lunedì 26 luglio 2021

Recensione: "Non Stancarti di andare" di Teresa Radice e Stefano Turconi

 

"Non stancarti di andare" è un bellissimo romanzo grafico, in cui la parte narrativa si sposa alla perfezione con i disegni, dando vita ad una storia ricca di emozioni genuine, pensieri profondi e di grande umanità.

Non stancarti di andare 
di Teresa Radice e Stefano Turconi




BAO Publishing
321 pp

Iris ed Ismail - disegnatrice professionista lei, professore di lingua araba e calligrafia lui - sono innamoratissimi e sono pronti a trasferirsi nella casa di famiglia di lei, a Verezzi; prima, però, Ismail (di origine siriana) deve tornare a Damasco per sistemare le ultime faccende e rivedere i propri cari. 

Questa separazione, purtroppo, si rivelerà più lunga, tormentata e dolorosa di quanto avrebbero mai immaginato.

Iris si scopre incinta ed è felicissima, ma condividere questa splendida con il fidanzato mentre questi è via non sarà semplice, in quanto la situazione in Siria (a causa della guerra civile; siamo nel 2013) si fa ogni giorno più complicata e pericolosa. 
Diventa difficile mettersi in contatto con Ismail e, stando a quel che dicono tv e giornali, la popolazione civile sta soffrendo terribilmente; Iris è comprensibilmente preoccupata ed angosciata per il suo amore, che infatti incontra moltissimi ostacoli per tornare in Italia. 

Il racconto della bellissima storia d'amore tra Ismail ed Iris si snoda, quindi, tra Italia e Siria, con diversi flashback che ci mostrano come e dove si sono incontrati i due per la prima volta e in che modo (anzi, grazie a chi) è sbocciato l'amore nei loro cuori.

Non solo, ma apprendiamo anche qualcosa della storia della famiglia di Iris, la cui mamma, Maite, è nata in Argentina, ma quand'era ragazzina i genitori la mandarono via dal loro paese (stiamo parlando degli Anni Trenta) per assicurarle un futuro migliore del loro.

Sono diversi i personaggi che compaiono in questa graphic novel e tutti sono ben caratterizzati e danno il loro apporto allo sviluppo delle vicende e nel creare dinamiche; mi ha colpito Maite, la mamma di Iris: è una donna con un altissimo senso pratico, dai modi spicci e, non di rado, volgari e sguaiati; non ama le manifestazioni d'affetto e, anzi, sembra proprio anaffettiva, anche con l'unica figlia, Iris, che invece è il suo esatto opposto. Eppure, nonostante Maite possa apparire il più delle volte scontrosa, aggressiva, fredda e cinica, un cuore ce l'ha anche lei e conoscere il suo passato sarà utile sia ai lettori che alla stessa Iris per comprendere il perché la donna abbia sviluppato una personalità così forte, d'acciaio, e poco incline a sentimentalismi ed effusioni.

Molto bello - è il mio preferito e si ispira a padre Paolo dall'Oglio - il personaggio di padre Saul, un religioso che avrà, nell'economia del romanzo, un ruolo rilevante, in quanto con la sua saggezza concreta, la sua fede, incrollabile ma non chiusa e rigida, la sua perspicacia ed empatia nel capire chi gli è di fronte e nel dare risposte prima ancora che gli vengano fatte delle domande, il suo sincero amore per il prossimo, la sua vita spesa per gli altri, il suo desiderio di creare ponti e situazioni di dialogo e pace tra religioni, culture, tradizioni differenti, la sua schiettezza..., insomma con tutto il suo modo di essere e agire, quest'uomo saprà essere una sorta di guida, un padre spirituale per Ismail ed Iris, aiutandoli ad aprire occhi, mente, cuore, incoraggiandoli a non stancarsi di andare avanti sempre e nonostante tutto, di ricercare l'umanità, la bellezza, la verità, l'amore... anzitutto in se stessi e poi nei volti, nelle mani e nei sorrisi di chi incrocerà il loro cammino.

Ho sofferto con Ismail nei suoi momenti in Siria, perché sembrava di essere lì con lui, sotto un cielo pieno di stelle e in un deserto di solitudine e imprevisti pericolosi, a guardare gli altri morire, piangere, pregare, supplicare... al cospetto della crudeltà di uomini senza pietà, e a sentirsi in colpa per questo, per il solo fatto di riuscire a sopravvivere in un contesto di morte e atrocità; a sostenerlo nel suo viaggio per cercare di tornare in Italia sarà il suo amore per Iris.

Mi ha fatto tanta tenerezza leggere le lettere che Iris scrive, nel corso dei mesi di gravidanza, per il suo "amore minuscolo", per l'esserino che le cresce dentro e che, di giorno in giorno, prende sempre più spazio non solo nel suo corpo, ma anche nel suo cuore, nella sua testa, nella sua vita; a questo piccolo grande amore sono dedicati passaggi stupendi, toccanti, pieni di dolcezza, speranza, tenerezza, amore immenso, desiderio di poter accogliere la creatura con tutte le cure che merita, crescendola in modo che possa essere libera, felice, amata e capace di amare gli altri.

E infatti le tematiche di questo romanzo a fumetti sono proprio l'accoglienza dell'altro, il dialogo con chi è diverso da noi per religione, ideologia politica, cultura, storia, lingua..., senza pregiudizi e barriere di sorta; la bellezza (umana, ma anche paesaggistica, artistica, storica...), l'importanza data alle relazioni interpersonali - che sia amicizia, amore, legami famigliari -, il senso da dare alla propria esistenza.

Una lettura che mi è piaciuta moltissimo, e dal punto di vista dei fatti narrati (stile, personaggi, ambientazione...) e da quello grafico: i disegni sono piacevolissimi, i personaggi espressivi, le tecniche e le tonalità di colore sono differenti quando si tratta di saltare da un periodo ad un altro.

"Non stancarti di andare" è un viaggio emozionante, ricco di messaggi importanti e significativi, e non posso che consigliarvene la lettura!

venerdì 23 luglio 2021

Recensione: IL PROFUMO DELLA ROSA DI MEZZANOTTE di Lucinda Riley



Lucinda Riley tra queste pagine ci fa viaggiare tra India ed Europa, dai primi decenni del Novecento ai nostri giorni; ci cattura e ci fa sognare con storie che ruotano attorno ad una indissolubile amicizia, nata sotto il cielo stellato di un'India magica e piena di fascino, e ad un amore travolgente, sincero, unico come la rosa di mezzanotte, speciale e raro come il suo colore viola, e capace di nascere e resistere anche tra rovi ed erbacce.


IL PROFUMO DELLA ROSA DI MEZZANOTTE 
di Lucinda Riley




Giunti Editore
trad. L. Maldera
624 pp

"...credimi, ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne spieghi un documento scritto dal pugno di un uomo. Ci sono il cuore di una madre, e la sua anima, che le sussurrano cose impossibili da ignorare. Mio figlio non è morto".

È il 2000 quando Anahita (Anni) Chavan compie cento anni.
Vive in India, a Darjeeling, ed è circondata dalla sua famiglia, che l'ama, la rispetta ed è molto premurosa con lei.
Eppure nel cuore dell'anziana donna c'è una nuvola di tristezza che l'accompagna ormai da tanti e tanti anni.
Il suo pensiero va all'amato figlio, che tutti credono sia morto quando aveva tre anni.
Tutti tranne sua madre: Anni è infatti convinta che egli non sia morto tanto tempo fa, ma che anzi sia ancora vivo; certo, sarà anziano (avrà più di ottant'anni), ma vivo. E, considerata l'età, non gli resta chissà quanto ancora da vivere... Sarebbe così bello avere conferma del fatto che non è morto da piccolo e che abbia, magari, condotto una vita serena e felice...!
Anni ci spera con tutto il cuore e qualcosa le dice che ha ragione; del resto, non ha mai avvertito il canto degli spiriti ad annunciarle la morte del suo "bambino", e siccome il suo sesto senso non ha mai fallito, non ha ragione per credere che su suo figlio Moh sia successo.

