lunedì 24 agosto 2015

Recensione: FIORE DI FULMINE di Vanessa Roggeri



Stamattina ho terminato il romanzo di un'Autrice italiana contemporanea che ho già avuto modo di apprezzare in Il cuore selvatico del ginepro (RECENSIONE), e che in questo suo secondo romanzo conferma il suo talento nel saper creare storie pieni di fascino ed emozione.

FIORE DI FULMINE
di Vanessa Roggeri


FIORE DI FULMINE
Ed. Garzanti
280 pp
16.40 euro
Maggio 2015

Trama

È quasi sera, quando all’improvviso il cielo si fa livido mentre enormi nuvole nere galoppano a colorare gli ultimi raggi di sole.
Da sempre, la prima cosa da fare è rintanarsi in casa, coprire gli specchi e pregare che il temporale svanisca presto.
Eppure la piccola Nora, undici anni e il coraggio più scellerato che la gente di Monte Narba abbia mai visto, non ha nessuna intenzione di mettersi al riparo.
Nora vuole sfidare il vento che soffia sempre più forte e correre sulla cima della collina.
È appena arrivata sotto una grande quercia quando un fulmine la colpisce sbalzandola lontano, esanime.
Per tutto il piccolo villaggio sardo dove è cresciuta la bimba è morta. Ma non è quello il suo destino.
Nora riapre i suoi enormi occhi verdi, torna alla vita.
Il fulmine le ha lasciato il segno di un fiore rosso sulla pelle bianca e la capacità di vedere quello che gli altri non vedono. Nella sua famiglia nessuno la riconosce più.
Non sua madre, con cui amava ricamare la sera alla luce fioca di una candela, né i suoi fratelli, adorati compagni di scorribande nei boschi. C’è un nome per quelle come lei, bidemortos, coloro che parlano con i morti, e tutti ne hanno paura. È diventata una reietta, una maledetta. Nel piccolo paese sardo non c’è più posto per lei. La sua nuova casa è Cagliari, in un convento, dove Nora chiude la sua anima in un guscio di dolore, mentre aspetta invano che qualcuno torni a prenderla.
Finché un giorno, una donna vestita di nero, elegante e altera, si staglia sulla soglia del convento.
È Donna Trinez, una ricca viscontessa. Lei conosce la storia di Nora e sa cosa significa perdere una parte della propria anima. Per questo ha deciso di aiutarla contro tutte le superstizioni.
Perché uno sguardo buono e una carezza possono far rifiorire anche un cuore ferito.



Siamo a Monte Narba, un piccolo villaggio minerario della Sardegna, e la nostra storia inizia nel 1899.
Nora Musa è una bimba vivace e serena, che vive con la mamma Luigia e i tre fratelli Saturno, Pietro e Lazzaro; il loro papà Antonio è morto lavorando mentre scavava all'interno di una montagna.

monte narba
La piccola ha solo 11 anni quando, in un giorno di temporale, viene colpita da un fulmine, che lascia sul suo corpo di bimba un segno rosso, che come un marchio impresso a fuoco sulla pelle, la renderà per sempre diversa dagli altri: il bellissimo e palpitante fiore di fulmine ricamato su un lato del suo corpo le ricorderà sempre l’esperienza più terribile e allo stesso tempo assolutamente miracolosa della sua esistenza.

Sì perché la scarica del fulmine lascerà il piccolo corpo senza vita, eppure mentre tutti piangono disperati la sua morta e la bara è pronta per essere sepolta per sempre, il custode del cimitero sente dei colpi e dei gemiti che provengono dal suo interno.
Qual è lo stupore, misto a timore, nel constatare che la piccola Nora… è viva!!

La bambina viene portata a casa dalla sua famiglia, lei, nata due volte, il cui viso troppo pallido, con quegli occhi verdi e penetranti che ti scrutano dentro, quel corpo magro e fragile… sembra dichiarare: sono io, Nora, colei che è nata due volte, che è risuscitata!

E' possibile non guardare quel piccolo essere silenzioso e impaurito senza provare meraviglia, perplessità… e un pizzico di paura?

Ben presto la gioia di avere di nuovo a casa la piccola della famiglia viene sostituita dalla sensazione inquietante che la morte abbia restituito solo apparentemente Nora, ma che in realtà ella sia… diversa, come se si fosse instaurato un filo invisibile tra lei e il regno dei morti.
È come se non fosse mai davvero tornata nel mondo dei vivi, come se nel suo sguardo ci fosse un che di spettrale, di terribile, di funesto.

