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mercoledì 2 febbraio 2022

GENNAIO 2022: LE LETTURE E I FILM DEL MESE

 

Buongiorno, lettori cari!!

Eccoci al primo monthly recap del 2022: i miei libri di gennaio, con qualche incursione nel cinema ^_^





  1. BIANCO È IL COLORE DEL DANNO di F. Mannocchi: racconto autobiografico su come la scoperta di avere una patologia cronica potenzialmente invalidante abbia cambiato la vita dell'Autrice.  4,5/5
  2. UNA BAMBINA E BASTA di L. Levi: racconto autobiografico di una bimba ebrea che negli anni Quaranta, con la sua famiglia, trova rifugio in un convento a Roma per scampare alla deportazione. 4/5
  3. TEMPI DIFFICILI di Les Edgerton: un crime cupo, violento, con personaggi caratterialmente molto forti. 5/5
  4. LA RAGAZZA DEL SOLE di L. Riley: romanzo che mescola finzione e realtà, raccontando storie di donne coraggiose e determinate. 5/5
  5. IN VIAGGIO VERSO DOVE di A. Albano: romanzo di formazione che racconta la storia di una donna alla ricerca di se stessa e pronta a rivoluzionare la propria esistenza. 4.5/5
  6. IL MARCHIO PERDUTO DEL TEMPLARE di G. Scavuzzo: thriller storico paranormal con sfumature horror in cui il Male si palesa attraverso creature demoniache. 3.5/5
  7. IL CASTELLO D'ESTATE di M. Pregnolato: un romance contemporaneo ambientato in una location da favola. 3.5/5
  8. I CARIOLANTI di S. Naspini: la storia crudissima di un ragazzino affamato di pane e d'amore che prende a morsi il duro e avaro destino che gli è toccato vivere. 5/5

In vetta colloco I Cariolanti, la cui lettura è stato un pugno sui denti per quanto è stata feroce; Tempi difficili per la storia trascinante e ricca di dinamiche avvincenti; Bianco è il colore del danno per la capacità dell'Autrice di immergere il lettore nella propria vita, nei propri pensieri di donna, mamma, figlia, cittadina... che si scopre "guasta" da un giorno all'altro.

Attualmente ho in lettura:

  1. LA STANZA DELLE ILLUSIONI di Diego Pitea: un giallo contemporaneo intrigantissimo, scritto bene bene e che strizza l'occhio alla mitica Agatha Christie;
  2. UN'AMICIZIA di Silvia Avallone: al centro ha, appunto, il legame stretto tra la narratrice e una sua amica del liceo, con cui però nel presente non ha più alcun contatto;
  3. LA STRANIERA di Diana Gabaldon: il primo volumone della famosa serie, che vede la protagonista viaggiare nel tempo dal 1945 a 1743, nel pieno dei sanguinosi ed aspri conflitti tra gli inglesi e i combattivi guerrieri delle Highlands scozzesi; mi sto godendo ogni pagina delle oltre 800 che formano il libro *______*


CITAZIONI DEL MESE

"La letteratura fu, in fondo, il solo modo che mi capitò per colmare il (...) vuoto. Potrà mai esistere una passione senza prima un vuoto?" Silvia Avallone. Un'amicizia

"...c’è un punto oltre il quale non si può andare. Forse, dopo aver pianto tante lacrime, un po’ ci stanchiamo del dolore. È come un’ombra che ormai ti ha gelato l’anima, ti accadono le cose e tu ne resti sempre un po’ fuori, le guardi da lontano, non sono più tue". Sacha Naspini, I Cariolanti


FILM DEL MESE

Di Don't look up ho già parlato in un post ad esso dedicato - QUI - e ribadisco che mi è piaciuto e che, oltre le atmosfere volutamente grottesche, satiriche ed eccessive, è un film che fa riflettere sul rischio che le nostre vite - così dipendenti dai social - vengano da essi anestetizzate, tanto da restare indifferenti alla notizia scioccante che il nostro mondo sia in pericolo.

Ho guardato TRE PIANI, diretto da Nanni Moretti e ispirato liberamente all'omonimo romanzo di Eshkol Nevo (ed. Neri Pozza); non mi dilungherò in merito al mio parere sulla pellicola in quanto ho intenzione di parlarne in un post specifico, dico soltanto che l'ho apprezzato nonostante certe discrepanze rispetto alla storia originale, a partire dal'ambientazione e proseguendo con i nomi (scelta, però, coerente con la quella del "set") dei personaggi; ma a parte aspetti come questi, il film in sé mi è piaciuto e ho trovato perfetto tutto il cast.

Anche di PARASITE di Bong Joon-ho ho intenzione di parlarvi: è un film sudcoreano particolare, che - un po' come Squid game - mette l'uno di fronte all'altro due estremi, la povertà più nera e la ricchezza più naturalmente ostentata, che ovviamente implicano tipi umani e modi di vivere diametralmente opposti, che a loro volta generano un approccio alla vita, desideri, ambizioni, reazioni ed emozioni anch'essi differenti e che, se stimolati da determinate cause, possono dare il via a dinamiche incontrollabili. Una famiglia molto povera riesce, in modo ingegnoso ma subdolo e ingannevole, a infilarsi nella bella dimora e nelle agiate esistenze di una famiglia molto ricca: che cosa ne uscirà di buono?


Infine, mi son tuffata nello sporco e poco sicuro Vecchio West con la bella e tostissima Natalie Portman, protagonista del western (contemporaneo) JANE GOT A GUN, un film del 2015 diretto da Gavin O'Connor.

Jane Hammond/Natalie vive in una fattoria bruttina ed isolata col marito Bill, sulla cui testolina pende una generosa taglia, che ovviamente fa gola a molti. Ma i primi a volere la sua testa sono i cinici e cattivissimi fratelli Bishop (che considerano Bill un traditore, in quanto in passato apparteneva alla loro gang), che Jane purtroppo conosce molto bene, e nel corso del film si scopre il perché...

Quando un giorno il crudele John Bishop (Ewan McGregor) riduce in fin di vita Bill (Noah Emmerich), la volitiva Jane decide di chiedere l'aiuto del suo ex Dan Frost (Joel Edgerton) per proteggere il consorte (allettato e messo maluccio per le pallottole che s'è beccato), se stessa e la loro figlioletta.

Dan all'inizio non è che abbia proprio tutta 'sta voglia di infilarsi in un problema che non lo riguarda manco da lontano, tanto più  che la bella Jane era fidanzata con lui sette anni fa, prima che lui andasse in guerra, ma non ha esitato a dimenticarlo e a rifarsi una vita accanto ad un altro uomo. E ora viene a chiedere aiuto proprio a lui per difendere il fuorilegge che gli ha rubato la promessa sposa?

Ma i tentennamenti durano poco, per cui accetta e da un certo momento in poi la coppia si barrica in casa per difendersi, a colpi di pistolettate, dai Bishop.
Chi sopravviverà ai tanti bang bang da ambo le parti?

Mah..., non mi intendo tantissimo di western, a me non è sembrato particolarmente brutto né tanto meno un capolavoro... Insomma, ci sono film migliori con cui intrattenersi per un'ora e mezza, ecco... Io l'ho scelto un po' a caso nel catalogo di Tim Vision :-D Senza infamia e senza lode.

giovedì 13 gennaio 2022

[ CINEMA ] Il mio modestissimo parere su DONT' LOOK UP.

 

Buon pomeriggio, lettori cari!

Non lo faccio più molto spesso, ma ogni tanto anche a me viene voglia di parlare - seppur brevemente e senza troppe pretese - degli ultimi film visti.

Durante le vacanze ho potuto guardare una delle pellicole più discusse (ed elogiate) degli ultimissimi tempi: Don't look up!

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Il film è uscito nelle sale solo un mese fa e sono in tanti a parlarne; io stessa ammetto di esserne rimasta incuriosita perché leggevo commenti su questo film praticamente ovunque, oltre ad essermi stato consigliato da amici.

Diretto da Adam McKay, Don't look up può vantare un cast di tutto rispetto: Meryl Streep, Leonardo Di Caprio, Cate Blanchette, Jennifer Lawrence.

A un primo sguardo, e senza pensarci troppo, si potrebbe pensare che si tratti del solito film catastrofista "all'amercana" cui Hollywood ci ha abituati (e annoiati?), infatti la trama è presto detta: una bella cometa, dalle dimensioni notevoli, viaggia nell'universo puntando dritta sulla nostra amata Terra; l'impatto - stando ai calcoli - è previsto non più tardi di sei mesi e le conseguenze saranno sicuramente gravissime, tali cioè da distruggere ogni forma di vita.

Insomma, la notizia è a dir poco sconvolgente e a darla sono il professor Randall Mindy (Di Caprio) insieme a Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), studentessa di astronomia prossima alla laurea; è proprio la giovane a scoprire la cometa, che infatti verrà chiamata col suo cognome.

Terrorizzati dalla tremenda scoperta, i due non perdono tempo e contattano chi di dovere affinché venga data notizia alla presidente degli Stati Uniti, Janie Orlean (Meryl Streep), e questa si attivi, in qualche modo, cominciando ad avvisare la popolazione.