Anni, infatti, ha sempre avuto un dono speciale, tramandatole da sua madre e che lei di certo ha trasmesso a qualcuno della famiglia: il dono di sentire le cose prima che avvengano e che le si palesano attraverso un canto speciale, che sente solo lei; un canto che può essere triste o lieto, in base a ciò che sta per accadere a lei o alle persone cui vuol bene (che siano vicine o lontane non ha importanza). Non solo, ma Anni ha imparato da sua madre degli importanti princìpi della medicina ayurvedica, così sa come usare piante e spezie naturali per poter guarire i malanni delle persone.

Consapevole che i suoi giorni sulla terra sono quasi giunti al termine, Anahita decide di consegnare al giovane pronipote Ari Malik (nipote di sua figlia Muna) un manoscritto per lei fondamentale; in esso c'è la storia della sua vita e si parla del figlioletto perduto, di Moh: Anni è convinta che Ari (l'unico tra i nipoti ad avere ereditato gli occhi blu, proprio come Moh) possa, leggendolo, scoprire quale sia stato realmente il destino di Moh.
Il giovanotto, però, è completamente assorbito dal lavoro e dalla carriera; la sua professione, che lo porta a viaggiare moltissimo, prende il sopravvento nella sua vita, rovinandogliela in parte: la fidanzata lo lascia e si sposa con un altro; i suoi genitori restano feriti dalla sua assenza al funerale di nonna Anahita. Insomma, Ari dopo dieci anni dalla dipartita della sua saggia bisnonna, deve farsi qualche domanda su come e per cosa sta vivendo e cercare di ritrovare se stesso.
Quale modo migliore se non ripartire dalle proprie radici?

Si ricorda allora del manoscritto di Anahita, che lui aveva riposto in un cassetto con noncuranza. Una sera lo prende e comincia a leggerlo, scoprendo che in realtà esso è una lunghissima lettera che la bisnonna ha scritto all'amato figlioletto perduto Moh.
Immergendosi nella lettura - e il lettore con lui - Ari ha modo di conoscere la vita di Anahita sin dall'infanzia trascorsa in India, i poteri speciali della sua mamma guaritrice, l'amicizia con la principessina indiana Indira (con cui si instaurano un legame ed un'affinità incredibili, che daranno vita ad un'amicizia bellissima, vera, di quelle che forse sbocciano rare volte nella vita), il viaggio delle due amiche in Inghilterra per studiare in collegio, l'inizio della prima guerra mondiale e il trasferimento temporaneo nel Devon, presso la dimora della vedova (lady Maud) di un ex ufficiale britannico, per sfuggire ai bombardamenti.

Le due signorine si ritrovano, quindi, a soggiornare nell'imponente ed immensa Astbury Hall, dove però ricevono trattamenti decisamente differenti: se Indira è, ovviamente, trattata come la principessa che è, con tutti i privilegi che ne conseguono, Anni è considerata alla stregua di una cameriera.
La ragazzina capisce dal primo momento che lady Maud la guarda con disprezzo e non fa nulla per dimostrarle il contrario, anzi; ciò quello che non immagina è che quella donna sarà per lei una vera spina nel fianco anche negli anni a venire...

Ari apprende come la sua bisnonna abbia sviluppato un carattere determinato e una forza interiore che l'aiuteranno nei tanti momenti di sconforto che la vita le metterà davanti; diventerà una bravissima infermiera e nel suo cuore prenderà posto un grande amore, quello per Donald Astbury, il figlio di lady Maud.
Tra i due nasce un sentimento solido, puro: nonostante la consapevolezza di come le differenze sociali siano profonde tra loro, i due si amano senza esitazioni e con la passione e lo slancio tipici dell'età, di chi è giovane e sente di poter vincere contro tutto e tutti pur di godere appieno della propria felicità accanto all'amato/a.
Ma sono tempi in cui le apparenze, il titolo nobiliare e gli obblighi verso la famiglia sono inderogabili, e difendere il loro amore e gridarlo e viverlo alla luce del sole non sarà, per Donald ed Anni, una passeggiata. 
Soprattutto a causa di quell'arpia di lady Maud, il cui egoismo causerà non pochi danni in famiglia.

Il racconto del passato (1911-1922) - attraverso la lettura del manoscritto - è interrotta dalla narrazione del presente (2011), in cui le vicende di Ari e il suo interesse per la storia di Anahita e dello zio Moh scorrono parallelamente (per poi incrociarsi) con la storia di un altro personaggio principale: Rebecca Bradley.


Bella e famosa attrice americana, Rebecca si trova ad Astbury Hall, l'antico castello scelto come set del suo nuovo film. 
Ha un fidanzato, Jack, anch'egli attore, col quale però è un po' in crisi, soprattutto dopo che egli ha annunciato che lui e Rebecca si sposeranno; peccato che la fidanzata non abbia ancora detto sì... e anzi, più passano i giorni e più i dubbi sulla voglia di legare la propria vita con quella di Jack, aumentano.

Star lontana da lui - con la motivazione del lavoro - potrebbe giovare al suo umore e chiarirle le idee circa la sua relazione.
Il film che sta girando è ambientato in un'epoca passata e, per entrare meglio nella parte del personaggio, Rebecca indossa i bellissimi abiti di una lady che ha vissuto ad Astbury: lady Violet, la nonna dell'attuale proprietario, lord Anthony Astbury.

L'uomo è un individuo particolare, schivo, solitario, non amante del caos e molto sulla difensiva circa la storia della propria famiglia; con Rebecca (che si ritrova a soggiornare lì per evitare l'assalto dei giornalisti) è fin troppo gentile e insiste sulla somiglianza tra lei e sua nonna Violet, particolare che in effetti non è sfuggito alla stessa attrice... 

Come anticipavo prima, il soggiorno di Rebecca nel maniero si interseca con l'arrivo di Ari Malik, il quale giunge in quei giorni ad Astbury Hall con una misteriosa richiesta: avere delle informazioni sulla propria defunta bisnonna, Anahita Chavan che - stando al racconto lasciato nelle mani di Ari - ha trascorso non poco tempo tra quelle sontuose e antiche mura.

Forse, indagando sulla storia della nobile famiglia, sarà possibile accedere a qualche informazione utile per mettere insieme tutte le tessere del puzzle e chiarire cosa sia successo davvero a Moh, a quel figlio frutto di un amore tanto grande quanto fortemente contrastato.

E mentre lord Anthony si dimostra palesemente infastidito dalla curiosità del giovane indiano nei confronti dei propri antenati, Rebecca ha modo di leggere il diario personale di Donald Astbury, che chiarisce alcuni punti della storia tra lui ed Anni.

Come sempre fa (faceva, purtroppo...) la Riley nei suoi romanzi, il lettore viaggia tra passato e presente, da un luogo all'altro, ascolta più voci ed è portato ad immedesimarsi in più personaggi e punti di vista, facendosi un quadro della situazione progressivamente più chiaro e completo, che lo irretiscono completamente, trasportandolo nelle atmosfere di diversi anni prima e in luoghi lontani ed esotici come l'India ai tempi della colonialismo britannico, che attraverso gli occhi di una giovanissima Anni ci appare magica, colorata, affascinante; ma il fascino non finisce quando ci si sposta in Inghilterra, dove veniamo introdotti nella bella villa degli Astbury, con le sue feste, le sue etichette.

E anche in tempi più recenti, Astbury Hall esercita un magnetismo misterioso: su Ari, ansioso di chiudere il cerchio su nonna Anni e lo zio Moh; su Rebecca, che sembra la reincarnazione della defunta lady Violet e che si lascia coinvolgere (a livello fisico, oltre che emotivamente) dalla storia di questa famiglia al punto di vivere la propria permanenza nel castello con un senso crescente di inquietudine, ansia, irrequietezza.

Uno stato d'animo che contagia pure il lettore, anche perché ogni tanto, nel corso della narrazione, con perizia l'Autrice introduce piccoli e sibillini elementi che ci fanno presagire che sotto c'è un mistero, che forse lord Astbury nasconde un segreto, e con lui la sua fedelissima cameriera...