E Nora è davvero diversa; dopo l’esperienza del fulmine, ha acquisito la capacità di vedere i morti e quelle visioni sono sempre significative, premonitrici; insomma, come dice la pettegola cugina Teresa a Luigia, la risuscitata è… una bidemortos!
E le bidemortos non portano nulla di buono con sé, perché attorno a loro c’è quell’aura grave, quasi diabolica, oscura, che non può che portare sfortuna e sciagure in una casa già segnata dai lutti e dal dolore.

Ed è così che, seppure a malincuore e con la morte nell’anima, Luigia decide di allontanare da casa Nora e di relegarla in un istituto per orfanelle.
La diversità Nora se la porta appresso, impressa come il suo fiore di fulmine, che brucia e fa sentire dolorosamente la sua presenza, che l’ha segnata nell’anima e nel carattere, rendendola solitaria, silenziosa, lontana dal mondo che la circonda, senza nulla da spartire con le sue coetanee, che inevitabilmente la scansano e la additano come se non fosse come loro.

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E Nora sembra avvertire tutto il peso di questo suo modo di essere e sentire, della presenza costante delle ombre dei morti accanto al suo letto, che lei vorrebbe tanto non dover vedere.

La consapevolezza di essere stata abbandonata e rifiutata dalla sua famiglia, che non è più tornata a prenderla, è un peso che l’opprime e la fa sentire sola al mondo, incompresa e non amata.

Ma ecco che… dopo alcuni anni, quando è ormai una giovane bella e piena di talento (dalla sua mamma ha ereditato il dono di "fare miracoli" con ago e filo) ma anche triste e sola, qualcuno all’istituto chiede di lei.

Donna Trinez è anche lei una donna sola, fragile, il cui cuore nasconde dolori e angosce che nessuno sembra poter placare. 
Perché vuole proprio la riservata e schiva Nora a servizio presso la sua sontuosa villa?
Quando giunge nella ricca dimora in cui dovrà lavorare come serva, Nora si ritrova a vivere con persone diverse per carattere e con le quali dovrà relazionarsi, cercando di uscire dal guscio in cui finora è stata rintanata, a causa di questa sensazione di diversità ed estraneità che la caratterizza.

Ci sono le serve e colleghe Giusta e Annica, un po’ burbera e pronta a lamentarsi la prima, chiacchierona e allegra la seconda; Annica in particolare vuole a tutti i costi fare amicizia con la nuova arrivata, penetrare il muro della sua timidezza, ma Nora è un osso duro e sciogliersi sarà tutt'altro che facile; la diffidenza fa parte del suo carattere.
A coordinare il lavoro delle tre c’è lei, Palmira, la vecchia governante che adora letteralmente donna Trinez, e da subito si dimostra invidiosa di Nora, che viene trattata con molta benevolenza dalla padrona; un po’ meno dal marito Mariano, che sembra nutrire una certa ostilità verso questa intrusa dallo sguardo acuto e indagatore, che pare leggergli dentro.
E poi ci sono i nipoti della viscontessa, Gabriele e Giaime, entrambi un po’ ombrosi e cupi a causa di problemi di salute che li hanno abbattuti e scoraggiati.

Passano i giorni e le settimane, e Nora comprenderà che l’atmosfera in casa è più pesante di quel che aveva pensato e che c’è un’ombra inquietante che vaga per le stanze,..

Nonostante sembri indifferente e poco affettuosa, Nora decide di cercare la ragione che rende la sua padrona triste, infelice e disperata; lei, un fiore di fulmine solo e incompreso, decide di aiutare un fiore di cristallo, qual è la povera donna Trinez, e di farlo nell'unico modo a lei possibile: le sue "visioni", che da sempre la terrorizzano tanto.

Tra visioni spettrali che non accennano a smettere e riunioni di famiglia paurose e sinistre, Nora sarà costretta a far ricorso a quella capacità che l'ha allontanata dalla sua famiglia per aiutare la sua amata padrona, andando così alla ricerca di terribili segreti che tengono legati i morti alla realtà dei vivi e che non permettono ai primi di trovare finalmente riposo, e ai secondi di ricominciare a vivere serenamente.
Nora stessa ha bisogno di imparare a convivere col suo passato, di fare la pace con esso e con le persone che ne fanno parte per poter riappropriarsi della propria vita, fidandosi del prossimo e afferrando la mano tesa verso di lei da parte di chi ha imparato a volerle bene.

