domenica 24 maggio 2020

RECENSIONE: PALESTINA E ISRAELE: CHE FARE? (a cura di Frank Barat)



E' uno di quei "conflitti" che dura da molti, troppi decenni, che vede contrapposti due popoli e ad oggi non v'è stata alcuna soluzione in grado di soddisfare equamente le richieste dell'uno e dell'altro; a dirla tutta, tra i due, uno se la passa meglio, l'altro decisamente peggio.

Sto parlando della "questione israelo-palestinese", e in questo libro il giornalista e attivista Frank Barat ha raccolto, attraverso interviste, le opinioni di Noam Chomsky (filosofo, linguista e attivista politico) e Ilan Pappè (storico israeliano antisionista) in merito all'argomento, perché esaminare il "caso palestinese è (…) essenziale per comprendere dove ci collochiamo come esseri umani".




PALESTINA E ISRAELE: CHE FARE? 
(Noam Chomsky - Ilan Pappè)
a cura di Frank Barat



Fazi Ed.
trad. M. Zurlo
223 pp
Ho letto questo testo spinta dal desiderio di approfondire la tematica in oggetto e ammetto di essermi lasciata guidare, nella scelta, dal fatto che in esso sia esposto il pensiero di Chomsky (autore studiato ai tempi universitari) e che Pappè sia un israeliano; di entrambi confesso di non aver mai saputo, prima d'ora, la loro posizione circa la questione Israele/Palestina.
In pratica, mi sono accostata a questo volume un po' "alla cieca" e cercando, soprattutto, di mettere da parte eventuali preconcetti e saperi precostituiti, leggendo quindi gli interventi dei tre autori con la mente più sgombra possibile.

Più di tutto, però, mi auguro di non scrivere inesattezze e di riuscire a darvi un'idea chiara di quello che è la posizione assunta da Pappè, Chomsky e lo stesso Barat, espressa tra queste pagine.

Le idee sostenute da Noam Chomsky e Ilan Pappé si propongono di offrire un approccio alla questione israelo-palestinese che renda chiaro come sia urgente e necessario porre fine a quello che essi esplicitamente identificano come un'opera di ‘insediamento’ e ‘colonizzazione’ da parte dello Stato d'Israele a danno del popolo palestinese.

"Ristabilire l’equazione “Sionismo uguale a Colonialismo” risulta di cruciale importanza non soltanto perché chiarisce al meglio le politiche israeliane di giudaizzazione all’interno di Israele e le politiche insediative in Cisgiordania, ma soprattutto perché è perfettamente coerente con il modo in cui i primi sionisti percepivano e descrivevano il loro progetto."


Non affrontare il problema, evitando di chiamare le cose col loro nome, significa condannare all'oblio un'intera popolazione, per questa ragione è necessario denunciare quella che è la vera natura di Israele - un paese colonizzatore -, spingere la comunità internazionale a prendere una posizione ferma contro le sue politiche d'occupazione e provare a capire quale potrebbe essere una possibile soluzione a un conflitto che va avanti da anni, a scapito di troppe vittime innocenti.

"Al cuore del conflitto che imperversa dal 1882 vi è sempre stato il desiderio di trasformare la multietnica Palestina in uno spazio etnicamente puro. Questa spinta, mai condannata né ostacolata da un mondo che stava a guardare senza far nulla, portò nel 1948 all’espulsione di 750.000 persone (la metà della popolazione del paese), alla distruzione di oltre 500 villaggi e alla demolizione di
decine di città."


Ilan Pappè parla esplicitamente di "genocidio progressivo", risultato inevitabile della strategia complessiva di Israele in tutta la Palestina in generale, e nei territori occupati nel 1967 in particolare.

In virtù di questo, ha ancora senso parlare ancora di Palestina e Israele usando espressioni come "processo di pace", "soluzione a due Stati", "partizione"?
O forse è più giusto porre la questione nei termini di "decolonizzazione" e "cambio di regime"?


Dalle conversazioni tra Pappè-Chomsky e Barat emergono alcuni punti fondamentali:

1. Quanto è davvero realizzabile la cosiddetta "soluzione dei due stati" (cioè la creazione di due Stati separati nella parte occidentale della Palestina storica, uno ebraico e l'altro arabo)?
Questa "proposta" - sostiene Chomsky - ha il solo merito di contare su un enorme appoggio internazionale e se finora non si è realizzata è per colpa degli Stati Uniti.

E se anche si arrivasse a questa soluzione, chi ne trarrebbe vantaggio: entrambi i popoli o piuttosto solo uno di essi?
E' fin troppo probabile che "la versione sionista dei due Stati" non sia altro che una via accettata dal mondo Occidentale per realizzare una Palestina ebraica, estesa su “appena” l’80% dell’area; la riconciliazione con i palestinesi resta una chimera: l'unico desiderio di Israele è controllare quanta più terra possibile, avendo tra i piedi un numero limitatissimo di palestinesi (zero è anche meglio).


2. Pensare sia realmente fattibile la soluzione summenzionata significa non essere realisti, secondo Pappè: l’unica chance per contrastare il sionismo in Palestina è una campagna per i diritti umani e civili che non si ostini ad operare distinguo tra una violazione e l’altra, e che indichi con precisione chi è la vittima e chi il carnefice.
Inoltre, ciò che serve è trovare un modo per modificare le relazioni tra le comunità e creare una struttura di potere, politica, ideologica, costituzionale e socioeconomica che valga per tutti gli abitanti della Palestina, non solo dello Stato di Israele.

"Nella mia ottica, quindi, sostenere la soluzione a uno Stato significa portare avanti un’attività di militanza che convinca tutti a immaginare l’intera area come un’unica terra e l’intera popolazione come un unico popolo."

3.  Perché si diffonda un approccio più giusto alla questione palestinese, non si può prescindere dal "denunciare" (tra le altre cose) anche come il sapere e le informazioni siano (state) manipolate in modo da contrapporre - al cospetto dell'opinione pubblica internazionale - Israele quale “unica democrazia del Medio Oriente” vs gli arabi palestinesi dipinti come una masnada di terroristi folli e violenti o, nella migliore delle ipotesi, "semplicemente arretrati".

Il popolo di Gaza e di altre aree della Palestina è deluso nel constatare come a livello internazionale manchi una risposta decisa di fronte al perdurare dell'opera di devastazione portata avanti da Israele, che dal canto suo ha elaborato una narrazione convincente per giustificare quel massacro: che altro può fare se non difendersi da Hamas? Di fronte alle aggressioni degli arabi, Israele ha il dovere di reagire per legittima difesa.

Questo voler manipolare o nascondere la verità storica non è rivolto soltanto all'esterno di Israele, ma anche "all'interno", cioè indottrinando i propri giovani e inducendoli a "disumanizzare i palestinesi", annullando sul nascere ogni forma di empatia verso di loro.


4. Ma è possibile "criticare" l'antisionismo - si chiedono i tre attivisti - senza incorrere in accuse di antisemitismo?  Si è liberi o no di pensare e dichiarare che Israele sia un regime non democratico, segregazionista e razzista nei confronti dei palestinesi?


Barat ragiona con i due autori anche in merito all'attivismo pro Palestina, che non dovrebbe limitarsi - non che non sia importante, ovvio - a smuovere l'opinione pubblica internazionale e a sensibilizzarla in merito ai soprusi che i palestinesi subiscono a causa dell'occupazione israeliana, ma soprattutto a pensare a come attuare strategie pratiche che mirino ad ottenere risultati tangibili per i palestinesi.