Ma la donna è completamente sfasata: prende molto alla leggera il problema, è scettica, ci ride su e soprattutto è troppo impegnata con le prossime elezioni per occuparsi di una stella cadente che potrebbe sopraggiungere tra sei mesi e provocare una catastrofe che lei, evidentemente, non crede possibile...

Randall e Kate capiscono che la presidente - sempre accompagnata da quell'idiota del figlio, il vanitoso e strafottente Jason - non ha preso sul serio la notiziona, così decidono di ricorrere ai media, ed in particolare al celebre e seguitissimo programma mattutino The Daily Rip, condotto da Brie (Cate Blanchett) e Jack (Tyler Perry), con l'obiettivo di spiegare davanti alle telecamere la gravità di questa minaccia, che distruggerà la Terra e i suoi abitanti.  

Non hanno forse diritto i cittadini di sapere che, tempo sei mesi, la catastrofe si abbatterà su di loro? 
E se ci fosse un modo per evitare l'impatto? Non sarebbe giusto e doveroso da parte del governo americano fare qualcosa - qualsiasi cosa - a questo scopo?

Purtroppo, però, l'annuncio in tv non va benissimo: Kate, infatti, che di suo è molto ansiosa (ma anche Randall lo è), di fronte alle risatine, alle battute e, in generale, all'atteggiamento superficiale e leggero dei conduttori, sbotta, si lascia andare ad una sorta di crisi isterica in diretta e la sua reazione scomposta (unita alla frase urlata con angoscia "Moriremo tutti!") diviene oggetto di meme e prese in giro sul web.

In pratica, ciò che doveva essere un avvertimento drammatico diventa una stupidaggine umoristica su cui sghignazzare.

Randall e Kate non ci possono credere, e lo spettatore con loro: davanti ad una scoperta a dir poco agghiacciante, cosa fa la massa? Ride, alza le spalle con un sorrisetto ebete, passa alla news successiva, continua a tenere i propri occhi incollati allo schermo di un cellulare e a proseguire con la propria vita.
Come se niente fosse.

Forse è un modo per tener lontana la paura, che in questi casi diverrebbe qualcosa di irrazionale ed ingestibile in quanto a scatenarla sarebbe un evento che va oltre le possibilità umane?

Mancano 6 mesi allo scontro tra Terra e cometa e la popolazione continua a fare ciò che fa da sempre: lavorare, divertirsi, mangiare, fare progetti, stare sui social...; nessuno che si preoccupa della minaccia globale che sta per colpirli ed affondarli??
C'è qualcosa che può indurli a staccare gli occhi da uno schermo per rivolgerli al cielo?

La presidente fa della frase "Don't look up!" una sorta di slogan, un motto che porta avanti in campagna elettorale, esortando i propri elettori a non credere ai pareri allarmistici di due scienziati matti e a non guardare in alto, perché non c'è nulla che si abbatterà su di loro.

Ma le evidenze scientifiche dicono tutt'altro e confermano che la cometa viaggia spedita, la sua traiettoria è quella della Terra, quindi c'è da muoversi: non sarà il caso di organizzare delle missioni nello spazio per provare a distruggere la cometa in tanti pezzettini meno pericolosi?
La presidente - che ci pare un po' una scioccona senz'arte nè parte - si sveglierà dal menefreghismo incomprensibile in cui sguazza per assolvere adeguatamente al proprio ruolo?
E la gente alzerà lo sguardo verso il cielo, conscia che la propria quotidianità è in pericolo?

Dico subito che il film non mi è affatto dispiaciuto, anzi; si lascia guardare e trovo che la scelta di narrare l'imminente catastrofe con ironia, in modo satirico, sia azzeccata; certo, non vi nascondo che in certi momenti ho pensato fosse eccessivo, e quindi un tantino... urticante.
Però c'è da dire che è tutto sopra le righe, a partire dalla presidente - interpretata dalla formidabile Meryl Streep, che fa ridere per quanto è ochetta -, continuando con suo figlio, un bamboccione che è capo di gabinetto unicamente in quanto figlio della Orlean, ma per il resto è un cretino; i conduttori - per quanto snervanti ed irritanti con le loro risatine stupide, il loro voler minimizzare e rendere tutto un mega trash per fare ascolti - non sono così lontani dalla realtà e anche "in casa nostra" siamo abituati a trasmissioni che trattano argomenti seri "mesciati" con un po' di (in)sano gossip.

Bravissimi anche la Lawrence nel ruolo della scienziata ansiosa, che consuma Lexotan come fossero Tic Tac, dall'animo punk, incline agli attacchi di panico, e Leonardino - sei Jack Dawson per sempre, per quanto mi riguarda, e non c'è cometa che tenga -, anche lui efficace nel far comunicare al proprio personaggio tutta l'angoscia e la perplessità di fronte all'indifferenza dei più nell'apprendere che il loro mondo potrebbe distruggersi da lì a sei mesi.

Come dicevo, la vena umoristica, quasi comica, conferisce inevitabilmente una (voluta) sfumatura grottesca, surreale, che se da una parte fa sorridere, dall'altra fa riflettere su come, davanti alle dichiarazioni drammatiche e sicure di scienziati accreditati, si preferisca infilare la testa sotto la sabbia per non vedere e quindi per non far spazio ad una (legittima?)  paura del domani.
La presenza di Di Caprio mi ha fatto pensare al risvolto ambientalista e alle conseguenze che la stoltezza e l'atteggiamento menefreghista che l'uomo ha verso la natura gli si ritorcerà contro.

Mi è piaciuto il "momento fatidico", e come lo hanno vissuto Randall e Kate insieme ai loro cari: con chi e come vorremmo passare gli ultimi attimi della nostra esistenza? Cosa conta davvero alla fine, cosa dà valore ai nostri giorni su questo pianeta?

Buffe e coerenti col tenore della pellicola le ultime due scene, che - tranquilli - tengo per me ;-)

Concludendo, forse non è il film dell'anno, come ho letto qua e là, ma è un film godibile, fatto bene, che affronta un tema di per sé sfruttatissimo, ormai usurato (dal cinema americano soprattutto) e per nulla originale, ma lo fa con un tono satirico intelligente, che fa il verso a questo genere umano bizzarro e capriccioso che troppo spesso maltratta l'ambiente come se fosse il padrone di tutto e si fa prendere da deliri di onnipotenza e immortalità.

L'avete visto? Che ne pensate?
Lo vedrete?

domenica 7 novembre 2021

Recap di ottobre 2021 - libri e serie tv

 


Buongiorno e buona domenica!!

Eccomi con il recap del mio ottobre.


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  1. LA STANZA BUIA di D. Raisi: un noir psicologico che, ruotando attorno ad un delitto efferato, ci conduce nella stanza buia dove risiedono gli incubi peggiori della protagonista (4/5);
  2. DUE DI CUORE. IL FASCINO DISCRETO DELLA RELAZIONE di S. Bordignon: su quali basi e fattori si fonda la costruzione del rapporto di coppia? (4/5);
  3. LA LUNA DI MEZZO di A. d'Angela: pensieri ed emozioni sul vivere quotidiano e sull'amore, impressi su carta (3,5/5);
  4. ALMANDA. IL VIAGGIO di E. M. Petruzzella: l'utopia di un uomo che sogna di costruire una città in cui vivere liberi; un ragazzo che, anni dopo, scopre che essa si fonda su un inganno (4/5);
  5. NUVOLE E RACCONTI - Credici, sempre - di E. Di Logarati: racconti al limite del fantasy, in cui i protagonisti sono alla ricerca del proprio posto nel mondo (3/5);
  6. UNA NOTTE BUIA DI SETTEMBRE di V. Marra: un giallo frascatano piacevole con un commissario ombroso ma bravo (3.5/5);
  7. IO SONO LA BESTIA di A. Donaera:  una storia tragica, dura, intrisa di violenza - primitiva, brutale, bestiale, sanguinosa -, di amore, di sentimenti di vendetta (5/5);
  8. "Nonno non mi riconosce più. L'Alzheimer raccontato ai bambini" di T. Kelley: libro illustrato che esprime la difficoltà del rapporto di un nipotino con l'amato nonno che non lo riconosce più (4/5);
  9. "Avventure con la nonna. La nonna è un mito!" di A.Pérez Hernández: simpatica avventura di due fratellini con una nonna energica e divertente (4/5);
  10. LE LESIONI DELL'ANIMA di M. R.Bellezza: una storia "magica", dove il confine tra il reale e il surreale, tra il sogno e la realtà, si fa labile (3.5/5).

Il vincitore del mese di ottobre è senza ombra di dubbio Donaera, che mi ha ipnotizzata con la sua tragedia pugliese, che tira fuori il lato oscuro che c'è negli esseri umani quando lasciano che la bestia che riposa dentro di loro si svegli e prenda il sopravvento. Interessante "scoperta" il noir di Daisy Raisi.



Sul fronte serie tv, devo dire che a ottobre mi son data da fare.



