lunedì 6 maggio 2013

Recensione EUREKA STREET di McLiam Wilson



Buongiornissimo!!!
Trascorsa bene la domenica?
IO abbastanza....  :)))

Eccomi con la recensione di oggi; il libro letto e terminato è...

EUREKA STREET
di Robert McLiam Wilson

Ed. Fazi
Tascabili
384 pp
9 euro
2007
Sinossi

Belfast. Chuckie e Jake, protestante il primo, cattolico l’altro, sono legati da una profonda amicizia. Chuckie, antieroe grasso e sempliciotto, riesce a compiere mirabolanti imprese commerciali grazie a progetti tanto fantasiosi quanto ridicoli. Jake, invece, nonostante la sua scorza da duro, è un inguaribile romantico e non cerca denaro e ricchezza, ma un amore che gli riempia la vita. Sullo sfondo i conflitti irrisolti del paese che balzano brutalmente in primo piano quando un attentato sconvolge l’atmosfera bislacca e farsesca che domina il racconto. Sarà la commedia della vita a cancellare il sangue e le vicende improbabili e sgangherate di Chuckie e Jake e a dominare di nuovo tra le pagine del romanzo.


L'autore.
Intorno a Robert McLiam Wilson si raccontano molti aneddoti, tutta la sua vita pare corredata da storie che rendono lo scrittore nord irlandese una sorta di personaggio. Ad esempio pare che Robert sia nato a Belfast (nel "west di West Belfast", a New Lodge, quartiere popolare e cattolicissimo) nel 1964 e che sia stato cacciato di casa dalla madre all’età di quindici anni. Pare che il motivo fosse una ragazza inglese e protestante. Senza farsi troppo suggestionare da Ripley Bogle, il barbone acculturato protagonista dell’adorabile e pluripremiato primo romanzo di McLiam Wilson, sembra intanto che siamo riusciti a mettere insieme un po’ di informazioni certe. Ci pare di capire:

- che lo scrittore Robert McLiam Wilson abbia vissuto veramente da barbone per otto mesi della sua vita dormendo nel parco di un castello e cercando di non saltare troppo la scuola ("È stata una brutta estate", ricorda. "Di quel periodo ho una precisa percezione del freddo. Non avrò mai più così freddo, di sicuro"), per poi essere adottato da una famiglia di gran cuore, di umili origini e di ben radicate convinzioni su solidarietà e umanità (a cui renderà un omaggio emozionato e delicato nel suo terzo romanzo Eureka Street con i personaggi di Matt e Mamie);

- che abbia frequentato il St. Catherine’s College di Cambridge per un paio di anni e che lo abbia abbandonato nel 1985 all'età di ventuno anni... Il giorno precedente la sua uscita dall'ambiente universitario inizia a scrivere. Pare che abbia comprato una macchina da scrivere per iniziare una dissertazione su non si sa quale argomento, e ne venne fuori invece il primo capitolo di un romanzo;

- che abbia compiuto una serie impressionante di professioni: muratore nella costruzione di palazzi, assistente di negozio, guardia di sicurezza, venditore di finestre e di kilt, insegnante universitario, regista di documentari (uno in particolare sul Baseball in Irlanda!). Pare che fosse particolarmente bravo come venditore di kilt…
Ma pare anche:

- che ci sia stato un padre alcolizzato, il quale, racconta lo scrittore con una discreta dose di sarcasmo, "oltre a un po’ di violenza, mi ha dato la raccolta completa di Dickens quando avevo sette anni...".

- che a sette anni sia stato portato di forza dallo psicanalista perché rubava e leggeva Stendhal, Thackery, George Eliot, e altre letture considerate troppo precoci.
Robert McLiam Wilson è sposato con MaryAnn, con cui da un anno ha lasciato Belfast per Parigi. Mary Ann l’ha conosciuta in una libreria, dove stava mettendo a posto i nuovi arrivi sugli scaffali: Robert le chiese un’informazione: cinque settimane dopo erano sposati.