Mi sono piaciute moltissimo la sfumatura mystery e la pennellata di giallo (direi "quasi thriller") che a un certo punto daranno un bel tocco di suspense al racconto, alzando l'asticella della tensione narrativa, che poi porterà alla "soluzione" di ogni nodo, mistero e dubbio.
Durante la lettura delle interessantissime vicende e avventure che vedono protagonisti Anahita, Indira, Donald, Ari, Rebecca ed Anthony (e di volta in volta, con loro, tutti gli altri personaggi secondari ma tutt'altro che irrilevanti) ho provato un'altalena di emozioni, e andando verso il finale esse sono confluite in una diffusa venatura malinconica, nostalgica: in più di 600 pagine, accadono molte cose, belle e brutte, felici e tristi, e si giunge alla fine con la speranza di sapere cosa sia successo a Moh, perché in fondo è da lì che siamo partiti: dal desiderio mai sopito di una madre di sapere che ne è stato del proprio adorato figliolo, drammaticamente strappatole dalle braccia.

E la Riley, con la delicatezza e la carica empatica che le appartengono, aggiunge - andando verso l'epilogo - un particolare che unisce mamma e figlio e che a me ha regalato un brivido di commozione: la vita è stata severa con Anahita, le ha tolto tanto, soprattutto in termini di persone amate, ma c'è un momento, breve e veloce - e a lei ignoto - in cui si verifica una sorta di... "congiunzione astrale", e in cui la verità sarà vicinissima al suo cuore.

Che altro aggiungere?
Ho amato questo romanzo dalla prima all'ultima pagina; l'ho trovato davvero molto bello, emozionante, ricco di intrecci sapientemente costruiti, di personaggi accattivanti, variegati e  tratteggiati in maniera completa; suggestive le ambientazioni indiana ed inglese, il periodo storico (l'Autrice, come del resto era sua abitudine, è stata molto accurata circa il contesto storico-sociale), l'alternanza tra presente e passato, la scrittura attenta, generosa..., in una parola... tutto!
Chi mi legge da un po' lo sa, amo la Riley, le sue storie non mi hanno mai delusa e resterà una delle mie scrittrici preferite; mi fa tristezza il pensiero che ci è stata tolta troppo presto. Sono certa che ci avrebbe fatto sognare ancora.
Fortunatamente, è stata una scrittrice prolifica, per cui ho ancora diversi suoi romanzi da recuperare.

È un romanzo corposo ma scorre fluido e agile in modo sorprendente. Consigliato a chi ha voglia di viaggiare con l'immaginazione in luoghi e tempi lontani e di tuffarsi in storie intricate ed intriganti, che danno il tempo di affezionarsi ai personaggi e alle loro vicissitudini.

mercoledì 21 luglio 2021

Anteprima Regency Romance: UN DUCA IN INCOGNITO di Jess Michaels

 

Care lettrici, se cercate una lettura estiva romantica e passionale, la Michaels mette a disposizione un romance ricco di azione e suspence che credo piacerà in particolare agli amanti del genere storico.


Sarà disponibile dal 23 luglio "Un duca in incognito”, sesto libro della serie di romance regency “Il Club del 1797”.

Il preorder a

questo link


Sinossi

Lucas Vincent sarà anche il Duca di Willowby, ma a giudicare dalla vita che ha condotto non si direbbe.

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  È stato troppo occupato a lavorare come spia per il Dipartimento della Guerra. Tuttavia, dopo anni di lavoro pericoloso è rimasto coinvolto in un violento attacco che lo ha quasi ucciso. Costretto a un riposo forzato, desidera tornare sul campo e scoprire chi lo ha tradito con tanta rabbia da non riuscire a guarire.

Diana Oakford è stata cresciuta da un medico che ha lavorato per il Dipartimento della Guerra, e conosce meglio di tutti i pericoli insiti in quel mestiere. Ha ricevuto anche un’istruzione da guaritrice, quindi quando le viene chiesto di assistere Lucas nel suo percorso di ricupero, non riesce a rifiutare.
Quando si ritrovano soli insieme, comincia a svilupparsi un’inaspettata sintonia tra queste due persone che hanno combattuto le proprie emozioni per tutta la vita e Lucas comincia a guarire nello spirito oltre che nel corpo.
Ma proprio quando iniziano a credere di poter trovare un qualche tipo di felicità, il passato ritorna a minacciarli e Lucas dovrà scegliere tra la vita che conduceva prima e la donna che ha cambiato il suo mondo.



lunedì 19 luglio 2021

Recensione: COSA NOSTRA SPIEGATA AI RAGAZZI di Paolo Borsellino (prefaz. Salvatore Borsellino)


Il 19 luglio 1992 in via D'Amelio, a causa di un attentato mafioso, trovano la morte il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Da allora sono passati 29 anni ma l'esempio e il sacrificio di uomini dello Stato, che hanno fatto della lotta alla criminalità organizzata il fulcro delle proprie esistenze, sono immutati e ricordarli è un dovere.


COSA NOSTRA SPIEGATA AI RAGAZZI è la trascrizione della lezione che il giudice Paolo Borsellino tenne nel 1989 in occasione di un incontro con gli studenti di un liceo di Bassano del Grappa.

Il fratello Salvatore ha voluto riportare le parole di Paolo sulla mafia perché arrivassero ai giovani, in quanto esse sono ancora attuali e meritevoli di attenzione e riflessione.
54 pp

Nel 1989 la seconda guerra di mafia aveva insanguinato la Sicilia e imposto sull’isola la dittatura armata dei corleonesi di Riina.

Con parole semplici, chiare e dirette, il magistrato comincia col parlare ai ragazzi di cultura della legalità, di quanto essa sia importante e di come debba essere oggetto di discussione a scuola perché parlarne vuol dire trasmettere alle giovani generazioni il concetto che in uno Stato ci sono delle leggi e queste devono essere osservate e non per la "semplice" paura della sanzione, ma per una questione di senso civico, di giustizia.

Borsellino solleva una questione delicata: l'assenza dello Stato e di risposte pronte ed efficaci ai tanti problemi dei cittadini ha fatto sì che gran parte del Meridione d’Italia (e soprattutto la Sicilia) si sia sentita lontana, estranea allo Stato, e quando un cittadino comincia per una qualsiasi ragione a ritenersi estraneo alle istituzioni, può accadere che smetta di osservare i comandi che da queste istituzione promanano, a infrangerli e a cercare strade diverse (e apparentemente più comodo e veloci) per risolvere i propri problemi.

Le organizzazioni di tipo mafioso traggono forza proprio da queste lacune istituzionali, proponendosi come una sorta di risposta alternativa alla sfiducia verso lo Stato, promettendo di dare una soluzione alle difficoltà di cui esso non si cura.

Con il suo modo di esporre il proprio pensiero in maniera schietta, Borsellino arriva a dire che "lo Stato italiano non si è mai preso veramente carico dei problemi della giustizia", e non solo...:

"La verità è che vi è stata una delega inammissibile a magistrati e polizia di occuparsi essi soli della mafia, poi lo Stato non ha fatto sostanzialmente nulla; non ha fatto nulla per creare un’amministrazione della giustizia efficiente in senso soprattutto civile, a cui il cittadino si potesse rivolgere quando doveva risolvere i suoi problemi..."

A proposito di questo, egli dice che in quanto magistrato non si sente protetto dallo Stato, perché il fatto di aver lasciato ogni responsabilità di lotta alla mafia a magistratura e forze dell'ordine ha portato automaticamente ad una loro sovraesposizione, per cui nella mentalità del criminale, togliendo il magistrato fastidioso di turno o i poliziotti che si occupano di mafia, si elimina il nemico numero uno (se non l'unico) della mafia.

Borsellino ricorda poi come a dare un ulteriore slancio all'enorme potenza economica che la mafia ha acquisito negli anni sia stato il traffico di sostanze stupefacenti.

Rispondendo alle domande degli studenti, egli espone il proprio pensiero sul fatto che il carcere possa o meno davvero essere un luogo in cui il criminale trovi la strada della redenzione; accenna al pentitismo, e alla indiscussa utilità della figura del pentito, le cui dichiarazioni possono offrire la chiave di lettura del fenomeno mafioso.

Salvatore Borsellino, nell'introdurre la trascrizione delle parole di suo fratello, ricorda come egli avesse ammesso che Palermo non gli piaceva, ma proprio per questo imparò ad amarla, "perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace, per poterlo cambiare".

Paolo, ci dice ancora Salvatore, era pazzo d’amore, "di quell’amore che ha ispirato tutta la sua vita e ne ha determinato tutte le scelte, come quella di restare al suo posto anche quando avrebbe dovuto rendersi conto che pezzi deviati di quello stesso Stato a cui aveva prestato giuramento stavano tramando per ucciderlo."

