lunedì 17 maggio 2021

Recensione: UNA POSIZIONE SCOMODA di Francesco Muzzopappa



Fabio Loiero è un giovanotto i cui sogni di gloria giovanili si sono infranti contro la dura realtà: sin da ragazzo, infatti, sogna di lavorare come sceneggiatore per i migliori registi italiani e non, ma qualcosa dev'essere andato storto se attualmente è sì sceneggiatore,  ma non di film d'autore, bensì di filmetti a luci rosse.
Professione che, manco a dirlo, odia con tutto se stesso.
Riuscirà a riscattarsi da un'esistenza e da un lavoro tutt'altro che gratificanti?


UNA POSIZIONE SCOMODA
di Francesco Muzzopappa


Fazi Ed.
221 pp
Se uno si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, collezionando, agli inizi del proprio percorso di scrittore di piccole sceneggiature, delle critiche positive, ci sta che maturi l'idea di avere talento e di poter ambire a lavorare scrivendo per grandi registi, del calibro di Amelio e Sorrentino.

E in effetti Fabio è una promessa del cinema italiano..., o per meglio dire, lo è stato.
Quando si è molto giovani, si sa, si è convinti di avere il mondo in mano e di poter anche fare gli schizzinosi, rifiutando offerte che, sul momento, non paiono essere chissà quale trampolino per lanciare la propria emergente carriera, ed è ciò che successo al protagonista.

Dopo aver risposto troppe volte no a offerte di lavoro da lui ritenute "niente di che", ecco che si ritrova a fissare un telefono sempre muto... I ripetuti rifiuti gli hanno fatto terra bruciata, per cui il mondo del cinema - sulla cui soglia aveva appena messo piede - sembra essersi completamente dimenticato di Fabio Loiero.

A dare una scossa alle giornate di un ragazzo ormai afflitto, annoiato, demotivato, ci pensa un incontro casuale e, per certi versi fortuito: quello con Romina, una trans che di lavoro fa la produttrice di film e che gli propone di collaborare con la sua casa di produzione.
Disperato ed in cerca di occupazione, il povero Fabio dice sì, per poi scoprire che si tratta di film porno!

Si ritrova, quindi, da un giorno all'altro, a scrivere sceneggiature di film hard, cosa che lo manda in crisi perché per lui non c'è niente di eccitante nel buttar giù trame e dialoghi decisamente poco edificanti e dei quali si vergogna di essere l'autore.

Infatti, nessuno delle sue conoscenze - tranne una vecchia amica, sboccata e bestemmiatrice provetta - sa che scrive film porno, e lui ha tutti gli interessi affinché la cosa resti segreta, soprattutto è terrorizzato che possa arrivare alle orecchie dei genitori.
Sua madre crede che il suo bambino lavori per opere di un certo spessore culturale e che lo faccia con quel candore e quell'innocenza angeliche che da sempre hanno contraddistinto il suo buon Fabio; suo padre gli manda ogni giorno link per sentire la messa e messaggini tratti dai Vangeli per edificare la sua anima ed elevarla verso il cielo.
Se sapessero che il loro unico figlio scrive sconcezze, porcherie che solo a nominarle si diventa rossi di vergogna, potrebbero morire d'infarto.

E allora, meglio lavorare in sordina e soffrire da solo e in silenzio tra le mura di casa.
Il rischio che però la sua faccia venga sbattuta in TV e associata al cinema hard, diventa concreto quando uno dei film da lui firmati, L'importanza di chia*arsi Ernesto, è in lizza al Festival del Porno di Cannes e, secondo Romina, è lui a dover andare alla manifestazione e a ritirare la statuetta (vi lascio immaginare che forma abbia il premio...) nel caso vincesse come miglior sceneggiatore.

Ovviamente Fabio cerca in tutti i modi di sfuggire all'ingombrante ed imbarazzante impegno: lui già vive come un peso il proprio particolarissimo lavoro, figuriamoci cosa accadrebbe se parenti ed amici ne venissero a conoscenza!

Ma Romina è così insistente che Fabio le dice sì... a una condizione, però, e forse sarà proprio questo piccolo "ricatto" a offrirgli l'occasione della vita.

Il nostro sfortunato sceneggiatore, infatti, tiene chiuso in un cassetto il copione di una possibile film che egli ritiene essere brillante e ben fatto: Il cielo di piombo aspetta solo di finire nella mani di produttori e registi giusti, che sappiano valorizzare la sua bravura e lasciarlo finalmente entrare nell'Olimpo dei grandi del cinema.
La sola idea che alcuni suoi amici del Centro Sperimentale, che non hanno mai brillato per talento e creatività, possano collaborare con registi e attori di un certo calibro, e lui, che invece era promettente e apprezzato, sia finito nel dimenticatoio, basta a mandarlo in depressione e a renderlo insofferente ad aprire anche solo uno spiraglio a qualcuno di questi ex-compagni, che ogni tanto sbucano dal passato e lo contattano per vantarsi dei propri successi, cosa che ovviamente lo manda in crisi ancor di più.

Riuscirà il povero Fabio a dare una svolta alla propria carriera che non accenna a decollare, anzi..., rischia di affondare sempre più?

Anche questo romanzo di Muzzopappa mi ha divertito molto: il protagonista è un giovanotto che si sente un po' un genio incompreso, che non è riuscito a sfondare per un'abbondanza incontrollata di sfiga; i personaggi che gli ruotano attorno - ognuno con i propri eccessi, dai pii genitori a Romina e tutti coloro che lavorano nel cinema hard, con le loro stranezze e le loro estrose volgarità - contribuiscono a creare delle situazioni buffe, delle vere e proprie gag che mi hanno strappato più di una risata.

Credo sia il quarto libro che leggo di quest'autore e ogni volta è un'iniezione di buon umore: il suo senso dell'umorismo, l'arguta ironia e la leggerezza che contraddistinguono le sue storie mi conquistano ogni volta.
Ideale per chi ha voglia di una lettura spassosa e spensierata.

sabato 15 maggio 2021

Recensione: LA CONGIURA DELLE PASSIONI di Pietro De Sarlo


Ambientato in Basilicata nel periodo cruciale del Risorgimento, il romanzo storico di Pietro De Sarlo si concentra su fatti ed antefatti che, nel condurre dritti al processo di unificazione del nostro Paese, mostrano un Sud disomogeneo, frammentato, in balìa della confusione, diviso tra chi vorrebbe che il proprio presente restasse tale ma se lo vede, suo malgrado, scivolare tra le mani, e chi, in nome di un presunto progresso, è proiettato al "nuovo" che avanza, il quale sopraggiunge con il subdolo aiuto di chi è pronto a tradire le proprie radici e la propria terra, e la crudele forza delle armi e delle vessazioni da parte dello straniero occupante.


LA CONGIURA DELLE PASSIONI
di Pietro De Sarlo



Altrimedia Ed.
238 pp
"...la Storia va avanti per le sue correnti misteriose e non
dove sia giusto che vada e opporvisi non è una grande idea".