Le leggende, quindi non mancano. Ne manca soltanto una, quella del suo nome. Robert McLiam Wilson è uno pseudonimo parziale. ‘McLiam’ è la traduzione gaelica di ‘Wilson’ – ‘will’ ‘son’ e cioè ‘figlio della volontà’ – che lo scrittore ha deliberatamente inserito tra nome e cognome veri. Robert in questo modo ha due cognomi, uno irlandese e uno inglese: il messaggio è talmente lampante e provocatorio che è meglio non aggiungere nulla. Chi ha incontrato Robert McLiam Wilson, lo racconta come un uomo di una simpatia trascinante e vibrante, un fumatore accanito (più di sessanta sigarette al giorno), un romantico amante dei gatti e un fervente tifoso di calcio
.


il mio pensiero

Eureka Street è un libro di Robert McLiam Wilson, ambientato a Belfast e sullo sfondo degli scontri tra cattolici e protestanti, nell’Irlanda del Nord.

L’Autore ci parla di questa particolare ed affascinante città attraverso diverse prospettive; c’è il punto di vista di Jake Jackson, un trentenne che fa un lavoro singolare e certamente non invidiabile: insieme ad altri due “colleghi”, va nelle case delle persone a sequestrare e portar via oggetti di un certo valore e che queste stesse persone non riescono più a pagare.
Ma la narrazione in prima persona si alterna a quella in terza persona e che l’Autore utilizza per raccontarci le cose dal punto di vista di altri personaggi, quali Chuckie, uno dei più cari amici di Jake.

È un libro popolato da personaggi che probabilmente, a una prima occhiata, non hanno una grossa attrattiva, tutt’altro: Jake – che pure ha tante buone qualità – all’inizio ci appare un "fallito", un uomo che si porta dietro tutto il peso di una storia d’amore finita male e che cerca in tutti i modi una compagna, una presenza rassicurante accanto a sé, finendo così per innamorarsi di donne che in realtà non hanno alcuna intenzione di legarsi a lui.

Chuckie è un uomo da nulla, che ha sempre vissuto senza grosse ambizioni, consapevole di essere un “ciccione” poco avvenente (ma che inspiegabilmente, piace alle donne!); e poi c’è il loro gruppo di amici, volgari, stupidi, fissati col sesso e le donne; gli stessi “colleghi” di Jake, due individui gretti, crudeli, ignoranti, quasi bestiali nei loro comportamenti.
Anche le donne ci appaiono come delle ragazze un po’ troppo facili, che non ci mettono nulla ad andare a letto col primo venuto.

C’è il “piccolo” Roche, un 12enne non troppo fortunato che vive per le strade; anch’egli dà l'idea di un ragazzino volgarotto, sbruffone, maleducato, irritante….

Insomma, non nascondo che per buona parte del romanzo ho fatto fatica ad “affezionarmi” alla storia e ai personaggi, anche un po' a causa del linguaggio, molto... "colorito", diciamo; non solo, ma devo dire che le sensazioni iniziali di questa Belfast, nelle cui tante piazze e viuzze si nascondono pub, ubriaconi, scritte terroristiche sui muri, parolacce, odori e suoni confusi..., non sono sempre state gradevoli ed invitanti, ma qualcosa mi ha spinta a  proseguire; la curiosità di lasciarmi accompagnare per mano dall'Autore in questo posto così particolare, di scoprire che dietro ad alcuni dei personaggi principali, dietro la loro “scorza” di nullità, semplicioneria… ci fosse qualcosa di buono.

E così è stato.
Con uno stile ironico, schietto, a volte grottesco, ma sempre intelligente, vivace e realistico, McLiam mette a nudo i suoi antieroi, e lo fa non presentandoceli come personaggi di non so quale valore, ma come persone normalissime che però riescono a dare una direzione e un senso alla propria vita, che fino a quel momento è stata un po’ grigia, se non squallida.