A questo proposito, è indispensabile conoscere, informarsi seriamente, sapere cosa accade ogni giorno nella striscia di Gaza, senza pregiudizi, mistificazioni.

A Gaza (…) la norma è un’esistenza miserabile in un crudele e devastante stadio d’assedio, gestito da Israele in modo da garantire la mera sopravvivenza e nulla più. Da quattordici anni, la norma è che Israele uccide in media oltre due bambini palestinesi alla settimana.


Nell'ultima parte del libro si  traccia il ritratto di "com'è la situazione a Gaza", come vivono le persone ogni giorno: è un assedio quotidiano, che incide - e non potrebbe essere altrimenti - sulla popolazione in termini di sofferenze di ogni genere, e questo col beneplacito non solo di Israele ma anche degli USA, che lo appoggiano, e dell'Europa che tace e non fa nulla.


"Il silenzio del mondo su questo crimine contro l’umanità (l’espressione con cui il vocabolario del diritto internazionale definisce in generale la pulizia etnica) ha fatto della pulizia etnica l’impalcatura ideologica sulla quale è stato edificato lo Stato ebraico."


Tanto Chomsky quanto Pappè si dicono comunque abbastanza fiduciosi del fatto che la violazione sistematica dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale sia sotto gli occhi di tutti e non sia più possibile girare la testa dall'altra parte; questa consapevolezza  pare stia facendo mutare anche, negli ultimi anni,  l’opinione pubblica statunitense, soprattutto tra i giovani.

Il libro è molto scorrevole, anche per com'è strutturato - conversazioni a tre, con Barat che guida attraverso specifiche domande; consigliato a chi vuole approfondire l'argomento, informarsi, magari accostandosi anche a posizioni non necessariamente vicinissime alle proprie. Del resto, confrontarci con chi la pensa diversamente da noi non dovrebbe mai spaventarci, né tantomeno dovremmo privarci della possibilità di rivedere il nostro pensiero e metterci in discussione.



"Conoscere è il primo passo verso una soluzione". 

(Vittorio Arrigoni)

sabato 23 maggio 2020

RECENSIONE: PEPPINO IMPASTATO. UNA VITA CONTRO LA MAFIA di Salvo Vitale



Nella Giornata della Legalità ho pensato di ricordare insieme a voi un uomo che ha fatto della lotta alla mafia lo scopo della sua (purtroppo breve) vita, lasciando un segno indelebile non soltanto nella "sua" Sicilia, ma in tutti coloro che abbracciano i suoi stessi valori, il suo coraggio e il suo ardore.
Questo libro ci parla di Giuseppe Impastato ad ampio raggio, a partire dal contesto in cui è nato e cresciuto, in cui si è formato come uomo, come politico, giornalista, passando inevitabilmente per la tragica fine che gli ha fatto fare la mafia, arrivando agli anni successivi alla sua morte e alla "eredità" culturale e umana lasciataci da un giovane che, pur di denunciare le storture presenti nella società in cui viveva, non ha esitato ad andare contro la propria famiglia.



PEPPINO IMPASTATO. UNA VITA CONTRO LA MAFIA 
di Salvo Vitale


Rubbettino Editore
318 pp
« Tra la casa di Peppino Impastato e quella di Gaetano Badalamenti ci sono cento passi. Li ho consumati per la prima volta in un pomeriggio di gennaio, con uno scirocco gelido che lavava i marciapiedi e gonfiava i vestiti. Mi ricordo un cielo opprimente e la strada bianca che tagliava il paese in tutta la sua lunghezza, dal mare fino alle prime pietre del monte Pecoraro. Cento passi, cento secondi: provai a contarli e pensai a Peppino. A quante volte era passato davanti alle persiane di don Tano quando ancora non sapeva come sarebbe finita. Pensai a Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case, perduto con i suoi fantasmi. Infine pensai che è facile morire in fondo alla Sicilia»

Il libro di Salvo Vitale ci racconta la storia di Peppino Impastato - del quale è stato amico, condividendone le battaglie sociali -, di questo giovane nato a Cinisi, piccolo centro vicino a Palermo,
e con grande accuratezza ci fornisce informazioni di carattere storico, sociale, demografico del luogo; leggiamo di come la presenza mafiosa incidesse sulle attività commerciali, edilizie, e di come abbia in qualche modo "segnato" l'esistenza di Peppino prima ancora che egli nascesse.

Sì perché la mafia era già in "casa sua", quand'egli è nato, essendo suo padre Luigi imparentato con don Tomasi Impa­sta­to, capomafia di Cinisi nell’immediato dopoguerra.

Apprendiamo, quindi, quanto contassero i legami familiari, la centralità di Tano Badalamenti, il sistema scolastico di quei tempi - così privo di qualsiasi valenza pedagogica, di rispetto per il bambino e i suoi bisogni -, i primi approcci di Peppino alla politica e alle tematiche sociali, e come le sue idee lo abbiano allontanato irrimediabilmente dal padre, che si vergognava di avere un figlio comunista.

Luigi non può sopportare l'onta di questa pecora nera in famiglia (che figura ci fa coi parenti!?), così lo caccia di casa ma, forte delle sua formazione comunista, il giovane avvia un'attività politico-culturale contro il silenzio e le diffuse connivenze mafiose.

Dalla protesta in piazza ai giornali volanti alle manifestazioni improvvisate, Peppino arriva infine all'uso politico di una radio libera autofinanziata, Radio Aut, e dai suoi microfoni non teme di fare nomi e cognomi, denunciando gli interessi che ruotano intorno all'ampliamento dell'aeroporto di Punta Raisi, e mettendo con le spalle al muro il boss Tano Badalamenti.

Si potrebbe legittimamente essere portati a pensare che Impastato si sia avvicinato precocemente alla politica a partire da una sua precisa  esigenza di reagire ad una condizione familiare insostenibile, e sicuramente in parte è così, ma quella che è iniziata come una "missione personale" si è poi trasformata in qualcosa di più ampio e strutturato.

"Egli era un “politico” nel vero senso della parola, un uomo che aveva un’ideologia in cui credere e per la quale lottare".


E questa lotta la portava avanti con le "armi" che gli erano più congeniali: quelle della cultura, dell’ideologia.

"Il principio era quello di rifiutare la politica istituzionale, sostituendo ad essa, come cultura politica, la cura del personale e la ricerca di soddisfazione dei propri bisogni: tuttavia, anche in questo, non si ricercavano solo i bisogni propri della società perbenista, ma se ne scoprivano altri, quali il socializzare per una realtà migliore ed egalitaria."

Emerge, dal dettagliato ritratto che di Giuseppe Impastato ci viene offerto in queste pagine, come la sua opera fosse essenzialmente di natura pedagogica: puntava sull’uomo, per educarlo a cambiare gradualmente il proprio atteggiamento acritico nei confronti dei modelli impliciti del potere.

Ma evidentemente la sua battaglia dava fastidio a qualcuno che, purtroppo, aveva gli strumenti per interromperla.
E' la notte del 9 maggio 1978.

Alle ore 1,40 un'esplosione si verifica dopo il passaggio dell’ultimo treno della linea Palermo-Trapani; la rotaia è divelta e verranno trovati brandelli di resti umani e di indumenti nel raggio di 300 metri.
Non ci saranno dubbi sul fatto che la persona deceduta sia Giuseppe Impastato.