A Monte Saraceno (nome di fantasia), nell'Appennino Lucano, vive il figlio del Notaro di paese, il giovanissimo Pietrino, che si ritrova spettatore (e non solo) di eventi storici molto più grandi di lui.
In casa e in paese, ormai, non si parla d'altro: di questo personaggio che, alla testa dei suoi Mille, vuole conquistare il Regno delle Due Sicile:

"questo Garibaldo chi è e perché viene a invadere il Regno? Nessuno ci ha dichiarato guerra, Dio ci scampi e liberi!» (...) questo Garibaldo chi lo manda? Nessuno? E allora non è generale ma bandito, mi pare, o no?» 

Il fratello della mamma di Pietrino, lo zio Nicola Maria, ha abbracciato la causa dei Piemontisi, che vogliono il Mezzogiorno per formare un Paese unito, e il ragazzo ne è oltremodo affascinato; intanto, in cambio della fedeltà al Re di Sardegna, Vittorio Emanuele II, e di un arruolamento tra le file dei suoi eserciti, ai cafoni sono state promesse le terre, così da incoraggiarli a voltare le spalle a Franceschiello - il re Ferdinando II di Borbone - e ad accogliere il nuovo Re.

Il curioso Pietrino vive le proprie giornate divertendosi con gli amici ma con un orecchio sempre teso "alle cose degli adulti", di cui legge, tanto nei volti tirati quanto nei toni di voce irati, cruccio, timore, rabbia, perplessità, dubbi.
Attorno a lui gravitano altri personaggi, a partire da suo padre (il Notaro), preoccupato dalla piega che stanno prendendo gli eventi a causa di questo Garibaldo e dell'esercito piemontese; il cugino di lui, 'U Barone, uomo di potere, da sempre tenuto in considerazione da tutti in paese, che però pare stia mostrando un atteggiamento favorevole verso "lo straniero", cosa che non viene ben vista dai compaesani.

E poi ci sono la bella e procace Mirna (che provoca in un imbarazzato ed infatuato Pietrino i primi brividi di piacere) e sua madre 'A Masciara, una donna combattiva, dal carattere forte e determinato, che in molti rispettano e temono perché considerano una "strega", una fattucchiera che lancia malocchi e sentenze senza fallire mai un colpo.

Se i personaggi maschili sono perlopiù, e a diverso titolo, coinvolti nelle questioni politiche, militari e sociali inerenti il passaggio dal regno borbonico a quello sabaudo (con tutto ciò che l'ha caratterizzato, tra brigantaggio, massacri di civili, plebisciti farsa, ufficiali borbonici trasformatisi in delatori e spie...), e spesso si impongono per la volubilità, l'arroganza, l'infedeltà - che sia il borioso Barone, convinto di dover avere tutti e tutte ai suoi piedi, o il tenente Corsini, che alterna alle imprese militari amorose avventure con ingenue (o quasi) donzelle (cosa che gli costerà cara) o il Capitano Emilio Sole, la cui irreprensibile e convinta devozione alla causa borbonica verrà messa alla prova -, ad apparirci più coerenti, decise e granitiche sono donne come Giulia, governante del Barone, ormai immune al fascino e alla prepotenza di quest'ultimo, la coraggiosa Mirna o ancora come sua madre, 'A Masciara, un personaggio femminile rilevante che incarna il Meridione, col suo carisma, la sua forza, le sue ancestrali superstizioni e, più di tutto, l'attaccamento viscerale alla propria terra, che lei vorrebbe poter difendere con le unghie e con i denti dal vigliacco usurpatore.

Ogni personaggio di questo libro, che potremmo rassomigliare - come suggerisce nella prefazione Gennaro De Crescenzo - ad un'opera teatrale, concorre, più o meno attivamente, a dare il proprio contributo all'avvicendarsi di fatti, intrighi, tradimenti, drammi individuali, famigliari e collettivi, tutti incastonati in un unico contesto: quello di una terra - lucana, nello specifico; meridionale, in generale - e di un momento storico contrassegnati da venti di cambiamento, da turbolenze e difficoltà di varia natura che marcano e feriscono il Mezzogiorno, calpestato da una parte da nuovi ceti liberali dominanti, bramosi di potere e ricchezza, dall'altra dalla "ottusa e selvaggia repressione dei generali piemontesi".

Come poteva il Sud, e ancor meno un paesotto di contadini, diviso al suo interno tra chi resta fedele a re Francesco - Dio guardi! - e chi pensa che ormai il Regno delle Due Sicilie sia sinonimo di arretratezza e appartenga al passato, resistere?

"Sarebbe bastata una scintilla per far precipitare tutto e con l’estate, più che una scintilla, fu il fuoco delle passioni civili e amorose a determinare la catastrofe."

A creare dinamicità e a tenere incollato il lettore alle vicende narrate, quindi, sono sia le tante piccole storie che vedono alternarsi quali protagonisti alcuni di questi personaggi, sia la Storia - dove quella ufficiale, quella nota perché scritta dai vincitori, riportata sui libri e che abbiamo appreso anche a scuola, si scontra con "l'altra Storia", l'altra faccia della medaglia, con una narrazione dei fatti diversa che vede con un occhio decisamente meno edulcorato il processo di unificazione del nostro bel Paese.

Un'annessione o un'invasione? I piemontesi erano un esercito di occupanti in cerca di una terra da conquistare o lo strumento per liberare il povero e ignorante Mezzogiorno dal giogo arretrato dei Borbone?

«...qui a Monte Saraceno siete tutti contro la modernità e preferite il medioevo del Borbone! I piemontisi porteranno le strade, la via ferrata e il viver civile e… danari»
«Danari dite? L’Unità d’Italia è stata e sarà, ne ho fede invitta, la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, solo lo scorso anno, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’Unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.».


De Sarlo racconta questo complesso periodo storico in modo superbo, incastrando armonicamente gli elementi fittizi, propri della forma romanzata, con quelli veri appartenenti alla Storia, e in particolare a quella parte di storia meno nota ai più perché, si sa, la "versione" dei vinti viene facilmente sacrificata sull'altare delle "versioni ufficiali".

Ed è ai vinti che, in un certo senso, De Sarlo dà voce, mostrandoci con energia e realismo, con dialoghi incalzanti e un linguaggio vivace e consono al contesto e ai singoli attori, quanto travagliato sia stato il parto da cui ha avuto origine il nostro Paese, nato tra le doglie dolorose dei tradimenti e del sangue versato di innocenti.


"Questa Italia è una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco il Meridione e le isole squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentano di infamare chiamandoli briganti."

Ciò che ne viene fuori è il ritratto affascinante e profondamente complesso di un'Italia purtroppo divisa, di un Mezzogiorno costretto, suo malgrado, ad attraversare il passaggio (tutt'altro che indolore e felice) da un regno ad un altro, passaggio che non necessariamente ha significato un vero miglioramento e che automaticamente è stato un "passo in avanti" dal punto di vista sociale, economico ecc.

