giovedì 29 novembre 2018

Recensione: L’AMICA GENIALE di Elena Ferrante



La storia dell’amicizia tra due bambine, nate nello stesso rione alla periferia di Napoli, che per emergere da un contesto chiuso e gretto, dominato dal maschilismo e da una mentalità ottusa e aggressiva, devono imparare a contare su loro stesse, sulla propria intelligenza e determinazione.

L’AMICA GENIALE
di Elena Ferrante


Edizioni E/O
400 pp
18 euro

“… tu sei la mia amica geniale, devi diventare la più brava di tutti, maschi e femmine”.


Siamo alla fine degli anni ‘50 ed Elena Greco e Lila Cerullo vivono nel medesimo quartiere povero e degradato della periferia napoletana.
Sono compagne di scuola, l’una sa dell’altra a che famiglia appartiene, e il loro legame non nasce da subito perché tra le due scorre una sorta di tacita diffidenza; in particolare, Elena vede in Lila una cattiveria che la intimorisce; però, allo stesso tempo, una volta sbocciata, la loro amicizia fiorisce a grande velocità, come se essere l’una il sostegno dell’altra sia il motivo per cui si sono incontrate.

A narrarci la storia è Elena (Lenù), moltissimi anni dopo, quando è ormai una donna adulta, e la decisione di raccontare di questa forte amicizia nasce in seguito ad una telefonata in cui apprende che di Lila, della sua amica Lila, si son perse momentaneamente le tracce.
Il racconto di Lenù si concentra, pagina dopo pagina, sul personaggio di Lila, che catalizza tutta l’attenzione, e degli svariati personaggi che ruotano attorno alle due ragazzine; le vicende personali, famigliari e i legami (d’amicizia e sentimentali) che nel tempo si instaurano con le due protagoniste, creano dinamiche molto interessanti, che ci lasciano conoscere sempre meglio le due amiche.
Lenù è attratta da questa amichetta diversa dalle altre, intuendone la personalità forte, testarda: Lila sin da bambina dimostra di avere un carattere molto forte, è caparbia, sfacciata, irriverente, ha la lingua lunga e non si fa problemi a rispondere alle persone più grandi di lei, che siano insegnanti, genitori, vicini di casa.

“Lila invece aveva, da piccola (…) la caratteristica della determinazione assoluta”.

Ma soprattutto, è intelligentissima, sveglia, con una grande attitudine allo studio; è nata per essere la “prima della classe” e questo la rende antipatica ai compagni e oggetto di ammirazione per le insegnanti, in particolare per la maestra Olivieri, che vede sia in Lila che in Lenù due talenti che assolutamente non vanno sprecati ma incoraggiati a studiare, perché solo attraverso lo studio non solo si contribuisce a migliorare la società, ma si offre alle donne un’arma incredibile per non restare rinchiuse nella meschina gabbia di un’esistenza piatta, ignorante, che si spegne anno dopo anno tra le mura vecchie e umide di una casa in cui alla femmina è richiesto solo di sottomettersi al marito e accudire casa e figlioli.

Elena si accorge che Lila è davvero brava in tutte le materie, dai verbi ai calcoli a mente, e che ha una capacità d’eloquio fluente ed invidiabile, nonostante venga da una famiglia in cui la cultura è quanto mai lontana; con l’amica scatta quindi una sorta di rivalità, vissuta a colpi di interrogazioni ed esami superati più o meno brillantemente, e di materie più impegnative studiate in vista di un avanzamento negli studi.

Ma a spuntarla, almeno sulla carta, è la bella Elena, il cui padre è usciere al comune e, rispetto al padre calzolaio di Lila, accarezza l’idea di avere una figlia bravissima a scuola, che gli dia grandi soddisfazioni, per cui è disponibile a sostenerla negli studi, nonostante la disapprovazione acida e un pizzico maligna della mamma di Lenù, con la quale la bambina non riesce ad andare d’accordo.
E così Lenuccia si dedica alle “sudate carte”, studia a più non posso greco, latino, in vista del liceo, e perché sia bella fresca e preparata per questo scopo, sotto consiglio della Olivieri, Elena viene mandata in vacanza ad Ischia. Ha 14 anni e inizia per lei il periodo dell’amore adolescenziale, il suo corpo inizia a cambiare, e non sempre questi cambiamenti sembrano piacevoli…

Qual è il suo stupore nell’accorgersi che anche in questo Lila la supera ancora una volta!
Sì perché la sua cara amica, il cui pensiero non l’abbandona mai (nutrendo la paura che, perdendo pezzi di vita dell’altra, anche la propria perdesse centralità e importanza), compagna di tante avventure, di segreti confidati, di sogni sospirati tra una pagina e l’altra di “Piccole Donne” (il comune sogno nel cassetto è scrivere insieme un libro che permetta loro di guadagnare un sacco di soldi), eccelle in tutto ciò che fa!
Benché la famiglia le abbia proibito di proseguire le medie, lei di nascosto continua a leggere un sacco di libri presi in prestito dalla biblioteca, e addirittura studia da sola latino e greco, diventando in certi momenti più brava della stessa Elena; non solo, ma da bimba secca come un chiodo, pallida come una mozzarella piccola e insignificante…, crescendo ed abbandonando la pubertà, Lila è sbocciata come un fiore, il suo corpo ha assunto una sinuosità ed una sensualità che fanno girare la testa ai ragazzi del rione, gli stessi con cui sono entrambe cresciute, hanno bisticciato, si son presi in giro…

Come dicevo qualche riga più su, a dare movimento e tensione alle vicende private di Lila e Lenù ci pensa la gente del rione, che poi è un microcosmo in cui tutti si conoscono, le donne danno il peggio di se stesse tra loro se vedono minacciato il proprio “orticello”, le mamme coi figli non sempre riescono a dimostrare dolcezza e comprensione (frustrate e amareggiate come sono da una vita di stenti, di botte, di silenzi sofferenti e rospi ingoiati), i mariti si comportano come i despoti della casa, pretendono di essere serviti e riveriti e guai a chi si ribella, i padri non esitano ad alzare le mani e a percuotere con rabbia i propri figli al minimo accenno di disubbidienza…
E così assistiamo alle sceneggiate nate attorno alla figura di don Achille, usuraio temuto e rispettato nel rione, da cui bisogna guardarsi perché sa essere pericoloso; assistiamo ai litigi chiassosi tra donne tradite e illuse; le scene di violenza, fisica e verbale, non mancano ed avvengono tutte sotto gli occhi sgomenti e spaventati delle due ragazzine, purtroppo avvezze, sin dalla tenera età, a questo tipo di comportamenti poco edificanti…, che contraddistinguono “la plebe”, questa povera gente meschina, misera, gretta, la cui esistenza non può puntare a null’altro che a questo squallore.

“Con loro (i ragazzi del rione) non potevo usare niente di ciò che imparavo ogni giorno, dovevo contenermi, in qualche modo auto degradarmi, ciò che ero a scuola, lì ero obbligata a metterlo tra parentesi o a usarlo a tradimento”.

Ma più di tutto, seguiamo le due ragazzine nella loro crescita e nel loro affacciarsi alla vita come piccole donne in formazione, che diventano oggetto di interesse per i maschietti che conoscono da una vita e con i quali si intrecceranno una serie di dinamiche e vicissitudini sentimentali e famigliari che cominceranno a dare un determinato corso agli eventi e alle esistenze delle protagoniste.

A fare da filo conduttore a tutte le vivaci vicende narrate, che ci danno un quadro realistico di questa Napoli degli Anni Sessanta, e in special modo del rione, così rumoroso, sporco, misero, sciatto, violento, i cui abitanti inevitabilmente hanno un che di pittoresco, di teatrale, di esagerato, è sempre e comunque l’amicizia vera e inossidabile tra le due ragazze.

