emblema delle milioni di vittime mietute dalla follia feroce del razzismo di stampo nazista, e la stessa Adela non potrà evitare di provarla sulla propria pelle, a caro prezzo.

Di fronte all'inevitabile (?) abbandono da parte degli estranei, solo una persona resta fedele, come un cane docile, che t'aspetta e ti segue ovunque vai: il dottorino, il giovane Kurt, innamorato della bella figlia del suo "maestro".

Ma lui, il Maestro, il Grande Poeta cui la ragazza continua a scrivere con costanza: che ruolo ha in tutto questo?
In un certo senso, anche lui è sempre lì, sullo sfondo dell'esistenza di Adela, grazie alle lettere che da lei riceve e alle poche cui si degna di risponderle; Adela è una ragazza non solo bella, ma ancor più intelligente, sensibile.., che a un certo punto comincerà a vedere il suo "idolo" (così forse lo chiamerebbe un'adolescente dei giorni nostri) con gli occhi di una giovane donna che la Storia sta mettendo alla prova duramente, privandola della libertà, della spensieratezza, della serenità, della "bellezza che salverà il mondo".
Del futuro.

Cosa dirà il poeta alla sua ninfa lontana, innocente vittima della barbarie dell'uomo?
Forse la saprà consolare con i suoi versi dolci, ricchi di significato e di allusioni?
La proteggerà da chi le vuol fare del male?
Prenderà posizione per condannare certe ideologie assurde e becere?

"Mi ricordo"..., scrive Adela al suo letterato, e queste due parole - che non sono solo il titolo del libro, ma in un certo senso, il fil rouge che l'attraversa - assumeranno significati diversi, nel corso della nostra storia, non solo per Adela ma anche per Sonja.

Cosa ricorda Adela? 
Quali ricordi non raccontati e condivisi sono racchiusi nelle lettere inviate al poeta e tenute insieme da un nastro rosso, dimenticate in un cassetto su in soffitta?

Sonja torna nella casa che l'ha vista nascere, diventare bambina - una bimba sveglia, sensibile, sola, a sua volta ammiratrice silenziosa e timorosa della sua inafferrabile e irraggiungibile madre - e dovrà trovare in se stessa il coraggio di mettere piede in quell'enorme "cimitero di ricordi", in cui il passato sembra essere stato volutamente sepolto da un spesso strato di polvere.
Polvere che va eliminata affinchè finalmente il presente sia rischiarato, reso palese, e smetta di essere un pesante fardello da portarsi dietro come una valigia vecchia da cui non riusciamo a separarci.

Scavare nel passato è rischioso: se certi segreti vengono disseppelliti possono recare dolore, tristezza, senso di impotenza, sensi di colpa.

Ma per Sonja sarà un viaggio necessario, un modo per riscattare il presente da un passato che coinvolge tanto lei quanto la sua fredda e triste mamma, troppo persa e prigioniera di ciò che ha vissuto per riscoprirsi libera di amare e tornare a vivere; un riscatto che sicuramente non cambierà ciò che è stato ma che potrebbe essere la chiave per liberare il cuore di Sonja dalla tristezza di un "mi ricordo" che finora è stato per lei una opprimente gabbia d'infelicità.

Un romanzo, come ho detto all'inizio, forte e delicato al contempo, che ci presenta due figure femminili davvero opposte eppure così legate e vicine tra loro: due donne sospese tra passato e presente e unite dal filo dei ricordi, della memoria che permette di far rivivere quello che è stato, di dargli voce.
Un libro scritto con un linguaggio accurato, capace di mettere il lettore tanto davanti alla potenza delle parole e della loro forza poetica, espressiva, quanto di trasportarlo nell'incubo di giorni vissuti nella umiliazione e degradazione estreme; una narrazione emotivamente intensa, poetica nonostante non sempre il contesto lo sia.

Mi è piaciuto molto e non posso che consigliarlo.

Recensione correlata:

CADE LA TERRA di C. Pellegrino

Occhio al libro: STONELAND. I signori del vento e del fuoco di Saguatti Roberto



Segnalazione di un romanzo d’esordio, che si prospetta ricco d'avventura e magia.