Ringrazio di cuore l'Autore per avermi nuovamente omaggiato con la sua ultima fatica letteraria; è il suo terzo romanzo che leggo, e ogni volta resto piacevolmente colpita dalla bravura nella scelta e costruzione della struttura narrativa, nella caratterizzazione di personalità sempre particolari e ben delineate, nella precisa descrizione del contesto, che nel caso di questo romanzo storico ho davvero molto apprezzato, e non solo perché amo la Storia (il periodo risorgimentale è tra quelli che maggiormente mi affascinano) ma anche per la capacità di farmi entrare dentro di essa, di portarmi sui "morenti borghi montani di Basilicata", di farmi sentire coinvolta dalle vicende raccontate.

Conoscere e ricordare chi siamo, da dove veniamo, di "cosa" siamo figli, quali sono le nostre radici, non è solo interessante per accrescere il personale bagaglio culturale, ma anche perché il presente e, ancor più, il futuro necessitano della memoria e del passato per essere costruiti con consapevolezza.

Assolutamente consigliato, tanto più se amate il genere e il periodo storico in oggetto.


Citazioni:

“Fummo traditi egualmente, egualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo dalle nostre sventure; ché mai ha durato lungamente l’opera della iniquità, né sono eterne le usurpazioni. Una guerra ingiusta e contro la ragione delle genti ha invaso la Patria, non ostante che fosse in pace con tutte le potenze straniere d’Italia e d’Europa. Vedete in che stato siamo."

«E questo è quello che lascerete su questa terra. Una terra che fu data all’Origine del Mondo dal Sempiterno per antico patto a streghe e fieri briganti e che voi avete ucciso ma non piegato. Avete vinto con il tradimento e l’inganno e con l’aiuto di serpi con sembianze umane lanciate in mezzo a noi dal Maligno. Senza pudore hanno succhiato il latte della Madre Terra che li ha messi al mondo per poi avvelenarla e darla in pasto allo straniero che tutto ha depredato, stuprato e vilmente ucciso.»


giovedì 13 maggio 2021

RECENSIONE: UN UOMO COSÌ di Agnese Moro



Tra queste pagine la figlia dell'onorevole Aldo Moro condivide con i lettori frammenti di ricordi di aneddoti, episodi, abitudini e gesti che ci donano il ritratto intimo, genuino e commovente di un uomo, che è stato un padre, un marito, un nonno, sempre amorevole e attento al benessere dei propri cari, oltre che un politico integro e dedito con passione e convinzione al proprio lavoro.,


UN UOMO COSÌ 
di Agnese Moro


Rizzoli
109 pp
A scrivere è una figlia che ci parla di suo padre, di com'era nel privato, tra le mura di casa e grazie al suo racconto ci facciamo un'idea di chi fosse l'onorevole Moro, personaggio politico che ha segnato la storia italiana; una delle radici, buone, della democrazia. 

È come se Agnese Moro aprisse l'album dei ricordi di famiglia e ci rendesse partecipi di alcune preziose istantanee che ci mostrano Aldo Moro padre, sempre premuroso, pieno di cure verso i propri cari, nonostante i tantissimi impegni di lavoro che lo tenevano spesso lontano da casa.

La memoria si sofferma su odori, parole, voci, gesti, sorrisi, abitudini che ci parlano della serena quotidianità di un uomo di fede, colto, discreto e riservato ma tutt'altro che privo di senso dell'umorismo; e attraverso le parole della figlia, ci sembra quasi di vederlo compiere azioni comuni, semplici, che sia sbucciare con calma un'arancia, cantare una canzoncina alla figlia, o impegnato a farsi la barba o nel suo stare attento all'alimentazione; l'Aldo Moro che piange per la morte del padre o ancora che si incupisce dopo aver appreso la notizia dell'attentato di Piazza Fontana, su cui commenterà, proprio con la figlia: 

"...nelle stragi si verifica una coincidenza di interessi tra servizi segreti diversi, con una sorta di tacito accordo tra chi fa e chi lascia fare".

L'aspetto "domestico" però non può essere disgiunto da quello politico, e inevitabilmente l'autrice ci porta brevemente nei viaggi di lavoro, ci racconta come gli impegni di governo e le preoccupazioni del partito entrassero anche tra le mura di casa, benchè egli mai sfogasse frustrazioni e negatività sui propri famigliari.

È quindi il ritratto commovente, lieve e vero, di una persona a modo, sempre educata e gentile con tutti, pronto all'ascolto, al dialogo, alla comprensione e al rispetto reciproco.

«Aldo Moro non appartiene solo a noi, ma anche al suo Paese.», ed è questa verità una delle ragioni che spinge Agnese Moro a presentare la figura di suo padre, impegnato per un trentennio nell’attuazione di quella Costituzione di cui era stato tra gli ideatori ed estensori, e che ha dato il suo grande contributo alla democrazia e alla società italiana.

Credo di non sbagliare nel dire che quando pensiamo ad Aldo Moro le prime cose che ci vengono in mente sono le Brigate Rosse o la foto del cadavere dell'onorevole posto nel bagagliaio di un'auto; in questo libro, però è una figlia che scrive e che seleziona ricordi di vita semplici e commoventi così che per un attimo gli occhi si distolgano dalla tragica fine cui è andato incontro l'amato padre, per far sì che li si apra per guardarlo per quello che, in primis, è stato: un uomo affettuoso, "libero e scomodo", molto amato e, di certo, a distanza di 43 anni, mai dimenticato.

Mi hanno commossa molto le tre lettere che Agnese riporta e che il papà scrisse mentre era sequestrato: una per il nipotino Luca, una per la stessa Agnese e quella per la moglie; parole dolci, piene di amore ma anche di dolorosa rassegnazione perché il timore di non rivedere mai più i volti amati era fin troppo concreto.
Un libro piccolo ma profondo, che ci avvicina a quest'uomo che, nei ricordi di una figlia privata dell'adorato padre troppo presto e crudelmente, ci viene restituito non semplicemente come il politico democristiano vittima della BR, ma ancor prima come un padre di famiglia.

martedì 11 maggio 2021

Novità Frilli Editori: TI VERRO' A TROVARE IN SOGNO di Roberta Spadotto || IL BANCHIERE DI MILANO di Ippolito Edmondo Ferrario



Buongiorno, lettori!
Torno a segnalarvi un paio di romanzi che, spero, possano incuriosire soprattutto coloro che amano gialli e noir; entrambi sono pubblicati da Fratelli Frilli Editori.

Partiamo dal promettente esordio della talentuosa scrittrice milanese Roberta Spadotto, autrice di un giallo psicologico che si svolge interamente a Milano in un'atmosfera apparentemente normale. Il romanzo è da intendersi come una specie di prequel con protagonista nelle indagini la PM Maddalena Fiorito.