Si tenterà di far passare la cosa come una morte "accidentale", avvenuta in seguito al fallimentare tentativo di un atto terroristico da parte della "vittima", per poi cercare di insistere sulla tesi del suicidio…, ma la verità - per la quale gli amici e la famiglia di Peppino si batteranno - verrà fuori: Peppino è stato ucciso dalla mafia, questo dev'essere chiaro a tutti e i colpevoli devono venir fuori prima o poi.
Non sarà un percorso facile quello che porterà a inchiodare coloro che hanno assassinato Peppino; nel maggio 1984 il consigliere istruttore Antonino Caponnetto, a sei anni dal delitto firma la sentenza definitiva: «Omicidio ad opera di ignoti».

L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti, dopo quattro anni di processo, è condannato all'ergastolo come mandante e responsabile dell'omicidio di Peppino.

E' un libro sicuramente interessante perché al centro c'è la vita di Peppino, che non dovremmo mai smettere di ricordare come esempio di lotta contro le sopraffazioni, le ingiustizie, il clientelismo, l'omertà, le connivenze mafiose; alcune parti le ho trovate meno coinvolgenti (quando ci si sofferma lungamente sulla situazione politica di quegli anni, ad es.), e ho letto con più slancio quelle relative alle vicende personali di Impastato; commuove la testimonianza di Felicia Bartolotta, la madre: una donna che ha sofferto e non poco accanto a un uomo come don Luigi Impastato, un marito maschilista e prepotente, un padre padrone con un particolare senso dell’onore e scarsa comunicazione; una mamma che non ha esitato a onorare la memoria di suo figlio combattendo coraggiosamente affinché la verità sulla sua morte venisse fuori e nulla potesse anche solo lontanamente sporcare il ricordo di ciò che Giuseppe ha fatto per rendere quella piccola porzione di mondo in cui viveva, migliore.

Se vi interessano le biografie e se siete alla ricerca di un suggerimento letterario in occasione della Giornata della Legalità, questo libro potrebbe fare al caso vostro.

giovedì 21 maggio 2020

On my wishlist (maggio 2020)



Due libri che hanno attirato ultimamente la mia attenzione; sono entrambi storie di sorelle che la vita mette alla prova, anche se le ambientazioni sono decisamente diverse.




L’elastico viola
di Patricia Daniels


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Due sorelle, Sara ed Elena, sei e tre anni, vengono portate, con l’ordine immediato del Tribunale dei Minori, in un collegio di suore. 
La madre delle bambine non è in grado di accudirle, il padre ha persino il divieto di vederle da lontano. 
In collegio le bambine vengono separate, ognuna nella propria sezione, e la vita per loro si fa molto dura. 
Sara, la maggiore, per ricordare alla sorella che le resterà sempre accanto le regala un elastico viola con il quale raccoglieva la sua coda di cavallo, ma che le suore hanno reciso di netto una volta entrata. 
Mentre Elena, la più fragile delle due, si adatta silenziosamente a quel mondo pazzo, Sara si ribella e per questo viene spesso punita. 
Un giorno, con la compiacenza di una religiosa, il padre viene a trovarle di nascosto. 
Usciranno dal collegio dopo otto lunghi anni e torneranno a vivere con la madre che nel frattempo si è risposata con un uomo inutile. La madre alcolizzata rende la vita difficile a tutti. 
Elena, in particolare, diventa sempre più fragile e prenderà una via che si rivelerà molto pericolosa. Sara cercherà di aiutarla fino alla fine.



Il cammino verso casa
di Catherine Ryan Hyde


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Carly e Jen camminano. Camminano perché su di loro si è abbattuta una tragedia. Camminano perché hanno solo sedici e dodici anni e in tasca non hanno che pochi dollari. 
Camminano per non rischiare che qualche adulto le noti, chiami i servizi sociali e le divida. 
Camminano perché Carly vuole provare a tornare dall’unica persona di cui si fida, Teddy, il loro patrigno, e Jen vuole dimenticare l’orribile segreto che non riesce a condividere con nessuno.

Inizia così il viaggio di Carly e Jen, centinaia di chilometri nel deserto e sotto il sole, tra animali selvatici e umani inaffidabili. Le due sorelle si imbatteranno in minacce e pericoli ma anche nella gentilezza inaspettata di alcuni sconosciuti.

Ambientato nel West americano, dal New Mexico al territorio dei nativi in Arizona, fino in California, Il cammino verso casa è un inno alle nuove possibilità e al ritorno alla vita.

mercoledì 20 maggio 2020

RECENSIONE / SEGNALAZIONE >>> Gratis l'e-book di “Parole Rubate”, la graphic novel di Pietro Favorito




In occasione del Maggio dei libri, a partire dal 20 Maggio per 5 giorni sarà a disposizione di tutti i lettori “Parole Rubate”, la graphic novel firmata da Pietro Favorito.

Ecco il link per scaricare e leggere l'e-book
⇓⇓

Personalmente ho approfittato dell'offerta e ho letto con piacere questa graphic novel che in pratica è un reboot, quindi una sorta di remake cinematografico (sono presenti, infatti, tre attori italiani molto noti, che hanno prestato il loro volto per questo fumetto) che narra vicende avventurose ed inquietanti, in un'atmosfera paranormale, in cui l'horror si incrocia con il giallo e fatti e personaggi storici.


Il punto di partenza è una seduta spirita a sfondo sessuale che finisce in carneficina; le terribili ed efferate immagini di questo pluriomicidio (mai risolto) tormentano un ignaro studente di lettere antiche, che assiste in sogno a omicidi spaventosi che paiono reali tanto sono vividi e ai quali egli non sa dare spiegazione.

Chiede aiuto allora, attraverso una telefonata al programma radiofonico cui partecipa lo psicologo Dorian Ferri, a quest'ultimo, cui racconta di questi incubi orribili.

Inizia così la ricerca della verità da parte del protagonista - che ha le sembianze dell'attore Alessio Boni - , il quale è convinto che esistano più universi paralleli attraverso i quali è possibile viaggiare (nel tempo, oltre che nello spazio), per cui non ha difficoltà a buttarsi a capofitto in una storia in cui si parla di persone morte ma il cui spirito è ancora presente tra i vivi e, non solo, ma che possono agire con violenza fino a quando non troveranno pace.

Dorian si fa aiutare nelle proprie ricerche dall'amica e antropologa Emma (alla quale presta il volto la bella Maria Grazia Cucinotta) e da un ex-psichiatra considerato pazzo, tale Pisso Leone (con le sembianze di Claudio Bisio).

Per arrivare a capire il perchè degli omicidi, Dorian dovrà fare i conti con uno spirito molto arrabbiato che ammazza brutalmente per vendetta attraverso la possessione e scoprirà che attorno alla morte del grande poeta di Recanati, Giacomo Leopardi, ruotano particolari sinistri e misteriosi; non solo, ma verrà a conoscenza di uno sconosciuto scrittore brindisino del XVII secolo, la cui opera poco nota è collegata proprio a Leopardi...
Scoprire cosa accomuna questi elementi sarà compito del protagonista e del lettore.


Accanto all'elemento sovrannaturale, ciò che intriga di “Parole Rubate” è che la storia si ispiri a fatti realmente accaduti, ossia al ritrovamento di un libro del 1600 da parte della professoressa Vittoria Ribezzi, che riconosce in esso una fonte sconosciuta del pessimismo cosmico leopardiano; in queste pagine è menzionato anche il suo libro "Scherzi d'ingegno, la fonte segreta del pessimismo leopardiano".