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Anche questa volta, Vanessa Roggeri ci narra una storia piena di fascino, mistero, sentimenti; una storia che ha al centro le donne, con le loro fragilità e i loro punti di forza, con la capacità che è insita in loro di rinascere dalle proprie ceneri come fenici.
La Sardegna degli inizi del Novecento in cui è ambientata la storia di Nora Musa ci affascina con le sue tante superstizioni e le credenze popolari presenti nel villaggio minerario di Monte Narba, e che passando di bocca in bocca inevitabilmente hanno influenzato la vita delle persone, spesso contribuendo a dirigerne il corso.

Nora è una giovane donna cui spesso, in questa recensione, ho attribuito l'aggettivo diversa, e di certo lo è, perchè gli altri l'hanno fatta sentire così nel corso di nove anni di solitudine, e lei stessa ha fatto della propria diversità una fortezza nella quale chiudersi, tentando invano di seppellire sentimenti, emozioni e con essi la voglia di essere felice, di gioire, per paura di sentirsi inadeguata e quindi rifiutata ancora una volta; ma allo stesso tempo, Nora è come ciascuna di noi, un'anima ferita desiderosa di amore, stima, comprensione, e il momento della felicità potrebbe arrivare anche per lei, benché a volte le strade percorse sembrino particolarmente tortuose e buie.

Fiore di fulmine è un romanzo che si sofferma proprio su questa figura di donna, reietta, isolata a causa delle sue "capacità" particolari che spaventano e attirano al contempo, e proprio questo suo "dono" diventerà qualcosa di prezioso nelle sue mani, con il quale la ragazza potrà portare conforto e aiuto ad un altro cuore ferito come il suo, e provare a liberare il proprio dal gelo che finora lo ha divorato.

Quella di Vanessa Roggeri è una scrittura affascinante, così chiara e vivida da lasciarti entrare nei luoghi e nell'animo della protagonista, vivendo con lei le sue vicende e le sue emozioni, i suoi turbamenti, e ci rapisce pagina dopo pagina, solletica la nostra curiosità dando una vena (permettetemi il termine) dark, cupa, un'atmosfera misteriosa - grazie alla presenza del sovrannaturale, che pur essendo qualcosa di impalpabile e che va oltre la ragione, fa parte inevitabilmente dell'esistenza umana - soprattutto nella seconda parte del romanzo, in cui i segreti terribili e tristi che albergano nella villa verranno fuori.

Non posso che consigliarvi la lettura di questo bellissimo libro, che cattura sin dalle prime pagine e ci trascina fino all'ultima battuta, lasciandoci desiderosi di scoprire cosa c'è in serbo per Nora, e se quel fiore di fulmine ricamatole addosso potrà smettere di essere per lei una maledizione e diventare invece solo il ricordo di un miracolo che l'ha vista protagonista, anzi del miracolo che lei stessa è.

domenica 23 agosto 2015

Ricordando River Phoenix




A Metolius (Oregon), il 23 Agosto 1970 nasceva River Jude Bottom (Phoenix).

E io non posso non ricordarlo.

I would never, never do anything unless I believed in it.

River Phoenix






(Aleka's Attic, il gruppo di River)


There's a hole in my hat, 
shows a near miss grazing my scalp,
and my hand are the only injuries 
I'll stand if I can 
When I fall forget me

Will you respond if I float in? 
Yes, welcome me back with a marching band

There's a hole in the ozone,
So life's worth giving up and when I do, now, won't you please forgive me 
It's not that I've lost
'Cause in a way, well, I've been winning.

Will you respond if I limp in?
Welcome me back with a marching band. 

There's part of you that can't help but to see right through this part of me, 
and so when I go around round and I hit the town, 
and when I can't be found, then you wait for sounds. 
Well it's over you, you're under me, and if it's the way it should be then I won't bother
Your point of view is the point in me
So when you hear a loud sound it means I'm back from town 
Now all this night is on my side.

Ooh like a sitting duck, floating like a swan then flying like a dove 
Ooh, la, like a sitting duck, 
floating like a swan and it's all afterthought.