TI VERRO' A TROVARE IN SOGNO 
di Roberta Spadotto 



Fratelli Frilli Editori
220 pp
12.90 euro
Un segreto sepolto nella memoria per decenni può affiorare all’improvviso, in una mattina qualunque, a Milano. 
Fulvio che non si era vendicato da ragazzo per difendere la donna che amava solo ora, a cinquant’anni, trova la rabbia per farlo. 
Una rabbia cieca che prende di mira un uomo sconosciuto, Giacomo, responsabile di aver inciso nello sguardo quell’identica colpa. 
Uno sparo e la vita dei due uomini cambia per sempre. E così quella di altre persone a loro vicine. 
La pm Maddalena Fiorito che indaga su un caso apparentemente privo di movente, si imbatterà nella più difficile risoluzione delle esistenze di quattro donne, ognuna legata per vie diverse alla vittima e al carnefice. 
Scoprendo che esiste un sottile, e a volte fatale, legame con le persone che non conosciamo e in cui ci imbattiamo “per caso”; che ci sono amori di un’estate mai giunti a compimento che rimangono intatti per sempre e che la solidarietà femminile è in grado di riscrivere qualsiasi storia, anche le più negative, anche quelle che la sorte o la vigliaccheria umana hanno voluto interrompere. 

L'autrice.
Roberta Spadotto vive a Milano. È giornalista a tempo pieno e mamma di due figli maschi e di due gatti, maschio e femmina. Lettrice onnivora, coltiva la scrittura “come può, quando può e dove può”, come diceva Céline. Ha pubblicato due racconti: Un varco tra i sensi (nella raccolta Chiama quando vuoi. Racconti di passione e d’amore, Mondadori 1992); e A Viola, finalista del premio “Elsa Morante” e pubblicato nella raccolta Sirene. I racconti del mare (Terre di Mezzo, 2004). Ti verrò a trovare in sogno è il suo primo romanzo.


Il secondo libro è il nuovo appassionate romanzo di Ippolito Edmondo Ferrario, che si presenta nelle librerie con un nuovo personaggio decisamente cinico, sprezzante, disincantato.


IL BANCHIERE DI MILANO
di Ippolito Edmondo Ferrario


Fratelli Frilli Editori
220 pp
12.90 euro
Sullo sfondo di una Milano innevata da un inverno freddo e cupo, si alternano diversi personaggi egocentrici, narcisisti e tutti assetati di fama e di potere. In questo avvincente romanzo noir ricco di suspence, si intrecciano storie e interessi di uomini e di donne legati dalla bramosia di ricchezza a qualunque costo. Anche della vita stessa!

A comporre il puzzle del noir un giovane politico, l’Onorevole Enrico Villa (detto “il bomber”), di idee molto vicine all’estrema destra, la “famiglia” Surace, con a capo Don Pasquale (e i suoi due figli), convinto che gli errori si paghino solo con il sangue, ma con una visione rivolta al futuro e al cambiamento al quale ci si deve inevitabilmente preparare. 
E ancora due amici e soci in affari decisamente poco leciti, il costruttore Matteo Pirovano e il commercialista Paolo Fumagalli, ai quali si aggiunge la moglie di quest’ultimo, Elisabetta, disposta a tutto per mantenere il suo status sociale e non solo…

In tutto questo mix di personalità così diverse tra loro, si affaccia un nuovo personaggio: Raoul Sforza, l'ultimo discendente di una nota famiglia di banchieri meneghini, maestro di alta finanza, mecenate e appassionato di musica rock al punto che è l’unica vera passione che riesce davvero a placare il suo animo inquieto.
A dare una svolta ai personaggi è l’arrivo nella vita del banchiere della giovane Viola, figlia di Paolo Fumagalli. Il padre è stato ritrovato morto assassinato dopo un breve rapimento finito in tragedia e, nelle sue ultime volontà, affida il destino della figlia e del suo patrimonio all’astuzia e al fiuto del noto banchiere meneghino. 
Nelle carte fatte ritrovare alla figlia, vi sono importanti documenti lasciati proprio a Sforza, che rivelano una verità che vale ben oltre la ricchezza posseduta…

L'autore.
Nato a Milano nel 1976, Ippolito Edmondo Ferrario è autore di numerosi saggi e romanzi. Tra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo le edizioni 2018, 2015 e 2013 di “Alla scoperta di Milano sotterranea” (con Gianluca Padovan, Newton Compton Editori). Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato “Il pietrificatore di Triora” (2006); “Triora, il paese delle streghe”; “Storia, itinerari, curiosità, gastronomia” (con Elisabetta Colombo, 2007); “Il collezionista di Apricale” (2007); “Le notti gotiche di Triora” (2009); “L’Antiquario di Brera” (2015); “Il demone di Brera” (2016) e “Ultimo Tango a Milano” (2018); La Gorgone di Milano (con Gianluca Padovan - 2019).


domenica 9 maggio 2021

Il 9 maggio 1860 nasceva Sir James Matthew Barrie, il creatore di Peter Pan


Il 9 maggio 1860, a Kirriemuir, Angus, Scozia, nasceva Sir James Matthew Barrie, 1 ° Baronetto, drammaturgo e romanziere scozzese, meglio conosciuto come il creatore di Peter Pan, il ragazzino che non voleva crescere, protagonista di una storia fantastica dove questo ragazzo senza età e una ragazza normale di nome Wendy vivono incredibili avventure nell'Isola che non c'è.

Figlio di un tessitore, ultimo di dieci figli, Barrie ha vissuto, a soli sei anni, un grave lutto, da cui non s'è mai totalmente ripreso: la morte del fratello maggiore, annegato mentre pattinava sul ghiaccio. Per consolare la madre addolorata, il bambino prese a vestirsi come lui e lo imitava nei comportamenti e nei gesti.
Questa tragedia famigliare ha avuto di certo il suo peso sulla formazione della sua personalità e per tutta la vita Barrie ha voluto riconquistare, nelle sue opere come nella vita reale, gli anni felici di prima della perdita del fratello (e, in un certo senso, della madre) mantenendo una forte componente infantile anche da adulto.

Barrie studiò all'Università di Edimburgo per poi trasferirsi a Londra come scrittore freelance nel 1885. Il suo primo libro di successo, Auld Licht Idylls (1888), conteneva frammenti di vita a Kirriemuir; Il piccolo ministro (1891), è un romanzo molto sentimentale che divenne un best seller e, dopo la sua drammatizzazione nel 1897, Barrie cominciò a scrivere principalmente per il teatro. 

Si sposa nel 1894 con l'attrice Mary Ansell, da cui non ebbe figli, anche perché pare che il matrimonio non sia stato proprio consumato!

A un cenone di Capodanno del 1897, incontrò Sylvia Llewellyn Davies, la figlia dello scrittore e caricaturista George du Maurier, uno dei suoi autori preferiti; in quell'occasione, nel chiacchierare, la donna scopre che lo scrittore scozzese era già amico di tre dei suoi figli, conosciuti durante le sue visite regolari ai giardini di Kensington, dove lo scrittore era solito recarsi per portare a spasso il suo cane San Bernardo.
Sylvia Llewelyn Davies,
fotografata da J.M. Barrie 
nel 1898
Proprio la conoscenza e la frequentazione dei fratelli Davies ispirò James nella creazione dei personaggi di fantasia che gli diedero tanta celebrità.