L’autrice (che, ormai si sa, usa uno pseudonimo, quindi in teoria potrebbe essere pure un lui, anche se non ci giurerei….) scava magistralmente nell’animo di Lila e Lenù, le colloca in un contesto ben preciso dando però loro anche gli strumenti - caratteriali e non solo - per poter emergere, se vogliono, per emanciparsi dal punto di vista sociale; lo sguardo di Elena è interno al rione - ne è parte, vi è nata e cresciuta - ma al contempo è esterno, come se ella ne prendesse le distanze, come se non ne avesse assimilato lo spirito ma anzi avesse maturato la capacità di giudicare, valutare con lucidità ciò che vede.

Non vi nascondo che ero tentata di non scrivere nulla su questo romanzo perché… ci sono talmente tante recensioni in gito che una in più o in meno immagino non faccia proprio alcuna differenza…; però poi la voglia di parlarvene e dire il mio punto di vista, ha avuto la meglio.
Solitamente ne parlano tutti stra-bene, non soltanto di questo primo libro ma di tutta la tetralogia, e io non posso che aggiungermi ai pareri positivi: la Ferrante sa come trascinarti nella vita delle due amiche e del rione con la sua scrittura verace, intensa, potente, che sa coinvolgere e appassionare il lettore; il finale poi ti mette il desiderio di leggere immediatamente il seguito.

Concludo consigliando il libro - potrei esimermi? - e confermando che la serie tv sulla Rai è fatta (stando alle prime puntate, almeno) davvero bene, molto fedele, le attrici protagoniste sono meravigliose ed espressive; aspetto martedì prossimo per proseguire nella visione, così sto ancora un altro po’ in compagnia di Lenuccia e Lila.

mercoledì 28 novembre 2018

Recensione: IL LIBRAIO DI SELINUNTE di Roberto Vecchioni (RC2018)



Un racconto poetico, magico, che nella sua semplicità ci ricorda l'importanza delle Parole e delle sue sfumature, dei Libri e del loro potere comunicativo, e di come senza di essi perdiamo la memoria di ciò che siamo e la capacità di raccontarlo.



IL LIBRAIO DI SELINUNTE
di Roberto Vecchioni



Ed. Einaudi
68 pp
8 euro
2014
Nicolino è un ragazzino vivace e caparbio che non s'arresta davanti alle parole sciocche e ai giudizi vuoti degli adulti.
Lui va oltre e vuol ragionare con la propria testa.

Nicolino è cresciuto a Selinunte, vecchio borgo costruito attorno all'antica acropoli greca e situato sulla costa sud-occidentale della Sicilia.

E' lui a parlarci della strana storia che ruota attorno ad un libraio tanto brutto quanto sensibile e importante per la vita di Nicolino: una storia che spiega come mai nel suo paesino un giorno la gente abbia smesso di sapere "come si parla", come se non avesse più parole da dire, come se non sapesse più identificare gli oggetti, i sentimenti, i pensieri...
Tutti gli abitanti di Selinunte a un dato momento hanno manifestato questo problema, divenendo degli smemorati che vagano smarriti in una nebbia di cose senza nome, incapaci di parlare e ricordare, incapaci di
pensare. Perché tutti, in quel giorno, hanno perso le parole, per sempre, e possono incolpare solo loro stessi per questo dramma.
Cosa è accaduto quel giorno, è appunto Nicolino a dircelo.
Perchè lui è l'unico che si è salvato dall'incantesimo e che può raccontare i fatti incredibili che hanno portato a tutto questo.
Soltanto lui, perché ha avuto il privilegio di conoscere il libraio.

Nella pacifica Selinunte, dove tutti conoscono tutti, un giorno arriva uno strambo individuo: un uomo brutto, che più brutto non ce n'è...

"Piccolo, storto, incurvato, beveva tenendo il bicchiere con due mani, appoggiandosi sui gomiti, e sembrava come a mezz'aria, perché stava seduto ma i piedi non gli arrivavano fino a terra."
Sarà il suo aspetto sgradevole, sarà il suo starsene sempre da solo, sarà che ha a che fare coi libri, con le parole e poco con la vita pratica, sarà che semplicemente è uno straniero..., ma fatto sta che alla gente di Selinunte il libraio non piace per niente e si fa presto a far girare su di lui brutte voci.
Tutti si tengono lontani dall'uomo, lo scherniscono, lo insultano, lo giudicano cattivo in virtù del suo aspetto non proprio avvenente.
E forse è pure un po' pazzo, visto che nella sua libreria i libri non vengono venduti...; e no, lui li legge ad alta voce e chi vuole può ascoltarlo, visto che l'uomo, con pazienza, prepara ogni sera le sedie per i suoi possibili uditori.

Ma, fatta eccezione per un unico tentativo, le persone del paese non solo non sono attratte dalle parole lette con passione dall'uomo, ma scoraggiano gli altri ad andare a sentirlo.

Eppure Nicolino non riesce a mettere a tacere l'attrazione che prova per il piccolo librario e per le sue letture ad alta voce.

"In quei due mesi il tempo delle parole era diventato il mio vero tempo, una seconda vita: noi due soli, nel silenzio assoluto, in quella stanza fuori dal mondo. E poi la bellezza di quella voce che m'incantava, mi rapiva."

E così, rischiando punizioni, il ragazzino esce nottetempo di casa, eludendo la sorveglianza dei genitori, per recarsi nella bottega del librario che passa le notti a leggere: Saffo, Pessoa, Tolstoj, Rimbaud... Perché

 «tutte le parole scritte dagli uomini sono forsennato amore non corrisposto; sono un diario frettoloso e incerto che dobbiamo riempire di corsa, perché tempo ce n'è poco. Un immenso diario che teniamo per Dio, per non recarci a mani vuote all'appuntamento».
Il libraio riesce a stabilire un magico legame solo con Nicolino detto "Frullo", il quale non si paleserà mai quale uditore, ma si accontenterà di nascondersi dietro due pile di libri, ascoltando questo suo nuovo amico mentre legge ogni sera i passi più belli dei grandi poeti e romanzieri di ogni tempo.
E quelle parole, per Frullo come per ogni lettore, aprono d'improvviso un universo di emozioni e di storie che non moriranno mai.

"Il libraio leggeva le parole senza imporle all'ascolto, perché le parole non nascono, non nascevano in quell'autore, per favorire, acchiappare, assecondare, manovrare a piacimento le emozioni del pubblico, stipandole nella gabbia di un unico sentire. Il libraio restituiva le parole a se stesse. La lettura che usciva dalla sua bocca era un'offerta di toni per l'anima: salire, scendere, fermarsi. Salire, restare, risalire. Non una concessione al sentimentalismo, non una lacrima, un grido in più, non una risata, un ammiccamento; niente effluvi di furore, smargiassate, tenerezze.Leggeva il tempo che dura la parola nel cuore, senza picchi o sbalzi, perché il cuore ha piani sovrapposti e li esprimerebbe salendo e scendendo con metodo dall'uno all'altro se potesse farlo da solo. Rinunciando a urli e guaiti, minutaglia emotiva."

Nicolino è l'unico tra gli abitanti ad aver accolto questo straniero misterioso, giunto da chissà dove con i suoi bauli pieni di libri e tanta voglia di raccontarli; egli è affascinato da questa figura e grazie a lui assorbe le mille storie che nei libri sono custodite. 
Ma l'ignoranza e l'odio irragionevole dei suoi compaesani non si fermano alle parole, all'indifferenza ostentata o all'isolamento intenzionale del povero libraio: va oltre, tramutandosi in un azioni scellerate, cattive, che però avranno le sue conseguenze inaspettate e drammatiche per tutto il paese.