There's a toll at the bridge
If I pay I'm giving in 
and if I don't then I could always swim it
With wings I could fly and avoid the risk of sinking

Will you respond if I float in?
By now I've forgotten how to use my fins

There's a part of you that can't help but to see right through this part of me 
And so when I go around round and I hit the town
and when I cant be found found then you wait for sounds 
Well it's over you, you're under me, and if it's the way it should be then I won't bother 
Your point of view is the point of me died
And when you hear a loud sound that means I'm back from town now 
I rarely get to feel, you know, I hardly ever feel in place

Like a sitting duck, floating like a swan then flying like a dove. 
Ooh, la la, it's my faulty love 
In the corner like a dunce it's all self conscious thought

Recensione film: THIRD PERSON (Paul Haggis)



Altro film visto ultimamente, ma in streaming, interessante ma che mi ha lasciato qualche perplessità non meglio specificata alla fine della visione.
Se l'avete visto, ditemi che ne pensate! ^_-


THIRD PERSON

2013


Regia: Paul Haggis

Cast: Liam Neeson, Adrien Brody, Mila Kunis, Kim Basinger, Olivia Wilde.


Third Person  sviluppa la sua intricata storia seguendo le vicende di personaggi lontani, eppure in qualche modo legati tra loro, e che avvengono in tre città diverse: Parigi, New York e Roma.

Tre luoghi differenti che fanno da teatro alle storie di tre coppie: Michael (Liam Neeson) è uno scrittore, vincitore del premio Pulitzer, che sta lavorando, un po' a fatica, al prossimo romanzo e per trovare la concentrazione cerca rifugio in una camera d’albergo di Parigi.
L'uomo si appena separato dalla moglie Elaine (Kim Basinger) e sta vivendo una relazione burrascosa con la giovane e ambiziosa scrittrice Anna (Oliva Wilde), una donna all'apparenza molto determinata ma che ha le sue fragilità e i suoi segreti che la rendono infelice.
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Nonostante sia attratta dallo scrittore, cerca allo stesso tempo di non lasciarsi coinvolgere emotivamente e il pensiero che lui possa amarla non sembra renderla felice, ma anzi le crea un certo squilibrio....

La scena salta da Parigi a Roma, dove conosciamo Scott (Adrien Brody), un ambiguo uomo d’affari americano, che ruba gli schizzi dei nuovi modelli di famose case di moda. 
Anche Scott sembra fuggire da qualcosa, famiglia in primis, e solo soletto si mette alla ricerca di un posto in cui mangiare, ma capita in un locale che sa poco di ristorante e il cui proprietario non è il massimo della cortesia e gentilezza (interpretato da Riccardo Scamarcio), anzi è un tipo tamarro e scontroso; ma è proprio lì che Scott incontra la bella zingara Monika (Moran Atias) che, nonostante
l'iniziale ritrosia, gli racconta che un crudele trafficante (cui dà il volto il Freddo di Romanzo criminale, Vinicio Marchioni) gli ha rapito la figlioletta, lei sta cercando di salvarla e per questo se ne va in giro con un bel po' di soldini in una borsa.
La storia sa un po' di bruciato, e anche se Scott si sente in dovere di aiutarla, il dubbio di essere la vittima di una truffa ben architettata si fa sempre più insistente...

E poi c'è la storia di Julia (Mila Kunis), che in passato ha fatto l'attrice di soap opera ma adesso per vivere deve fare lavori umili, come la cameriera, e portare avanti la battaglia legale
per la custodia del figlio di sei anni contro l'ex marito Rick (James Franco), un famoso artista newyorkese. 
Il suo avvocato, Theresa (Maria Bello),  sta curando i suoi interessi e le sta procurando un'ultima possibilità per far cambiare idea al tribunale così che Julia possa riavere il bambino.
Come mai le è stato tolto?
Sembra che Julia abbia messo il figlio in serio pericolo, ma lei continua a dire che non è vero e che mai gli farebbe del male....

I tre filoni narrativi sono questi e si salta da una città all'altra seguendo le vicende suddette, che però ci scorrono davanti un po' frenetiche senza darci il tempo di sentirci particolarmente coinvolti dai personaggi, dai loro dolori e problemi; c'è anche una certa staticità e in più di due ore di film finisci per sperare che accada qualcosa di sconvolgente e importante che rovesci la situazione iniziale delle tre coppie, che dia un senso alle vicende che li coinvolgono... ma questo non sembra accadere davvero.


sabato 22 agosto 2015

Recensione film: SCUSATE SE ESISTO! di Riccardo Milani



Ogni tanto, anche nella mia piccola città, organizzano programmi di intrattenimento nel corso dell'estate; ieri c'era, ad es, il cinema all'aperto, e cosa davano?


SCUSATE SE ESISTO!

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regia: Riccardo Milani.

Cast: Paola Cortellesi, Raoul Bova, Lunetta Savino, Ennio Fantastichini, Marco Bocci.