Trascorse diverso tempo in loro compagnia, tanto da diventare un famigliare per loro, arrivando ad ospitarli nel proprio cottage e inventare giochi e storie per divertirli. 

Purtroppo, l'autore fu accusato di pedofilia, mai provata, e anzi le voci furono completamente smentite in seguito dal più piccolo dei Davies, ormai adulto, Nicholas.

È il 1904 quando Peter Pan debutta nei teatri londinesi, nello spettacolo Peter Pan, o il ragazzo che non voleva crescere e ad interpretare il protagonista è un'attrice; il successo fu immediato.
Nel 1906 esce la prima versione del romanzo, ovvero Peter Pan nei giardini di Kensington, e nel 1911 la seconda versione Peter e Wendy.

James non smise mai di ritoccare il testo, che vide la versione definitiva nel 1928. 

Intanto Sylvia Davies si ammalò e morì nel 1910,  lasciando come disposizione che fosse Barrie ad avere la custodia, con la madre di lei, dei suoi figli. 

Purtroppo, dei quattro ragazzi, due morirono giovani: uno di essi (George) morì in guerra, mentre Michael annegò, forse suicida, a 20 anni; Peter si tolse la vita nel 1960, un anno dopo la morte del fratello Jack. Ad avere una vita più longeva è stato Nicholas, morto nel 1980.

James Matthew Barrie muore il 19 giugno 1937, a Londra, cedendo i diritti delle opere di Peter Pan al Great Ormond Street Hospital for Children di Londra.


Pillole di curiosità:

Barrie ha avuto il privilegio di raccontare le sue storie alle giovani figlie del duca di York, alla futura regina Elisabetta II e alla principessa Margaret.

Anticipando Conan Doyle, Barrie "uccise" il famoso investigatore Sherlock Holmes nel racconto parodia "The Final Problem" (1893).

Il Nostro era senz'altro un tipo eccentrico: ad es., ordinava cavoletti di Bruxelles ogni giorno a pranzo solo perché gli piaceva pronunciare quelle parole.

Creò una squadra di cricket composta da celebrità, come G.K. Chesterton, Arthur Conan Doyle, Jerome K. Jerome, A.A. Milne e H.G. Wells. si facevano chiamare gli Allahakbarry nell'errata convinzione che la frase araba "Allah akbar" significasse "il cielo ci aiuti", quando in realtà significa "Dio è grande".

Oltre al classico Disney del 1953, tra le altre versioni cinematografiche di Peter Pan c'è quella di Spielberg, Hook (1991), con Robin Williams nei panni del protagonista, Dustin Hoffman in quelli di Capitan Uncino e Julia Roberts, Campanellino; la versione del 2003, Peter Pan, in occasione del centenario dell'esordio della stessa sulle scene teatrali.

Pan - Viaggio sull'isola che non c'è è del 2015 e vede nel cast Hugh Jackman e Rooney Mara.

Neverland - Un sogno per la vita (Finding Neverland) è del 2004 diretto da Marc Forster ed interpretato da Johnny Depp, Kate Winslet e Dustin Hoffman, e narra in maniera sufficientemente fedele un periodo della vita dello scrittore.



Fonti consultate:

https://www.britannica.com/
https://www.famigliacristiana.it/
https://interestingliterature.com/
Wikipedia 

sabato 8 maggio 2021

Ultimi arrivi nella mia libreria (maggio 2021)



Ultimamente ho acquistato un paio di romanzi a un prezzo vantaggioso.

Uno è un thriller psicologico di Donato Carrisi, autore che amo molto e di cui ho letto diversi libri: LA CASA DELLE VOCI (400 pp).

Trama

Gli estranei sono il pericolo. Fidati soltanto di mamma e papà. Pietro Gerber non è uno psicologo come gli altri. La sua specializzazione è l'ipnosi e i suoi pazienti hanno una cosa in comune: sono bambini. Pietro è il migliore di tutta Firenze, dove è conosciuto come l'addormentatore di bambini. Ma quando riceve una telefonata dall'altro capo del mondo da parte di una collega australiana che gli raccomanda una paziente, Pietro reagisce con perplessità e diffidenza. Perché Hanna Hall è un'adulta. Hanna è tormentata da un ricordo vivido, ma che potrebbe non essere reale: un omicidio. Hanna è un'adulta oggi, ma quel ricordo risale alla sua infanzia. E Pietro dovrà aiutarla a far riemergere la bambina che è ancora dentro di lei. Una bambina dai molti nomi, tenuta sempre lontana dagli estranei e che, con la sua famiglia, viveva felice in un luogo incantato: la «casa delle voci». Quella bambina, a dieci anni, ha assistito a un omicidio. O forse non ha semplicemente visto. Forse l'assassina è proprio lei.



*****


L'altro è di Ilaria Tuti, di cui di recente ho letto FIORE DI ROCCIA; sugli scaffali della mia libreria c'è già Fiori sopra l'inferno, primo libro della serie avente come protagonista Teresa Battaglia, e pochi giorni fa ho comprato Ninfa dormiente (secondo libro della serie, il terzo è  LUCE DELLA NOTTE).


Trama

Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi, ormai. Violenze sepolte dal tempo e che d’improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. 
Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. 
Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno.
Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l’inferno, ogni giorno l’inferno mi abita e mi divora. Perché c’è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. 
Eppure, questa potrebbe essere l’ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa.


Ho letto che il 3 giugno uscirà il quarto libro, FIGLIA DELLA CENERE (368 pp).

«La mia è una storia antica, scritta nelle ossa. Sono antiche le ceneri di cui sono figlia,ceneri da cui, troppe volte, sono rinata. E a tratti è un sollievo sapere che prima o poi la mia mente mi tradirà, che i ricordi sembreranno illusioni, racconti appartenenti a qualcun altro e non a me. È quasi un sollievo sapere che è giunto il momento di darmi una risposta, e darla soprattutto a chi ne ha più bisogno. Perché i miei giorni da commissario stanno per terminare. Eppure, nessun sollievo mi è concesso. Oggi il presente torna a scivolare verso il passato, come un piano inclinato che mi costringe a rotolare dentro un buco nero. Oggi capirò di dovere a me stessa, alla mia squadra, un ultimo atto, un ultimo scontro con la ferocia della verità. Perché oggi ascolterò un assassino, e l'assassino parlerà di me.»

giovedì 6 maggio 2021

Recensione: ELBRUS di Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa



A fronte del grave problema del surriscaldamento globale - che sta producendo ormai effetti devastanti, tanto da compromettere seriamente la sopravvivenza dell’umanità e di tutte le specie animali e vegetali del pianeta Terra -, un gruppo di scienziati è disposto a sfidare le leggi della scienza, della genetica e dell'etica pur di garantire al genere umano di continuare ad esistere. 