Sì perchè da quel giorno, forse Selinunte si libererà, come desiderava, del brutto e bizzarro libraio, ma al contempo perderà qualcosa di fondamentale: le parole e, con esse, la memoria, il legame con le cose che ci circondano, le persone, le emozioni...
Come sarebbe la nostra esistenza, il vivere quotidiano, se perdessimo la capacità di nominare, identificare, il mondo attorno a noi e, ancor di più, ciò che è dentro di noi?
Ci sentiremmo menomati, uomini e donne a metà, cui manca un pezzo importante di sè e che inevitabilmente hanno difficoltà ad avere relazioni umane perchè queste si basano essenzialmente sulla capacità di comunicare.

Vecchioni ha scritto una canzone che si chiama proprio come il suo libro e queste pagine hanno un che di musicale; in esse il cantautore ci regala una sorta di favola dolce-amara in cui assistiamo al rifiuto, da parte di un intero paese, del diverso, dell'estraneo, e della ricchezza culturale di cui è portatore.
Cosa c'è di più triste e tragico per un popolo che bruciare la cultura, fare un falò di libri...?
Quanta paura può creare ciò che non conosciamo, tanto da indurci a maltrattarlo o emarginarlo, rigettando ciò che egli porta con sè e che potrebbe invece recarci dei benefici?

Rifiutando l'amore del libraio per i libri, per le pagine meravigliose tratte da testi di poesia o dei grandi romanzi, gli uomini di Selinunte dicono no alla bellezza delle parole, al loro potere comunicativo, immaginifico, all'enorme ricchezza che celano in sè.

Un racconto breve, che non ha chissà che intreccio memorabile, da capolavoro letterario, ma che pure mi ha affascinata, in particolare per la presenza di certe famose citazioni letterarie e perchè al centro vi sono loro, i nostri amati libri, che se anche la maggioranza - accecata da un'irrazionale paura e dall'ottusa ignoranza di chi non vuole guardare al di là del proprio naso - disprezza, a salvarne la bellezza è il protagonista, innocente e puro, Nicolino, che non s'arrende all'idea che la gente attorno a lui non abbia più niente da raccontare e ricordare, e quindi spera...: spera che un giorno le pagine fitte di centinaia, migliaia di libri, possano ritornare a riempire ogni spazio vivibile e restituire la gioia negli occhi di tutti.

Consigliato, lettura piacevole, in certi momenti più intensa che in altri, forse conclusa con poca originalità ma nonostante qualche piccola imperfezione, Vecchioni mi convince, mi lascia sognare e riflettere con la sua scrittura poetica e malinconica.



"...bellezza, pensai, è star bene, sentirti pieno di cose e averne altre fuori che ti rivestono perfettamente, senza lasciarti un solo pezzo di corpo scoperto: bellezza è questo vestito che ti senti cucito addosso, soffice, caldo, indistruttibile, fra tanti altri che mancano sempre di qualcosa."



15. Un libro in cui il protagonista sia un libraio


martedì 27 novembre 2018

Anteprima Fazi Editore || NEL CUORE DELLA NOTTE di Rebecca West - dal 28 gennaio in libreria



A gennaio torna in libreria Rebecca West con il seguito de La famiglia Aubrey:



NEL CUORE DELLA NOTTE
di Rebecca West




FAZI ED.
USCITA
28 GENNAIO 2019
È trascorso qualche anno da quando abbiamo salutato la famiglia Aubrey.
Le bambine non sono più tali, sono giovani donne, e ognuna ha preso la propria strada: le gemelle Mary e Rose sono due pianiste affermate e vivono le difficoltà che comporta avere un talento straordinario.
La sorella maggiore, Cordelia, ha abbandonato le velleità artistiche per sposarsi.
La cugina Rosamund lavora come infermiera.
E poi c’è lui, il piccolo Richard Quin, che si è trasformato in un giovane seduttore brillante e, sempre più, adorato da tutti…
La guerra verrà a bussare anche alla sua porta, purtroppo. E sconvolgerà ogni cosa.
E mentre il padre è sparito definitivamente, anche la madre comincia lentamente a spegnersi.
Diventare grandi, per le ragazze Aubrey, vuol dire abbandonare per sempre la spensieratezza e immergersi in una lunga notte costellata di eventi drammatici…

L'autrice.
Nata Cicely Isabel Fairfield a Londra, prese il suo pseudonimo dall’omonimo personaggio di Ibsen, un’eroina ribelle. Nel corso della sua lunga vita travagliata e romanzesca è stata scrittrice, giornalista, critica letteraria, instancabile viaggiatrice, femminista ante litteram e politicamente impegnata. Amica di Virginia Woolf e amante di H.G. Wells, Rebecca West viene considerata una delle più raffinate prosatrici del ventesimo secolo e la sua "Trilogia degli Aubrey" è ispirata alla propria storia familiare.

lunedì 26 novembre 2018

Recensione: MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA' di Francesco Piccolo



La vita, come pure ogni singola giornata, è fatta di momenti; e di questi momenti, tanti li ricorderemo negli anni e altri li dimenticheremo pochi minuti dopo averli vissuti.
Ma ciò che conta è che spesso, tanti di essi, nella loro apparente inutilità e banalità, ci regaleranno momenti inaspettati di felicità; piccole gioie necessarie per guardare il mondo con quel pizzico di ottimismo e leggerezza che non guasta mai. Tutt'altro.



MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA'
di Francesco Piccolo

Einaudi Ed.
133 pp
12.50 euro
Pensieri sparsi, alcuni brevissimi altri sono dei mini racconti di situazioni vissute o immaginate dal protagonista: tutti hanno in comune le sensazioni di ebbrezza e breve euforia provate.

Sono i momenti di felicità trascurabili, cioè quell'insieme di sensazioni piacevoli, intense ma anche estemporanee ed effimere (dureranno poco) e che ci prendono d'assalto e all'improvviso durante la giornata, illuminandola proprio quando essa pareva scorrere fin troppo piatta e grigia.

Non sono "niente di che", ma il piacere che ne deriva è affine, appunto, alla felicità.

Possono essere i primi momenti della giornata...

"quando mi sveglio in un posto che non è casa mia, quell'attimo in cui non capisco ancora dove sono"

oppure azioni quotidiane alle quali non si dà peso e che pure a volte scatenano piccole baruffe in casa:

"Bere direttamente dalla bottiglia perché l'acqua sta finendo e, se qualcuno mi guarda schifato, dire: Ma stava finendo!".

"Alcuni gesti insensati.Soffiare su un pezzo di pane caduto a terra e poi mangiarlo come se fosse stato ripulito".
"Chiudermi a chiave nei bagni delle case dove non sono mai stato e mettermi a curiosare su tutti i prodotti che usano".

Ecco, sono solo alcuni esempi di quello che è il senso e il contenuto del libro, piccolo, scorrevole, una lettura simpatica, intrisa di ironia, che sa far sorridere perchè inevitabilmente ci si ritrova nei ritratti buffi che il protagonista narratore ci dà di se stesso e delle persone da lui osservate con attenzione.

Le svariate situazioni descritte con leggerezza, con uno stile semplice che riprende il parlato di tutti i giorni, possono sembrare in sè banali, insignificanti e, da un certo punto di vista, lo sono nei contenuti, nel senso che non si narrano vicende di fondamentale importanza nè per il protagonista nè per chi legge; non essendoci una trama con degli sviluppi e dei personaggi ben definiti con un nome e un cognome, il lettore non assiste a colpi di scena, a dinamiche narrative che lo tengano col fiato sospeso... semplicemente perchè non è l'intento di questo libro...!