Serena Bruno (Paola Cortellesi) è nata ad Anversa, non in Belgio, ma in Abruzzo, un paesino di poche centinaia di anime, disperso tra le montagne; è una giovane colta ed intelligente, che sin da piccola ha dimostrato una grande attitudine verso il disegno, attitudine che l'ha portata a laurearsi in Architettura, a pieni voti.
Dopo un periodo lavorativo trascorso a Londra, pensa bene di ritornare nel proprio Paese, andando a vivere a Roma, ma trovare lavoro nel suo campo sembra un'impresa davvero difficile.


Serena dovrà scontrarsi con la dura realtà (italiana?), che conserva e manifesta pregiudizi verso le donne in certi ambiti professionali dove si presume che solo l'uomo possa predominare e dimostrare le proprie capacità; ed infatti, il solo fatto che lei sia una donna sembra pregiudicarle la possibilità di ottenere lavori di un certo livello, per cui è costretta ad accontentarsi di lavoretti che non valorizzano le sue conoscenze ed esperienze.
Per sbarcare il lunario, Serena riesce a trovare tre lavoretti, che le permettono però a malapena di pagarsi l'affitto di una mansarda scomodissima. Ma lei è un tipo gioviale e positivo e non si abbatte e cerca di fare tutto con più entusiasmo possibile!

Uno di questi lavori è la cameriera, nel ristorante di un tipo bello come il sole, dallo sguardo penetrante, dalle labbra invitanti, dal fisico pazzesco: Francesco (Raoul Bova).

L'entrata di Francesco nel film fa sorridere, perchè sottolinea in modo enfatico la bellezza da figo di Raoul Bova, che da sempre è considerato un sex-symbol; e dal canto mio io confermo che Raoul è come il vino: col tempo migliora!

Ma l'apparenza inganna... e tutta la sensualità e il potenziale erotico di Francesco, Serena non potrà goderseli, nonostante all'inizio creda che lui - così dolce, carino e premuroso - abbia un interesse per lei.
Eh sì, perchè Francesco è omosessuale, nonostante il suo passato da etero, che l'ha visto sposato e con un figlio, Elton, con cui però non passa molto tempo insieme dopo la separazione.

Tra Serena e Francesco, dopo l'iniziale equivoco, nascerà una bellissima amicizia, fatta di sincera complicità, di sostegno reciproco; lui dovrà trovare la forza e il coraggio di dire al figlio la verità su se stesso, mentre Serena si metterà nei pasticci dopo aver ottenuto un lavoro importante, il cui scopo è riqualificare un complesso residenziale romano, il Corviale, che è stato lasciato nell'incuria più totale, tanto che le persone hanno bisogno di fare segni sulle scale per trovare la propria casa e i giovani e gli anziano non hanno un posticino per rilassarsi o studiare.

Serena si appassiona così tanto al progetto, che per lei vede coinvolte le persone e le loro esigenze, prima ancora che i servizi  da offrire (centri commerciali...) in quanto tali, da essere disposta a fare carte false pur di farselo approvare.
E ancora una volta dovrà fare i conti con i pregiudizi che questo mondo ha verso la donna, i cui ruoli sono per lo più relegati a quello di assistenza e segreteria...

Sia Francesco che Serena per motivi e in ambiti differenti per un po' porteranno avanti delle bugie per nascondere chi sono veramente (un gay che vive la propria omosessualità soltanto in casa propria o nei locali notturni, e non in modo dichiarato; un'architetta costretta a non rivelare la propria identità per non vedersi sbattere la porta in faccia a priori) e questo darà il via a delle gaffes e a delle situazioni davvero molto comiche e divertenti, che strapperanno non semplici sorrisi ma tante risate.

A contribuire ai momenti divertenti ci sono, tra i tanti, un "amico speciale" di Francesco, interpretato da un simpaticissimo (oltre che bello, ma si sa già) Marco Bocci, e una zia di Serena, che parla solo in dialetto abruzzese e che farà ridere per certi modi di fare molto buffi.

Il tema del Corviale è legato alla realtà dei nostri giorni e si rifà a fatti realmente accaduti e in particolare il personaggio di Serena si ispira all'architetto Guendalina Salimei e alla sua idea di realizzare  «il chilometro verde», che dovrebbe tagliare orizzontalmente l’intero edificio di Corviale per ospitare servizi, luoghi di incontro e di scambio,


venerdì 21 agosto 2015

Le cover di "Ancora un respiro" di Kimberly Derting



Le copertine di oggi appartengono al secondo libro della serie The Body Finder: ANCORA UN RESPIRO di Kimberly Derting ed è il prosieguo di La collezionista di voci.