Le sue parole, rivolte a quegli studenti ma che risuonano attuali ancora oggi, tanto alle orecchie dei ragazzi quanto degli adulti, rivelano il suo ottimismo e la fiducia che egli riponeva, per il futuro della sua lotta, proprio nei giovani.

Uno scritto breve ma denso di importanti verità e di riflessioni che possono aiutarci a tener desta la nostra coscienza per imparare a riconoscere la mafia in tutte le sue manifestazioni, dalle più eclatanti a quelle più nascoste e, per questo, insidiose.

venerdì 16 luglio 2021

Recensione: CHI MANDA LE ONDE di Fabio Genovesi



Un'altalena di fatti surreali, personaggi particolari e bizzarri, un mare di parole nel quale è facile annegare, momenti buffi alternati ad altri assurdi o tristi...: questo romanzo mi ha provocato una sorta di "mal di mare letterario"; non se questa espressione renda l'idea di ciò che ho provato (e che cercherò di spiegarvi)... ma a me questo hanno mandato le onde.


CHI MANDA LE ONDE
di Fabio Genovesi



Mondadori
391 pp
Luna è una bimba albina e, da quando ne ha memoria, i suoi capelli praticamente bianchi, la faccia pallida, gli occhi di un chiaro che più chiaro non si può... le hanno sempre attirato addosso sguardi curiosi, a volte compassionevoli (da parte degli adulti), altre volte di scherno (da parte dei coetanei).
La sua vita, però, scorre piuttosto serena a Forte dei Marmi, con mamma Serena e il fratello maggiore Luca, tanto bello quanto intelligente e super adorato da tutti.

Luca: il fratello, il figlio, l'amico, il fidanzato, l'alunno... che tutti vorrebbero. Perfetto, saggio, simpatico, allegro, inconsapevolmente affascinante, la mamma non sa dirgli mai di no, i professori ne sono ammaliati, le ragazze gli sbavano dietro. Insomma, tutti amano Luca.

E il ragazzo è al centro del cuore di mamma Serena, che - per carità - ama infinitamente pure la piccola Luna, ma è inevitabile che sia innamorata pazza di questo figlio, che lei ha cresciuto (come pure Luna) senza l'aiuto del loro padre.

Luca ama raccontare storie meravigliose alla sorellina e ama anche viaggiare, così a un certo punto comincia a chiedere alla madre di mandarlo in vacanza a Biarritz; lei non vuole (dopotutto è ancora minorenne), ma un professore - Sandro - intercede presso Serena e la donna acconsente.

Ma quel viaggio traccerà un drammatico spartiacque tra la vita di prima e quella di dopo, e sconvolgerà il quotidiano di Luna e sua madre.

Eppure, la vita, come il mare con le sue onde, riserva sempre sorprese, alcune belle altre meno, ma che importa? 
Ciò che a Luna interessa è continuare a cercare le mille cose straordinarie che il mare porta a riva per lei. 

A dare movimento alle giornate di Luna ci pensano vari personaggi che ruotano attorno a lei e alla sua mamma.

C'è Zot, un bimbo misterioso arrivato da Chernobyl con la sua fisarmonica stonata; vive con un signore burbero e bestemmiatore, Ferro, e si ostina a chiamarlo "nonno" nonostante l'uomo ci tenga a precisare che quel ragazzino radioattivo non è suo parente.
Zot è un bambino particolare, soprattutto nel modo di parlare: pur non essendo italiano, parla la nostra lingua meglio di tanti italiani; non solo, ma il suo linguaggio è forbito, ultra corretto e ricco di vocaboli ed espressioni che probabilmente tanti coetanei non conoscono. Si comporta come se fosse più grande di quello che è, è saggio, prudente, schietto e con Luna ha in comune una cosa triste: l'emarginazione.
Sì, perché entrambi i ragazzini vengono sbeffeggiati e/o isolati dai compagni di classe, per cui allacciano amicizia tra loro, provando a sentirsi meno soli ed incompresi.

C'è Sandro, il prof di inglese che abbiamo citato più su a proposito di Luca; Serena ha le proprie ragioni per detestarlo, mentre Sandro ne è perdutamente innamorato.
Quarantenne imbranato, vive ancora con i genitori, sua mamma lo coccola e lo vizia come se fosse ancora un bimbo piccolo; a scuola non va benissimo perché gli studenti non lo prendono molto sul serio e in più ha solo due amici, più inetti e sfigati di lui, Marino e Rambo, due adulti che parlano e si comportano come se avessero dodici anni.

Le vicissitudini che vedono coinvolti questi personaggi - principali e non - ci vengono  narrate in modo un po' confusionario, passando da un fatto all'altro, ma il problema per me non è stato quello, quanto il fatto che sono proprio gli episodi che compongono la trama ad essere un po'... come dire, messi così, alla rinfusa, e per di più assurdi...
Dico, ci fosse un personaggio "normale"...! Capisco che "normalità" non sia necessariamente una bella parola, e mi sta bene pure che ci sia un che di singolare in ciascuno di loro, il che quantomeno dà vita a circostanze buffe, in alcuni casi anche piuttosto divertenti.

In particolare, confesso di aver provato molta simpatia per Zot e Ferro: il primo così giovane e così "vecchio dentro", educatissimo, affettuoso, sinceramente entusiasta di ogni piccola grande scoperta, con quel suo modo di parlare "da grande" e il suo voler bene senza riserve a quel "nonnino" che invece gliene dice di cotte e di crude; Ferro mi ha fatto ridere un sacco, tra parolacce, frasi spinte, urla, paranoie su spie russe e una schiettezza da sforare nella maleducazione.

Sandro è un personaggio irritante, non l'ho sopportato; indolente, inetto, bugiardo per troppa viltà (combinerà qualche guaio pur di cercare di avvicinare Serena, che non lo può soffrire), un bambinone senz'arte né parte che aspetta che qualcosa di buono gli accada per caso o gli cada dal cielo..., o forse pure lui spera che le onde gli mandino un segnale interessante che gli diano una svegliata.
I suoi amici e i momenti in cui essi sono protagonisti di qualche scena sono quelli che forse ho trovato ancor simpatici, mi hanno irritata non poco, compreso un particolare (riguardante la mamma di uno dei due) che in teoria avrebbe dovuto dar adito a situazioni spassose e invece mi ha fatto sospirare di nervosismo.

Un altro particolare assurdo riguarda il padre di Luna e Luca; ovviamente non spoilero, però è chiaro che l'Autore ha voluto renderci noto cosa è accaduto quando le due creature sono state concepite ma, per quanto mi riguarda, la narrazione di questo aspetto del passato ha un che di .... fiabesco? surreale? Mi ha lasciato un po' così, dubbiosa.

Vabbè, avrete capito che è un po' tutto surreale, i personaggi sono troppo sopra le righe, finendo per risultare troppo poco veri; ho letto questo libro con molta lentezza perché, ahimè, quando lo lasciavo poi non avevo gran voglia di riprenderlo; l'ho terminato perché a un certo punto volevo conoscere l'epilogo, ma mentirei se vi dicessi che mi ha rapito.

In conclusione, ho trovato il romanzo artificioso, come se fosse un esercizio di stile, pieno di parole e dettagli secondo me inutili alla narrazione; ok il voler dare carattere e originalità ai personaggi, ma ho avuto l'impressione che l'Autore calcasse troppo la mano e che quindi essi risultassero più inverosimili che originali.

Detesto scrivere pareri negativi, ma non posso esimermi dall'essere sincera; di positivo ho trovato questi aspetti: diversi passaggi mi sono piaciuti, sia perché erano più scorrevoli di altri e in quei momenti la lettura era più fluida, sia per la bellezza e la profondità di contenuti; per me Luna e Zot sono gli unici personaggi simpatici e la loro amicizia mi ha fatto tenerezza; Ferro mi ha fatto ridere con le sue sparate senza peli sulla lingua, la sua scarsa delicatezza nel rivolgersi a chiunque, che inevitabilmente accendeva litigi. 

Per il resto, non posso dire che promuovo questo romanzo di Genovesi perchè, nel complesso, mi ha annoiata o irritata.
Ahimè.



