Uno dei miei classici preferiti, che non posso non consigliare a chi ama questo genere letterario, è sicuramente DAVID COPPERFIELD (titolo originale: The Personal History, Adventure, Experiences, and Observation of David Copperfield) di Charles Dickens (1812-1870), pubblicato nel 1850.
Avendolo letto diversi anni fa, non mi sento in grado di farne una recensione approfondita e
Ed. Mondadori 1152 pp |
Il protagonista è ovviamente David Copperfield, che conosciamo sin da piccolino: nasce un venerdì di marzo, a mezzanotte, nell’ora dei fantasmi, da una madre troppo giovane e innocente e con vicino due donne, la domestica Peggotty e la burbera zia Betsey Trotwood, la futura salvatrice dell’orfano.
Solo e senza l'adorata madre, è costretto dal patrigno a lavorare presso un negozio di Londra e David sperimenta la dura scuola del maestro Creakle.
Disperato fugge a piedi a Dover, dove la zia Betsey, accetta di occuparsi di lui, così lo manda a Canterbury, per educarlo, in casa del suo avvocato, e lì conosce Agnes, una dolce fanciulla, con cui allaccia un affettuoso legame (in realtà la fanciulla s'innamora di Copperfield, ma lui pare non accorgersene).
Divenuto cronista parlamentare e conquistata anche fama letteraria, David sposa Dora, ma il destino non ha smesso di mescolare le sue carte e di riservare sorprese, anche amare, al giovanotto...
Sin da quando è soltanto un bimbo, si capisce come il protagonista sia buono e nutra una sua cieca e pura fiducia nella benevolenza della Provvidenza, fede che viene messa di continuo alla prova dalla malvagità di svariate persone che incrocia lungo il proprio cammino, dall'amico Steerforth al detestato Uria Heep, individui che fin da giovani decidono di vivere in modo ingiusto, o ancora dal cameriere Littimer allo spendaccione Micawber.
Interessanti i personaggi femminili di David Copperfield: nel suo egoismo infantile, David non si accorge che la madre è una donna come tutte le altre e che può avere delle esigenze coniugali e sentimentali come è normale che una donna abbia; anni dopo, trasferisce la figura materna nella moglie-bambina Dora, resa poco più che un "giocattolo", innocente e privo di sensualità.
Stesso discorso vale per Agnes, considerata alla stregua di una sorella.
L’eros esplode nelle figure di Emily e nella prostituta Martha, che David salva mentre sta per buttarsi nel Tamigi, in Rosa Dartle, sedotta in gioventù da Steerforth.
David Copperfield è intriso di valori cristiani - l’equilibrio morale, la compassione... - ma allo stesso tempo ne percepiamo il brivido del cambiamento, l’ansia e la paura del futuro che l’orfano David ha imparato a temere fin da piccolo; accanto ad essi, continuano a visitarlo i fantasmi e le ombre di coloro che sono morti.
Ne ho un ottimo ricordo, se non fosse così grosso, lo riprenderei per rileggerlo ^_^
«Oh, la mia moglie-bambina, tra le tante figure che si muovono nella mia memoria ce n’è una ferma che mi dice, con il suo innocente amore e con la sua bellezza infantile, fermati a pensare a me… girati per guardare il piccolo fiore, mentre cado volteggiando per terra. Lo faccio. Tutto il resto si offusca e sbiadisce. […] Ma sono cosciente adesso che la mia mogliettina mi lascerà? Mi hanno detto che è così; dentro di me lo sapevo già; ma non sono ancora sicuro di aver preso sul serio quella verità. Non riesco a dominarla. Mi sono ritirato per conto mio, molte volte oggi, a piangere. Ho ricordato colui che pianse per un addio fra i vivi e i morti […] Tengo la sua mano nella mia, il suo cuore è nel mio, vedo il suo amore per me, vivo in tutta la sua forza. Non posso scacciare l’ombra pallida e tenue della convinzione che verrà risparmiata. […] Poso il viso accanto al suo sul cuscino, e lei mi guarda negli occhi, e parla molto piano. Gradualmente, mentre procede, sento, e mi tocca il cuore, che parla di sé al passato.
« - Ho paura, mio caro, di essere stata troppo giovane. Non solo per gli anni, ma per l’esperienza e per i pensieri, e tutto il resto. Ero solo una sciocca creatura! […] Ho iniziato a pensare che forse non ero adatta a fare la moglie.
« - Ho paura, mio caro, di essere stata troppo giovane. Non solo per gli anni, ma per l’esperienza e per i pensieri, e tutto il resto. Ero solo una sciocca creatura! […] Ho iniziato a pensare che forse non ero adatta a fare la moglie.
Cerco di fermare le mie lacrime, e di replicare: - Oh, Dora, amore, non più di quanto ero adatto io a fare il marito! […]
Non lo so come passa il tempo; poi vengo richiamato dal vecchio compagno della mia moglie-bambina. Più inquieto di prima, striscia fuori dalla pagoda, mi guarda, va verso la porta, e piange, perché vuole andare di sopra. […] Si stende ai miei piedi, si stira come per dormire, e con un lamentoso ululato, è morto.
« - Oh, Agnes! Guarda, guarda qui! – […] Quel viso, così pieno di dolore e di pietà, lo scorrere delle lacrime, quel terribile appello muto a me, quella mano solenne alzata verso il cielo! – Agnes? – È finita. Il buio mi viene davanti agli occhi; e per del tempo, tutte le cose sono cancellate dai miei ricordi».
«E adesso finisce la mia storia scritta. Mi guardo indietro, ancora una volta – l’ultima – prima di chiudere questi fogli. Mi vedo con Agnes […], vedo i nostri figli e i nostri amici intorno a noi; e sento il frastuono di molte voci, che non mi sono indifferenti, mentre proseguo il viaggio. Tra la folla che passa quali sono i volti che riesco a distinguere meglio? Guardali; si rivolgono tutti verso di me mentre pongo questa domanda ai miei pensieri! […] E adesso, mentre finisco il mio compito, vincendo il desiderio di indugiare ancora, questi volti svaniscono. Ma un solo volto, che brilla su di me come una luce celestiale che mi permette di vedere tutto il resto, è sopra quelli e oltre tutti quelli. E resta. Giro la testa e la vedo, nella sua meravigliosa serenità, accanto a me. […] Oh Agnes, anima mia, che il tuo viso possa essermi accanto quando finirà la mia vita; possa io, quando la realtà scivolerà via come le ombre che ora saluto, trovarti ancora accanto a me, a indicare l’alto!»