Ho continuato con Outlanderalternandola al prosieguo di Squid Gamealla visione di Dr Death.
La serie continua a prendermi moltissimo; i viaggi temporali, da un'epoca all'altra, mi son sempre piaciuti e ne sono sempre stata affascinata, i periodi storici coinvolti sono interessanti e ricchi di avvenimenti; sono alla terza stagione e ho intenzione di andare avanti speditamente, anche perché pure le riprese procedono e ho letto che sono alla sesta. Devo sbrigarmi!  *_*


Ho terminato la ormai discussa SQUID GAME

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Vi dico che a me questa sorta di "giochi senza frontiere versione cattivissima e splatter" è piaciuta, guardarla è stato interessante e coinvolgente, a ogni episodio ero sempre più turbata e affascinata da come l'innocenza di giochi dell'infanzia potesse essere rivestita di crudeltà, sangue, egoismo

È terribile pensare come l'estrema disperazione e la povertà possano indurre le persone (comprese le più tranquille) a buttarsi a capofitto volontariamente (anche se non proprio consapevolmente, non al 100% almeno) in una competizione malefica in cui, vuoi o non vuoi, dovranno alternare il gioco di squadra al più completo individualismo, in cui cercare di restar vivi diventa il solo scopo di tutto e, se per farlo bisogna sacrificare la vita altrui, si fa.

Quando è in gioco (in tutti i sensi, in questo caso) la propria sopravvivenza (oltre che il raggiungimento di un traguardo che consiste in un notevolissimo montepremi, in grado di stravolgere in meglio l'esistenza del fortunato che se lo becca tutto), anche l'essere umano più mansueto e solitamente generoso, altruista, può tirar fuori la natura più primitiva, da "homo homini lupus", e sputare in faccia a qualunque forma di solidarietà e amicizia.

Inquietante il pensiero che alla fine tutto quel sangue (rischio spoiler >>e quelle morti fossero frutto dei capricci di un manipolo di ricconi viziati, annoiati e depravati, indifferenti al valore della vita umana. 
Col coreano ho avuto un rapporto contrastante: in un primo momento mi ha irritato e non poco per il suo essere così... cantilenante, però poi mi sono abituata e alla fine l'ho trovato divertente e buffo (con tutto il rispetto) :-D
Ovviamente mi aspetto il sequel e spero non deluda.



Poichè Outlander per me è già una serie lunga, per non infilarmi in un'altra impegnativa, ho affiancato la visione di una miniserie da cominciare e terminare in poche volte: DR. DEATH.

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Essa si basa sulla storia vera di Christopher Duntsch (Joshua Jackson), stella nascente della neurochirurgia con alle spalle un notevole percorso universitario e di ricerca, arricchito delle referenze migliori.
Dutsch sembra essere la figura più promettente nel campo degli interventi  alla schiena o al collo, ma qualcosa decisamente non va se durante i suoi interventi accadono puntualmente delle complicanze gravissime, che portano a grosse ed irreversibili conseguenze sullo stato di salute dei poveri malcapitati che passano sotto le sue mani, o addirittura dei decessi.
La cosa impressionante è che sono in tanti, in sala operatoria (infermieri, colleghi) a rendersi conto, nel corso degli interventi, che Duntsch sta commettendo errori assurdi, incomprensibili (assolutamente evitabili, poi), ma sul momento non c'è verso di fermarlo (il dottore è arrogante e iracondo, non accetta critiche o suggerimenti da nessuno) e anche denunciarlo come unico colpevole è complicato.

Fortunatamente due dottori di Dallas - Henderson e Kirby (interpretati rispettivamente da Alec Baldwin e Christian Slater) - e una giovane avvocatessa si intestardiscono nel voler inchiodare il neurochirurgo alle proprie responsabilità, affinché venga arrestato e smetta di rovinare vite umane.

L'ho apprezzata, motivata soprattutto dal fatto che stiamo parlando di fatti realmente accaduti; l'attore protagonista ha interpretato molto efficacemente il ruolo del "dottor morte", risaltandone la personalità malvagia e assassina attraverso le espressioni facciali, gli sguardi, i gesti inquietanti, che ci danno l'immagine di un uomo seriamente pericoloso, con manie di grandezza, convinto di essere infallibile, di poter avere in mano le vite delle persone e di poter decidere - come fosse dio - se farle morire o meno.
Insensibile, con grossi problemi di autocontrollo e gestione di emozioni e pulsioni, anaffettivo, cinico, egoista, spaventosamente narcisista e soprattutto incompetente: un fallito che non accetta di essere tale, desideroso solo di ricevere elogi sulla propria (presunta) brillante carriera, sui suoi progetti di ricerca su cui la comunità scientifica non è disposta ad investire (chissà perché), smanioso di ricchezza, fama, gloria, a discapito degli affetti; calpesta chiunque, dalla famiglia (è cresciuto con genitori che l'hanno educato nei sani principi cristiani, ma a quanto pare Chris è stato poco ricettivo...) agli amici, alla compagna.
Ne consiglio la visione.


CITAZIONE DEL MESE

"Quando la tempesta sarà finita, 
probabilmente non saprai neanche tu 
come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. 
Anzi, non sarai neanche sicuro 
se sia finita per davvero. 
Ma su un punto non c'è dubbio. 
Ed è che tu, uscito da quel vento, 
non sarai lo stesso che vi è entrato". 

(Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia)

sabato 27 giugno 2020

Recensione film: REQUIEM FOR A DREAM ( Darren Aronofsky) - A BEAUTIFUL DAY ( Lynne Ramsay)




Requiem for a Dream è un film del 2000 basato sull’omonimo romanzo di Hubert Selby (1978).



REQUIEM


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Regia Darren Aronofsky

Cast: Ellen Burstyn, Jennifer Connelly, Keith David, Louise Lasser, Christopher McDonald


Il film è suddiviso in tre capitoli che, seguendo metaforicamente l’alternarsi delle stagioni, rappresentano il percorso dei personaggi, vittime della spirale della droga. 

"tutto questo non è vero, o se è vero, poi tutto si aggiusta"


ESTATE

La signora Sara Goldfarb è una casalinga vedova e ossessionata da uno show televisivo; conduce una vita modesta con suo figlio Henry. 
Il pensiero fisso della poverina è perdere peso provando diete che possano aiutarla a raggiungere quest'obiettivo, reso difficile dal fatto che la fame si fa sentire e così la voglia di abbuffarsi.
Spinta dalla continua e morbosa visione dello show da cui è soggiogata, Sara comincia ad assumere anfetamine...

Il figlio, insieme all’amico Tyrone e alla fidanzata Marion, ha una grave dipendenza dall’eroina. 
Per poter avere sempre una dose a disposizione, i tre amici si dedicano al traffico illecito di droghe e la loro attività registra un discreto successo.


AUTUNNO

Parallelamente, Sara è sempre più ossessionata dal suo corpo e, con la speranza di poter prendere parte allo show che tanto ammira, esagera decisamente nell'assunzione delle anfetamine, non riesce a fermarsi, anche perchè si accorge di essere notevolmente dimagrita grazie alla droga, nonostante i brutti effetti che esse le provocano, in primis gravi allucinazioni, e poi insonnia e, quando riesce a dormire, terribili incubi che la lasciano terrorizzata per quanto sono realistici. 

Intanto i tre amici proseguono con il loro traffico di eroina, riuscendo pure a far soldi, fino a quando  Tyrone viene arrestato ed Henry si vede costretto a spendere la maggior parte dei soldi per salvarlo dalla prigione. 
I soldi scarseggiano, le crisi d'astinenza arrivano e si fanno sempre più forti ed insopportabili, e questo spingerà inesorabilmente i ragazzi verso un INVERNO fatto di tormenti atroci, dolore (fisco e psicologico), solitudine, rabbia urlata e sfogata reciprocamente (il rapporto tra Marion ed Henry, di solito molto legati) si incrina terribilmente), ricordi e visioni angoscianti, scelte disperate che li portano verso conseguenze davvero terribili...

Non c'è primavera per questi quattro personaggi, che si lasciano trasportare dal vortice tremendo causato dalle loro dipendenze: non resta che arrendersi davanti a un destino impietoso e pagare il difficile e triste prezzo delle proprie azioni, delle proprie debolezze e fragilità.


E' un film bello tosto.
Già l'argomento è duro di per sé, ma è proprio il modo di affrontarlo che è crudo (molto) e il regista ha reso le ossessioni e le dipendenze dei suoi personaggi in modo realistico, dando vita a incubi e paure con una vividezza che mi ha inchiodata allo schermo e mi ha fatto sentire tutta l'ansia, le paure, le angosce, il male fisico oltre che emotivo e psicologico, il baratro in cui finiscono tutti e quattro progressivamente e la consapevolezza terribile di ciò che sta loro accadendo, unita al senso di impotenza: accorgersi di cadere giù, sempre più giù e sapere che non se ne uscirà, perchè non se ne ha la forza né i mezzi. C'è qualcosa di peggio?