L'Autore ci presenta degli "schizzi", delle scene (a volte, sono proprio delle "scenette") con pennellate veloci, colorate, bizzarre, divertenti... e ci invita a trovare in esse questi momenti di trascurabile felicità, che si trovano quindi ovunque, pronti a caderti in testa e farti vedere le cose e le persone e i gesti di tutti i giorni sotto una luce differente, che fino a un attimo prima non avevi considerato.
E così, dando spazio e attenzione al quotidiano, all'ordinario, diamo a noi stessi l'opportunità di cogliere quegli aspetti del vivere e della realtà circostante che non notiamo ma che, se ci fermassimo un attimo, ci accorgeremmo che celano in sè il senso profondo della vita stessa.
In queste poche pagine ritroviamo, a mio avviso, i tanti vizietti, i pensieri inconfessabili, le debolezze, le speranze, le piccole e innocenti manie, con i quali tutti noi dobbiamo fare i conti, e che danno pepe e colore ai giorni che viviamo, e l'Autore ce ne parla con un piglio intelligente e acuto, che ci stupisce piacevolmente.

domenica 25 novembre 2018

Segnalazione | L'esordio letterario di Mr Ink: MALANOTTE. Lettera aperta a una cara catastrofe di Mchele Del Vecchio


Buongiorno e buona domenica, carissimi lettori!!
Oggi ho il piacere di presentare qui sul blog (ma son certa, anzi mi auguro davvero, che abbiate avuto modo di vederlo già in giro per il web... ^_- ) il romanzo d'esordio di un bookblogger che tanti di noi conoscono e stimano: sto parlando di Mr Ink, fondatore del blog Diario di una dipendenza, e del suo libro; ho letto l'anteprima e vi ho ritrovato la bravura e la sensibilità di Michele e del suo modo di scrivere che cattura e rapisce, e che grazie alle sue splendide recensioni ho imparato ad apprezzare.
Ci si affeziona a Milo da subito e si ha voglia di saperne di più, di come la sua vita stia per subire una svolta dopo un incontro con una ragazza, un "astro in collisione" bello come "un film di Tim Burton"!



MALANOTTE. Lettera aperta a una cara catastrofe
di Mchele Del Vecchio



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Ebook: 5.99 euro
Cartaceo: 16 euro

Il romanzo è a metà prezzo
 fino a domenica 25
quindi oggi è possibile ancora acquistare 
a 3 euro l'ebook e a 8 euro il cartaceo!



Cronometro alla mano per lavarsi i denti, i lacci delle Converse a fare pendant con gli stati d’animo e corde del bucato su cui sventolano i capolavori di Beethoven.
Milo Jenkins, 16 anni, è un virtuoso del pianoforte, ha mille nevrosi e il fantasma di un pesce farfalla per migliore amico. I lunghi silenzi e un candore senza età hanno reso sicura la diagnosi: è autistico. Un ragazzo speciale, lo definirebbe qualcuno.
Se vivi nella cupa Eureka, però, non ci sono parole gentili per un orfano di madre con gli occhiali a fondo di bottiglia e gli incisivi a zappa.
La svolta sperata ha le occhiaie viola di Iris, bella come un film di Tim Burton.
Sulla tela della loro adolescenza, uno schizzo rosso sangue. Sotto una coltre di foglie secche, cadaveri innocenti. Corre, Milo. Ma verso Iris o lontano da lei?

Truce e dolce, Malanotte. Lettera aperta a una cara catastrofe è una fiaba splatter dove i baci hanno un retrogusto segreto e tra sogno e delirio, amore e morte, non c’è grado di separazione.


Perché ho scritto questo libro?
Il romanzo è un debito verso i miei 17 anni. Tra eroi senza macchia e uomini che da regola non devono chiedere mai, non riuscivo a trovare un protagonista che somigliasse a me: miope, imbranato, sincero. Chi dice che non abbiamo diritto a un colpo di testa o di cuore? Perché altrove siamo ridotti a figuranti senza un giallo da sbrogliare, una forestiera con cui dividere le cuffie dell’iPod, il potere di fare la differenza? Milo è nato per spirito di autoconservazione: l’adolescenza è sacra.

L'autore.
Michele Del Vecchio (Palermo,1994) nasce su un'isola, passa le estati della sua infanzia all'ombra del Vesuvio e a otto anni si trasferisce nella regione che, stando a torto alla pagina Facebook, non esiste. Vive tra Termoli e Pescara con quel che resta della sua famiglia e l'irresistibile Ciro, un tigrato europeo che odia tutti e in cui spera fermamente di reincarnarsi in un’altra vita. Fondatore nel 2012 del blog Diario di una dipendenza e plurifinalista ai Macchianera Internet Awards nella categoria Miglior sito letterario, sta lavorando a una tesi magistrale in Letteratura teatrale italiana.



sabato 24 novembre 2018

Segnalazione romanzi noir



Buongiorno lettori, oggi vi presento un paio di noir.


MORTE A MILANO. Ernest
di Antonio G. D'Errico


Macchione Ed.
Dino Lenza, traduttore di romanzi gialli, è alle prese con l’ultimo lavoro dello scrittore francese Jean Baptiste Monnais, dal titolo “La morte di uno sconosciuto”. 
Il protagonista è il giovane Ernest, che è stato vittima da bambino di ripetute violenze sessuali da parte dello zio. Lenza resta scosso da quelle descrizioni, rivivendo le angosce del personaggio, immedesimandosi nei suoi stati d’animo. Trova anche nei tratti somatici del protagonista una certa somiglianza coi suoi. Viene colto da un moto intimo di rabbia, come non si era mai manifestato prima.
Elimina completamente dalla traduzione le pagine scritte dell’autore francese e inizia la scrittura del suo giallo. I toni si fanno aspri e cruenti, il cinismo e la follia omicida non lasciano più uno spiraglio per il perdono. Il commissario incaricato delle indagini, pur nutrendo forti sospetti su tutti quegli omicidi, non riesce a trovare una spiegazione efficace per evitarli.
Una figura di rilievo della narrazione è la zia del giovane traduttore, pittrice famosa e donna di grande bellezza. Il rapporto tra i due lascia intravvedere un’ossessione seduttiva reciproca.

Dalla prefazione di Michela Zanarella:
"Antonio G. D’Errico è uno scrittore di talento che sa muoversi bene in più generi letterari. ‘Ernest. Morte a Milano’ è un noir di qualità, scritto con un linguaggio moderno, avvincente, dallo stile originale e interessante. (...) Pagina dopo pagina ci si accorgerà (...) dei disagi psicologici esistenziali, tra cui realtà o fantasie erotiche subite per troppo tempo taciute, sdoppiamenti, riflessi. (...) Su tutto dominano i bagliori di ombre oscure di Henry James in ‘Ritratto di signora”. Sembra quasi che le esistenze dei personaggi confluiscano in un unicum narrativo dove D’Errico ha la chiave della soluzione. L’autore è abile nel proporre il mistero, suscitando curiosità. Crimini, avvicendamenti, omissioni, omicidi, da chi sono compiuti? (...) L’autore è riuscito a costruire un noir che ha tutte le caratteristiche tipiche del genere: esiste un assassino, c’è un’indagine, gli indizi e le ipotesi sembrano casuali, ma non è così, nasce una sfida per scoprire il perché, si va alla ricerca di una verità tra vendette e rancori. Si susseguono emozioni e sentimenti contrastanti. Si racconta di violenza, abusi, amore, abbandoni, possessione, nostalgia, gelosia, disagi psicologici e follia: le molteplici fragilità umane. Con un’analisi quanto mai lucida e attenta della società, D’Errico ci proietta in una dimensione in cui finzione e realtà si intersecano e si sovrappongono in un interscambio emotivo (...). Sulla scia di Raymond Chandler, altro maestro moderno del noir, ci troviamo in questo romanzo a scandagliare la psiche, ad affrontarne i limiti, a conoscere la paura, accettandone le contraddizioni."