L'autore mescola finzione e realtà anche in merito all'ambientazione: il protagonista, infatti, collabora con RAI RADIO 1, e inoltre nel fumetto sono presenti l’ex-manicomio di Latiano (in provincia di Brindisi), la Casa-Museo Ribezzi Petrosillo, e tanti posti caratteristici di Roma e Napoli.

Personalmente se c'è un genere che leggo meno di tutti è proprio l'horror, tanto più se ci sono soggetti posseduti, però a prescindere da questo mio gusto personale, se vi piace il genere e amate i fumetti, potete approfittare anche voi come me di questa promozione gratuita.



martedì 19 maggio 2020

AUTORI CHE... SONO STATI IN PRIGIONE



Era il 19 maggio del 1897 quando lo scrittore Oscar Wilde veniva rilasciato dalla prigione Reading Gaol.

Questo evento mi ha spinta a fare una piccola ricerca su...


AUTORI CHE... SONO STATI IN PRIGIONE



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OSCAR WILDE (1854-1900)

Il drammaturgo e romanziere irlandese, autore di opere come Il ritratto di Dorian Gray e L'importanza di chiamarsi Ernesto, ha vissuto l'esperienza del carcere nel 1895 con l'accusa di sodomia e omosessualità, e quindi condannato a due anni di lavori forzati. 
Il caso era contorto: Wilde aveva sporto denuncia per diffamazione nei confronti del padre di uno dei suoi amanti, il Marchese di Queensbury, che a sua volta accusava Wilde di sodomia. Queensbury ha portato le prove dell'omosessualità di Wilde in tribunale e questi fu successivamente arrestato. 

Frutto della prigionia furono il De profundis (pubbl. post., in parte nel 1905 e per intero non prima del 1949) e "La ballata della lettura della prigione"; dopo due anni trascorsi in prigione, lasciò l'Inghilterra, si stabilì a Parigi, visse con l'aiuto di amici sotto il nome di Sebastian Melmoth.


Fëdor  Dostoevskij (1821-1881)
Scarseggiava la libertà d'espressione negli anni (siamo attorno alla metà del 1800) in cui un giovane Dosto fu arrestato per aver letto e distribuito saggi politici vietati dallo zar, e in seguito condannato a morte, condanna che fu commutata dallo zar stesso all'ultimo minuto.
Dostoevskij trascorse otto anni in prigione, durante i quali - essendo ritenuto un detenuto pericoloso - visse la maggior parte del suo tempo incatenato e malato. 
Dopo la scarcerazione, ha continuato a scrivere capolavori come Delitto e castigo e I fratelli Karamazov.


PAUL VERLAINE (1844-1896)

Il poeta maledetto ha avuto un'esistenza tumultuosa e in carcere vi è andato più di una volta. E' il 1871 quando riceve una lettera dall'amico e poeta Arthur Rimbaud; nel giro di un anno Verlaine decide di abbandonare moglie e figlio per fuggire con Rimbaud; la relazione era però tormentata dalla gelosia di Paul che, nel corso di una litigata con l'amante, sparò e ferì (superficialmente) Rimbaud. 
Anche se questi non sporse denuncia, comunque Paul fu arrestato e andò in prigione, dove si convertì al cattolicesimo.
Successivamente ha affrontato problemi di miseria, alcolismo, tossicodipendenza, e nel 1885, dopo aver divorziato ufficialmente dalla moglie, sempre più schiavo dell'alcol, tenta di strangolare la madre, finendo nuovamente in carcere...


DANIEL DEFOE (1660 ca. - 1731)

Il giornalista e romanziere inglese non ha scritto solo importanti romanzi, ma anche diversi saggi di natura politica ed economica.
E proprio in virtù delle sue idee, fu arrestato diverse volte, ad es. quando scrisse un libello in cui si guadagnò l'inimicizia della Chiesa Anglicana: il libro fu bruciato, Defoe subì prima la gogna e poi imprigionato nel carcere di Newgate. Mentre attendeva in carcere la sentenza, Defoe scrisse A Hymn to the Pillory (Inno alla Gogna), che circolò per tutta Londra e in questo modo la condanna si trasformò in trionfo e servì a renderlo di nuovo popolare.

Marchese de Sade (1740-1814)

Colui al quale si deve il termine sadismo, è stato imprigionato più volte durante la sua vita per reati sessuali ed è morto in un manicomio.
Nel 1768 scoppia l'affaire Rose Keller: un'operaia che viveva in miseria racconta di essere stata sequestrata e fustigata da Sade, il quale viene arrestato e condannato.

Nel 1772, a Marsiglia, dove vive con il suo servo Latour, sempre lui viene accusato di flagellazione, omosessualità e utilizzo di pillole avvelenate; le accuse vengono sostenute da quattro prostitute che lamentano dolori intestinali e accusano Sade di sodomia. Nuovo soggiorno in prigione, ma evade e viaggia in Italia sotto il nome di conte de Mazan.
Insomma, ha fatto "entra ed esci" da prigioni e manicomi; l'ultima prigionia è del 1801, quando viene internato nel manicomio di Charenton, dove trascorrerà gli ultimi 13 anni della sua vita. Muore il 2 dicembre 1814, all'età di 74 anni, una trentina dei quali trascorsi in prigione.


Fonti consultate:

fonte 1
fonte 2
fonte 3


lunedì 18 maggio 2020

Chicchi di... recensioni: LA PROFEZIA DELL'ARMADILLO di Zerocalcare || IL SETTIMO SPLENDORE di Leonardo Favia & Ennio Bufi



Il mio abbonamento gratis a Kindle Unlimited terminerà il 22 maggio; dopo due mesi posso dire di averlo "sfruttato" meglio che ho potuto, e in questi giorni ci sto dando dentro per terminare i libri presi in prestito, nei pochi giorni che mi restano.
Ieri mi sono concessa la lettura di due graphic novel, che mi sono piaciute e che mi hanno messo una gran voglia di dare più spazio a questo genere.


La prima è di queste due letture è la più famosa, e senza dubbio anche molto apprezzata:

LA PROFEZIA DELL'ARMADILLO

di Zerocalcare



160 pp
«Si chiama "profezia dell'armadillo" qualsiasi previsione ottimistica fondata su elementi soggettivi e irrazionali spacciati per logici e oggettivi, destinata ad alimentare delusione, frustrazione e rimpianti, nei secoli dei secoli. Amen.»


Il disegnatore di Rebibbia, Zero, una notte riceve una brutta notizia che - come di sovente gli succede quando ne riceve una, soprattutto se "luttuosa" - gli suscita una irrefrenabile risata che, lungi dal voler essere irriverente, gli sale su in gola come per esorcizzare la tristezza e la paura che altrimenti farebbero da padrone: Camille, una sua amica del periodo dell'adolescenza, è morta.
Non lo sa nemmeno lui come si sente; per essere triste, è triste, su questo non ci piove, e realizza pure che... deve dirlo a qualcuno, sente il bisogno di raccontare di questa perdita.
Ma è notte fonda e gli amici di sempre - Greta e Secco - non gli rispondono al telefono...
A fargli compagnia c'è, fedelissima, la sua coscienza in formato armadillo.
Il suo bell'Armadillo chiacchierone: lui sì che Zero non lo abbandona mai, anzi, e la sua presenza illusoria è parte integrante della quotidianità del giovane, incarnandone paure ed insicurezze.