Sin dalla prima scena capiamo che sarà una visione "difficile", di quelle che turbano: una mamma chiusa in bagno per la paura che le suscita il figlio tossico, reso aggressivo dal bisogno compulsivo di danaro con quale prendersi la roba.

La signora mi ha suscitato tanta pietà: sola, fragilissima, con il pensiero martellante e malato di riuscire a portare avanti con successo una dieta senza zuccheri e grassi; la consapevolezza di quanto le riesca difficile seguire fedelmente un regime alimentare la rende frustrata e infelice.
Mi ha fatto molta tristezza perchè è il ritratto di una donna anziana che trascorre in solitudine le giornate davanti alla tv, desiderando di essere più carina e più magra, così da ricevere apprezzamento dagli altri; ha delle amiche ma evidentemente prova un vuoto affettivo che forse è la sua vera droga e il suo vero male.
Gli assilli di Sara, la tentazione che rappresenta il cibo nel frigorifero e gli effetti collaterali ed ingestibili delle "pillolette" che assume, si "materializzano" davanti a lei, dando vita ad allucinazioni spaventose che farebbero impazzire chiunque.


Anche ciò che accade in particolare ad Henry e Marion è terribile; la droga rovina tutto, dalla stabilità mentale ai rapporti interpersonali, rendendo i corpi di questi poveri disgraziati degli involucri rotti, sofferenti, affamati avidamente di un veleno che li rende sempre più schiavi e consumati.

Le scene sono molto brevi, sincopate, hanno un effetto molto disturbante (in particolare una verso la fine, con protagonista Marion) si susseguono con un ritmo "psichedelico" e allucinato, tutto contribuisce a mettere ansia - la stessa vissuta dai personaggi -, a riprodurre il senso di disperazione e di perdita di controllo su corpo e mente, prodotti dall’abuso di sostanze stupefacenti.
Non è un film recentissimo, quindi è probabile che in tanti l'abbiate già visto; io l'ho recuperato non molto tempo fa e mi è rimasto impresso in quanto, ripeto, già di per sé l'argomento è serio e brutale, poi ci sono scene belle forti..., quindi potrebbe non piacervi se siete spettatori particolarmente suggestionabili o se non amate questo tipo di narrativa cinematografica spinta e portata all'esasperazione.




A Beautiful Day è un film del 2017, diretto da Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Ekaterina Samsonov. 


Joe è un ex marine e agente dell'FBI, un veterano di guerra con alle spalle un passato fatto di brutalità e torture. 
Attualmente è tornato a vivere nella sua casa d'infanzia insieme all'anziana madre malata, della quale si prende amorevolmente cura, con tanta pazienza e tenerezza, che quasi stridono con quel suo aspetto duro, taciturno, e quel fisico ben piazzato che fanno pensare ad una persona poco tenera.

E davvero Joe sa essere un bruto, se la situazione lo richiede; ma benchè le sue siano spalle possenti, non sono incrollabili: la sua vita non è mai stata facile e a segnarlo dolorosamente è stata in particolare l'infanzia, resa traumatica da un padre violento.

Il presente è interrotto proprio dai flashback del suo passato tormentato, che ancora oggi che è un uomo adulto gli provocano incubi dolorosi.

Disposto a sacrificarsi pur di salvare delle vite innocenti, Joe si guadagna da vivere liberando giovani ragazze dalla schiavitù sessuale a cui erano state costrette. 

Un giorno, un famoso politico di New York lo contatta per chiedergli aiuto. La sua figlia adolescente Nina sembra essere stata rapita da una delle organizzazioni criminali che gestiscono il giro di prostituzione minorile. 
Joe accetta l'incarico e si mette sulle tracce della ragazza, riuscendo a liberarla, ad acquistare la fiducia di questa ragazzina traumatizzata e silenziosa, ma infilandosi in un giro sporco in cui non c'è in ballo "semplicemente" una questione di soldi, ma una vera e propria  rete di persone potenti, molto in vista e anche molto corrotte. 

Joe si trova così invischiato suo malgrado in una spirale molto più grande di lui, fatta di violenza senza scrupoli, che lascerà dietro di sé una scia di sangue e di morti (anche innocenti...) e metterà a repentaglio l'incolumità sua e di Nina.

Questa potrebbe essere l'ultima missione di Joe: cosa ci sarà alla fine di questo "viaggio", la morte o una sorta di "rinascita"?

L'avrò detto altre volte, perchè lo so, sono ripetitiva: adoro Gioacchino, lo trovo efficace praticamente in ogni sua interpretazione, e quindi anche in questa; sa rendere e trasmettere la complessità psicologica del personaggio in ogni sua espressione, e infatti Joe mi è arrivato in un tutta la sua sofferenza, con i suoi tormenti, con la violenza e la brutalità di cui è capace pur di portare a termine i propri lavoretti di mercenario.
I suoi "sogni ad occhi aperti" sono molto vividi e crudi e contrassegnati da pensieri suicidi.

Forse farla finita è l'unica soluzione per mettere fine alle proprie sofferenze, ad una vita fatta solo di un presente squallido e di brutti e soffocanti (e il senso di soffocamento non è solo "psicologico"...) ricordi che rimandano a quel bambino che è stato e la cui anima s'è vista devastata da un padre sadico, da un mostro che non smetterà mai di minare la sua stabilità?

Di sangue che scorre ce n'è, ma con esso potrebbe arrivare, magari, anche per lui e per la povera Nina, la possibilità di aprire gli occhi ad una nuova, bellissima giornata.
Consigliato!!


mercoledì 3 giugno 2020

Bilancio di letture - Maggio 2020



Il mio maggio, tra letture, musica e tv.






  1. L'APPUNTAMENTO di P. Pulixi. Ogni uomo è libero di operare le scelte che ritiene più giuste in un dato momento, in un posto specifico, in presenza di determinate persone e per le più svariate ragioni. Si chiama libero arbitrio, no? Ma se è vero che siamo liberi di scegliere, è altrettanto vero che non possiamo sfuggire alle conseguenze delle nostre scelte, che ci seguono come segugi fedeli e prima o poi ci chiedono il conto. Nel bene e nel male.
  2. IL GIOCO DEL SUGGERITORE  di D. Carrisi. L'ex-poliziotta Mila Vasquez è costretta a tornare nel buio dell'inferno messo in moto dal diabolico suggeritore. Questa volta dovrà dare la caccia a colui che le ha sottratto l'unico affetto presente nella sua vita, e per farlo si ritroverà ad entrare in una dimensione virtuale dove i confini tra fantasia e realtà sono labili e dove la capacità umana di fare il male si manifesta in tutta la sua violenza.
  3. ALMARINA di V. Parrella. Elisabetta e Almarina: due donne in divenire, che una volta uscite da quell'istituto in cui la prima lavora e l'altra è detenuta, non saranno più le stesse: una donna che il destino non ha reso madre, e una ragazza cui la madre (e, in generale, la famiglia) è stata tolta troppo presto, si incontrano, si comprendono, e a dispetto dei cavilli burocratici, dei tanti interrogativi e della paura di sbagliare, si regalano reciprocamente la possibilità di essere un punto di partenza l'una per l'altra. Perché non è mai tardi per ricominciare.
  4. PALESTINA E ISRAELE: CHE FARE?  (a cura di Frank Barat). E' uno di quei "conflitti" che dura da molti, troppi decenni, che vede contrapposti due popoli e ad oggi non v'è stata alcuna soluzione in grado di soddisfare equamente le richieste dell'uno e dell'altro; a dirla tutta, tra i due, uno se la passa meglio, l'altro decisamente peggio. Sto parlando della "questione israelo-palestinese", e in questo libro il giornalista e attivista Frank Barat ha raccolto, attraverso interviste, le opinioni di Noam Chomsky (filosofo, linguista e attivista politico) e Ilan Pappè (storico israeliano antisionista) in merito all'argomento, perché esaminare il "caso palestinese è (…) essenziale per comprendere dove ci collochiamo come esseri umani".
  5. PEPPINO IMPASTATO. UNA VITA CONTRO LA MAFIA  di S. Vitale. Questo libro ci parla di Giuseppe Impastato ad ampio raggio, a partire dal contesto in cui è nato e cresciuto, in cui si è formato come uomo, come politico, giornalista, passando inevitabilmente per la tragica fine che gli ha fatto fare la mafia, arrivando agli anni successivi alla sua morte e alla "eredità" culturale e umana lasciataci da un giovane che, pur di denunciare le storture presenti nella società in cui viveva, non ha esitato ad andare contro la propria famiglia.
  6. LIVIA LONE di B. Eisler. Il primo capitolo della serie sulla detective Livia Lone ci racconta la orribile esperienza che l'ha profondamente toccata e che l'ha indotta a diventare poliziotta per dedicarsi anima e corpo alla ricerca di gente depravata che si macchia di crimini sessuali.
  7. LA PROFEZIA DELL'ARMADILLO di Zerocalcare. Un fumetto molto bello - dai disegni ai testi -, che con ironia e sense of humor scava nella testolina del protagonista, facendo ora sorridere ora riflettere.
  8. IL SETTIMO SPLENDORE di Favia & Bufi: racconto carino, piacevole, sia graficamente che nei contenuti; forse la storia ha qualche elemento prevedibile e non originalissimo, ma mi è piaciuta l'atmosfera malinconica sullo sfondo parigino.
  9. IL CASALE  di F. Formaggi. Spesso si dice che certe sciagure piovano all'improvviso senza che fosse possibile prevederle. Ma è davvero sempre così? O piuttosto siamo noi a non aver fatto caso ai piccoli segnali che le anticipavano, a non aver dato il giusto peso a certi dettagli? Il protagonista di questo interessante e originale romanzo, attento osservatore, verrà coinvolto in una catena di avvenimenti bizzarri e minacciosi, e riuscire a non farsi inghiottire potrebbe rivelarsi davvero un'impresa difficile...
  10. PAROLE RUBATE di P. Favorito: un reboot, quindi una sorta di remake cinematografico (sono presenti, infatti, tre attori italiani molto noti, che hanno prestato il loro volto per questo fumetto) che narra vicende avventurose ed inquietanti, in un'atmosfera paranormale, in cui l'horror si incrocia con il giallo e fatti e personaggi storici.
  11. IL PERSUASORE  di M. Billingham. Nella medesima sera, in due punti diversi di Londra, due donne vengono uccise allo stesso modo. Il geniale e scomodo detective Tom Thorne conclude che gli assassini cui dare la caccia sono due, uno metodico, freddo e controllato, l'altro succube e remissivo. Due killer che vanno assolutamente fermati.
  12. REAZIONE MORTALE  di D. Boyd. Un avvincente giallo ambientato nel mondo delle corse dei cavalli e delle scommesse; ad indagare sull'assassinio di un giovane stalliere c'è un ispettore caparbio e dall'intuito formidabile, coadiuvato dall'agente Jane, collega e compagna di vita.