ELBRUS 
di Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa


Armando Curcio Editore
313 pp
La storia è ambientata in un futuro non troppo vicino al nostro presente e, più precisamente, ci si muove tra due differenti periodi: il periodo tra il 2113 e il 2118, e il 2155.

La vita sulla Terra è diventata un problema: i cambiamenti climatici prodotti dal riscaldamento globale hanno determinato nuovi equilibri geopolitici, per cui i paesi prima poco popolati perché più freddi, adesso vivono una situazione di sovrappopolamento e migrazioni di massa; questo porta con sé una problematica non irrilevante in quanto le risorse, che permettono il sostentamento del genere umano nel prossimo futuro, scarseggiano. 

Che fare?
Si è cercato di provare a vedere se fosse possibile la colonizzazione di altri pianeti ma l’esplorazione spaziale ha fallito, finora.

I limiti non risiedono in un insufficiente progresso tecnologico, bensì nelle caratteristiche della natura stessa della specie umana.

Ma, del tutto inaspettatamente, l'aiuto arriva dallo spazio...

Negli anni Settanta del XX secolo gli Stati Uniti avevano sviluppato un programma per la ricerca di vita intelligente extraterrestre: venivano inviati nel cosmo segnali della presenza umana con la speranza che potessero essere captati da altre civiltà.

Ed è quello che succede, ma in modalità che innescheranno una serie di decisioni ed iniziative dalle quali scaturiranno conseguenze dal peso etico e morale non indifferente.

Ad un certo punto, infatti, una nave extra-terrestre, durante uno dei suoi viaggi nel sistema solare, va in avaria; a bordo ci sono degli alieni, che inviano segnali di aiuto, ma i soccorsi giungeranno troppo tardi; moriranno quasi tutti i membri dell'equipaggio, tranne cinque sopravvissuti, che vengono fatti approdare in superficie nella base mineraria dell’EASA (agenzia spaziale).
Col tempo ne sopravvive soltanto uno, chiamato il Viaggiatore, e nonostante egli resti in coma per molti anni, una parte di lui resterà sempre vigile, tanto da riuscire incredibilmente a comunicare con i suoi simili, lontani nel tempo e nello spazio.

Intanto, uomini di scienza molto determinati ed ambiziosi cercano di capire se la presenza di questo essere alieno in coma possa tornare loro utile, in qualche modo; studiando la fisiologia della specie aliena, arrivano ad individuare le caratteristiche genetiche che differenziano gli umani da loro. Le ricerche mostrano da subito una sorprendente somiglianza fra le due specie, in quanto anche le cellule degli extra-terrestri contengono DNA! Attraverso una successiva mappatura genetica, gli scienziati possono compararla col genoma umano e individuare le eventuali mancanze presenti negli esseri umani e capire come conferire loro maggiore adattabilità fisiologica, in vista di future colonizzazioni su altri pianeti del sistema solare.

Per arrivare a questo scopo si renderà necessario prendere delle decisioni eticamente discutibili per dare il via ad un programma speciale di studio e manipolazione genetica.
L'approccio della scienza, in questo caso, è quello di raggiungere un obiettivo ad ogni costo, anche chiedendo a tutti i collaboratori di mettere a tacere la propria coscienza e di partecipare ad un programma scientifico straordinario nel suo genere ma che pone molti interrogativi di carattere etico e morale.

Non tutti gli uomini di scienza chiamati a dare il proprio importante contributo lo faranno a cuor leggero e con l'entusiasmo di chi sta partecipando a un tipo di studi mai affrontato prima di allora e che potrebbe dare una svolta alla propria carriera; tra essi, il genetista David Dunn, ad es., vivrà questa adesione al progetto con un peso sul cuore, metterà a rischio anche il proprio matrimonio e, negli anni, maturerà non pochi rimorsi e tormenti...

Passano gli anni e arriviamo nel 2155, anno in cui conosciamo vari personaggi, come un certo Lubomìr, programmatore ed esperto di realtà virtuale e intelligenza artificiale; cos'ha in comune quest'uomo con un certo Sokolov, stilista impazzito che ha tentato il suicidio in seguito a deliri spaventosi, caratterizzati da allucinazioni vivide che lo portano sull'orlo della follia?

E poi c'è Mark, un individuo particolare, che vive in una base posta sotto il Monte Elbrus (Russia), là dove è collocata la base dell'EASA. Anche lui è ossessionato da fitte alla testa, incubi ad occhi aperti e allucinazioni molto forti, che lo confondono e lo spaventano.

Mark non è come gli altri umani, però: quando si guarda intorno, nella base dove vive, e vede gli altri ospiti con cui condivide l'esistenza, è come se si guardasse nello specchio e vedesse tante copie di sé stesso: sotto l'EASA, infatti, vive una colonia di persone tutte uguali tra loro, dei cloni, concepiti in laboratorio e che costituiscono l’ultima possibilità per garantire all’uomo la continuità della specie, mettendolo in condizione di andare lontano dalla Terra, ormai contaminata dalle radiazioni di una guerra passata e devastante.

"La base sotterranea è un ambiente simulativo, concepito per prepararli alla colonizzazione di nuovi mondi. I coloni della base sono il futuro dell’Umanità e a questo sono addestrati fin dalla nascita."

Ma è davvero così? Qual è l'origine di queste creature, che da decenni hanno  contatti solo tra loro e senza poter mai recarsi fuori dalla base?

Le grigie esistenze di questi cloni vengono scosse da una serie di segnali e messaggi che vengono da qualcuno ad essi strettamente collegato, che si sta mettendo in comunicazione con loro, in una sorta di telepatia empatica.

Le allucinazioni di Lubomìr e Sokolov sono collegate con ciò che sta accadendo ai cloni?
Il giornalista Nigul Leppik è intenzionato a scoprirlo e, partendo da un dato di fatto - i due uomini condividono il medesimo passato: sono stati ospiti di una Fondazione (su cui non girano molte informazioni), poi affidati a delle famiglie.
Forse il punto nevralgico è la Fondazione: cosa accadeva tra quelle mura, che è rimasto segreto finora? 

Insomma, ci sono dei quesiti importanti cui dare risposta, ogni nodo verrà al pettine e, proseguendo nella lettura, aggiungeremo gradualmente ogni tessera al puzzle finale, che diverrà via via chiaro e completo.

È un romanzo di fantascienza/distopico davvero bello, scritto benissimo; all'inizio ammetto di aver avuto qualche piccola difficoltà perché vengono introdotti diversi personaggi in differenti contesti, e quindi può sembrare che ci sia un po' di confusione, ma stando attenti ai due differenti periodi temporali e alle storie dei diversi personaggi principali, pian piano si trova il filo che collega tutto e tutti.

Ho trovato oltremodo interessante tutta la parte relativa alla manipolazione genetica e a come queste modifiche non possano prescindere da interrogativi morali e che, a mio avviso, si racchiudono in questa frase, presente nel libro: 

"Abbiamo giocato a fare Dio e ci deve essere sfuggito qualcosa di mano."