E' proprio nel quotidiano di Zero che entriamo: Zero che è stato assunto in un'azienda spacciando competenze che non ha (che sarà mai?? siamo circondati da incompetenti, in ogni ambito e in ogni ufficio!); Zero che, mentre parla con qualcuno, la sua mente parte per la tangente e immagina scenari apocalittici popolati da zombie et similia; Zero che associa le persone attorno a lui - a cominciare da madre e padre - a personaggi famosi, con cui intrattiene brevi ma esilaranti botte e risposte.

Zero che ci riporta indietro nel tempo e dai nostri più vicini Duemila saltiamo ai mitici anni '80 attraverso flashback, e così conosciamo ad es. la storia dell'amicizia con la povera Camille, una ragazza solare ma che celava una natura anche un po' triste; è stata il suo primo amore, al quale il giovanotto non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi, convinto che il suo immaginario "guardiano del tempo" stesse lì a ricordargli che non c'era fretta, poteva tranquillamente rimandare il momento della dichiarazione..., salvo poi capire che si era solo autoingannato e che il tempo che credeva di avere dalla sua parte, stava solo andando verso il proprio termine.

Zero è un protagonista che suscita molta simpatia, perchè in fondo siamo tutti un po' come lui, pieni di insicurezze, inclini (chi più, chi meno...: io tanto, ad es.) a farci pippe mentali assurde per qualsiasi problema, grande o piccolo, consapevoli di avere uno o più "mostri" appollaiati in qualche angolo della nostra mente e sempre pronti a spaventarci e a farci sentire sbagliati...!
Un fumetto molto bello - dai disegni ai testi -, che con ironia e sense of humor scava nella testolina del protagonista, facendo ora sorridere ora riflettere.
Avrei letto immediatamente altro di Zerocalcare, e sicuramente lo farò ^_^


Seconda graphic novel:


IL SETTIMO SPLENDORE
di Leonardo Favia & Ennio Bufi



127 pp
Modì torna a Parigi, per la prima volta senza la madre, per comprendere il senso della sua scomparsa. 
Dieci anni prima, infatti, la sua cara mamma si è suicidata e
questa tragedia il giovane non l'ha mai superata.
Forse se imparasse a conoscerla meglio ricavando qualche informazione attraverso persone che l'hanno conosciuta, riuscirebbe a capire anche il perché del suo gesto... e chissà, a darsi pace lui stesso?

A Parigi Modì (che in realtà si chiama Guglielmo ma lui ama usare questo nomignolo, diminutivo di Modigliani, pittore amato dalla madre, artista anch'ella) conosce Henry, Gemma, Jakob, Isabelle, e con quest'ultima scatta anche un'attrazione che potrebbe trasformarsi in qualcos'altro.

Se non fosse che il pensiero fisso di Modì è far chiarezza sul passato della madre, e grazie all'incontro con alcune persone che hanno conosciuto molto bene la donna nel periodo parigino, e alla lettura delle pagine del diario materno, pian piano comincerà a mettere insieme le tessere del puzzle, venendo a conoscenza di verità sconcertanti.

Il pericolo di Modì è di farsi sopraffare dal dolore per il triste destino della madre, una donna bella, creativa, dallo spirito indipendente, ma evidentemente anche piena di fragilità e lati oscuri..: gli stessi che sente di avere anche lui e che gli impediscono di vivere con serenità, di apprezzare i rapporti umani e di lasciarsi andare ai sentimenti?

Prima che sia troppo tardi e che la ricerca del passato schiacci il presente, il tormentato Modì dovrà realizzare una verità che sua madre gli ha trasmesso: 

"Non importa quanto desideri una cosa, se non sai quanto sei disposto a sacrificare. (...) A volte il sacrificio è lasciar andare qualcuno, accettare di essere messi da parte. Ma altre volte vuol dire solo continuare a combattere".


A volte amare può significare non trattenere, lasciare libero l'altro; ma ci sono situazioni in cui, se ci teniamo all'altra persona, dobbiamo avere il coraggio di mettere da parte paure e reticenze e combattere per conquistarla.

Un racconto carino, piacevole, sia graficamente che nei contenuti; forse la storia ha qualche elemento prevedibile e non originalissimo, ma mi è piaciuta l'atmosfera malinconica sullo sfondo parigino (che ha sempre il suo fascino).

sabato 16 maggio 2020

Libri in wishlist (maggio 2020)



Libri entrati in wishlist ^_-
Li conoscete e/o li avete letti?


Con questa odissea dolorosa e surreale Khaled Khalifa racconta di nuovo il presente siriano e ci mostra senza sconti la quotidianità di chi vive tra le macerie.



MORIRE E' UN MESTIERE DIFFICILE
di Khaled Khalifa


Bompiani
trad. M. Avino
208 pp
17 euro
2019
Bulbul ha appena perso il padre, che giace in un ospedale di Damasco. L’ultima promessa che gli ha fatto è stata di seppellirlo accanto alla sorella nel suo paese natale, vicino ad Aleppo.
Solo quattrocento chilometri, ma a separare le due città c’è un solco ben più profondo: Damasco infatti è sotto il controllo del regime di Assad, mentre Aleppo è nelle mani dei ribelli.
Viaggiare dall’una all’altra con una salma si rivela presto un compito molto arduo, che Bulbul condivide con il fratello Huseyn e la sorella Fatima.
Tra controlli, sbarramenti e minacce i tre ricostruiscono insieme il ricordo del padre e il loro legame, un appiglio di umanità tra i marosi della guerra.

L'autore.
Khaled Khalifa è nato ad Aleppo, Siria, nel 1964. Tra i fondatori della rivista letteraria “Alif”, è autore di quattro romanzi tra cui L’elogio dell’odio. È autore di numerose sceneggiature di film e serie tv e vive a Damasco. Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città ha vinto la Naguib Mahfouz Medal per la Letteratura nel 2013 ed è stato finalista dell’International Prize for Arabic Fiction nel 2014.




Con tutta la forza evocativa della sua migliore scrittura, Philippe Claudel imbastisce magistralmente una storia nera in cui alle note dell’attualità più scottante fanno eco i temi da sempre toccati dalla grande letteratura: la giustizia, la colpa, il rispetto per la verità, consegnandoci un romanzo e un appello che non può lasciarci indifferenti.

L'ARCIPELAGO DEL CANE
di Philippe Claudel



Ponte alle Grazie
trad. F. Bruno
204 pp
16 euro
2019
Sull’Arcipelago del Cane, costellazione di isole vulcaniche a metà strada tra due continenti, il tempo sembra essersi fermato. Attaccati alla loro terra nera e al loro tratto di mare, gli abitanti non si sentono parte del resto del mondo, a cui guardano con diffidenza. 
Finché, una mattina di settembre, è il mondo a irrompere nell’Arcipelago: il mare deposita sulla spiaggia tre cadaveri. Non si sa chi siano né come siano finiti lì, ma per le autorità – il Sindaco, il Parroco, il Dottore e l’anziana maestra di scuola – è chiaro che devono sparire. 
Nessuno deve sapere del ritrovamento, pena l’arrivo dei giornalisti, la fine della quiete e il rischio di compromettere un futuro sviluppo turistico; non ci sarà nessuna pietà per quei morti, e neppure per i vivi che oseranno chiedersi da dove sono venuti. 