Come sempre vi chiedo: quale cover preferite?
Cliccando sul titolo sarete rimandati alla trama.


Mondadori
danese




















USA
tedesca

giovedì 20 agosto 2015

Frammenti di "Fiore di fulmine"



Prosegue la mia lettura di Fiore di fulmine.
Ecco un breve passaggio...:

"Si voltò, invece, a guardarla dritto in faccia, con un'aria sorpresa e un poco sconcertata.
Fu come l'accendersi di un faro nel cuore della notte; Nora non seppe spiegarsi perchè le fece quell'effetto, ma con un solo sguardo Giaime rimise al dritto il suo mondo che quel giorno era finito alla deriva, ne rinsaldò i pezzi che quel senso opprimente di desolazione aveva sparso lungo il percorso, con l'effetto di un magnete che concentra in un solo punto la limatura di ferro."




Film tratti dai libri da vedere prossimamente al cinema



Un paio di film prossimamente sul grande schermo e che son tratti da libri.


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IL GRANDE QUADERNO 
Titolo originale: A nagy füzet

regia: János Szász


Tratto dal best seller di Agota Kristoff "la trilogia della città di K".


Cast: András Gyémánt, László Gyémánt, Ulrich Thomsen, Orsolya Tóth


Verso la fine della seconda guerra mondiale, la gente nelle grandi città è in balia dei raid aerei e della carestia. Una giovane madre disperata lascia i suoi figli, due gemelli, a casa della nonna che vive in uno sperdutissimo paese, infischiandosene del fatto che questa donna sia una alcolista inumana e crudele. Gli abitanti del villaggio la chiamano "la strega" e si racconta che abbia avvelenato il marito tempo fa. Ben accolti all'inizio, con il passare dei giorni, i gemelli comprendono che dovono imparare a cavarsela da soli nel nuovo ambiente. Si rendono conto che l'unico modo per affrontare il mondo degli adulti e la guerra assurda e disumana, è riuscire ad essere il più possibile insensibili e spietati. Imparando a rendersi liberi dallo stimolo della fame, dal dolore e dalle emozioni, saranno in grado di sopportare disagi futuri.



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CITTA' DI CARTA

regia: Jake Schreier 



USCITA: 3 SETTEMBRE 2015

Cast: Cara Delevingne, Nat Wolff, Halston Sage, Cara Buono, Austin Abrams, Meg Crosbie, Caitlin Carver

Tratto dal romanzo bestseller di John Green ("Colpa delle Stelle"), Città di carta è la storia di Quentin e della sua enigmatica vicina di casa Margo, amante del mistero al punto da diventarlo lei stessa. 
Dopo averlo trascinato in un'unica notte di avventure in giro per la città, Margo scompare improvvisamente lasciando degli indizi che Quentin dovrà decifrare. 
La ricerca porterà Quentin e i suoi amici attraverso un'avventura che sarà al tempo stesso commovente e divertente. 
Infine, sulle tracce di Margo, Quentin troverà la consapevolezza del significato di vera amicizia e vero amore.


mercoledì 19 agosto 2015

In arrivo un "vecchio" romanzo di Tolkien: "The Story of Kullervo"



Il re del fantasy, J.R.R.Tolkien, non smette di catturare l'attenzione di fans e lettori, e stavolta a farlo non è la saga de Il Signore degli Anelli con hobbit al seguito, bensì un romanzo fra i primi suoi lavori di prosa: The Story of Kullervo, che sarà pubblicato presto da Harper Collins.



Basato su una leggenda finlandese comosciuta come Kalevala, si tratta di una storia fantastica su un uomo venduto come schiavo da un oscuro mago che seduce la sorella e finisce per suicidarsi. 

Come sottolinea il Guardian, la vicenda richiama quella di Turin Tundabar del Silmarillion.The Story of Kullervo rimase sempre a livello di bozza, con la prima metà in prosa e la seconda metà sintesi della vicenda a grandi linee.
L'Autore lo scrisse durante gli anni di college ad Oxford, e che fu il primo passo verso la costruzione delle leggende della Prima Era della Terra di Mezzo, in particolare della figura di Túrin Turambar, tragico eroe de Il Silmarillion.

The Story of Kullervo uscirà il 27 agosto nel Regno Unito e potete prenotarlo su AMAZON.

Citazioni d'Autore (FIORE DI FULMINE)



Ho in lettura un romanzo che sin dalle prime pagine si è rivelato molto bello e proseguo con vivo interesse: FIORE DI FULMINE di Vanessa Roggeri (SCHEDA).