Ecco, tra queste pagine, mirabilmente narrate, emerge tutta la follia e l'intelligenza del genere umano: l'intelligenza di scienziati che riescono a mettere a punto programmi e studi ambiziosi, e la follia per due ragioni: perché questi studi si son resi necessari dopo che la Terra è stata vergognosamente maltrattata, al punto da portare a conseguenze climatiche disastrose per la natura e per l'uomo; e ancora folle perché l'Uomo, nel voler risolvere problemi da lui stesso creati, pretende di voler giocare a fare Dio, non tenendo in alcun conto il rispetto per i propri simili né - nel nostro caso - per specie aliene, che manifestano una capacità di amare, una sensibilità ed un'empatia che l'essere umano, con tutta la sua boria e il suo delirio di onnipotenza, non possiede.

Credo che il fatto di non essere amante del genere me l'abbia fatto apprezzare ancora di più, paradossalmente; lo consiglio, ovviamente in  particolare a chi ricerca questo tipo di letture: non delude le aspettative da nessun punto di vista, a cominciare dalla scrittura precisa, chiara, lucidissima e dalla trama ben articolata, per continuare con l'esaustiva caratterizzazione dei personaggi principali e finendo con le tematiche affrontate.


martedì 4 maggio 2021

Recensione: DA ME A TE di Loredana Falcone



DA ME A TE è un libro di ricette ma lo è in un senso tutto particolare: contiene, certamente, le ricette di piatti della tradizione italiana ma, lungi dall'essere una mera lista di ingredienti e procedimenti culinari, la presenza di aneddoti autobiografici e lo stile colloquiale ed ironico conferiscono al testo  una grande fluidità narrativa che intrattiene amabilmente il lettore.


DA ME A TE
di Loredana Falcone


Ed. Il Vento Antico
101 pp
"Le donne della nostra famiglia, in un’epoca in cui si spendono
migliaia di euro per andare in analisi, hanno curato ansie e depressioni col cibo".

Scrivere un ricettario per la propria figlia come una sorta di messaggio  da inviarle affinché le prelibatezze cucinate dalle donne di casa nel corso delle generazioni non vadano perdute, ma siano tramandate, insieme al racconto di certi simpatici episodi di famiglia legati al cibo: questo è ciò che fa la scrittrice Loredana Falcone in questo bel "ricettario narrativo".

Le ricette di famiglia, che hanno riempito non solo la pancia ma anche il cuore di madri, padri, sorelle, fratelli, nipoti, figli e figlie, diventano l'occasione per raccontarsi e raccontare le proprie radici: sono "storie della nostra famiglia, del nostro modo di percepire il cibo, della nostra capacità di sublimarlo da alimento che nutre il corpo a sostanza che accarezza il cuore".


L'Autrice si rivolge direttamente alla destinataria - la figlia Jessica - spiegandole come cucinare tante buone pietanze, ma - come dicevo - non si limita a fare un elenco di ingredienti e a descrivere il procedimento perché il piatto riesca bene, ma arricchisce ogni ricetta con commenti umoristici, prevenendo simpaticamente eventuali obiezioni della figlia, dandole consigli utili per fare una bella figura ai fornelli, intervallando aneddoti familiari divertenti, molti dei quali fanno riferimento ad errori fatti in cucina che poi sono diventati un modo per ricordare certe marachelle e riderci su assieme.

A dare sapore al tutto ci pensa l'ingrediente fondamentale: l'amore, perché la cucina è amore, e questo elemento è capace di rendere prelibato qualsiasi piatto, magari anche uno non perfetto.

Prendere in mano un ricettario così è un piacere perché a legare ogni ricetta è l'affetto, la voglia di trovarsi insieme a “pasticciare” tra i fornelli, a sentire il ragù "pippiare" in pentola e lasciarsi coccolare dai profumi di pranzetti che "sanno di casa", che ci ricordano le tavolate, piccole o grandi, attorno a cui la famiglia si è sempre riunita negli anni.

Un manuale culinario diverso dal solito, godibilissimo per il tono leggero e simpatico, che ci ricorda piatti tipici della nostra meravigliosa penisola (che quanto a cucina ha di che vantarsi), risultando interessante e molto utile per chi vuol cimentarsi ai fornelli; si spazia dal nord al sud Italia, con un'occhiata anche a qualche leccornia straniera.



domenica 2 maggio 2021

Recensione: SHARON E MIA SUOCERA di Suad Amiry

 

Con l'ironia e l'intelligenza che la contraddistinguono, l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002.



SHARON E MIA SUOCERA.
Diario di guerra da Ramallah, Palestina
di Suad Amiry


Ed. Feltrinelli
trad. M. Nadotti
135 pp
Come si vive in una città in cui la presenza dell'esercito è costantemente "a portata di mano"?
Com'è la quotidianità di chi ha difficoltà a spostarsi, per qualsivoglia motivo, da una città all'altra nei territori occupati, perché deve sottoporsi a continui controlli per "motivi di sicurezza"? Di chi non ha il permesso neppure di andare a prelevare un parente all'aeroporto?

Partendo dai contenuti di corrispondenze via mail tenute in un arco di tempo di più di vent'anni, l'Autrice rievoca la vita quotidiana nella città di Ramallah in Cisgiordania, andando indietro con la memoria ad episodi del passato, tra cui quello doloroso di cercare di tornare nella casa paterna a Jaffa, qualche anno dopo la morte di suo padre (costretto a lasciarla nel maggio 1948). 

La narrazione, procedendo tra presente e passato, esprime tutta la frustrazione per la situazione vissuta, la rabbia impotente nel vedere gli edifici storici buttati giù, lo sconforto per le brutte notizie, il pericolo di trovarsi sotto tiro da parte di soldati israeliani, l'assurdità del suo cane che riceve una carta d'identità di Gerusalemme quando migliaia di palestinesi non potevano averla, la rinuncia ad una cosa semplice come far sistemare la porta della casa della suocera, perché i soldati potrebbero insospettirsi nel vedere gli attrezzi da lavoro del fabbro, e soprattutto le difficoltà derivanti dal prelevare la povera suocera ultranovantenne da casa sua per portarla al sicuro nella propria, durante il coprifuoco, e la successiva convivenza con quest'anziana donna chiacchierona e un tantino petulante.

Tenere un diario "di guerra" diventa un modo, tutto personale, per metabolizzare la realtà e meglio sopportare questa forzata reclusione fra le pareti domestiche: una sorta di terapia per cercare di restare lucida durante quel brutto periodo tra il novembre 2001 e il settembre 2002 (giorno in cui gli israeliani si sono definitivamente ritirati dalla Muqataa, il quartier generale di Arafat).