L'autore.
Philippe Claudel è nato nel 1962 in Lorena. Affermato scrittore e sceneggiatore, nel 2003 ha raggiunto il successo internazionale con Le anime grigie, che è stato tradotto in ben trenta paesi e ha vinto il Prix Renaudot nel 2003 e il premio per il miglior libro dell?anno di Lire; Il Rapporto (2008) ha vinto il Goncourt des Lycéens nel 2007.

mercoledì 13 maggio 2020

Recensione: LIVIA LONE di Barry Eisler



Il primo capitolo della serie sulla detective Livia Lone ci racconta la orribile esperienza che l'ha profondamente toccata e che l'ha indotta a diventare poliziotta per dedicarsi anima e corpo alla ricerca di gente depravata che si macchia di crimini sessuali.



LIVIA LONE
di Barry Eisler



366 pp
«Credi in te stessa. Indipendentemente da tutto. Capito? Credi in te stessa. E niente potrà fermarti.»


Livia Lone è una giovane detective della polizia di Seattle specializzata in indagini su crimini sessuali e abusi sui minori; ha un carattere forte e molto determinato, è coraggiosa, non esita a esporsi a rischi se questa è l'unica strada per ottenere i risultati prefissi; porta a termine ogni incarico col massimo impegno, cercando di assicurare alla giustizia i mostri a cui dà la caccia.
Per lei è sì un lavoro... ma è sopratutto una missione che affonda radici e motivazioni nella sua storia personale.

E proprio perchè per lei fermare questi mostri è una questione personale, quando la giustizia fallisce Livia non esita a vendicare personalmente le vittime, anche con metodi discutibili per un poliziotto.

Ciò che spinge la donna ad agire senza rimpianti e senza reticenze è quel drago che le si agita dentro, che spesse volte sembra assopirsi ma che, di fronte a certi esseri lascivi e depravati, si sveglia e pretende di divorare il male, per difendere chi è più debole e non può farlo da sé.

Cosa c'è nel passato di Livia Lone che ha influenzato drammaticamente la sua vita, rendendola dura e restia a fidarsi di chiunque?

Livia non è sempre stata Livia. C'è stato un tempo - che adesso sembra così lontano - in cui si è chiamata Labee.
Labee è nata sulle montagne thailandesi, dove viveva con sua sorella Nason, i genitori e un fratello; ma un giorno - quando lei ha solo 13 anni e Nason 11 - accade qualcosa di inaspettato: degli uomini vengono a prendere lei e la sorellina, li gettano in un furgone insieme ad altri spaventati bambini e da quel momento inizia un viaggio verso l'inferno.

Labee scopre che lei e Nason sono state state vendute dai genitori; il suo obiettivo diventa allora quello di sopravvivere e di proteggere la sua Nason, il suo "dolce uccellino" da chiunque voglia farle del male, perchè purtroppo è chiaro che gliene faranno.

Il tragitto che porterà le vittime di questo infamante rapimento in America, all'interno di un container, sarà uno dei peggiori incubi al quale una persona - e una bambina ancora di più - potrebbe mai andare incontro.

Labee subisce abusi e torture fisiche e psicologiche che annienterebbero tante vittime; inoltre, al fine di evitare che i porci che li tengono prigonieri possano divertirsi con la sorellina, fa di tutto perché essi scelgano lei piuttosto che Nason, ma il suo animo di ragazzina inesperta di come va il mondo non sa (ma lo imparerà sulla propria pelle) che questi non sono uomini la cui parola valga alcunché, e che il loro cinismo, la loro malvagità, la loro lascivia e il desiderio di far soldi, li hanno privati di ogni forma anche minima di umanità e compassione.

A fine viaggio Labee si ritroverà senza la sua Nason, di cui perderà ogni traccia; scopre di essere a Llewellyn e che si prenderà cura di lei un uomo di nome Fred Lone; questi, infatti, la prende con sé in casa propria, adottandola (le cambia anche il nome, Livia appunto) ma ancora una volta la ragazzina, sola e indifesa in un Paese straniero di cui non conosce lingua, usi e costumi, dovrà fare i conti con persone viscide, che si credono dio in terra, e che pensano di poterla trattare come un oggetto.

Non hanno fatto i conti con la forza interiore di Livia, che crescendo imparerà a far leva sulle proprie risorse e capacità, e attraverso l'aiuto di un compagno di scuola e di suo padre (due persone oneste, che la prenderanno sotto le loro ali e le vorranno bene), che l'avvieranno nella pratica del jujitsu, Livia si rafforzerà nel corpo e nello spirito, imparerà ad difendersi e ad attaccare e capirà cosa "vuol fare da grande" e perché.
Il pensiero di cercare Nasone di scoprire cosa ne è stato di lei, sarà per anni l’unica cosa che le darà la giusta motivazione per rimanere in vita.

Quando una nuova pista riaccende le sue speranze, a Livia non basta più essere un agente, e nemmeno una giustiziera.
Dovrà rivivere gli orrori del passato per arrivare a scoprire una cospirazione di inimmaginabile  crudeltà, fatta di trafficanti internazionali, bande criminali, suprematisti bianchi e legami con il potere politico.

La narrazione procede in un alternarsi di "ora" e "allora", in cui il presente ci mostra l'agente Lone impegnata a dar la caccia a stupratori incalliti, mentre il passato apre il sipario sull'orribile esperienza vissuta a tredici anni; l'autore non si tira indietro dal raccontarci gli abusi sessuali subiti da Livia e quanto dolore si sia accumulato nel suo cuore; dolore che a mano a mano è stato affiancato dal puro odio, dal disprezzo più profondo per chi ha fatto del male a lei e a Nason (e in generale continua a farne ad altri innocenti), e il desiderio di vendetta - il drago feroce e affamato che le dorme dentro - non può placarsi se non viene soddisfatto.
E Livia è pronta ad affrontare qualsiasi cosa pur di sapere la verità sul rapimento e su Nason ed infatti la sua ricerca spasmodica dei colpevoli di quel maledetto viaggio infernale dalla Thailandia in America, la porterà a rischiare la propria vita, anche perchè i nemici di allora e di ora sono gli stessi, e sono anch'essi pronti a tutto pur di continuare indisturbati con i propri sporchi traffici.

C'è molta azione in questa crime fiction, il ritmo è serrato, ci si sente coinvolti dalle dolorose vicissitudini della protagonista e non si può che "fare il tifo" per lei nel vederla tirare fuori personalità, coraggio, resilienza; la scena finale - inevitabilmente la si immagina mentre si legge - è cruda ma placa la sete di giustizia di Livia... e un po' anche del lettore.
Se vi piace il genere, non posso che consigliarvelo, è una lettura travolgente che tocca un argomento delicato, attuale e doloroso, come quello del traffico di esseri umani e degli abusi sui minori.

lunedì 11 maggio 2020

Anteprima: BACI DA POLIGNANO di Luca Bianchini



Faccio parte della schiera di coloro che si sono affezionati ai vivaci personaggi polignanesi di Io che amo solo te: don Mimì, Ninella, Damiano, Chiara...
E sono anche di quelli che un po' ci speravano in un ritorno a Polignano, dopo La cena di Natale.
Non solo, ma mi recai (con due amiche) di proposito nella bella cittadina del barese per cercare di imbattermi negli attori quando furono girati i film diretti da Marco Ponti e tratti appunto da questi due romanzi (ovviamente, fortunata come sono, non acchiappai nessuno).