STONELAND. I signori del vento e del fuoco 
di Saguatti Roberto


Serie: Triskell
Pagine: 420
Prezzo: 15 euro
ISBN: 978-88-98824-26-7
Sinossi

Le pietre del potere sono in grado di amplificare le capacità innate di ogni persona. Gerrit è un ragazzo come tanti altri ma, durante la prova per ricevere la sua prima pietra, compie un'impresa mai vista nella storia.
Dall'altra parte del mondo, Val ha appena ottenuto la pietra del vento, quando qualcuno tenta di ucciderlo. 
Il Duras è in fermento, il malcontento si è diffuso fra il popolo. 
Il generale Askar, in segreto, fomenta i tumulti con l'intento di deporre il monarca. Entrambi i ragazzi, ignari dei recenti accadimenti, partono per il Duras alla ricerca della loro seconda pietra. 
Si troveranno coinvolti nello scoppio della rivolta, loro malgrado protagonisti di una straordinaria avventura: magia, amore e battaglie epiche, durante i quali gli eventi si rincorreranno frenetici, fino al sorprendente finale.

Dove trovarlo:



L'autore.
Saguatti Roberto nasce (1978), vive e lavora a San Giovanni in Persiceto (BO). Laureato in Scienze Motorie, nel tempo libero, rubato a moglie e figli, adora leggere, scrivere e aggiornare il suo piccolo sito di recensioni e interviste:
www.animadidrago.it

lunedì 13 aprile 2015

(Anteprima Marsilio). In libreria dal 16 aprile "Le fragili attese", il nuovo romanzo di Mattia Signorini‏



Cari lettori, vi segnalo la prossima uscita del un romanzo delicato e intenso di Mattia Signorini, Le fragili attese, una storia corale sulle attese che ci riserva l’esistenza, spesso lunghe, fragili, a volte senza fine.

Dicono dell'Autore:

«Mattia Signorini è un enfant prodige purosangue» TTL – La Stampa

«Una scrittura di grande scorrevolezza e leggibilità» Il Sole 24 ore

«Una scrittura tanto immediata quanto percorsa da brividi di immagini e pensieri che lasciano il segno nel lettore» Il Resto del Carlino

LE FRAGILI ATTESE
di Mattia Signorini


Marsilio Editori
ISBN 978-88-317-2089-2
pp. 252; € 17.00
ebook € 9.99
in libreria:
16 APRILE 2015
«Si attende che la vita faccia un passo e la pianti di stare in bilico, pericolante su se stessa.Si attende qualcuno, o qualcosa, che prenda tutti i silenzi e lasciandoli cadere, quasi per sbaglio, li mandi in frantumi»

Sinossi

Questa è la storia della Pensione Palomar, una vecchio stabile a due piani nel quartiere periferico di una grande città. 
Osservandola dalla strada, incastrata tra due palazzi, sembra appartenere a un tempo che non è più. 
 È la storia di Italo, il proprietario, che a quasi ottant'anni ha deciso di chiudere per sempre. Osserva passare gli ultimi giorni seduto dietro al bancone, mentre rilegge vecchie lettere d'amore scritte da una ragazza negli anni Sessanta. 
È anche la storia dei suoi ultimi ospiti: Guido, un professore d’inglese che deve insegnare a parlare a una bambina muta; Lucio Ormea, un uomo alla ricerca del padre che non vede da quando era piccolo; il generale in pensione Adolfo Trento, convinto che la soluzione di ogni pace stia nella guerra; Ingrid, un'arpista con il polso spezzato che lavora come cassiera al supermercato e di notte si accompagna a uomini conosciuti per caso; e infine la domestica Emma, che ha fatto della Pensione Palomar la sua casa da ormai troppo tempo. 
Sono tutte persone ferme ai margini di un mondo che corre troppo veloce, in attesa che arrivi qualcosa, forse un treno che li porti via, verso una direzione qualsiasi, prima che sia troppo tardi. 

Mattia Signorini ci regala un delicato e intenso romanzo sulle attese in cui, tra speranze e delusioni, capita che la nostra vita si incagli. Attese spesso lunghe, fragili, a volte senza fine.

L'autore.
Mattia Signorini è nato a Rovigo nel 1980. Ha pubblicato Lontano da ogni cosa (Salani 2007; TEA 2011) e Ora (Marsilio 2013). Ha fondato la scuola di scrittura creativa Palomar. I suoi romanzi sono tradotti in otto paesi.