Tra queste letture di maggio, sono stata contenta di aver dedicato spazio e tempo a due saggi, quale quello sulla questione Palestina/Israele, e la biografia di Peppino Impastato; tra i romanzi, ho trovato bellissimo e spiazzante il  noir psicologico di Pulixi.


ATTUALMENTE HO IN LETTURA:

- UNA VALIGIA PIENA DI SOGNI di Paullina Simons (young adult);
- L'ULTIMO RINTOCCO di Diego Pitea;
- IL VANGELO EBRAICO di Daniel Boyarin.


PROSSIME RECENSIONI:

- BACI DA POLIGNANO di L. Bianchini
- LO SCRITTORE SOLITARIO di Nicola Ianuale.


FILM

Di bello, ho visto MAGARI diretto da Ginevra Elkann: è la storia di Alma, Jean e Sebastiano, tre
fratelli molto legati tra loro, che da Parigi, città in cui vivono con la madre di fede russo-ortodossa, si ritrovano scaraventati nelle braccia di Carlo, padre italiano, assente, anticonformista e completamente al verde, che non ha alcuna idea di come badare a sé stesso, figuriamoci ai figli.
Siamo a dicembre e la madre dei tre fratelli aspetta un figlio dall'attuale compagno, per evitare stress inutili, pensa bene di mandare i ragazzi dal padre a Roma, ma non ha fatto i conti con l'immaturità (che pure conosce!) di Carlo, il quale, quando si vede arrivare i figli muniti di tutto punto e pronti per una vacanza in montagna, svela che c'è un cambio di programma: lui ha bisogno di lavorare, sta scrivendo una storia per un film, quindi niente montagna: è così bello il mare d'inverno a Sabaudia?

Ovviamente, Carlo - che presenta ai ragazzi la sua attuale fidanzata, Benedetta (la Rohrwacher) - non ha nè tempo nè voglia e nè la pazienza per star dietro ai figli, compito che si prenderà spontaneamente Benedetta, riuscendo ad entrare in sintonia con tutti e tre.

Il film mi è piaciuto perchè narra di una famiglia "disfunzionale" dal punto di vista di una dolce ragazzina, che deve barcamenarsi tra le esigenze e i capricci sia degli adulti che dei fratelli maggiori (che sono tenerissimi quando si abbracciano in silenzio, consolandosi a vicenda per le delusioni dovute agli atteggiamenti immaturi del padre); quello di Alma è uno sguardo ingenuo ma attento, sembra accettare il fatto che i suoi genitori si siano rifatti una vita ma in realtà spera (e prega, con tanto di voti!) segretamente di vedere riconciliati i propri genitori.

A fine vacanza, quando i suoi saranno costretti a vedersi per un piccolo incidente accaduto a uno dei fratellini, ad Alma non resterà che sperare quantomeno che la sua smetta di essere una gabbia di matti per diventare una famiglia allargata più o meno normale. 
Magari un giorno potrebbe succedere...!

Eccezionali i ragazzini che interpretano i tre figli di Riccardo Scamarcio, perfettamente a suo agio nel ruolo di padre distratto, di eterno adolescente che spera di vedere decollare la propria carriera di aspirante scrittore di sceneggiature e che non ha la minima idea di come relazionarsi a tre figli di differente età e che vede molto saltuariamente; Alba Rohrwacher è sempre così eterea, molto easy, svampita ma solo in apparenza, una presenza amica nei confronti dei figli del compagno.
L'atmosfera nostalgica, anni '80, è un tuffo nel passato piacevole, mai pesante o patetica.
Promosso.

Altra cosetta vista in tv è la serie LA CATTEDRALE DEL MARE, che  trovo sia fatta bene e mi sta piacendo per ambientazione (1300, Spagna) e vicende.


FOTO DEL MESE

Non posto mai foto perchè non amo farne, ma questo mese faccio un'eccezione e condivido con voi questa piantina, dono di un bimbo della scuola dell'infanzia che ho in classe. ❤
Mi mancano i miei piccoli alunni.... :-(





LIBRI ACQUISTATI


- BACI DA POLIGNANO di Luca Bianchini;




- IN UN MILIONE DI PICCOLI PEZZI di James Frey.



CANZONE DEL MESE

Su YouTube ho "scovato" questo canale - Acapeldridge - e durante lo scorso mese spesso ho sentito brani come questo che vi posto:





LA CITAZIONE DEL MESE


"Gli uomini guardano il cielo e si stupiscono, 
guardano la terra e si muovono a pietà, 
ma, stranamente, non si accorgono di loro stessi."
(Peppino Impastato)

sabato 25 aprile 2020

Recensioni film: "MA" di Tate Taylor || L'UOMO DEL LABIRINTO di Donato Carrisi



Due killer capaci di compiere crimini efferati.
Ma mostri non ci si nasce, e i due assassini - protagonisti di queste due pellicole - sono diventati quello che sono anche a causa di esperienze passate dolorose e traumi non risolti.
Infettati dal buio e dal male, a loro volta ne sono portatori.


MA è un film thriller/horror diretto da Tate Taylor, con Octavia Spencer e Luke Evans, Juliette Lewis, Allison Janney, Missì Pyle.


L'adolescente Maggie si è appena trasferita dalla California nel paese dell'Ohio in cui è cresciuta sua madre Erica: un nuovo ambiente, una nuova scuola e nuove opportunità di fare amicizie.
La prima ad avvicinarsi a lei e a farla sentire parte di un gruppo è Haley, esuberante, sfacciata e dal carattere forte.
Nella comitiva c'è anche Andy, e tra lui e la timida Maggie nasce subito una simpatia.
Il gruppo di amici, come tutti i ragazzi della loro età, ha voglia di ballo e divertimento, e se c'è un modo sicuro per sballarsi, quello è bere alcolici.
Ma sono minorenni e non possono acquistare alcool, per cui un giorno mandano Maggie a chiedere a una donna, Sue Ann, di comperarne per loro.

La donna li asseconda, e non solo: suggerisce ai ragazzi di non andarsene in giro a bere alcool, perchè potrebbe essere pericoloso, ma se vogliono possono recarsi nella cantina di casa sua e passare del tempo lì.

Sue Ann è una donna solitaria che pensa così di sfruttare la possibilità di farsi dei giovani amici e riempire la propria frustrata solitudine.
Pian piano, nella cantina cominciano ad affluire altri ragazzi, che hanno saputo di come la donna metta a disposizione casa propria per ubriacarsi e fare festini.

La padrona di casa, però, si affretta ad elencare le regole: ci dev'essere sempre, nel gruppo, uno che resta sobrio (per poter accompagnare gli altri a casa); niente bestemmie; non azzardarsi a salire mai al piano di sopra e... chiamarla "Ma". 

Ma è euforica al pensiero di avere il seminterrato pieno di fresca gioventù e cerca in tutti i modi di farsi amare da loro, incoraggiandoli a bere, divertendosi e ballando in loro compagnia.

Ma dietro quella facciata di allegria e disponibilità, si cela una personalità disturbata e una mente non proprio sana, che attraverso questa anomala amicizia con il gruppo di Maggie, vorrebbe in realtà attuare propositi tutt'altro che benevoli ed amichevoli.