Ecco le due citazioni riportate dall'Autrice in apertura al libro.

Nessun vascello c’è che come un libro possa portarci in contrade lontane né corsiere che superi la pagina d’una poesia al galoppo. 
Questo viaggio può farlo anche il più povero senza pagare nulla 
tant’è frugale il carro che trasporta l’anima umana. 
Emily Dickinson

Il tuono saetta fiamme di fuoco,
il tuono scuote la steppa,
il Signore scuote il deserto di Kades. 
Salmo 28


Il significato del termine epigrafe al quale mi rifaccio è quello dato dalla Treccani.it
"Iscrizione in fronte a un libro o scritto qualsiasi, per dedica o ricordo; più particolarm.,
 citazione di un passo d’autore o di opera illustre che si pone in testa
a uno scritto per confermare con parole autorevoli quanto si sta per dire".

martedì 18 agosto 2015

Recensione: LA CHIMERA di Sebastiano Vassalli



Appena terminato, e subito il mio parere su...

LA CHIMERA
di Sebastiano Vassalli



Ed. Einaudi
308 pp
11 euro
1990

La chimera è un romanzo storico di Sebastiano Vassalli,  prolifico scrittore che ci ha lasciati recentemente (fine luglio c.a.) e che narra la vicenda, la triste vicenda, di una giovane vissuta tra il 1590 e il 1610: Antonia Renata Giuditta Spagnolini, meglio conosciuta come “la stria (strega) di Zardino”.
Antonia viene abbandonata presso il torno (la ruota degli esposti) per essere accolta dalle suore della Casa di Carità di San Michele fuori le mura.
Antonia è un’esposta, una bimba frutto del peccato di una madre scellerata, e lei stessa – come tutti i bimbi esposti – verrà per sempre vista come una reietta, un essere inferiore, da emarginare, che non merita nulla se non disprezzo, e quando le si rivolge un atto di carità ci si aspetta un’infinita gratitudine.
La piccola Antonia cresce quindi nel convento, tra preghiere, canti liturgici, rimproveri e rimbrotti continui da parte delle suore sempre scontente; nonostante non sia un hotel a 4 stelle, la vita in convento non è poi così male, ed è per questo che, quando a 11 anni i coniugi Bartolo e Francesca Nidasio la notano tra i tanti fanciulli orfanelli e decidono di portarla a vivere con loro, la bimba non riesce ad essere felice per questo cambiamento.

Forse qualcosa nel suo cuore, un oscuro e indefinibile presentimento, vorrebbe tenerla lontana da Zardino, dalla bassa novarese, perchè quel luogo sarà per Antonia fonte di dolori e umiliazioni?

Il marchio dell’esposta infatti la segue come un segugio fedele, e sin da subito i vicini – bimbi compresi – la additano come se fosse “diversa”, ma Antonia è un piccolo arboscello forte e soprattutto bello: capelli neri e folti, occhi lucenti ed espressivi, e crescendo svilupperà non solo un bel viso ma anche un bel corpo.

Sono anni duri per le belle donne, potremmo dire prendendo a prestito l’ironia dell’Autore, ed Antonia farà le spese di una concezione di stampo medievale che vede la bellezza come un segno del male, la dichiarazione aperta ed inconfutabile di un’anima nera come la pece, che s’è venduta al diavolo e a lui appartiene, perché con lui s’incontra nei malefici e perversi sabba, dove si lasciano andare alla lascivia e alla lussuria più imperdonabile.

Nel tempo, a cominciare dagli anni dell’adolescenza, la giovanissima Antonia si affaccerà al mondo dei grandi, dell’amore, avendo la sfortuna di incontrare un uomo che non l’ama – un vagabondo, un camminante spietato, brutto e scansafatiche – per il quale perderà la testa, e che diventerà, assieme ad altri episodi, azioni e parole che le verranno attribuiti, la palla al balzo per i suoi accusatori, che si inventeranno di sana pianta dei gravi capi di imputazione, racchiusi tutti nella sola, terribile parola: stria.
E la stria di Zardino dovrà vedersela con l’ignoranza dei propri compaesani, che da un giorno all’altro si trasformano in acerrimi nemici; con la presunzione, la saccenza e la fede bigotta (ed insensata) di esponenti del clero che sfogano le proprie frustrazioni (sessuali, soprattutto) riempiendosi la bocca di pretese eresie, di ammonimenti alla castità, di condanne rivolte alle donne quali strumenti di seduzione e tentazione; con la perversione di gente gretta e meschina che s’è messa al servizio di un tribunale che pretende di essere “di Dio” ma che in realtà è fin troppo umano, perché ne riflette tutta la cattiveria, la falsa giustizia, la voglia sfrenata di esorcizzare paure irrazionali legate al sovrannaturale, la cui concezione è alterata da superstizioni e cecità morale e spirituale.