L'autore.
Antonio G. D’Errico, poeta, scrittore e sceneggiatore. Premio Grinzane Pavese, nel 1998 e nel 2000. Ha scritto numerosi testi di argomento musicale. Nel 2011 pubblica per Rizzoli la biografia di Eugenio Finardi, Spostare l’orizzonte, scritta insieme al cantautore milanese e, nel 2015, esce presso Mondadori con la biografia di Pino Daniele, Je sto vicino a te, scritta insieme a Nello Daniele, fratello di Pino. Il suo esordio nella letteratura di genere noir gli vede assegnare il terzo posto dalla giuria dei lettori al “Premio Scerbanenco, Courmayeur noir in festival”, con l’opera per ragazzi Il Discepolo, ispirato ai fatti di cronaca legati alla sette sataniche. Successivamente dà alle stampe l’originale thriller sul mondo della scuola, La governante Tilde. Con Morte a Milanoritorna al noir tematico di genere, dopo aver pubblicato da poco per Controluna edizioni la delicatissima silloge poetica dal titolo Amori trovati per strada (Luglio 2018)
.


La seconda uscita è il 19° episodio delle indagini del commissario Antonio Mariani di Genova.Un omicidio tra le mura di casa della vittima, un rubinetto lasciato aperto, un suicidio a cui il nostro commissario sarà testimone e l'amico, ispettore Iachino, che ha urgenza di volergli parlare. Questi saranno i principali ingredienti di questo nuovo avvincente romanzo.



MARIANI E LE PAROLE TACIUTE
di Maria Masella



Frilli Ed.
250 pp
14.90 euro
Da mesi il commissario Mariani aspetta inutilmente l’arrivo dell’ispettore Iachino che gli aveva detto di aver bisogno di parlargli in confidenza. 
Perché il discorso, anche se riservato, non può essere affrontato per telefono? E perché l’ispettore non arriva? 
Carrara non è lontana da Genova. Ma la vita privata deve essere accantonata, perché c’è un caso. 
L’omicidio di Viola Caffarena non fa notizia, perché la vittima non era una persona importante e, pur avendo una quarantina d’anni, viveva come se fosse stata molto più anziana. È questo a incuriosire il commissario e a spingerlo a ricostruirne la vita tassello dopo tassello. Mentre è impegnato con il caso Caffarena, Mariani è testimone di un suicidio. 
La vittima era persona ben imparentata e il commissario viene incaricato di fare chiarezza prima che i media azzardino ipotesi dannose per il buon nome della famiglia.

L'autrice.

Maria Masella è nata a Genova. Ha partecipato varie volte al Mystfest di Cattolica ed è stata premiata in due edizioni (1987 e 1988). Ha pubblicato una raccolta di racconti – Non son chi fui – con Solfanelli e un’altra – Trappole – con la Clessidra. Sempre con la Clessidra è uscito nel 1999 il romanzo poliziesco Per sapere la verità. La Giuria del XXVIII Premio “Gran Giallo Città di Cattolica” (edizione 2001) ha segnalato un suo racconto La parabola dei ciechi, inserito successivamente nell’antologia Liguria in giallo e nero (Fratelli Frilli Editori, 2006). Ha scritto articoli e racconti sulla rivista “Marea”. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Morte a domicilio (2002), Il dubbio (2004), La segreta causa (2005), Il cartomante di via Venti (2005), Giorni contati (2006), Mariani. Il caso cuorenero (2006), Io so. L’enigma di Mariani (2007), Primo (2008), Ultima chiamata per Mariani (2009), Mariani e il caso irrisolto (2010), Recita per Mariani (2011), Per sapere la verità (2012), Celtique (2012, terzo classificato al Premio Azzeccagarbugli 2013), Mariani allo specchio (2013), Mariani e le mezze verità (2014), Mariani e le porte chiuse (2015), Testimone. Sette indagini per Antonio Mariani (2016), Mariani e il peso della colpa (2016), Mariani e la cagna (2017), Nessun ricordo muore (2017) quest’ultimo con protagonista la coppia Teresa Maritano e Marco Ardini. Per Corbaccio ha pubblicato Belle sceme! (2009). Per Rizzoli, nella collana youfeel, sono usciti Il cliente (2014), La preda (2014) e Il tesoro del melograno (2016). Morte a domicilio e Il dubbio sono stati pubblicati in Germania dalla Goldmann. Nel 2015 le è stato conferito il premio “La Vie en Rose”.

venerdì 23 novembre 2018

Recensione: IMPERFETTI di Cecy Robson



Evelyn e Mateo appartengono a due mondi decisamente diversi: lei è una bianca cresciuta in una famiglia benestante; lui è un bel giovanotto latino con precedenti penali...
Ma la vita con entrambi è stata davvero poco generosa e i loro cuori nascondono ferite profonde.
Sapranno guarire l'una le sofferenze dell'altro?



IMPERFETTI
di Cecy Robson




Quixote Translations
TRAD. Claire Albion
COVER ARTIST: Rocchia Design
SERIE: Shattered Past #1
GENERE: Sport Romance
FORMATO: E-book (Mobi, Epub, Pdf) e cartaceo
PAGINE: 369
PREZZO: 3,99 € (e-book) 
Evelyn Preston è una bella ragazza di vent'anni ma già la vita le ha insegnato ad essere forte, a rimboccarsi le maniche e a non contare su nessuno, perchè di nessuno ti puoi fidare.
Neanche di chi diceva di amarti e con cui avevi sognato, negli anni dell'adolescenza e oltre, di metter su famiglia.
C'è stato un tempo - che non è poi così lontano ma ad Evie sembra risalire ad un'altra vita, o meglio, alla vita di qualcun altro - in cui il suo futuro era sembrato perfetto: nata e cresciuta in una ricca famiglia, diventata orfana troppo presto, a prendersi cura di lei c'è sempre stato suo padre; a lui poi si è aggiunto Donovan, il ragazzo ideale: bello, sportivo, figlio di papà, sexy, ammirato da tutte.
Finchè un brutto giorno il mondo dorato di Evie non è crollato: il suo ricco padre è stato coinvolto in uno scandalo finanziario e poi... si è tolto la vita.
Donovan la lascia, non potendo e volendo continuare ad essere il fidanzato di una ragazza che lui definisce, con meschinità e disprezzo, "merce difettosa"; la famiglia di lui e, soprattutto, di lei, le voltano le spalle e le uniche persone a offrirle aiuto incondizionato sono l'ex-domestica dei Preston e la nipote, Lourdes.
Rimasta sola, nel tentativo disperato di pagare la retta del college e le bollette, ad Evelyn non resta che arrangiarsi come meglio può, così trova lavoro come cameriera all’Excess, un nightclub super esclusivo di proprietà di in certo Sam, dove un tempo lei stessa aveva fatto parte della clientela di studenti privilegiati delle scuole private.

All'interno dello staff, Evie è nota per essere considerata da tutti un po' snob e riservata fino a sembrare antipatica e scontrosa; nessuno immagina che questo suo atteggiamento distaccato sia soltanto un modo per difendersi da brutte esperienze e cercare di tener lontane persone negative che potrebbero deluderla e farle del male.

A dispetto di tutto però, qualcosa l’attira verso il seducente e imponente buttafuori, Mateo Tres Santos, lottatore clandestino di origine latina.

Mateo è un ex-militare, finito in prigione per aver aggredito un uomo; di lui Evie ha un po' paura, benchè fisicamente non possa che apprezzarne le "doti" e la bellezza.
Ma non è solo il suo corpo statuario e il suo viso stupendo ad affascinarla: un episodio spiacevole, in particolare, le fa capire che il ragazzo ha nei suoi confronti un senso di protezione che la lusinga e la rassicura.
Infatti, è lui a soccorrere Evelyn durante un attacco di panico nel club, e quando Mateo viene ferito per averle fatto da scudo in una rissa, lei ricambia il favore correndo in suo aiuto.