Qualche citazione: 

"Mi sa che il problema non sono le bugie. il problema è la verità, che fa proprio schifo"

"Succede a tutti di perdersi, ma non è un male. Solo quando ti perdi puoi trovare le cose più belle."

Te l’avessero chiesto prima, cos’è il dolore, avresti detto che è una belva malefica, che ti salta addosso e ti graffia, ti morde, ti squarta. E avresti detto una cazzata. (...) Ora ha riempito la tua vita. Anzi, no, una vita non ce l’hai più, adesso il dolore è la tua vita, e hai capito che non ti salta addosso come una belva, il dolore non ha fretta. (...) Il dolore vero invece non arriva da un punto preciso, lui ti sta tutto intorno come il mare quando è mosso, un mare profondo e buio pieno di onde altissime che arrivano da tutte le parti. La corrente ti porta un po’ di qua un po’ di là, poi arriva un’onda più alta e ti travolge e vai sott’acqua, e non respiri e non sai più dove sei, da che parte è il fondo e dove la superficie, e cosa sono queste cose molli e viscide che ti si appiccicano ai polsi e alle gambe e ti portano giù. Allora ti lasci andare e affondi per sempre, e tutto gira più forte e insieme più piano, senti il cuore che batte lento nelle orecchie e il respiro che finisce, e proprio mentre stai per affogare, ecco che l’onda passa e ti ritrovi con la testa fuori dall’acqua, respiri e sei ancora qui, ma dove non lo sai.


mercoledì 14 luglio 2021

Recensione: TULIPANI di Francesco Nicolò

 

Il pensiero di due ore trascorse - per decisione dei genitori - a far compagnia al proprio nonno, burbero e sboccato, con cui si ha poca confidenza, non dev'essere il massimo per un undicenne, la cui giovanissima vita scorre in modalità touch screen attorno ai social. Ma magari, chissà...!, potrebbe rivelarsi un'occasione inaspettata per conoscersi un po'.


TULIPANI
di Francesco Nicolò

self-publishing
74 pp

Tra una protesta accennata ma smorzata immediatamente e uno sbuffare continuo, Federico non può che arrendersi all'evidenza dei fatti: resterà un'intera giornata con il nonno Lorenzo, anziano e malato, sempre taciturno, triste o distratto.
Insomma, roba deprimente, ecco. Menomale che a fargli compagnia ci sarà il tablet, così le ore di silenzio saranno meno pesanti da passare!

Peccato che il nonno quel giorno è in vena di chiacchiere!

I modi spicci, scontrosi, la risata sguaiata ci sono sempre, ma in più si è riscoperto chiacchierone.
E uno come lui non può che divertirsi a spiazzare quell innocente nipotino tutto concentrato sul tablet, che guarda con noncuranza i magnifici tulipani di Lorenzo e che risponde con sufficienza alle parole del vecchio.
Consapevole di attirare l'attenzione di Federico, spara una dichiarazione tanto bislacca quanto imbarazzante: "Ho perso la verginità con una escort".

Così, di punto in bianco e senza un apparente motivo.
Del resto, la motivazione dietro un'informazione del genere è una sola: Lorenzo ha voglia di sbottonarsi un po', di raccontare qualcosa di sè a questo nipote che conosce poco e che lo conosce ancora meno.

Senza preavviso e con un ghigno sardonico e divertito stampato in faccia, il nonno si lascia andare al racconto della sua lontana giovinezza e lo fa senza giri di parole e con schiettezza; per catturare l'attenzione del suo giovanissimo uditore, il vecchio rispolvera ricordi antichi, distanti cinquant'anni dal suo noioso presente, e narra di memorie intime appartenenti al suo tumultuoso passato sentimentale. 

Ora che è in là con gli anni, Lorenzo sembra sfacciato e sicuro di sè, ma c'è stato un periodo (e non breve) della sua vita in cui è stato un ciccione sentimentalmente sfigato.

Timido al limite dell'imbranataggine, Lorenzo a trentacinque anni non ha una fidanzata, non ha avventure... e soprattutto non è mai stato in intimità con una donna.
Non solo: è terrorizzato all'idea di trovarsi in una situazione del genere. Sa già che non saprebbe affrontarla e questo lo fa star male. 
E poi a quale donna potrebbe mai piacere un tipo come lui, grasso e sfigato?

Ma ormai è deciso a togliersi di dosso la sua ingombrante verginità, e se non riesce ad abbordare una donna e a conquistarla, allora vorrà dire che la pagherà.
Ci sarà una prostituta disposta ad andare oltre i cumuli di tessuto adiposo e a fare sesso con lui, dietro compenso economico?

Per non sbagliare, si rivolge ad un'agenzia di escort, che gli manda una bella signorina, che dice di chiamarsi Cristina.
Affascinante e accomodante, la professionista dell’amore cerca in ogni modo di mettere a suo agio il cliente, il quale suda copiosamente al pensiero di dover fare "quella cosa là" con la donna.
Per vincere ogni imbarazzo e reticenza, i due cercano di passare il tempo in modo tranquillo, senza pensare al sesso, anche perché Cristina capisce subito che Lorenzo è un omone particolare, che non va forzato a fare qualcosa per cui non è pronto.
Tanto, se deve accadere, accadrà...

Tra i due si instaura, quindi, un rapporto strano e singolare, ma anche tenero, sincero: una sorta di amicizia, un legame fatto soprattutto di rispetto.

Riuscirà il timidissimo e inibito Lorenzo a lasciarsi andare, superando paure e insicurezze?

Lorenzo racconta, e ogni tanto è costretto ad interrompere la narrazione a motivo delle domande curiose di un nipote stupito e ormai completamente attento alla voce di quel vecchio bizzarro, che a quanto pare ha qualcosa di interessante e, per certi versi, buffo da condividere.
Il ragazzino non avrebbe mai immaginato che quello sconosciuto nonno burbero e solitario avesse questo genere di ricordi nascosti nella sua testa, e ascoltandolo sente crescere una connessione con lui, nonostante le esistenze decisamente opposte e il gap generazionale non indifferente.

Assistiamo al confronto tra nonno e nipote, silenziosamente presenti come i bellissimi tulipani di Lorenzo, e ci troviamo a sorridere perché il racconto nostalgico non ha nulla di patetico, di mieloso, di triste, tutt'altro: è attraversato da ironia, consapevolezza di se stessi, delle proprie fragilità e paure e, se c'è malinconia, è rispetto al dolce ricordo di questo rapporto sui generis con la sua gentile e comprensiva prostituta.

"Tulipani" è un romanzo breve che, in un avvicendarsi di presente e passato, partendo dal rapporto tra i protagonisti, separati da due generazioni ed estranei l'uno all'altro fino a quel momento, indaga il sentimento tra due adulti nato e consumatosi decenni prima, e lo fa con un tono volutamente umoristico, ironico, in cui avvertiamo che il Lorenzo anziano quasi prende bonariamente in giro il se stesso di cinquant'anni prima, chiamandosi ciccione, sfigato e pateticamente vergine, terrorizzato all'idea di mostrare ad un'altra persona quel suo corpo sgraziato, grosso e grasso, convinto di non poter che suscitare ribrezzo e/o scherno. 
Ma a volte la vita ci stupisce in positivo e capita che sulla nostra strada ci metta le persone giuste, che sanno come prenderci, come farci sentire un po' meno sbagliati e degni di ricevere comprensione, amore, attenzioni.

È un romanzo che si legge tutto d'un fiato perchè ha il merito di essere molto scorrevole, di intrattenere con piacevolezza il lettore con una storia che fa sorridere ma anche riflettere. Una lettura particolare che non delude i lettori.


martedì 13 luglio 2021

LIBRI IN ARRIVO: LA FAMIGLIA DEL PIANO DI SOPRA di Lisa Jewell || LA VOCE DI ROBERT WRIGHT di Sacha Naspini



Un paio di anteprime che mi interessano ^_-

La prima è un thriller di Lisa Jewell, di cui ho letto ELLIE ALL'IMPROVVISO (RECENSIONE).


La famiglia del piano di sopra (Ed. Neri Pozza, trad. A. Biavasco, V. Guani, 334 pp, 18 euro, USCITA 22 LUGLIO 2021).