Il romanzo sembra un quadro coloratissimo, in cui compaiono effettivamente molti nomi, molte strade, molte piccole storie, che si intrecciano con la situazione storico-socio-politica di Belfast, caratterizzata, come dicevo, dalla guerriglia e dagli attacchi terroristici degli irlandesi, desiderosi di indipendenza.
E c’è infatti un capitolo dedicato ad un episodio triste, in cui, in una normale mattina come le altre, qualcuno crederà di dover alzare la propria voce, di farla sentire a tutti i costi, andando però ad infrangere e distruggere tante vite, tante piccole storie di gente con un nome ed un cognome; persone non speciali, ma come ce ne sono tante, eppure per loro le lancette dell’orologio si son interrotte bruscamente ed ingiustamente, in una mattina qualunque, mentre servivano hot dog o si preparavano per fare le cose di ogni giorno.

Eureka street ci mostra tutta l’umanità possibile, nelle sue bassezze e meschinità come nella sua nobiltà d’animo, espressa con semplicità, quasi nell’imbarazzo di chi sta facendo una buona azione ma quasi sussurrandola, con la speranza e il timore, allo stesso tempo, di ricevere un grazie.

E’ questo il caso di Jake che, nel corso della narrazione, lascia emergere il buono che c’è in lui; pur essendo circondato da amici e conoscenti non proprio gentili e raffinati, dai sentimenti non certo nobili e delicati, Jake ha un cuore sensibile, aperto al prossimo; in fondo, dentro di sé, altro non desidera che una vita normale, con una donna che lo ami e, chissà, un figlio di cui prendersi cura.

Desiderio, questo, che cerca di “sfogare” su Roche; il ragazzino non è proprio una personcina malleabile e docile, eppure è proprio la sua ruvidezza a lasciar intendere come sia più che mai bisognoso di affetto, di un adulto come punto di riferimento e guida per la sua piccola vita sbandata.
Questa sensibilità nasce in lui dalla propria storia personale, essendo Jake un figlio adottivo, quindi consapevole di cosa voglia dire essere rifiutato dalla propria famiglia ed essere accolto da un’altra quando sembrava che per sé non ci fossero chissà quali prospettive.

Jake è un personaggio per il quale ho provato simpatia e, in certi momenti, anche tenerezza; perché è un bravo ragazzo, solo a volte “vittima” delle circostanze, dei propri sentimenti volubili, fino a quando determinati eventi non gli permetteranno di far pace col proprio passato sentimentale fallimentare – al quale egli getta spesso occhiate cariche di nostalgia – e darsi la possibilità di un futuro con una donna che più diversa da lui, per carattere e ideologie, non poteva essere.

E poi c’è l’amicizia, soprattutto quella con Chuckie, tanto più se pensiamo che uno è cattolico e l'altro protestante; a Chuckie l’Autore darà la possibilità di riscattarsi e trovare la fiducia in se stesso e nelle proprie capacità, come alla madre Peggy sarà concesso di trovare, a 50 anni, la felicità ....

Leggere Eureka Street è stato come fare un viaggio in un luogo "terribilmente" vivo, vivace, strabordante di suoni, rumori, voci, colori, scritte, in mezzo ai quali ogni tanto ho arricciato il naso e storto la bocca in un’inevitabile smorfia, e altre volte mi hanno lasciato un sorriso e fatto pensare, insieme a Jake...:

 “Belfast mi sembrò di nuovo una città in cui valesse la pena di abitare. Perché a volte quei suoi abitanti erano uno splendore. A volte, erano davvero uno splendore.”


Consigliato.

2 commenti:

  1. Hai letto per caso gli altri suoi? A me questo è piaciuto davvero tanto (https://librieinsonni.blogspot.com/2018/06/eureka-street-di-robert-mcliam-wilson.html?m=1) ma mi piacerebbe avere un parere sui romanzi precedenti.

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    Risposte
    1. Ciao zelda, purtroppo no, soni ferma a questo, ma vorrei leggere altro di suo :)
      Passo da te :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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