Titoli... profumati



Buongiorno e buon lunedì!
Riprendiamo, ogni tanto, la rubrica dei Titoli più Belli.
Quelli di oggi sono tutti... profumati!
Quale profumino vi piace di più?

,

(apr. 2015, di Feng Hua)

(mar. 2015 di Tina Vitale)



iris

(feb. 2015 di Fiona Neill)

(nov. 2014 di Marta Mizzi)

domenica 12 aprile 2015

"Liebster Award 2015" per Chicchi di Pensieri (DOMANDE PER I LETTORI)



Buongiorno e buona domenica, cari lettori e amici!!

Finalmente, e dopo diversi giorni (mea culpa), eccomi qui a rispondere alle domande che le care blogger Nora Angelini e Francy mi hanno rivolto in occasione del premio "Liebster Award 2015".


Se avrete la pazienza di arrivare alla fine del post, troverete delle domande per voi... 
E se ne avrete voglia, lasciatemi le vostre risposte, mi farà piacere leggerle!!


DOMANDE DI FRANCY

1. Da quando hai aperto il blog sei cambiato/a? Sei cresciuto/a insieme ad esso e grazie ad esso?

Assolutamente sì!! Non solo ho allargato i miei orizzonti culturali, approcciandomi a generi letterari prima ignorati, ma ho avuto modo di imparare a condividere l'amore per la lettura con altri lettori.

-

2. Se dovessi consigliare un libro che ti ha fatto commuovere così tanto da uscire il giorno seguente di casa con gli occhi ancora arrossati quale romanzo sceglieresti? Perché?

Uno degli ultimissimi letti, che mi ha molto toccata moltissimo (per diverse ragioni), è stato VENUTO AL MONDO di M. Mazzantini: che ho trovato drammatico, forte, crudo e realistico, per le tematiche affrontate e per lo stile.

3. Quanto e per quale motivo è importante comunicare con gli altri lettori in questa avventura da blogger secondo te?

Come anticipato nella risposta n.1, è molto importante perchè si ha modo di arricchire il proprio bagaglio di gusti e conoscenze, non necessariamente di cambiarlo, ma quanto meno imparando ad apprezzare ciò che agli altri piace.

4. Uscendo dalla tematica 'libri'... quali sono i tuoi film/cantanti/serie tv preferiti?

Comincio dalle serie! E' da parecchio che non ne guardo più, quindi cito quelle cui ero (e sono) affezionata negli anni della adolescenza (inoltrata e non): "Genitori in blue jeans", "Beverly Hills 90210", "Melrose Place", "I Robinson" e "The Practise-Professione Avvocati".

Cantanti? Anzitutto, musica italiana, in primis Claudio Baglioni, poi Nek, Raf, Giorgia, Pausini... E tra gli stranieri, le bellissime voci di Whitney Houston, Mariah Carey e Celine Dion.

Film... Ce ne sono diversi! Dal classico "Via col Vento" al recentissimo "Nessuno si salva da solo", passando per "La custode di mia sorella", "Il Corvo 1" (non chiedetemi perchè ^_^).. e taaanti altri che ora mi sfuggono!

5. Hai qualche obiettivo da raggiungere o cerchi di vivere giorno per giorno quello che il tuo blog ti porge?

Day by day...! ^_-

6. Tra dieci anni ti vedi ancora qui; a scrivere nel tuo angolino libresco come ora?

Me lo auguro davvero!!

7. Ci sono state alcune amicizie nate sul web che si sono traslate nella vita reale, concreta? Se sì ti andrebbe di raccontare la tua esperienza?

Certo che sì! Ho diverse amiche conosciute in web (alcune grazie alla lettura, altre no) con cui mi sento quotidianamente, anche se non le ho ancora incontrate di persona!

8. Quali sono i tratti che ti contraddistinguono da sempre che ti hanno aiutato nella realizzazione del tuo blog e nel portarlo avanti?

Non so, credo di essere una blogger che condivide le letture che ama e ha amato, le emozioni che ne scaturiscono, e credo (spero) di farlo in un modo che arrivi a chi mi legge.

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9. Quanti blog segui?

Molti, anche se purtroppo non commento tutti con costanza e tutti i giorni.