Attraverso dei flashback, infatti, scopriamo che da adolescente Sue Ann è stata vittima di bullismo da parte dei compagni del liceo: timida, impacciata, era costantemente oggetto di risatine, umiliazioni, tanto delle ragazze quanto dei ragazzi, in particolare da parte di Ben (per il quale aveva una cotta) e che è il padre di uno dei ragazzi della cricca di Maggie...

Quali sono le reali intenzioni di Ma? 
Cosa la spinge a cercare in modo ossessivo la compagnia di una banda scalmanata di teen ager: il desiderio di sentirsi accolta almeno adesso che è adulta, visti gli insuccessi vissuti nella propria adolescenza?
E se questa ossessione la spingesse a dare sfogo a un piano folle e terribile?

Intanto, durante i festini nella cantina di Ma, Maggie e Haley trovano il modo di andare di sopra e scoprono una cosa inquietante: Ma non vive da sola, c'è qualcuno in casa con lei...

Ma è un thriller con sfumature horror un po' in stile Misery: una donna sola, un po' matta, con qualche trauma irrisolto, che s'affeziona in modo malato a qualcuno, attirandolo nella propria rete e facendogli credere di volersene prendere cura, ma qualcosa va decisamente storto e quella che sembrava fosse una situazione idilliaca si tramuta ben presto in un incubo terrificante.
E' stata una visione sufficientemente interessante, in certi momenti mi ha tenuta in tensione e di certo non mi sono annoiata nel guardarlo.
I ragazzetti mi hanno irritata non poco (fatta eccezione per Maggie), gli odiosi ex-compagni di liceo di Sue Ann (anch'essi ormai cresciuti), visto quanto erano stati crudeli con lei anni prima, mi hanno fatto nutrire simpatia per Ma, che in fondo dalla vita avrebbe voluto solo un po' di considerazione e amicizie sincere. 



L'UOMO DEL LABIRINTO è il film con cui lo scrittore Donato Carrisi fa il suo esordio alla regia; è tratto dall'omonimo thriller (recensione) scritto dallo stesso Carrisi e nel cast troviamo: Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Vinicio Marchioni.

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Samantha Andretti aveva tredici anni quando fu rapita una mattina d'inverno mentre andava a scuola; adesso si ritrova ventottenne e ricoverata in ospedale, senza che ricordi dove è stata né cosa le è accaduto in tutto quel tempo. 

Accanto a lei c'è un profiler, il dottor Green; l'uomo sostiene che l'aiuterà a recuperare la memoria e che insieme cattureranno il mostro; la caccia avverrà, prima che fuori, nella sua mente, e solo lei è la chiave per poter dare un'identità al rapitore e poterlo arrestare.
La povera Samantha è confusa, smarrita, non distingue inizialmente il presente da ciò che ha vissuto per anni all'interno di quello che lei chiama il labirinto, e spesso dubita che le domande di Green siano un trabocchetto, un gioco spietato che lei deve risolvere.

Sì perchè in tutti quegli anni la povera Samantha è sopravvissuta proprio così: lui, l'uomo del labirinto, il suo rapitore, le sottoponeva degli "indovinelli" da risolvere via via più complessi, per poter ricevere in cambio qualcosa (acqua, cibo, letto...).

Ma quindi come ha fatto a liberarsi da quella orribile prigionia (di cui lei man mano ha ricordi più vividi, fornendo a Green anche inquietanti dettagli)? 

Ad accogliere con turbamento la notizia della liberazione inaspettata di Samantha è Bruno Genko, un investigatore privato che quindici anni prima era stato ingaggiato dai genitori di Samantha per ritrovare la figlia, ma s'era solo preso i soldi senza mai impegnarsi nella missione. 

Adesso che la ragazza è riapparsa, sente di avere un debito con lei e vuole provare a catturare l’uomo senza volto che l'ha rapita. 
Genko sa di avere poco tempo, in quanto il suo corpo ben presto lo tradirà a causa di una malattia mortale da poco diagnosticatagli.
Le indagini personali di Genko (che in certi momenti si scontrano con quelle ufficiali della polizia, e in altri lui le darà una mano) lo portano a interrogare molte persone, a partire dall'uomo che ha trovato Sam sola e stremata nel bosco fino ad arrivare a coloro che hanno conosciuto il rapitore.
Tutte concordano nel descriverlo con una maschera da coniglio, con due occhi rossi inquietanti.

Genko arriverà a scoprirne anche il nome e alcuni episodi del suo passato drammatici che hanno reso il rapitore un figlio del buio, una vittima che qualcuno ha infettato col male trasformandola, a sua volta, in un carnefice.

Ognuno ha la sua battaglia da affrontare: Bruno Genko è in corsa contro il tempo e deve districarsi tra le progressive verità circa l'uomo con la maschera da coniglio, il quale è bravo a manipolare la realtà e le informazioni su di sè; e poi c'è Samantha, che deve fare i conti con un passato doloroso che le precise domande del pacato e imperturbabile dottor Green fa emergere dalla sua memoria.

Intanto, nella storia compaiono e intervengono personaggi che chi ha letto altri libri di Carrisi conosce già, come Simon Berish, che lavora nella sezione degli scomparsi (il Limbo) ed è preoccupato per l'agente Mila Vasquez, impegnata in una missione segreta.

Premetto che amo Carrisi, lo trovo geniale nel presentare delle verità che poi vengono puntualmente smentite o comunque lasciano enormi dubbi nel lettore; arzigogolato nelle trame, sempre ricche di colpi di scena, e i finali poi sono il colpo di coda che lascia a bocca aperta.
E il romanzo è così, infatti, ha queste caratteristiche, e onestamente mi sento di dire che il film le ha rispettate; a me è piaciuto; certo, può sembrare un po' contorto se non si è abituati alle storie dell'Autore (anche i libri lo sono, e mi rendo conto che questa peculiarità può non piacere a tanti), soprattutto perchè bisogna capire come collocare fatti e personaggi nella linea temporale, ma a mio avviso Carrisi ha fatto un buon lavoro, e per quanto mi riguarda il mio parere su questo film è positivo.
E tanto per cambiare mi ha messo su la voglia di leggere Il gioco del Suggeritore.



domenica 19 aprile 2020

Recensione film: "L'IMMORTALE" di Marco D'Amore



Da fan di Gomorra - La Serie, in attesa della quinta stagione, non potevo di certo perdermi la visione de L'Immortale, il film incentrato sull'amato personaggio Ciro Di Marzio e diretto da Marco D'Amore stesso; accanto a lui, Giuseppe Aiello, Salvatore D'Onofrio, Gianni Vastarella, Marianna Robustelli, Martina Attanasio, Nello Mascia.


"Ho campato tutta la vita con la morte vicino a me. Non ho paura di morire".

Non iniziano a chiamarti l'Immortale tanto per dare fiato alla bocca.
Il destino di Ciro Di Marzio è scritto e deciso sin da quando, piccolino, sopravvive miracolosamente tra i cumuli di macerie causati dal terremoto del 1980.

Quel Ciro bambino e indifeso adesso è un uomo; un uomo che è sopravvissuto a tanti agguati e tentativi di farlo fuori; del resto, se vivi all'insegna del doppiogioco e dei tradimenti, non puoi  aspettarti altro che te la facciano pagare, prima o poi.
Ma se c'è una cosa che capiamo di questo antieroe, di questo criminale che ha scelto di seguire la via del Male anche a costo di grandi perdite, che sa essere spietato, cinico e violento, è che la determinazione che guida le sue azioni è, ormai, priva di paura: uno che ha già perso ciò che di più importante aveva - la famiglia -, non ha più nulla da perdere. C'è davvero qualcosa che può ancora fargli paura?

Eppure Ciro non è di certo un robot, non è una macchina da guerra senza sentimenti, e benché il più delle volte sembri anaffettivo e antiempatico, in realtà è costantemente angosciato e tormentato dai demoni e dagli errori del passato, che lo seguono ovunque vada.
Lo hanno seguito quando ha lasciato Napoli per andarsene ad espiare la proprie malefatte in Bulgaria (inizio terza stagione); lo hanno spinto già nella acque del Golfo di Napoli quando si è sacrificato per salvare l'amico fraterno Genny da Sangue Blu; gli restano attaccati addosso anche quando da quelle acque viene ripescato in fin di vita, e ancora quando lascia nuovamente Napoli per recarsi in Lettonia e occuparsi di spaccio di droga per conto di don Aniello, al servizio dei russi.
Qui rivede, dopo molti anni, Bruno, una persona che ha segnato la sua infanzia e la prima parte della sua vita.

Inevitabilmente si riaffacciano i ricordi e basta poco per tornare indietro nel tempo: Ciro ha dieci anni, è orfano e continua a sopravvivere, conducendo una vita fatta di espedienti  insieme ad alcuni suoi coetanei, tra le pericolose strade di Napoli.
Come purtroppo spesso accade, questi ragazzini soli, senza una famiglia solida alle spalle che se ne prenda cura, finiscono per diventare facile preda dei criminali del posto, ed è ciò che succede anche al piccolo Ciro, che sarà pure magrolino ma è svelto, scaltro e già dimostra la grinta e la cazzimma che lo caratterizzeranno negli anni a venire.