"Non credo di aver mai capito o perdonato i miei genitori, né le centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti dalle loro case nel 1948, finché mio marito e io non siamo stati costretti ad abbandonare la nostra casa di Ramallah, il 18 novembre 2001, a seguito dell'occupazione del nostro quartiere, alIrsal, da parte dell'esercito israeliano. Data l'intensità delle sparatorie e dei bombardamenti, l'evacuazione è stata inevitabile e così ci siamo trasferiti ad alBireh, a casa dei nostri amici Islah e Saleh. Mia suocera, che nel 1948 è fuggita a sua volta da Jaffa, mi dice: «Ciò che ho sperimentato qui, vicino alla Muqataa, nel settembre 2002, non è stato meno terribile di quanto ho vissuto a Jaffa nel 1948. Da quando sono arrivati è stato uno "shawasher" continuo, un disordine senza fine»."

 
Nel libro emergono gli ostacoli quotidiani, le umiliazioni, l'assurdità - e l'agonia - della vita sotto un'occupazione militare, condizione che inevitabilmente ha portato dal primo momento un disordine continuo, che ha reso di fatto la vita dei palestinesi difficile.

Leggiamo questo breve libro prendendo in prestito gli occhi di Suad, la sua attenzione per i dettagli, il suo riportare con vivacità e dovizia i dialoghi, il suo sguardo acuto e la sua penna ironica e schietta; nel leggere come la donna sia stata "costretta" dal primo ministro israeliano Ariel Sharon a mettere in salvo la suocera (il cui appartamento si trovava vicino al complesso di Ramallah di Yasser Arafat) ci viene da sorridere, perché volutamente l'Autrice racconta fatti, che di per sé non sono affatto divertenti, con un tono leggero, spiritoso, evitando vittimismi e melodrammi (il che non significa che a volte lo stress, la paura, le preoccupazioni ecc... non le provochino crisi di pianto).

Nel trascrivere il presente, il passato si affaccia alla mente e Suad Amiry lo lascia entrare, narrandoci di quando negli anni '80 decise per la prima volta di tornare in Palestina per insegnare architettura alla Birzeit University in Cisgiordania e dei sentimenti che hanno accompagnato questa decisione:


"Ce la stavo mettendo tutta a familiarizzare con l'ignoto. L'inquietudine e l'ansia di andare verso un ignoto che mi era familiare erano troppo forti. Mi era difficile ammettere che della Palestina sapevo ben poco.(...) Io ero nata a Damasco, ero cresciuta ad Amman e avevo studiato a Beirut. D'un tratto mi sono ritrovata a pensare che la mia dimestichezza con la Palestina nasceva dai ricordi dei miei genitori e da qualche sporadica memoria d'infanzia."


Un memoriale breve, scorrevolissimo, dallo stile molto piacevole, che mette a fuoco la complessa situazione vissuta in Palestina attraverso un punto di vista personale (intimo, se consideriamo che il diario non fu scritto per essere pubblicato), raccontando la vita nel proprio quartiere, la commovente storia della propria famiglia e la lotta per vivere una vita normale in un contesto che di normale ha ben poco.
Consigliato!

sabato 1 maggio 2021

LE MIE LETTURE DI APRILE 2021

 

Le mie letture di aprile non sono quantitativamente molte, ma devo dire che, per ragioni diverse, praticamente tutte mi hanno colpito; ad es. mi sono lasciata coinvolgere dalla tormentata ma sincera amicizia tra un palestinese e un israeliano: ho accompagnato Mastro Titta per le strade di Roma per scoprire l'assassino di diversi omicidi; mi sono lasciata cullare dalla dolcezza e dall'intensità di una storia in cui la riconoscenza fa da filo conduttore; ho partecipato al tormento interiore e spirituale di un uomo messo in crisi nel proprio rapporto con Dio...


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  1. DOVE STA IL LIMITE di R. Shehadeh: in che modo l'occupazione israeliana ha inciso sulla vita dell'autore, sulla sua quotidianità, isu suoi rapporti interpersonali e, in particolare, sulla sua amicizia con l'israeliano Henry?
  2. MASTRO TITTA E L'ACCUSA DEL SANGUE di N. Verde: giallo/noir storico ambientati nella Roma della seconda metà dell'Ottocento.
  3. LE GRATITUDINI di D. de Vigan: un romanzo, che riesce ad essere intenso e commovente nella sua brevità e semplicità, è racchiusa la bellezza della gratitudine.
  4. NELLE SUE OSSA di M.E. Gualandris: un giallo "made in Italy" che ruota attorno ad un segreto racchiuso in un mucchietto d'ossa seppellite in una villa semi abbandonata.
  5. LA SIGNORA DELLA NEVE di I. Vecchietti è un racconto ispirato al Sol Levante, con i suoi miti e tradizioni.
  6. CHIARO DI LUNA  di P. Biagioli: una storia d'amore il cui ricordo dolce e nostalgico resiste al tempo, alle distanze, alle circostanze della vita che, se dà, altrettanto toglie.
  7. TRADITO! di S. Telchin: la testimonianza di un ebreo che, attraversando una profonda crisi, riconosce Gesù quale Messia.
  8. IL ROMANZIERE di D. Esposito: metaromanzo che ruota attorno alle innumerevoli difficoltà incontrare da uno scrittore che prova a vivere della propria passione.


Continuo la lettura di 

  • ELBRUS, distopico fantascientifico di Di Clemente, Capocasa;
  • LA CONGIURA DELLE PASSIONI di P. De Sarlo (romanzo storico);
  • SHARON E MIA SUOCERA di S. Amiry (biografico).



CITAZIONI DEL MESE:

"amo le parole, ma l’istinto è quello di custodirle. Ho imparato a maneggiare la loro arte, ma dentro di me è ancora salda la convinzione che alcuni, pochissimi, sentimenti non abbiano bisogno di suoni e non richiedano dialettica. Si espandono nei gesti, cantano nei sensi."

"...i libri parlano dell’umanità e all’umanità, in essi uomo e Storia si riconoscono e rincorrono, e non importa quanto tempo addietro siano stati scritti. Sono immortali."
(Ilaria Tuti, FIORE DI ROCCIA)


CANZONE DEL MESE

OFFESO (Niccolò Fabi)

Dillo pure che sei offeso
Da chi distrugge un entusiasmo
Da chi prende a calci un cane
Da chi è sazio e ormai si è arreso
Da tutta la stupidità
Chi si offende tradisce il patto
Con l'inutile omertà
Rimane senza la protezione del silenzio, dell'assenso
Del "Tanto dobbiamo sopravviverci qui dentro"
Ma quando vivere diventa un peso
Quando nei sondaggi il tuo parere non è compreso
Quando dire amore diventa sottinteso
Quando davanti al sole la mattina non sei più sorpreso, ooh
E allora dillo pure che sei offeso
Dalle donne che non ridono
Dagli uomini che non piangono
Dai bambini che non giocano
Dai vecchi che non insegnano
Ma se hai qualcosa da dire, tu dillo adesso
Non aspettare che ci sia un momento
Più conveniente per parlare
Quando vivere diventa un peso
Quando nei sondaggi il tuo parere non è compreso
Quando dire amore diventa sottinteso
Quando davanti al sole la mattina non sei più sorpreso
Tu dillo pure, tu dillo pure
Tu dillo pure che sei offeso.




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