Ad ogni modo, Luca Bianchini m'ha accontentata e preso avrò modo di ritornare - almeno con l'immaginazione - a Polignano...


BACI DA POLIGNANO



Mondadori
240 pp
18 euro
USCITA
26 MAGGIO 2020
Ninella e don Mimì si sono sempre amati, anche se le loro vite hanno preso da molto tempo strade diverse. Da giovani le loro famiglie si erano opposte al matrimonio, a sposarsi invece sono stati i rispettivi figli Chiara e Damiano.

Gli anni passano e davanti a don Mimì Ninella resta sempre una ragazzina. L’arrivo di una nipotina, anziché avvicinarli, sembra averli allontanati ancora di più, anche perché Matilde, l’acida moglie di don Mimì, fa di tutto per essere la nonna preferita, viziando a dismisura quella che tutti chiamano semplicemente “la bambina”.

La situazione cambia all’improvviso quando Matilde perde la testa per Pasqualino, il tuttofare di famiglia. 
Mimì decide così di andare a vivere da solo nel centro storico di Polignano: è la sua grande occasione per ritrovare Ninella, che però da qualche tempo ha accettato la corte di un architetto milanese.

Con più di cento anni in due, Ninella e Mimì riprendono una schermaglia amorosa dall’esito incerto, tra dubbi, zucchine alla poverella e fughe al supermercato.

Intorno a loro, irresistibili personaggi in cerca di guai: Chiara e Damiano e la loro figlia che li comanda a bacchetta; Orlando e la sua “finta” fidanzata Daniela; Nancy e il sogno di diventare la prima influencer polignanese; la zia Dora, che corre dal “suo” Veneto per riscattare l’eredità contesa di un trullo.

Dopo Io che amo solo te e La cena di Natale, Luca Bianchini torna a raccontare la “storia infinita” tanto amata dai suoi lettori. Tra panzerotti e lacrime, viaggi a Mykonos e tuffi all’alba, i suoi protagonisti pugliesi continuano a sbagliare senza imparare mai niente – ma questo è il bello dell’amore – sotto il cielo di una Polignano che ha sempre una luce unica e inimitabile.



sabato 9 maggio 2020

Recensione: IL CASALE di Francesco Formaggi



Spesso si dice che certe sciagure piovano all'improvviso senza che sia possibile prevederle. 
Ma è davvero sempre così? O piuttosto siamo noi a non aver fatto caso ai piccoli segnali che le anticipavano, a non aver dato il giusto peso a certi dettagli?
Il protagonista - attento osservatore - di questo interessante e originale romanzo verrà coinvolto in una catena di avvenimenti bizzarri e minacciosi, e riuscire a non farsi inghiottire potrebbe rivelarsi davvero un'impresa difficile...



IL CASALE 
di Francesco Formaggi



Neri Pozza
"E poi pensai al caos, e all’ordine, e al fatto che ognuno, anche senza accorgersene, tende sempre a realizzare la propria felicità, nonostante tutto e tutti, e prima o poi trova sempre ciò che vuole, magari nei posti piú improbabili, nelle persone più insospettabili, dopo anni, oppure in un attimo, dove immaginava non ci fosse niente per sé; e pensai agli inizi, e alle fini, e mi chiesi se fosse vero che tutto comincia sempre da un fatto minimo e apparentemente insignificante, soprattutto nelle storie più sventurate".

Cosa c'è di meglio che staccare la spina dal tran tran della vita quotidiana trascorrendo qualche giorno di riposo in campagna?
È ciò che pensano di fare Francesco e Giulia, una giovane coppia che si sta recando, in auto, al casale di una zia di lei per una breve vacanza.

Fa caldo - un'afa asfissiante - e Francesco si sente scocciato, irritabile e pigro: altro che campagna, lui vorrebbe restare in città, nonostante le temperature di fuoco, ma Giulia non ha voluto sentire ragioni e lo ha costretto a partire per questa tranquilla settimana di vacanza al casale di zia Ester. 

I due stanno insieme (e convivono) solo da qualche mese e il loro rapporto è ancora pieno di slancio e passione, fino al fatidico momento in cui Francesco si accorge di un particolare fisico della sua ragazza che mai gli era balzato agli occhi, prima di allora.

A Giulia basta allungare i piedi nudi sul cruscotto perché Francesco si accorga che ha gli alluci orribili, quasi deformi: qualcosa di inguardabile, che suscita un'immediata repulsione:

"È un alluce enorme, gonfio, tozzo, quasi brutale, sormontato da un alone giallastro che è senza dubbio l’abbozzo di un callo."

E vabbè, che sarà mai un difettuccio all'alluce?, penserete voi, e io non potrei che darvi ragione.

Ma per il nostro Francesco è come se il mondo gli crollasse addosso: prova una tale nausea che perfino il pensiero di far sesso con lei gli diventa impossibile. 

E la cosa più assurda, e che mai lui avrebbe potuto mettere in conto, è che la scoperta di quel "coso deforme" sarà solo il primo di una catena di eventi che si susseguiranno da quel momento in poi e che contribuiranno ora a stupirlo ora a generare in lui vaghe inquietudini.

È come se fosse in presenza di un sassolino che rotola a valle fino a diventare una valanga, ed infatti tutto ciò che a Francesco accadrà nel casale sembrerà la conseguenza disastrosa di quella innocua deformità di Giulia.
Bizzarro eh?
Eppure è così: le stranezze sono solo iniziate.

Anzitutto, il ragazzo deve fare e conti con l'accoglienza riservatagli dagli zii di Giulia: tanto zia Ester è affettuosa e calorosa con la nipote, quanto è distante e contrariata nei confronti del fidanzato, che va immediatamente in confusione e non sa come comportarsi.
E si sa che più cerchi di piacere a qualcuno, più si moltiplicano le probabilità di commettere gaffes che compromettono ancora di più la situazione!

La conoscenza di zio Franco, marito di Ester, è anche peggio, perché l'omone - un tipo goffo, grasso, chiacchierone, dai modi sgradevoli e gretti - ha pure lui un difetto fisico evidente e Francesco è imbarazzato e in difficoltà: ma c'è uno normale in questo casale?

Evidentemente tutto ciò che è normale non appartiene al casale, visto che cominciano ad accadere fatti stranissimi, come ad esempio la morte delle povere galline della zia: non una morte naturale, bensì c'è qualcuno che si diverte a sterminarle barbaramente.

E vogliamo parlare della ossuta e severa zia Ester, che fa tanto la puritana e poi nasconde una vita notturna segreta?
E la maltrattata cameriera, Clara, che manda poesie di nascosto a Francesco, il quale si sente attratto da lei e dal gusto del proibito e della trasgressione che ella rappresenta?
E che dire del custode dal dito mozzato, il cupo e poco rassicurante Mario, di cui si racconta che abbia commesso in passato un'azione orribile? In effetti, solo a guardarlo, qualche brivido Francesco se lo sente scorrere lungo la spina dorsale...

Ma non è finita qui: a vivacizzare le giornate ci pensa l'arrivo di tre persone: le prime due sono Carlo e Marta (nipote di Ester e cugina di Giulia), freschi sposi col desiderio di avere un bambino e, chissà, di crescerlo in un posto tranquillo come la campagna.
Terzo ospite improvviso: Marco, un dottorino dall'aria sicura di sè, che ostenta modi gentili e raffinati, ma in realtà è solo un saccente arrogante, che vuol fare bella figura con zia Ester e forse pure con Giulia.
E sì perchè il signorino so tutto io pare sia stato una specie di "primo fidanzatino" per Giulia, e Francesco comincia a sentire ben presto i sintomi di una gelosia che si insinua nella sua mente e contribuisce a rendere quella vacanza sempre più bislacca e poco piacevole.