Proprio perché sveglio e senza paura, pronto a ubbidire agli ordini dei grandi ai quali offre i propri "servigi", diviene il pupillo di uno di loro, Bruno (lo stesso che rivede a Riga, in Lettonia, anni dopo), il quale lo coinvolge nei propri illeciti affari e nella propria ambizione di non essere sottomesso ad altri ma di poter gestire attività criminali da solo.
Bruno è fidanzato con Stella, una bella ragazza con la passione del canto, e Ciro vede in questa coppia di amici quella famiglia che lui non ha mai avuto.
Ma ancora una volta dovrà fare i conti con la dura e crudele realtà di Secondigliano, con una vita che non fa sconti a nessuno, neanche a un bambino.

La narrazione del passato - nel quale veniamo a conoscenza dell'infanzia e dell'educazione criminale dell'Immortale, e che offre elementi capire come si è evoluto il personaggio e come certe cose del passato non l'abbiano mai abbandonato, anzi, abbiano contribuito a renderlo l'adulto che è - si incrocia con il presente, che vede un duro e distaccato Ciro alle prese con lo sporco business della droga e al centro di una faida tra criminali lettoni, e dove conoscerà altri napoletani, tra i quali c'è, appunto, Bruno.

Come è inevitabile in un mondo marcio come questo, Ciro sa di non potersi fidare di nessuno, che deve continuamente guardarsi le spalle e ricordarsi che il nemico non va mai lasciato vivere (del resto, lo chiamano Ciro l'Immortale, non Ciro "il misericordioso").

Come dicevo all'inizio, ci tenevo a vedere questo film di Marco D'Amore e, sin da da quando era venuta fuori la notizia, mi incuriosiva molto l'idea di questo spin-off, di un capitolo dedicato interamente al suo personaggio (mi piace che l'abbia diretto lui stesso), che ho sempre trovato interessante, enigmatico, ambiguo, e che affascina proprio per la sua complessità: dietro lo sguardo duro e cupo e dietro i suoi silenzi eloquenti, c'è un uomo che paga ogni giorno dentro di sé il peso di scelte e sbagli, e ancora più in fondo, c'è un bambino (interpretato da un bravissimo ed espressivo Giuseppe Aiello), che ha dovuto contare sulla propria forza e intraprendenza per farsi strada in un mondo di adulti senza scrupoli. 

Il film si colloca tra la quarta e la quinta stagione della serie e infatti il finale apre nuovi scenari in vista del prossimo appuntamento con Gomorra.

lunedì 6 gennaio 2020

Recensione film:SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE di Juan Antonio Bayona



Connor O'Malley è un ragazzino di 12 anni, che ogni si rifugia in un mondo popolato da creature straordinarie per sfuggire alla triste realtà della propria situazione quotidiana e cercando di superare le fobie di cui è vittima.


7 MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE



Regista: Juan Antonio Bayona
Cast: Liam Neeson, Sigourney Weaver, Felicity Jones, Lewis MacDougall, Toby Kebbell, Geraldine Chaplin.


La notte, con il suo buio e il suo silenzio, è il momento più favorevole perché, nella testolina dei bambini (pure degli adulti, va'...) proliferino creature fantastiche, sogni ad occhi aperti, realtà alternative che concedano un attimo di tregua e respiro da una quotidianità che, spesso, è piatta o triste o addirittura soffocante.
È ciò che succede a Connor, un dodicenne solitario, che soffre per la situazione famigliare difficile che è costretto a vivere: i suoi genitori sono separati, lui vede suo padre non troppo spesso (l'uomo si è rifatto una famiglia e vive in un'altra città), sua madre è malata di cancro e, nonostante lei si stia curando, Connor - che è un ragazzino intelligente, sensibile e attento - sente che qualcosa non sta andando bene...., ma allo stesso tempo cerca di mostrarsi fiducioso e di credere con tutto se stesso che sua madre possa migliorare.
E poi, se la mamma comincerà a sentirsi meglio, è probabile che la nonna (materna) se ne torni a casa sua e smetta di rompere le scatole, di intromettersi, comandare e  mettere regole e divieti, trattando il nipote come un bambino capriccioso e una presenza ingombrante.

Alla complessa e dolorosa vita di famiglia, si accosta quella a scuola: Connor non ha amici, se ne sta sempre solo in un angolo o nel proprio banco...; sembra invisibile agli occhi degli altri (tranne che per i professori che, quando lo vedono distratto o cupo, si preoccupano quanto meno di chiedergli se è tutto ok), nessuno gli dà retta, eccezion fatta per tre ragazzetti prepotenti, comandati dal classico bullo cinico e manesco, da cui il povero Connor rimedia ogni giorno insulti, umiliazioni e botte.

Insomma, le cose per Connor O'Malley non procedono alla grande e lui ha le sue ragioni per essere triste e afflitto.
A dargli ore di svago e distrazione ci pensa la fantasia: quella ne ha da vendere e si manifesta in particolare nei suoi schizzi; il ragazzino, infatti, ha un talento artistico, ereditato da sua madre, che gli ha insegnato ad amare il disegno, grazie al quale creare delle creature fantastiche che, per quanto fatte solo "di carta", a lui paiono reali, gli fanno compagnia e lo aiutano a sfuggire alla solitudine della sua giovane esistenza.

Ma una notte accade l'impensabile: un mostro gigantesco, alto 12 metri, viene fuori da un vecchio e imponente albero (un tasso) esattamente sette minuti dopo la mezzanotte: è fatto di grossi rami intrecciati, ha gli occhi infuocati, una voce potente e Connor ne è terrorizzato inizialmente.
Ma il gigante se ne infischia dei suoi timori e decide di condividere col giovanotto tre storie, con tre protagonisti differenti (un giovane principe buono e amato, con una madre che tutti considerano una strega cattiva; un semplicista amato per le sue doti di guaritore, che però deve fare i conti con l'ostilità di un curato, il quale si rivolgerà all'altro per chiedergli aiuto quando sarà troppo tardi; un uomo invisibile, che un giorno si stanca di essere considerato tale...), ognuno dei quali ha un riferimento alla situazione personale di Connor.
Il mostro dice a quest'ultimo che, al termine delle tre storie, a Connor spetterà il compito di raccontare la quarta, cioè la propria storia, quella che il ragazzino custodisce dentro di sé e si guarda bene dal far conoscere agli altri.
Perché prova paura, vergogna, senso di colpa, impotenza.

Benché Connor ripeta al mostro di non essere interessato alle sue storie fantastiche, in realtà egli le aspetta con impazienza, essendo quelli gli unici momenti in cui riesce a mettere da parte la malattia terminale della madre, la severità della nonna, la distanza emotiva e geografica del padre e il bullismo di cui è vittima a scuola.

Certo, il ragazzino sente montare l'ansia dentro di sé al pensiero della quarta storia, quella "sua", che deve narrare lui e nella quale dovrà dire la verità: quello che davvero si cela nel suo cuore, i suoi desideri inconfessabili, le sue paure più profonde, l'incubo più ricorrente.
Solo così, guardando in faccia quella parte di sé di cui ha vergogna e paura insieme, potrà affrontare ciò che lo spaventa e lo fa soffrire, e provare a far pace con i suoi personali mostri, che forse tanto mostruosi potrebbero non essere...

Solitamente snobbo i film per bambini/ragazzi, pensando erroneamente che siano poco interessanti per me, che ormai di bambino ho solo il pascoliano fanciullo musico che ancora sopravvive, testardo, nel mio cuore.

Ma sono contenta di aver bypassato sciocchi pregiudizi e di aver guardato questo film che unisce magistralmente fantasy e dramma famigliare; mi sono sentita coinvolta davvero tanto a livello emotivo, mi sono sentita anche un po' bambina, perché in fondo certe piccole fobie infantili non ti lasciano mai del tutto e viene spontaneo solidarizzare con il dodicenne protagonista; ho trovato le tre storie del gigante molto profonde e ricche di significato e mi sono commossa quando è arrivato il turno di Connor -  troppo giovane per essere un uomo e troppo grande per essere un bambino -, perché comunque si intuisce di cosa avrebbe "parlato" la quarta storia, quale suo incubo avrebbe espresso.
Purtroppo la vita non tiene conto di quanti anni hai per servirti esperienze amare, e Connor deve fare i conti con la realtà che "gli esseri umani sono bestie complicate. Credono alle bugie consolatorie pur conoscendo la realtà dolorosa che le ha rese necessarie".

Dovrà accettare il proprio dolore e dare un nome al proprio incubo: "Desideravi solo la fine del dolore. Del tuo dolore. È il desiderio più umano che ci sia", e nessuno potrebbe mai condannarlo perché in cuor suo vorrebbe solo mettere fine alle sofferenze, sue e dell'amata mamma.

Deve smetterla di pensare di meritare punizioni per i suoi pensieri, perché alla fine "Non è importante ciò che pensi. La cosa importante è quello che fai".