Entrambi si sentono irresistibilmente attratti ma qualcosa li frena; Evelyn ha paura ad affezionarsi ad un altro uomo e la sola idea di dover scendere in intimità con qualcuno, la paralizza, risvegliando in lei sensazioni e immagini nella mente terribili, di sofferenza. Come mai?
Vero è che Donovan, per quanto non le abbia mai fatto fisicamente del male, non è mai stato un fidanzato sensibile, tenero, non ha mai tenuto conto delle esigenze della sua ragazza, neanche nei momenti intimi...
Mateo sembra così forte, sicuro di sè, macho, le donne se lo mangiano con gli occhi...: potrebbe mai piacergli, lei che è sempre così schiva, noiosa, dedita solo allo studio e al lavoro nei week-end nel locale di Sam?

Dal canto suo, Mateo non ha meno insicurezze di Evie ed è convinto di non essere alla sua altezza; del resto, sa di destare pregiudizi per via dell'esperienza in carcere; inoltre, è consapevole di avere delle vicende burrascose in famiglia e mai si sognerebbe di coinvolgere una brava ragazza come la bella cameriera dai riccioli biondi nella propria vita incasinata.

Ma la loro attrazione aumenta e Mateo è sempre più dolce e protettivo vero la sua piccola Evie, le dimostra che desidera proteggerla, si preoccupa della sua incolumità, le parla con una dolcezza che lei non credeva gli appartenesse.
Il giovane si ripromette di scoprire quali incubi infestino il passato di Evelyn, anche se ciò significa affrontare i propri demoni per salvarla.

Evelyn, infatti, deve fare i conti con ricordi nebulosi e angoscianti che le si stanno affacciando nella mente direttamente dal suo inconscio... e ai quali lei non sa dare nome, volto..., perchè la sua mente sta cercando di proteggerla da verità molto difficili da accettare.
E poi c'è un'altra questione da affrontare: il suo ex, Donovan, si rifà vivo, con la faccia di bronzo che lo distingue da sempre.

Evie e Mateo incominciano a frequentarsi e scoprono di star bene insieme.
La dolcezza di lui riuscirà ad abbattere le barriere e le paure di lei? Evie e Mateo si lasceranno travolgere dalla passione e non permettere alle loro insicurezze di impedirgli di vivere una storia d'amore che potrebbe rivelarsi la cosa più bella loro vita?

Evie e Mateo sono due anime fragili, che sembrano forti (Mateo sicuramente lo è, quanto meno fisicamente) ma sanno di avere troppo scheletri nell'armadio e questo li convince di non essere degni di ricevere l'amore di cui hanno terribilmente bisogno.

Soprattutto Mateo sente che non sia giusto lasciar entrare Evie - che ha già i suoi problemi - nella propria esistenza fatta di litigi pesanti, di violenza domestica, di storie di alcol e percosse...
Ma avere avuto una famiglia disastrata alle spalle vuol forse dire che a entrambi sia preclusa la felicità?

"Imperfetti" è un romance contemporaneo ambientato a Philadelphia, tra night club e appartamenti modesti, in cui si svolgono i turbolenti eventi che coinvolgono i due protagonisti.

Evelyn e Mateo sono personaggi complessi e molto ben delineati, ne conosciamo i lati oscuri e i punti di forza, l'autrice ci porta a provare empatia per loro, per quelle ferite che ne hanno segnato il cuore, ma dà loro l'opportunità di non abbattersi, di andare oltre il dolore e le meschinità subite.

Scorrevole, dall'ambientazione accattivante, "Imperfetti" è una storia d'amore passionale (le scene d'amore descritte non sono mai volgari, benchè molto focose) e romantica insieme, arricchita da vissuti personali difficili, contesti famigliari complessi.

Consigliato alle lettrici alla ricerca di tante belle emozioni!!

Voto 4.5/5

giovedì 22 novembre 2018

Recensione: OGNI RICORDO UN FIORE di Luigi Lo Cascio



In viaggio con il protagonista e narratore, Paride Bruno, aspirante scrittore affetto da una strana "sindrome" che gli impedisce di portare a termine alcunché, il lettore viene letteralmente travolto da un fiume di parole che spiazzano, forse a volte confondono, ma sicuramente affascinano perché l'incompiuto e l'imperfetto trovano spazio e senso nella penna elegante e intensa di Luigi Lo Cascio.



OGNI RICORDO UN FIORE
di Luigi Lo Cascio



Ed. Feltrinelli
334 pp
18 euro
"La vita è lo scavo all’aperto di un nostro pensiero. E mentre racconta una storia, seppure a frammenti, accerchia e costringe la morte al di fuori del mondo. Forse che queste pagine d’incipit sparsi sono in fondo il mio vero paesaggio? Lo specchio scomposto in cui la vita disunita si rifrange?"

E' un libro particolare, questo di Lo Cascio, attore e regista di talento, che tra queste pagine ci stupisce e ci incanta con la sua raffinatezza, la ricercatezza nell'uso di frasi, metafore e giochi di parole frutto di grande sensibilità e accuratezza, di una personalità brillante e colta, di un artista originale, geniale.

Solitamente questo genere di considerazioni le scrivo sempre a fine recensione, ma ammetto i miei limiti e vi dirò: non so se riesco a recensire questo libro come vorrei...

Di solito inizio sempre collocando la storia, i personaggi...., quindi passo alla trama e da lì analizzo i fatti salienti, gli intrecci, gli eventuali colpi di scena, cosa mi ha colpito di Tizio o Caio..., tutto sempre avendo in mente un filo conduttore, una logicità e una linearità necessarie per risultare chiara a chi mi legge e lasciar comprendere il mio parere in merito all'opera letta.
Ma evidentemente Lo Cascio e il suo Paride mi hanno "attaccato" l'incompiutezza cronica multifattoriale (ICM) per cui se iniziassi a blaterare qualcosa su di loro pretendendo di mantenermi razionale ed ordinata, non so quanto sarei efficace e forse finirei per bloccarmi e perdermi nei meandri dei miei stessi confusi pensieri.

Però ormai ho incominciato e qualcosa ve la devo dire, no? ^_-

Anzitutto, sappiate che per leggere queste pagine è necessario che stiate tranquilli e concentrati perchè è facile perdere la bussola e smarrirsi nel torrente di parole che vi passeranno sotto gli occhi; dopotutto, se deciderete di imbarcarvi in questa lettura, ricordatevi che sarete su un treno e, si sa, quando si viaggia non è che si possa fare chissà cosa o andar dove si vuole: ci si può solo accontentare di alzarsi ogni tanto dal proprio posto, fare un giro in corridoio (quando si può), provare ad iniziare una conversazione con qualche viaggiatore chiacchierone..., ma soprattutto, si ha tanto, tanto tempo per pensare. O per scrivere. O per leggere, fate voi.

Paride Bruno è colui che ci accompagna in questo viaggio su un Intercity non ad alta velocità, da Palermo a Roma, in cui egli cerca di "fare la pace" con se stesso, o meglio con un suo "difetto" che lo tormenta e lo innervosisce: tutte le volte che dà inizio a qualcosa, non riesce mai a portarla a termine perchè c'è sempre qualcos'altro che lo distrae... Il punto è che lui vuol fare lo scrittore e questa sua bislacca patologia fa sì che si ritrovi nella testa e tra le mani incipit su incipit, ne ha collezionati più di 200, scritti su fogli svolazzanti, tutti conservati gelosamente e riletti in questo percorso con la speranza di mettere ordine tra quello "svolazzo di pagine sparse" (e quindi in se stesso?) e di capire se sia possibile risolvere il problema dell'incompiutezza cronica, riuscendo finalmente a scrivere un romanzo come si deve, dall'inizio alla fine.