A Cheyne Walk, una delle strade più eleganti di Chelsea - il quartiere in cui vive la buona società 
,

londinese -, vivono i Lamb.
In seguito ad una una telefonata anonima che segnalava un possibile triplice suicidio, gli agenti di polizia accorrono al numero 16 di Cheyne Walk e trovano sul pavimento della cucina i corpi dei coniugi Martina e Henry Lamb e di un terzo uomo non identificato. 
In una camera al primo piano, c’era una bambina di circa dieci mesi in buone condizioni di salute, con una zampa di coniglio sotto la copertina della culla. 
 I vicini testimoniano che da alcuni anni in quella casa abitavano molti bambini e diversi adulti, tutti misteriosamente svaniti nel nulla, compresi i due figli maggiori dei Lamb.
Una vicenda di cronaca nera irrimediabilmente consegnata al passato per Scotland Yard, una ferita tragicamente riaperta per Libby, ovvero Serenity Lamb, la bambina che venticinque anni prima era stata adottata dai signori Jones, diventando Libby Jones.
La giovane donna ha ereditato la casa di Cheyne Walk e, con lei, il suo spaventoso passato, un passato fatto di indagini senza sbocco, tracce di sangue e DNA sconosciuti, messaggi e strane scritte sui muri, pannelli segreti e un orto di piante officinali, alcune delle quali erano state usate per il palese suicidio collettivo dei suoi genitori.
Cos’è accaduto davvero tra quelle mura? Che fine hanno fatto gli altri abitanti della casa di Chelsea? 
E, soprattutto, in che modo quei drammatici eventi hanno a che fare con gli strani rumori che Libby sente provenire dal piano di sopra, benché sia certa di essere sola in quella strana e tetra dimora? 

Avvincente, claustrofobico thriller psicologico, che, tra suspense e colpi di scena, riesce a tenere il lettore inchiodato alla pagina, La famiglia del piano di sopra costituisce una splendida conferma del talento dell’autrice di Ellie all’improvviso.


Il secondo libro uscirà in autunno ed è di Sacha Naspini, di cui ho letto OSSIGENO (RECENSIONE): 

LA VOCE DI ROBERT WRIGHT (Ed. E/O, 304 pp, USCITA 6 OTTOBRE).


immagine presa
dal profilo IG dell'Autore
Le Case è un borgo millenario scavato nella roccia dell'entroterra maremmano, paese morente, trappola di provincia. 
Un microcosmo di personaggi che si trascinano in un gorgo di giorni sempre uguali. 
Fino a quando la piccola comunità non viene sconvolta dall'arrivo di Samuele Radi, nato e cresciuto nel cuore del borgo vecchio e poi fuggito nel mondo. 
Il suo ritorno a casa è l'innesco che dà vita a questo romanzo corale: la storia di un paese dove ognuno è dato in pasto al suo destino, con i suoi sprechi, le aspettative bruciate, le passioni, i giochi d'amore e di morte. 
Perché a Le Case l'universo umano non fa sconti e si mostra con oscenità. Ogni personaggio lascia dietro di sé una scia di fatti e intenzioni, originando trame che si incrociano, si accavallano, si scontrano dopo tragitti capaci di coprire intere esistenze. 
A Le Case si covano segreti inimmaginabili, si ammazza, si disprezza, si perdono fortune, si tramano vendette, ci si raccomanda a Dio, si vendono figli, si vive di superstizioni, si torna per salvarsi, si tradisce, si ruba, ci si rifugia, si cerca una nuova vita, si gioisce per le disgrazie altrui. Talvolta, inaspettatamente, si ama.

sabato 10 luglio 2021

Le mie letture più belle nella prima metà del 2021 (gennaio-giugno)



Buongiorno e buon sabato!!

Eccomi a tirare le somme delle mie letture della prima metà del 2021 (QUI ci sono le recensioni da gennaio in poi).


NARRATIVA CONTEMPORANEA


Di questa categoria - generica, mi rendo conto - ho letto diversi libri e molti di essi mi resteranno a lungo in testa e nel cuore; nella lista dei miei preferiti (che corrispondono alle letture che mi hanno emozionata maggiormente), è difficile eleggere il vincitore di categoria ma... lo farò, perché nella vita siamo chiamati sempre a fare delle scelte :-D


Non posso non menzionare FIORE DI ROCCIA di Ilaria Tuti per avermi fatto conoscere "le portatrici carniche" e il loro importante contributo durante la prima guerra mondiale;  e poi sono contenta di essermi avvicinata a questa scrittrice, di cui leggerò sicuramente altro!

Dal punto di vista emozionale, tre dei libri che mi hanno travolta maggiormente e che ho letto con voracità perchè non riuscivo a staccarmene, sono stati:

.
  • L'ARCIPELAGO DEL CANE di Philippe Claudel, che è in cima alle mie preferenze  (insieme al successivo): un romanzo dalle tinche fosche, cupe, che parla alla coscienza di ogni uomo, al suo senso di giustizia, alla sua voglia di cercare la verità, inducendolo ad interrogarsi su quanto grave sia la strada dell'indifferenza: in quale abisso di solitudine, di aridità, di brutalità è capace di scendere l'essere umano quando si fa guidare dall'indifferenza, quando girando il capo dall'altra parte, smette di considerare i propri simili degni di amore, rispetto, solidarietà, compassione?

  • LA SPINTA di Ashley Audrain è primo ex-aequo con il precedente romanzo, perché anch'esso mi ha tenuta incollata; le tematiche e il genere sono differenti, ma è della medesima intensità il coinvolgimento. Tutto ruota attorno alla maternità, quale esperienza meravigliosa ma al contempo complessa da tutti i punti di vista, e man mano emergono altri filoni tematici ad essa collegati (ad es. l'importanza della propria storia familiare, della genetica), che danno vita ad un intreccio narrativo ricco di suspense e colpi di scena.

  • L'AMORE E LE FORESTE di Eric Reinhardt perchè le vicissitudini e le sofferenze vissute dalla protagonista mi hanno indignata e suscitato molta pena.

TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 24



THRILLER/NOIR/GIALLO


Ho letto meno thriller/noir rispetto a quanto avrei desiderato, considerando che è tra i miei generi preferiti.

Scegliere il primo in classifica è arduo, perchè questi che vi menziono mi son piaciuti moltissimo per svariate ragioni:

  • CORPO ESTRANEO di Stefania Sperandio per la sua coraggiosissima e tostissima protagonista;
  • IL TRIBUNALE DELLE ANIME di Donato Carrisi perché i suoi non sono libri ma labirinti narrativi, in grado di sorprenderti, inquietarti, confonderti;
  • ,
    LA MIA PREDILETTA di Romy Hausmann per la tensione emotiva che sale sale sale... e tiene col fiato sospeso fino alla fine;
  • MASTRO TITTA E L'ACCUSA DEL SANGUE di Nicola Verde: ecco, mi sa che il vincitore di categoria è lui, in quanto l'Autore, mescolando con sapienza il giallo/noir con il romanzo storico, ha giocato due carte vincenti, per quanto mi riguarda, cioè l'ambientazione della storia nella Roma della seconda metà dell'Ottocento e il protagonista, il misterioso boia papalino Mastro Titta.

TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 7


FANTASY/PARANORMAL


Come dico spesso, è un genere che non amo alla follia, e quando mi capita di leggere libri appartenenti al filone fantasy (in tutte le sue infinite varianti) è perché perlopiù accetto proposte da Uffici stampa/Case editrici e autori; voi mi chiederete: "Puoi sempre di dir di no, se proprio non ti piacciono", e invece io dico sì sostanzialmente per due ragioni: per non precludermi la possibilità di leggere libri che, di mio, non sceglierei ma che potrebbero sorprendermi; "costringermi" a variare nelle letture, perché fosse per il mio istinto opterei sempre per drammoni famigliari o storie di serial killer e persone scomparse.

Questo discorso vale anche per i romance.

Ed è il caso (anche) di questi due romanzi (Il cerchio di pietre di Enrico Graglia è un dark fantasy con incursioni horror; Elbrus di Capocasa-di Clemente è un distopico/fantascientifico) che mi sono piaciuti più di tutti perché li ho trovati forniti di trame strutturate molto bene, con sviluppi narrativi interessanti, scritti con un linguaggio chiaro e pertinente.