La tragica storia di Antonia si inserisce in un preciso momento storico – il Seicento in Italia – ben preciso e del quale Vassalli ci da un quadro interessante, dettagliato, avvicinandoci ad esso, ed è così che, capitolo dopo capitolo, le vicende di Antonia vengono intervallate da informazioni "tecniche" (che però, per quel che mi riguarda, mai hanno il sapore della lezioncina di storia), e Vassalli ci parla del clero corrotto e licenzioso – cui si contrapponevano alcuni religiosi ossessionati dall’obbedienza a riti, liturgie e comandamenti -, delle conseguenze della dominazione spagnola, di personaggi – molti realmente esistiti – che in qualche modo hanno avuto la loro parte nello sviluppo della storia, di categorie di individui presenti a quel tempo (risaroli, camminanti…).

Apprezziamo, leggendo, la sua ironia nel narrarci di certi personaggi particolari o di costumi dell’epoca discutibili ovvero apertamente deplorevoli (vedi il commercio delle reliquie).

Tutto questo collocato nella pianura del novarese ed in particolare a Zardino,

“un villaggio d’una trentina di fuochi portato via da un’alluvione del Sesia con i suoi abitanti, e mai più ricostruito”; 

a un luogo e un tempo che sembrano davvero troppo lontani, ma che l’Autore decide di raccontarci dopo aver compreso che

 “il presente è rumore: milioni, miliardi di voci che gridano, tutte insieme in tutte le lingue e cercando di sopraffarsi l’una con l’altra, la parola “io”. Io, io, io… Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla…, nel villaggio fantasma di Zardino, nella storia di Antonia.”.
Ed è proprio quello che fa Vassalli, che ci narra tutto dal suo punto di vista onnisciente, a volta anticipando con qualche breve frase o commento – da cui percepiamo un po’ di tristezza e pietà per la povera protagonista – ciò che inevitabilmente accadrà (che è già accaduto).
Non si esimerà dallo scendere in alcuni particolari anche crudi, che ci diranno vagamente cosa ha dovuto passare colei che veniva condannata come strega, costretta ad assistere inerme

 “a un’energia insensata, una mostruosa malattia che scuote il mondo e la sostanza stessa di cui sono fatte le cose (…).  Anche la tanto celebrata intelligenza dell’uomo non era altro che un vedere e non vedere, un raccontarsi vane storie più fragili d’un sogno: la giustizia, la legge, Dio, l’Inferno…”.

È un romanzo che ho letto con molto interesse – il romanzo storico è un genere che apprezzo molto -,  che ha sempre un ritmo sostenuto e una scrittura che cattura (ho apprezzato anche l'uso del linguaggio "arcaico" seppur sempre comprensibile), uno stile che riesce a coinvolgere in prima persona il lettore, come se l'Autore si rivolgesse proprio a lui e lo invitasse a farsi una propria personale idea di ciò che si sta dicendo, maturando i propri pensieri e sentimenti per i tanti attori che entrano ed escono da questo palcoscenico, ricco di parole, suoni, rumori, visi, smorfie, grida, gesti, amore, odio, invidie, bestemmie, ipocrisie, finta pietà, falsa devozione, fissazioni che oggi definiremmo “malate”…, e si arriva alla fine con un senso di dispiacere ineluttabile per l’attrice protagonista, che è andata incontro ad un destino scritto da altri in un giorno come tanti, 

“in un tramonto melodrammatico e teatrale come in Italia sono i tramonti di settembre: ricco di colori squillanti, di scenari pittoreschi, di abissi di luce, di malinconia e di poesia”.
Inevitabile, secondo me, è la rabbia che si prova nel leggere questa storia che è solo simbolo dei tantissimi casi di torture e condanne portate avanti dal Tribunale dell’Inquisizione per troppo tempo e in diversi Paesi, a danno di persone vittime dell’ignoranza, di convinzioni errate, sostenute purtroppo nel nome di Dio, ma che di divino non avevano davvero proprio nulla.

Un romanzo che non può mancare nelle nostre personali librerie; ne consiglio la lettura.
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