Tra un incipit e l'altro ci viene narrata la storia del viaggio, e così  ci sono i momenti in cui assistiamo insieme a Paride al treno che si ferma di stazione in stazione, al saliscendi dei passeggeri, alle chiacchierate, le litigate: buffi sono i bisticci con una coppia siciliana pronta a far baruffa  per un nonnulla; c'è poi la ragazza spaventata e sola che cerca compagnia o il ragazzino prodigio che ama leggere, ha una cultura ed un acume assolutamente fuori dal comune, e i suoi quesiti esistenziali sgomentano anche un tipo cervellotico come Paride, che pure butta giù parole su parole che sanno come essere contorte e complicate da seguire e comprendere.

Essere sul treno "costringe" l'uomo a fermarsi, a godersi ogni attimo in cui, dice Paride

"mi sarei soprattutto intromesso, contestualmente, sfacciatamente, nelle storie e nei destini di altri passeggeri – capita sempre d’imbattersi in qualcuno di davvero interessante nei treni più lenti – e in ogni caso poi, se il viaggio di per sé non fosse andato troppo bene – quanto a sorprese e ad avventure da annotare – allora pazienza, avrei comunque fatto finta e simulato ogni cosa, avrei magari sognato, immaginato, elucubrato,tanto il sud è inesauribile non solo d’incontri, ma ancor di più di spasmi onirici, miraggi, visioni, miracoli fantasticati, chimere, convulsioni..."

Dopotutto, cosa c'è di meglio per uno scrittore che osservare con attenzione i bizzarri soggetti che gli gravitano attorno, rubarne espressioni e gesti, parole, stranezze... e farne magari del materiale per la propria scrittura?

Ma siamo sempre al punto di partenza: di tentativi di iniziare un romanzo - il romanzo? - ne ha fatti a bizzeffe, ma ogni volta che sentiva di aver buttato giù un inizio buono e convincente, ecco che la vena narrativa gli si bloccava al primo punto fermo.

E allora, se il problema è questo, tanto vale rimandare questo benedetto punto, e allungare così la frase iniziale, riempirla di tanta roba, di tutto (o quasi tutto...) quello che vorrebbe poter mettere in un vero romanzo, così che noi lettori di Paride ci troviamo sommersi tanto da inizi composti da frasi brevi, lapidarie, ad effetto, quanto da altri davvero molto lunghi, verbosi, confusi, che inevitabilmente (e volutamente?) ci disorientano, facendoci dimenticare il soggetto e il filo che unisce pensieri, associazioni, dubbi e riflessioni.

Di cosa trattino queste centinaia di incipit lasciati incompiuti non è semplice dirlo; nel senso che essendo appunto delle "battute iniziali", in esse c'è il germe di qualcosa che non conosceremo mai a fondo, però alcuni temi emergono più frequentemente: il rapporto padre/figlio, la famiglia in generale, la nascita, la vita e la morte, l'amore, il dolore, il mare...

Ci sono incipit costituiti, come dicevo, anche da una frase sola, breve, e che hanno una forza struggente, evocativa, che tocca il lettore:

"Le nostre lacrime non sono pronte: è ancora troppo giovane il dolore; ma la certezza che lo scempio arriverà costringe gli occhi, in quest’ultima notte, a stare all’erta sul ciglio del pianto."


Altri mi hanno sorpresa per l'estro e l'ingegnosità:

"Quell’amo dell’ago di cromo, che punge in mezzo al corpo, tra quarantene non osservate nei giorni, lutto a mostri e a storpi, a seconda del mordere e molestare di quelli, va quasi a squarcio, tra un ospedale a destra e un ampio obitorio a sinistra; e in fronte, se il livido raggiunge le derive, l’arca prende l’ancora più estensibile al malocchio in questa biforcazione e impregna d’unto dove l’ago stressa, e l’asta carolingia si trasforma in ago longobardo d’anima privo, chiusa parentesi di un uovo, ragli all’ansia di sciogliersi di stenti e di rimorsi in cuori gonfi, in fiori quadri di ripicche e scambi ai compromessi estrosi del mistero d’ali e scandagli al buio palissandro dei calzoni".


Ma proprio questi tanti "cominciamenti" non sono forse tante piccole e sfaccettate schegge che ci svelano il protagonista stesso, con le sue ossessioni, le sue paure, i suoi desideri?


"A un certo punto sono inciampato sulla vita che nel frattempo mi era a sua volta caduta di senso. In me invece insiste un trambusto, un fracasso, un subbuglio di voglie, come un campo ormai invaso, travolto, soffocato da mille presenze, affollato e purtroppo mai solo. Chi scrive, seppure divaga, disegna in fondo sempre autoritratti. E questo è un alter ego all’incontrario."

Mi fermo..., credo che se continuassi finirei per infilarmi in un ingorgo, in un "impasto di parole" - come dice Paride - dal quale poi non saprei più uscire.
Ma poi..., chi l'ha detto che bisogna uscirne per forza? Chi l'ha detto che per ogni inizio ci dev'essere una fine? Finchè in noi scorre la vita, una vera fine non c'è mai. E chissà, forse neanche dopo.

Il significato del titolo di questo libro diviene chiaro verso la fine, e spero che ci arriviate come ci sono arrivata io, perchè secondo me quest'opera narrativa di Lo Cascio merita.
Se siete alla ricerca di una storia ben definita, con intrecci e sorprese, con personaggi delineati in modo chiaro, con dialoghi vivaci, con ambientazioni particolari ecc..., allora per adesso non leggetelo.
Non farò la splendida omettendovi che ci sono stati un paio di momenti in cui stavo per abbandonare la lettura perchè mi pareva di annegare nel mare di confusione di Paride Bruno, ma la fascinazione, prodotta dal sapiente uso della parola da parte dell'autore, esercitata su di me ha avuto la meglio, e ho proseguito fino alla fine, e ho fatto bene perchè ho potuto apprezzare la validità di questo attore, che stimo moltissimo artisticamente, anche come narratore, e mentre leggevo mi sono immaginata che lui fosse davanti a me e recitasse, con l'intensità e la bravura e la sensibilità che gli appartengono, le proprie parole dando corpo e vibrazioni ai pensieri di Paride.

Consigliato a... chi non ha fretta, a chi è pronto a libri non certo leggeri e semplici, ma che nel loro apparire complicati riflettono qualche frammento di ciascuno, perchè in ognuno di noi ci sono incertezze, azioni incompiute, pensieri lasciati a metà, emozioni inespresse, cassetti mai aperti.., e chissà, anche romanzi iniziati e mai portati a termine.
Quanto di Paride ho ritrovato in me...!



"Quell’uomo d’Appennino considerato matto – forse perché poeta in ogni verso della vita –, una volta si trovò a scoprire il mare, se lo racchiuse tutto dentro il petto e lo fece diventare il suo cuore."

"La vita è sempre più giovane e perciò più forte del dolore perché è il dolore che l’ha messa al mondo".



mercoledì 21 novembre 2018

LeggendOrientale - novità e anteprime (letteratura giapponese-cinese)



Cari amici lettori, se i vostri gusti letterari si orientano in particolare verso la narrativa orientale, ecco qualche titolo in uscita che spero possa fare al caso vostro.
Buona "spulciata"!



UNO SETTE
di Hideo Yokoyama



Ed. Mondadori
380 pp
20 euro
USCITA
20 NOVEMBRE 2018
1985. Kuzumasa Yuki, esperto reporter presso il "Kita Kanto Shinbun", affronta quotidianamente le complesse dinamiche della sua redazione, tra ambizioni e lotte di potere. 
Ma quando la notizia di un disastro aereo senza precedenti raggiunge il giornale, i colleghi rimangono sconvolti da quell'immane tragedia e finalmente fanno gioco di squadra per tentare di realizzare lo scoop della vita. 
Diciassette anni dopo, l'adrenalina e le emozioni provate durante la settimana che cambiò per sempre la sua vita sono ancora vivissime nella memoria di Yuki, che ripensa anche a una promessa fatta in quel giorno fatidico e che ora ha deciso di rispettare. 
Ma ciò che ancora non sa è che mantenere la parola data lo costringerà a fare i conti con il proprio passato e ad affrontare la più grande delle sue paure. 