RECENSIONE
RECENSIONE

 


TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 7


ROMANCE


Non ho letto molti romance, ma quelli in cui mi sono imbattuta sono stati carini e piacevoli; tra tutti, vince questo perché bilancia il romanticismo con una vena ironica e frizzante.

RECENSIONE


TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 4


MANUALI/SAGGISTICA


Devo dire che sono state letture che, quanto a livello di interesse stimolato, si equivalgono.


TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 6



BIOGRAFICO


Ho apprezzato molto i racconti dell'avvocato Shehadeh e dell'architetto Amiry (SHARON 
RECENSIONE
 E MIA SUOCERA), entrambi palestinesi, che testimoniano - seppur con "toni" differenti - delle enormi difficoltà e delle tante forme di ingiustizia che ogni giorno e da troppi anni è costretto a 
 subire il popolo palestinese nei territori occupati da Israele.


Significativa e toccante la testimonianza di fede e conversione di Stan Telchin, ebreo che ha riconosciuto Gesù Cristo quale Messia (TRADITO!).


TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 5



INCHIESTA/REPORTAGE


Tutti e tre i libri di questa categoria meritano di essere ricordati:

  • DIECI GIORNI IN MANICOMIO di Nellie Bly  perchè ha dischiuso il velo sulla realtà dei manicomi femminili in un periodo storico in cui versavano davvero in brutte condizioni;
  • L'INFERNO DI TREBLIKA di Vasilij Grossman per aver contribuito a rendere noti gli orrori del nazismo;
  • MIA SORELLA EMANUELA di Fabrizo Peronaci e Pietro Orlandi per l'instancabilità e la tenacia nel pretendere la verità su ciò che è accaduto alla cittadina vaticana in quel 22 giugno 1983.

TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 3



LETTERATURA PER BAMBINI/RAGAZZI


Tre volumetti ho letto, appartenente a questo genere, nei primi sei mesi di quest'anno e tutti della medesima autrice, Annarella Asuncion Morejon, e ne ho apprezzato sia le storie - simpatiche, divertenti ed educative - sia le colorate e belle illustrazioni. 



TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 3


POESIA



Tra le tre raccolte poetiche, ho preferito senza dubbio quella di Viviana Rizzo, una poetessa giovane ma con le idee chiare e in grado di esprimere la propria ricca interiorità attraverso il linguaggio poetico.

RECENSIONE


TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 3



CLASSICI

Purtroppo i classici li ho messi da parte da qualche anno a questa parte, e un po' mi spiace, visto che l'amore per la lettura lo devo anche a loro; c'è stato un periodo, infatti, negli anni universitari, in cui leggevo quasi esclusivamente classici. Ad ogni modo, ho letto solo questo romanzo di Zola, THÈRÉSE RAQUIN.

TOTALE LIBRI LETTI IN QUESTA CATEGORIA: 1



Ho letto un totale di 65 libri da gennaio a giugno, e di 11.962 pagine.

giovedì 8 luglio 2021

Recensione: LA PERCENTUALE DELL'ANGELO di Orazio Santagati



L'affascinante tema dei viaggi nel tempo e nello spazio viene affrontato da Orazio Santagati con molta originalità e inserito all'interno di una storia ricca di suggestioni, di riflessioni filosofiche, esistenziali e psicologiche che fanno da cornice ad una storia d'amore, tanto turbolenta quanto tenera, basata su un sentimento che travalica tenacemente ogni barriera spazio-tempo, perché le emozioni, i sentimenti e le proiezioni intellettuali sono sia collegate al passato che in grado di contenere in sé germogli di futuro.


LA PERCENTUALE DELL'ANGELO 
di Orazio Santagati



Algra Ed.
284 pp
Conosciamo il protagonista, l'ex-militare Gerico Mancini, quando è già in pensione e quindi libero di dedicarsi con placida serenità, oltre che alla famiglia (è separato, con due figli), ai propri hobbies, come lo studio dell'astrofisica.

Un giorno, mentre è in biblioteca (vive a Londra) viene avvicinato da una sconosciuta: una donna dall'aria misteriosa, di nome Isabel,  gli parla di un libro, "La percentuale dell'angelo", dichiarando che ad averlo scritto è proprio lui, Gerico.
L'uomo resta allibito e senza parole: ma che va blaterando questa Isabel? Di quale libro parla? Gerico non ha scritto né pubblicato un bel niente!!

"Non ancora, Gerico. Ma accadrà... Anzi, nel futuro, è già accaduto": questa è, in sintesi, la teoria bizzarra di Isabel Cordoba, ricca imprenditrice di origine spagnola.

Confuso e scettico, Gerico comincia, quasi controvoglia, a lavorare al testo in questione, dando vita a un trattato in cui cerca di spiegare come le emozioni dell'uomo sappiano trascendere i limiti dell'intelligenza e del tempo biologico

Non molto tempo dopo, un'altra persona (un'ex-collega con cui ha avuto un'avventura anni prima) menziona La percentuale dell'angelo, il che lo manda ancora di più in confusione: se per assurdo e assecondando Isabel, esso è davvero un libro che sarà pubblicato tra diversi anni, come fa questa persona ad esserne a conoscenza? Ovviamente, la stessa domanda vale anche per l'enigmatica e affascinante Isabel, con la quale nasce un sentimento che va progressivamente consolidandosi e trasformandosi in un amore forte, sincero, appassionato, che eventi drammatici e pericolosi metteranno severamente alla prova.

Attorno a questo benedetto libro si scatena una serie di accadimenti strani, incredibili: numerosi pericoli, agguati, rapimenti, omicidi... diventano ben presto il pane quotidiano di Gerico, che rischia più di una volta di essere ammazzato.
Da chi? Chi ha motivo di volerlo vedere morto?

Certo, lui ha lavorato nei servizi segreti italiani, ha visto e vissuto di tutto e di più, è abituato a rischiare la pelle, a trovarsi invischiato in questioni complicate e ad imbattersi in gente poco raccomandabile (uomini potenti, spie, criminali di vario genere), ma è altrettanto vero che con quel mondo e con quel giro di "affari" ha  chiuso, andando in pensione; ma evidentemente non tutti la pensano così, visto che c'è qualcuno che vuol farlo fuori e che arriva a prendersela pure con la sua amata Isabel.

La cosa più strabiliante è che tutto il caos che si crea nella vita di Gerico da un giorno all'altro è legato al famoso libro scritto proprio da lui e che attualmente, nel presente!, è solo una bozza, non è ancora terminato. Il problema è che nel futuro lo è! Non solo, ma tra un tot di anni La percentuale dell'angelo sarà considerato sì un bestseller... ma anche un documento molto pericoloso e per questo ricercato e osteggiato da sinistri personaggi.
Isabel gli spiega, con qualche esitazione e in modo progressivo, che il motivo per cui a questo fantomatico trattato sono interessanti più d'una persona, è il suo collegamento a inquietanti esperimenti, che davvero potrebbero rivelarsi letali per le successive generazioni.

La ragione ovviamente non la rivelo, ma sappiate solo che tutto rimanda al fatto di poter viaggiare dal passato al presente e al futuro e viceversa.

Ma la verità, assurda e dolorosa insieme, con cui il nostro ex-colonnello dovrà confrontarsi, è che a La percentuale dell'angelo è strettamente legata la sua amatissima Isabel, depositaria di un angosciante segreto, su cui Gerico è chiamato a intervenire...

Questo romanzo di Santagati è difficile catalogarlo in un unico genere letterario e, benché abbia senza dubbio elementi  fantascientifici, è qualcosa di più: è anche un romanzo drammatico, con elementi thriller e diversi momenti da "spy story"; c'è una storia d'amore senza tempo, e soprattutto è attraversato da molti passaggi che stimolano considerazioni filosofiche sul tempo che passa, le emozioni, la memoria, le capacità e l'intelligenza dell'uomo di superare i limiti spazio-temporali come anche quelli dell'etica e della morale.