Un film da vedere, commovente (immagino che non pochi lo potrebbero trovare fin troppo sentimentale), con un bel messaggio, trasmesso in modo efficace ed emozionante.



"La fede è metà della cura. 
Perché se credi nella cura, 
credi nel futuro che ti attende. 
La fede è preziosa, 
quindi devi fare molta attenzione 
a dove e in chi la riponi."

martedì 13 agosto 2019

Mini-recensioni film: MANUEL (D. Albertini) - UN BACIO (I. Cotroneo)



Ogni tanto torno a parlarvi dei film che mi capita di guardare ^_^
Quelli di oggi sono tutti e due "made in Italy" e con al centro i giovani e la dura realtà con la quale sono costretti a confrontarsi.



MANUEL



Regia di Dario Albertini, con Andrea Lattanzi, Francesca Antonelli, Renato Scarpa, Giulia Elettra Gorietti, Raffaella Rea.
Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento.



Manuel ha diciotto anni e vive da alcuni anni in un istituto per minori privi di sostegno familiare, in seguito all'arresto della madre Veronica.
Adesso che è maggiorenne può lasciare la casa famiglia e cercare di farsi una vita, ma la libertà conquistata ha un sapore meno dolce del previsto.
Eh sì perché trovare una propria collocazione nel mondo dal quale è stato allontanato di forza, e che nel frattempo è andato avanti senza di lui, è tutt'altro che semplice.

Da subito capiamo che Manuel è un bravo ragazzo, altruista, un gigante buono che se può ti dà una mano prima ancora che sia tu a chiedergliela.
Ma questo ragazzone alto e magro, è terribilmente solo, e fa una gran tristezza e tenerezza insieme vederlo mentre vaga per le strade del suo quartiere desolato.

Manuel è tormentato da quelle speranze che non osa nutrire e dalle tante paure che lo attanagliano e, mentre cerca di lasciarsi l'adolescenza alle spalle e diventare un adulto responsabile, si ritrova a dover prendere una decisione non indifferente per uno che, alla fin fine, è cresciuto senza padre e madre, tra educatori ora gentili ora facilmente irritabili.
Quando va a trovare sua madre in carcere, la donna manifesta il desiderio di tornare indietro e ricominciare da capo.
Ma l'orologio del tempo non è possibile riportarlo indietro, per cui non resta che guardare avanti e l'avvocato della mamma dice esplicitamente al ragazzo che ella potrebbe ottenere i domiciliari ma a una condizione: che lui dimostri di essere una persona matura e responsabile e di sapersi occupare della madre, facendosene carico così che il giudice le conceda il tango agognato spiraglio di libertà. 

Immaginatevi questo ragazzone taciturno e spaesato, appena uscito da un istituto per minori, in cerca di un lavoretto con cui mantenersi, che si ritrova con la possibilità sì di riavere la madre in casa ma... a quale prezzo?
Manuel deve dimostrare - all'avvocato, all'assistente sociale, e, non ultima, a sua madre... - di essere un uomo capace di assumersi una responsabilità enorme..., forse troppo gravosa per lui, che in fondo deve ancora imparare cosa significhi stare al mondo?
Sarà in grado di prendersi questo impegno senza perdere la propria libertà e senza mettere a rischio quella, molto precaria, della madre, che vede in questo figlio una sorta di àncora di salvezza?

Manuel, come dicevo, fa una grande tenerezza in quanto è un giovanotto che, benché sia dovuto crescere più in fretta di tanti suoi coetanei ed è sicuramente più maturo dell'età che ha, resta comunque un diciottenne che ancora deve comprendere il proprio posto nel mondo e al quale viene chiesto di accollarsi un fardello da adulto verso colei che, in quanto genitrice, avrebbe dovuto crescerlo quand'era tempo.

E' inevitabile che, per quanto il ragazzo voglia bene alla madre e desideri aiutarla, senta al contempo una certa ansia all'idea di dover dimostrare di essere affidabile, di essere un uomo capace di fare delle scelte più grandi di lui all'interno di un mondo al quale lui per primo deve abituarsi.

Mi è piaciuto questo film perchè nella sua semplicità, ci regala personaggi genuini, spontanei, collocati in un contesto di periferia romana opprimente e malinconico insieme; è un racconto di formazione che convince perchè autentico, ti fa vivere la storia come se fossi lì con il protagonista, e Andrea Lattanzi, attraverso un'efficace interpretazione, sa bene come prendere su di sè la complessità del suo personaggio e restituircene, in ogni gesto e singola espressione facciale, le tante emozioni, le paure, le ansietà, i momenti di scoramento ma anche la forza d'animo.


UN BACIO


Regia: Ivan Cotroneo, con Rimau Grillo Ritzberger, Valentina Romani,  Leonardo Pazzagli, Simonetta Solder, Giorgio Marchesi, Susy Laude, Thomas Trabacchi.


Tratto da un racconto scritto dal regista stesso, Un Bacio è un film che si immerge in tematiche attualissime e gettonatissime: l'adolescenza, il bullismo, l'omofobia, i rapporti difficili tra genitori e figli.
Argomenti fritti e rifritti, potremmo dire: sì, vero, ma a mio avviso Cotroneo li affronta equilibrando serietà e leggerezza, con un risultato che personalmente io ho gradito molto e che mi ha fatto sorridere e commuovere.

I protagonisti sono tre amici, tre adolescenti che frequentano il medesimo liceo in una piccola città del nord est: Lorenzo, Blu e Antonio.

Lorenzo è orfano di entrambi i genitori e viene adottato da una coppia molto comprensiva, empatica ed aperta (Renato e Stefania); è gay e non ha alcun problema ad esternarlo, nel modo di vestire, nel pitturarsi le unghie e nei modi di fare.
Purtroppo a scuola il ragazzo è preso di mira da alcuni soggetti della classe, che lo sfottono sfacciatamente.
Lorenzo è intelligente, ha ottimi voti ed è un tipo aperto, solare, ironico, ha sempre la battuta pronta e sogna ad occhi aperti di essere accolto ed amato da tutti - compagni, squadra di basket dell'istituto, professori...

Blu è la sua compagna di banco, è molto carina e non va d'accordo con nessuno in classe, soprattutto con tre delle ragazze più popolari del liceo, che spargono voci cattive su di lei, dipingendola come una ragazza facile e "disponibile". Blu ha un ragazzo, Giò, che studia all'università a Milano e che conosciamo verso la fine del film.

E poi c'è Antonio, tanto riservato, bravo nella pallacanestro anche se da molti considerato un po' "lento"; ha preso ad isolarsi dopo la morte del fratello maggiore e sente che i suoi genitori avrebbero preferito fosse lui a morire piuttosto che il figlio prediletto.

Tutti e tre questi ragazzi hanno molte cose in comune: hanno sedici anni, sono compagni di classe, emarginati e bullizzati per ragioni differenti, hanno ciascuno una famiglia che li ama.

I tre scoprono che insieme sono una forza, la loro amicizia si consolida ogni giorno di più, e diventano inseparabili, divertendosi come matti e infischiandosene delle cattiverie dei coetanei, perchè loro tre, uniti, possono salvarsi a vicenda.
L'amicizia vera è l'unica cosa che conta e che è in grado di salvarci dalla solitudine, dalla disperazione, dai problemi in famiglia, dalle delusioni.

Blu, Lorenzo ed Antonio vogliono solo essere sereni, trovare la strada della loro singola, particolare, personale felicità.
E questa meravigliosa amicizia sembra essere un grande aiuto per tutti e tre.
Fino a quando non arriva il momento di scontrarsi con realtà inevitabili: i meccanismi di attrazione e innamoramento, la paura di essere giudicati dagli altri, la consapevolezza di aver fatto, senza volerlo davvero, qualcosa di sbagliato che finisce per pesare come un macigno...

E tre sedicenni possono non essere preparati ad affrontare queste problematiche, non sapendo reagire con equilibrio e non riuscendo ad aggrapparsi a quel legame sincero che si è formato tra loro e che i pregiudizi esterni rischiano di aggredire e lacerare.

L'amicizia tra Blu, Antonio e Lorenzo resisterà ai cattivi venti che soffiano su di loro o essi si lasceranno travolgere?

Anche questo film mi è piaciuto molto perchè arriva al cuore, emoziona, fa arrabbiare, commuove: Lorenzo è un'esplosione di vitalità, fanno sorridere i suoi euforici sogni ad occhi aperti (in cui lui è acclamato e venerato da tutti) e non può che stare simpatico; di Antonio percepiamo tutta la malinconia, la sofferenza per questo fratello che non c'è più e rispetto al quale lui si sente di valere meno; Blu è in conflitto con la madre aspirante scrittrice e deve portare un doppio e ingiusto fardello: le cattiverie che circolano su di lei e il rendersi conto di essere stata trattata come un oggetto.

Tre adolescenti di cui ci viene mostrato il proprio piccolo cosmo, le fragilità, i timori, le speranze, i sogni, la voglia di vivere, di amare e di essere amati e apprezzati; belle le canzoni che fanno da cornice alle vicende e in particolare quella della scena finale, che mi ha lasciato un bel groppone.


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