Hideo Yokoyama torna con un romanzo ai confini del thriller, mostrando il dietro le quinte di una redazione giornalistica: i precari equilibri interni, le rivalità, la rigorosa etica del lavoro giapponese. 
Dopo aver lavorato per anni come giornalista d'inchiesta, Yokoyama sceglie di raccontarci con la sua voce il lato più oscuro del "quarto potere", un mondo dove la moralità viene spesso sacrificata in nome dell'interesse personale, offrendoci al contempo uno spietato ritratto del Giappone, con le sue profonde contraddizioni e le sue rigide strutture sociali.

L'autore.
Hideo Yokoyama è nato nel 1957. Ha lavorato per dodici anni come giornalista d'inchiesta a Tokyo, prima di diventare uno dei più noti scrittori giapponesi. La sua rigorosa etica del lavoro ha fortemente condizionato i comportamenti ossessivi dei personaggi nei suoi romanzi. Nel gennaio del 2003 è stato ricoverato per un attacco cardiaco in seguito a una sessione di lavoro durata settantadue ore.

L'EMPORIO DEI PICCOLI MIRACOLI
di Keigo Higashino




Ed. Sperling&Kupfer
340 pp
18.50 euro
USCITA
20 NOVEMBRE 2018
Dopo aver compiuto una rapina, tre ragazzi si nascondono in un emporio abbandonato. 
Nel cuore della notte, ricevono una lettera. 
E’ una richiesta di aiuto, indirizzata all’anziano proprietario dell’emporio, ormai defunto, che era solito dispensare massime di saggezza ai suoi clienti. 
I tre decidono di fare le sue veci e depositano una risposta scritta fuori dalla porta. 
Di lì a poco arriva la replica, e la corrispondenza continua, fitta, coinvolgendo anche altri mittenti – ognuno con un problema, ognuno bisognoso di conforto e di consigli, tutti accomunati da una bizzarra peculiarità: vivono nel 1980. 
I tre ragazzi, che sono trent’anni anni più avanti nel tempo, capiranno allora di poter sfruttare quel vantaggio per cambiare il passato, scegliendo il migliore destino possibile per quei perfetti sconosciuti.

L'autore.
Keigo Higashino è uno scrittore e saggista giapponese. È noto soprattutto per i suoi romanzi gialli e i libri di stampo thriller-poliziesco.



LA GRANDE TRAVERSATA
di Miura Shion



Ed. Einaudi
336 pp
USCITA
27 NOVEMBRE 2018
Araki Kohei ha lavorato alla redazione dei dizionari per trentasette anni e nutre ancora grande rispetto per il mistero delle parole. Ora, però, è arrivato il momento di ritirarsi e cercare un successore. 
Giovane, trasandato, con la testa sempre tra le nuvole, Mitsuya Majime pare il candidato giusto: un ragazzo la cui timidezza è ampiamente compensata dalla caparbietà e la totale devozione alla lingua giapponese. 
Il lavoro che attende Mitsuya è assai ambizioso: portare a conclusione il miglior dizionario giapponese mai realizzato. Come una grande nave, capace di attraversare l’oceano delle parole. 
Nel corso dell’opera, Mitsuya scoprirà il valore dell’amicizia, l’amore e il proprio indomabile talento.

L'autore.
Miura Shion è uno scrittore giapponese, vincitore di diversi premi letterari; i suoi libri, tradotti in molte lingue, sono stati spesso adattati per il cinema e la tv.




L'ultimo libro che vi presento è di un autore cinese ^_-


LA STORIA DI QIU JU
di Chen Yuanbin


Ed. Atmosphere Libri
140 pp
USCITA
16 GENNAIO 2019

E' la storia di Qiu Ju, una donna alla ricerca della giustizia.
Nel corso degli anni Chen Yuanbin, nato in Cina nel 1955, riceve numerosi riconoscimenti da parte della critica, ma è nel 1992 che il suo nome viene conosciuto anche a livello internazionale, allorché il suo Wanjia susong (La famiglia Wan va in tribunale) vince il premio come miglior romanzo dell’anno. L’opera, infatti, attira l’attenzione del regista Zhang Yimou, che la adatterà per il grande schermo scrivendone la sceneggiatura con l’aiuto dello scrittore Liu Heng e la presenterà alla 49a Mostra del Cinema di Venezia con il titolo La storia di Qiu Ju – protagonista l’allora celeberrima Gong Li – vincendo il Leone d’Oro.

Qiu Ju, moglie di un contadino che ha ricevuto un calcio nei testicoli dal capo villaggio, è decisa a tutti i costi a ottenere giustizia: nonostante sia incinta sopporta ripetuti viaggi anche fino a Pechino e affronta i labirinti della burocrazia per correggere una sentenza (sostanzialmente assolutoria) che non ritiene equa.  La donna prende coscienza della propria forza e trascina in tribunale il potente e arrogante di turno, appellandosi al rispetto dell'individuo che non si piega alla volontà del potere. L'autore non risparmia una feroce critica all'apparato dello Stato che non tiene conto del singolo individuo ma con cui alla fine è costretto ad un serrato confronto.



martedì 20 novembre 2018

Libri consigliati da un'amica



Cari lettori, avete amici o parenti o colleghi che amano consigliarvi libri da loro letti e apprezzati e che accolgono con entusiasmo i vostri consigli?

Io non molti, ma con le poche amiche o parenti lettrici che ho, gli scambi di opinioni e di copie non mancano.

Ecco due romanzi suggeritimi da una carissima amica, attenta lettrice.

Ad essere precisi, il primo mi ero ripromessa di leggerlo da quando andai alla interessante presentazione del romanzo da parte dell'autore, ma finora avevo sempre rimandato. La mia amica l'ha letto e adesso me l'ha prestato.



LO STUPORE DELLA NOTTE
di Piergiorgio Pulixi



Ed. Rizzoli
360 pp
18 €
2018
Se la incontri non la dimentichi, perché il commissario Rosa Lopez è pronta a sacrificare un ostaggio per riportare la situazione in parità.
La ricordano ancora in Calabria, dove si è fatta le ossa nella guerra alle cosche.
Non la dimenticano oggi, a Milano. Lettere minatorie e proiettili nella cassetta della posta sono il premio per una carriera che l'ha condotta ai vertici dell'Antiterrorismo.
Ma dietro la scorza da superpoliziotta, Rosa cova il tormento: il suo compagno è in coma, vittima di un attentato.
E non c'è solo il senso di colpa, ci sono anche le frequentazioni con quelli del Lovers Hotel, il luogo che non esiste, in cui niente è proibito e quando qualcuno deve cantare si attacca la musica della tortura.
La sbirra, però, non può cedere alla donna. Una minaccia gravissima incombe sulla città: la più perfida delle menti criminali ha ordito un piano di morte.
Lo chiamano il Maestro e insegna l'arte della guerra. Per fermarlo, la Lopez scivolerà in una spirale di ricatti, tradimenti e vendette.


LACCI
di Domenico Starnone


Ed. Einaudi
134 pp
12 €
«Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie».

Si apre cosí la lettera che Vanda scrive al marito che se n’è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e domande che non trovano risposta.
Si sono sposati giovani all’inizio degli anni Sessanta, per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent’anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza piú che di autonomia.
Perciò adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi, e lei a Napoli con i fi gli, a misurare l’estensione del silenzio e il crescere dell’estraneità. Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo, quando scegliamo di tornare sui nostri passi?
Perché niente è piú radicale dell’abbandono, ma niente è piú tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre.
E a volte basta un gesto minimo per far riaffiorare quello che abbiamo provato a mettere da parte.


LI CONOSCETE?
LI AVETE LETTI?






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