Gerico è un protagonista che è difficile non amare e l'Autore è stato bravissimo nel "disegnarlo" in tutte le sue molteplici sfaccettature: è un uomo tutto d'un pezzo, razionale, molto intelligente, ironico, coraggioso, dai sani principi (mi è piaciuto molto, ad es., il grande rispetto che ha per le donne con cui è stato, anche quelle con cui ha condiviso un'avventura da poco, e di cui mai osa dir troppo e male, proprio per una questione di rispetto verso l'universo femminile), profondo nel modo di pensare e riflettere su temi importanti che riguardano il vivere quotidiano, i rapporti con gli altri, la vita e la morte; è un compagno sensibile, premuroso, tenero e leale, un padre comprensivo e aperto al dialogo.

All'inizio della mia lettura, stavo per farmi l'idea che il libro di Orazio Santagati fosse un saggio romanzato infarcito di parecchie sequenze filosofiche e mi immaginavo che, proseguendo, avrei trovato una trama sempre più complicata in cui con difficoltà mi sarei raccapezzata.

Ed invece, proseguendo di capitolo in capitolo, ogni eventuale perplessità o domanda hanno trovato risposta, ogni tessera è stata collocata gradualmente al posto giusto, ed entrando nel pieno delle vicende avventurose che coinvolgono Gerico ed Isabel, mi sono lasciata travolgere da esse, apprezzando anche i momenti in cui il protagonista si lasciava andare a contenuti riflessivi, correlati alla filosofia, al misticismo e alle possibilità più paradossali della scienza fisica.
Trovo sia molto intrigante l'idea di base: questo libro che è stato scritto in un periodo posteriore a quello in cui è collocato il presente del protagonista, che non sa nulla, logicamente, di ciò che è diventato e ha fatto nel futuro, ma è messo nelle condizioni, suo malgrado, di venirne a conoscenza perché ciò che ha scritto potrebbe avere serie ripercussioni sul destino suo e di altre persone.

Interessante anche il concetto attorno cui ruota La percentuale dell'angelo: esso

"...ineriva il tasso di opportunità inespresse e di potere non esplicato contenuto in ogni emozione e in ogni ricordo, l’ombra insondabile che accompagna ogni scelta, azione, sentimento, aspirazione, dolore (...). Dunque, anche se ogni emozione porta con sé un carico immenso di energia nervosa, il cervello umano tenderà sempre a intuirne solo una piccola parte, quella gestibile e convertibile in informazioni spendibili per la sopravvivenza. E il resto?  Il resto viene archiviato da qualche parte nella coscienza come contenuto ambiguo, influsso misterioso...".

È un romanzo che parte in modo tranquillo per poi diventare sempre più misterioso e movimentato, fino a "colorarsi", verso l'epilogo, di sfumature nostalgiche, il che è inevitabile, se consideriamo ciò che dice lo stesso Gerico: 

"...il fenomeno nostalgico era essenziale alla mia ricerca: La percentuale dell’angelo, che trattava di emozioni, tempo e ricordi, doveva passare per forza da quel sentimento."

E se c'è nostalgia, è perché c'è il ricordo, e ciò che si ricorda non muore mai, e questo vale anche per i sentimenti e le emozioni che abbiamo provato.

Un romanzo davvero molto particolare, originale, scritto egregiamente, che cattura il lettore attraverso una trama complessa - ricca di particolari che si aggiungono di volta in volta e che creano dinamiche sempre più interessanti -, un ritmo incalzante, personaggi molto ben tratteggiati e un finale che soddisfa le aspettative.
Consigliato: leggere questo romanzo è un'avventura per nulla scontata!

martedì 6 luglio 2021

Classici a fumetti: JANE EYRE || ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

 

Buon pomeriggio, cari lettori!

Oggi vi presento due graphic novel brevi ma molto piacevoli, che possono interessare sia a chi - come me - ama il classici, sia a chi magari desidera approcciarsi ad essi tramite una "via" più leggera, consumando, diciamo così, un antipastino letterario senza impegni ^_-

Entrambi i fumetti sono stati rielaborati dall'illustratrice romana Sicks, diplomata alla Scuola Internazionale di Comics e il primo, "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, rappresenta la prima uscita della nuova collana di bignami letterari illustrati, i Bignè. 

Nonostante sia stato pubblicato per la prima volta nel 1813, "Orgoglio e pregiudizio" resta un romanzo amatissimo, che ha passato a pieni voti "l'usura del tempo" e non uscendo mai fuori moda; questa versione manga-style color seppia, che dà un tocco davvero moderno al celebre classico, è davvero deliziosa, ironica e godibilissima.

La mamma della protagonista, Elizabeth Bennet, è sempre la donnina superficiale ed irritante, ossessionata dal pensiero che le sue figlie facciano un bel matrimonio, e quando in scena entra il galante Mr Bingley, che pare sinceramente interessato alla maggiore, Jane, il fidanzamento sembra già pronto, ma... come spesso accade, gli ostacoli non mancheranno e, tra molti pregiudizi e parecchio orgoglio, si creeranno non pochi fraintendimenti che rischieranno di far saltare due storie d'amore vere e sincere.

A sentire il cuore battere d'amore, infatti, non è solo la bella e raffinata Jane per il buon Mr Bingley, ma anche sua sorella minore, l'intelligente ed orgogliosa Liz, che si sente attratta dallo scontroso Mr Darcy, un giovanotto ricco, sempre sulle sue, con quell'aria da snob stampata in viso e il suo fare sprezzante verso la famiglia Bennet, reputata poco degna delle attenzioni di gente altolocata come lui.

Una commedia sentimentale illustrata che, lungi dall'essere stucchevole, ruota attorno ad una galleria di personaggi divertenti e indimenticabili, con le loro espressioni buffe e qualche incursione contemporanea (la playstation, ad es.) a rendere ancora più spensierata e simpatica una storia d'amore classica e, per questo, senza tempo. L'illustratrice si è sintonizzata alla perfezione sulla stessa lunghezza d'onda della "zia Jane", che - all'avanguardia rispetto ai suoi tempi - aveva ampiamente manifestato di possedere una spiccata vena ironica, acuta e intelligente, calando le proprie storie e i propri amati personaggi nel contesto d'appartenenza, fatto di regole, etichette e convenzioni sociali, davanti alla cui osservanza scrupolosa probabilmente la scrittrice avrà riso sotto i baffi.

Molto molto carino! Consigliato.


*****


L'altro fumetto  è la rivisitazione di"Jane Eyre" , il classico del 1847 della scrittrice inglese Charlotte Brontë, anch'esso appartenente alla collana di bignami letterari illustrati, i Bignè.

20 pp
La piccola Jane Eyre, rimasta orfana, viene affidata a una coppia di zii; morto lo zio, la moglie ha modo di sfogare sulla nipotina tutta propria incomprensibile cattiveria, trattandola male e, infine, spedendola  in uno dei collegi più duri d'Inghilterra, dove la bambina affronterà una vita dura, mitigata dal solo affetto dell'amica Helen.

Maggiorenne, uscita dal collegio, Jane trova lavoro come istitutrice presso i Rochester, dove si innamorerà del burbero padrone di casa, Edward. 
Tra una schermaglia verbale l'altra, tra i due fiorisce il sentimento e lui arriva a chiederle di sposarla.
Ma l'uomo sta nascondendo un segreto alla futura moglie, che lo scoprirà nel modo più umiliante e questo metterà a rischio il loro amore.

Credo di non sbagliare troppo dicendo che la storia d'amore tra Jane e Rochester, sullo sfondo dell'aspra e malinconica brughiera inglese, abbia appassionato milioni di lettori e che in tanti abbiamo amato questo personaggio femminile sfortunato, sì, praticamente solo al mondo eppure avente una rara forza d'animo e un'ammirevole determinazione: un classico senza tempo che Sicks rilegge in chiave delicatamente divertente, con una pennellata di ironia e leggerezza che male non sta alla seriosa signorina Eyre (anzi!) e permette a chi non conosce l'eroina della Bronte di avvicinarvisi e, chissà, magari di esserne incuriosito tanto da aver voglia di leggere il romanzo ^_-

Per quanto mi riguarda, io l'ho letto almeno due volte, eppure... non l'ho mai recensito, perché antecedente all'apertura del blog. Non vi nascondo che a volte mi viene la tentazione di rileggerlo solo per poter scrivere la mia sul blog e condividerla con voi..., poi però guardo tutti i libri da leggere che mi fanno l'occhiolino e rinuncio ad ogni velleità di rilettura! 
Però mai dire mai, eh! ^_-

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