C'è davvero un clima indefinibile nel casale, e dietro gli atteggiamenti perbenisti e i comportamenti rigorosi e aristocratici, Francesco vede oltre e sente che  il destino sta tessendo una trama funesta.

Si ritrova solo in quell'enorme casale: Carlo è un parassita che vuol solo farsi bello agli occhi di Marco ed Ester; Giulia non calcola il fidanzato neanche di striscio e passa fin troppo tempo con Marco ricordando i vecchi tempi della loro infanzia bucolica all'ombra del ciliegio spettatore del loro primo casto bacio; Marta è ambigua, inafferrabile, inquieta.

Mario si aggira attorno a tutti loro come una presenza minacciosa, al quale si contrappone Clara, l'unica persona con cui Francesco riesce ad interagire, e che in un certo senso gli aprirà gli occhi su ciò che accade davvero tra le mura del casale, un luogo meno idilliaco di quanto appaia.

"...pensai che al casale in quei giorni stesse accadendo la stessa cosa, il caos si stava moltiplicando sotto i miei occhi: prima gli alluci, poi l’incidente della pecora, poi la gallina, poi il cinghiale. Era cosí? Il problema era trovare il modo di fermarlo, e per fermarlo si doveva rintracciare l’origine di tutto, il foro da cui si stava aprendo la crepa."

Spesso si dice che certe sciagure piovano all'improvviso senza che fosse possibile prevederle. 
Ma è davvero sempre così? O piuttosto siamo noi a non aver fatto caso ai piccoli segnali che le anticipavano, a non aver dato il giusto peso a certi dettagli?

E già, sempre loro: i dettagli, le piccole anomalie, quelle che sembrano innocenti e inoffensive ma che più di tutte sono "il segno evidente di una crepa nell’impalcatura di rigore e compostezza che imbozzolava il casale."

Francesco è solo in un "contesto famigliare" che, invece di essere rassicurante, è ostile: è circondato da gente ipocritamente gentile e cortesemente distante che  nasconde sentimenti malevoli, e lui guarda ciascuno con diffidenza, sentendo montare dentro di sè risentimenti, dubbi atroci, pensieri cattivi.
Forse è semplicemente un tantino paranoico?
In fondo, tutta questa ossessione per le minuzie e i particolari irrilevanti qualcosa vorrà dire!

E in effetti, l'attenzione meticolosa che lo guida nell'osservare e valutare certe piccolezze è il suo tratto distintivo, che in molti passaggi ha dato un tocco umoristico alla narrazione: in diversi momenti critici (ad es. quando zia Ester sviene e le si alza la gonna fino a svelare gli slip, o quando l'aria di ridicola compostezza a cena viene intaccata da un tortellino in brodo mangiato con un rumoroso risucchio) Francesco si perde nelle proprie fantasie, e se da una parte egli non può farne a meno, dall'altra il suo guardare troppo attentamente gli altri crea in lui un senso di angoscia; non c'è un particolare che, per quanto banale, Francesco non ingigantisca, tanto da far assumere ad ognuno l'aspetto di vere e proprie anomalie deformanti, terrificanti, che rendono le persone quasi dei mostri.

Francesco è un protagonista dal temperamento indolente, è uno spettatore passivo di eventi ineluttabili e, pur subodorando che qualcosa di tragico sta per accadere, non sapendo/potendo definirlo o prevederlo, è come se decidesse inconsapevolmente di lasciarsi andare, di non prendere decisioni ma di aspettare che gli altri facciano qualcosa, nel bene o nel male.

"la mia vita era cosí – la mia vita, la mia persona tutta – una sagoma, un calco. Nient’altro che il calco vuoto di ciò che avrei potuto essere ma non ero mai diventato, di gesti e parole che avrei potuto fare e dire ma non avevo mai fatto e detto perché ero sempre stato in attesa di trasformazioni mai compiute; un calco vuoto dentro cui tutti, come metallo fuso, continuavano a colare i propri gesti e parole e desideri che io usavo di volta in volta per simulare una pienezza qualunque."

Si rende conto che se solo lo volesse potrebbe dare un indirizzo diverso al proprio destino, ma non lo fa.
È come se una forza misteriosa e più grande di lui lo possedesse e lo obbligasse a vedersi scorrere davanti agli occhi un film la cui trame e il cui finale sono stati decisi da altri.
E non ci sono i presupposti per immaginare che sia un bel film, anzi...

Francesco, il membro più ignorato all'interno del casale, col passare delle ore realizza di essere coinvolto suo malgrado in eventi misteriosi che pian piano lo coinvolgeranno senza via d'uscita.

"...non sarei più riuscito a liberarmi; rotolando nel bitume, tutte le cose con le quali sarei venuto in contatto mi sarebbero rimaste appiccicate addosso, e avrei perso pezzi, uno alla volta: una mano, un orecchio, un piede, frantumandomi".

Riconoscere le deformità che si celano dietro le apparenze  lo aiuterà a non essere divorato e a non affondare nel fango delle proprie paure e passioni? 

La narrazione degli eventi parte da subito in modo da presentarci dei contrasti che stuzzicano il lettore, a partire dall'ambientazione: un casale di campagna solitamente lo si associa alla quiete e alla pace, invece in questo romanzo esso è solo esteriormente un contesto bucolico: in realtà è luogo di eventi sinistri, ineluttabili, inspiegabili.

Laddove le donne (Ester, Marta) sono magre, ossute, dinoccolate, gli uomini (Franco, Enzo) sono corpulenti, "gonfi", grossi.

Coloro che abitano nel casale - la zia e i dipendenti Clara e Mario - nascondono tutti qualcosa e proprio questi loro segreti potrebbero essere portatori di sciagura per il povero Francesco.


"Il casale" è un romanzo originale, con una trama davvero intrigante, che, mescolando con scioltezza vari generi, parte come una storia tranquilla, ci regala inizialmente, come dicevo più su, anche momenti contrassegnati da un certo umorismo - grazie alle "morbose radiografie" che il protagonista fa di qualsiasi dettaglio (che appartenga a luoghi, eventi, alla fisicità delle persone) e che inevitabilmente fanno sorridere perchè rendono certe situazioni assurde - per poi man mano virare verso sfumature più misteriose, drammatiche e noir, in cui sentiamo crescere gradualmente la tensione narrativa ad ogni capitolo, immaginando che qualcosa di irreversibile e oscuro accadrà per forza, e insieme a Francesco realizziamo che davvero non c'è inezia che non possa tramutarsi in tragedia, così come non ci sono nuvoloni che non anticipino un temporale.
Si arriva ad un finale decisamente amaro ma assolutamente coerente con tutta l'architettura narrativa creata dall'autore, il cui esordio letterario ho davvero molto apprezzato.

Consigliato, tanto più se vi piacciono le storie in cui il confine tra "normale" e assurdo è molto sottile, dove dietro il banale si può occultare qualcosa di deforme e pericoloso; storie in cui emerge ciò che risiede nel profondo dell'essere umano, con tutte le sue ambiguità, i suoi peccati inconfessabili, le ipocrisie, gli egoismi e le sue bassezze.
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