10. In che animale e pianta ti identificheresti? Perché?

Nella farfalla: libera, leggera, colorata!
Nella mimosa, così solare, estiva, ma anche delicata, oltre che simbolo di libertà, autonomia, pudore e sensibilità.


sabato 11 aprile 2015

Recensione: MORTE DI UN UOMO FELICE di Giorgio Fontana



Il mio pensiero su questo romanzo vincitore del Premio Campiello 2014.


MORTE DI UN UOMO FELICE
di Giorgio Fontana


Morte di un uomo felice
Ed. Sellerio
280 pp
14 euro
2014

Sinossi

Milano, estate 1981: siamo nella fase più tarda, e più feroce, della stagione terroristica in Italia. Non ancora quarantenne, Giacomo Colnaghi a Milano è un magistrato sulla linea del fronte. Coordinando un piccolo gruppo di inquirenti, indaga da tempo sulle attività di una nuova banda armata, responsabile dell’assassinio di un politico democristiano. Il dubbio e l’inquietudine lo accompagnano da sempre. Egli è intensamente cattolico, ma di una religiosità intima e tragica. È di umili origini, ma convinto che la sua riuscita personale sia la prova di vivere in una società aperta. È sposato con figli, ma i rapporti con la famiglia sono distanti e sofferti. Ha due amici carissimi, con i quali incrocia schermaglie polemiche, ama le ore incerte, le periferie, il calcio, gli incontri nelle osterie.
Dall’inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un’azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non poté mai perdonare per la sua ribellione all’ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell’unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla.
L’inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra uffici di procura e covi criminali, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all’uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l’origine delle ferite che stanno attraversando il Paese. Si risveglia così il bisogno di immergersi nella condizione degli altri, dall’assassino che gli sta davanti al vecchio ferroviere incontrato al bar, per riconciliare la giustizia che amministra con l’esercizio della compassione. Una corsa e un’immersione pervase da un sentimento dominante di morte. Un lento disvelarsi che segue parallelo il ricordo della vicenda del padre che, come Giacomo Colnaghi, fu dominato dal desiderio di trovare un senso, una verità. Anche a costo della vita.

L'autore.
Giorgio Fontana è nato nel 1981. Ha pubblicato i romanzi Buoni propositi per l’anno nuovo(Mondadori 2007) e Novalis (Marsilio 2008), il reportage narrativo Babele 56 (Terre di Mezzo 2008) e il saggio La velocità del buio (Zona 2011). Vive e lavora a Milano. Con ques
ta casa editrice ha pubblicato Per legge superiore (2011) e Morte di un uomo felice (2014).



Eccezioni sempre, errori mai”: questo è il motto dell’eroe di "Morte di un uomo felice" ambientato nella Lombardia dei primi Anni Ottanta. 
Giacomo Colnaghi, il protagonista di questa storia, è sostituto procuratore del Tribunale di Milano, impegnato nella lotta al terrorismo di Stato per mano delle Br, e porta avanti la propria professione come una vera e propria missione, nella quale gli errori non sono ammessi (potrebbero risultare anche fatali), ma delle eccezioni non si può sempre fare a meno.

Il romanzo inizia con la morte di un politico, un certo Vissani ucciso da Formazione proletaria combattente, una cellula scissionista delle Br, e inizia  anche con delle parole significative che guidano da sempre la vita e il lavoro di Giacomo, quasi 40enne, sposato con Mirella e padre di due bambini, Daniele e Giovanni:

“Noi non dobbiamo essere gli uomini dell’ira”.

Giacomo è un brav’uomo, cresciuto in una famiglia cattolica; sua madre ha tirato su praticamente da sola lui e sua sorella Angela, avendo perso il marito molto presto; il padre di Giacomo, infatti (Ernesto), è morto in seguito ad un’azione partigiana, volta a difendere i diritti dei lavoratori, dei deboli, degli oppressi, contro lo stato fascista.

In fondo, gli stessi brigatisti cui danno la caccia tanto il nostro magistrato quanto l’intero Stato, si fregiano delle medesime motivazioni, e in nome della loro causa sociale sono disposti a uccidere persone individualmente innocenti eppure colpevoli dal punto di vista "collettivo" e ideologico.

Giacomo ha un grande senso della giustizia e svolge il proprio lavoro nella sincera convinzione di essere dalla parte del Bene, non semplicemente per una questione di ruolo istituzionale (visto che lui fa parte di coloro che “arrestano i cattivi”), ma perché motivato dal desiderio di difendere chi subisce ingiustizie e fermare coloro che hanno fatto della violenza, della vendetta, del rancore, la propria ragione di vita e gli unici strumenti per combattere tutto ciò che per essi è ingiusto, “storto”, sbilanciato, all'interno di un sistema sociale in cui a pagare sono sempre i poveri, la classe proletaria, insomma quanti sono privi dei mezzi adatti per far valere le proprie ragioni..

Ma Giacomo lo sa, lo ha imparato attraverso un’infanzia senza quel padre che la povera mamma Lucia gli ha dipinto sempre come colpevole e matto, e che lui, nonostante tutto, ha sempre amato, figurandoselo, nonostante tutto, come un uomo forte, eroico:

“…il rancore porterà a nuovo rancore, e così via... No, finché non avremo trovato una soluzione all'odio, non finirà mai davvero».”

“…Il mondo per ciò che era gli pareva senz'altro meritevole di rabbia e compassione, ma mai di odio. E quale rivoluzione poteva giungere dall'odio?”

Uomo di fede, Giacomo, crede fermamente in Dio e trova conforto in questa Presenza sovrannaturale eppure per lui così concreta; è una persona dall’animo gentile, buono, capace di ascoltare gli altri, anche i “delinquenti” che si ritrova a interrogare, e che lui cerca di comprendere, di capire quelle ragioni che li spingono ad essere violenti, che li hanno resi degli assassini.

Giacomo, pur essendo un “servitore dello Stato”, riconosce le falle della (presunta) democrazia di cui lo Stato stesso si "riempie la bocca”; non dimentica di essere il figlio di un partigiano rivoltoso, ma è anche consapevole di aver scelto una strada diversa rispetto ad altri uomini che, probabilmente, pur partendo dalla sua medesima situazione familiare e socio-economica, hanno abbracciato ideologie opposte.

È un idealista, Colnaghi, che pensa e parla in termini di utopie con i colleghi, con gli stessi brigatisti arrestati, e non può fare a meno di lambiccarsi il cervello con ragionamenti volti a ricercare i “perché”, nella speranza che il Male lo si possa fermare non semplicemente arrestando i colpevoli, ma anzitutto provando a capirne la logica…

“Se noi riusciamo a individuare quel - quella sorta di ideale distorto, diciamo - e a dissolverlo, o quantomeno mostrarne l'assurdità, il problema è risolto alla radice. (…) Siamo le uniche persone che possono rimettere insieme in qualche modo i pezzi di ciò che è andato in frantumi. Una morte, un furto, una qualsiasi violenza: anche la più piccola. È tutto sotto la nostra responsabilità, Roberto: aiutare le persone, non trattarle come parti nel gioco del processo. Eccezioni sempre, errori mai»  

spiega un accorato Giacomo allo scettico amico Roberto.

Ma Colnaghi è anche un marito, un padre, un figlio.
Un marito che sa di trascurare la paziente moglie per il lavoro; un padre affettuoso e comprensivo, ma comunque troppo spesso fisicamente distante dai figli per la stessa ragione; un figlio che ama la madre e le perdona di non aver perdonato il marito partigiano.

E infine, Giacomo Colnaghi è un uomo profondamente solo nella sua Milano, che sembra ancor più grande e indifferente rispetto alla piccola solitudine del nostro eroe.

“Morte di un uomo felice” - attraverso le vicende di un uomo assetato di verità (che in fondo non è tanto diverso da quel padre quasi sconosciuto che ha portato avanti i propri ideali a costo della vita), impiegando un linguaggio semplice, chiaro, uno sguardo che sa essere delicato ma anche molto lucido -, induce il lettore a immergersi nelle giornate del protagonista (contrassegnate da una certa malinconica tristezza), a prendere parte alla sua solitudine, a riflettere con lui sul senso e sul significato della giustizia, su come essa viene perseguita tanto dalla collettività quanto dai singoli individui, tanto in “via ufficiale” quanto di nascosto, e di come inevitabilmente in essa (o meglio, in come è perseguita) ci siano innumerevoli possibilità e altrettanti limiti.

Simpatizziamo con il protagonista, ne seguiamo i ragionamenti, i dubbi, i dolori personali, e ne condividiamo le domande e il desiderio di cercare e ottenere risposte, provando inevitabilmente un misto di tenerezza e comprensione di fronte alla sua genuina bontà.

Consigliato.
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