mercoledì 26 gennaio 2022

Recensione: UNA BAMBINA E BASTA di Lia Levi



Credo non ci sia anno che passi (ed è mia intenzione impegnarmi affinché sia sempre così) senza che io legga almeno un libro (romanzo, autobiografia, reportage ecc...) che sia dedicato specificatamente all'Olocausto, al tema dello sterminio all'interno dei campi di concentramento nazisti, alle atroci esperienze di persone che hanno subito questa barbarie e sono sopravvissute, o che sia ad esso "collaterale", come nel caso di questo libro di Lia Levi.
Lia Levi non ha vissuto l'orrore dei campi di concentramento perchè tanto lei che i famigliari hanno potuto nascondersi all'interno di un convento a Roma negli anni di fuoco della seconda guerra mondiale, aspettando che il caos del conflitto e, in particolare, la furia dei tedeschi passassero, lasciandoli indenni e insieme.
E così è stato, grazie a Dio.
In questo breve scritto autobiografico, l'Autrice ci racconta la sua vita negli anni della guerra e di come essa sia stata travolta dall'introduzione delle leggi razziali da parte del fascismo, fatto che ha obbligavo la sua famiglia (ebrea) - e non solo la sua, chiaro - a cercare di sfuggire alla persecuzione.
Il suo è il racconto di una bambina che vede come tutto attorno a sé cambi da un giorno all'altro e come tutto questo si rifletta negli occhi e nei comportamenti dei genitori.


UNA BAMBINA E BASTA 
di Lia Levi


 
Edizioni E/O
128 pp

 
Ha appena finito la prima elementare, Lia, quando la mamma le dice che a settembre non potrà più tornare in classe, ma che dovrà iscriversi ad una scuola ebraica. 
Eh già, perché Mussolini, che comanda su tutti, non vuole più i bambini ebrei nelle scuole. 
A dire il vero, non li vuole da nessuna parte, tant'è che Lia e famiglia sono costretti a lasciare la città in cui vivono, Torino, e poi anche Milano (in cui si trasferiscono per poco tempo); senza considerare che il papà ha perso il lavoro ed è sempre giù di morale, la bimba e le sorelle vengono iscritte a un corso di francese (scelta che la piccola proprio non comprende) e in seguito, come se tutti questi cambiamenti non fossero già troppi, devono ritrasferirsi, stavolta a Roma, nel quartiere di Monteverde e, una volta lì, le cose precipitano...

Sì, perché verrà a far loro visita, e non una volta sola, un signore della questura, avvertendoli che, siccome sono ebrei, certe cose non le possono fare! Ad es., non possono tenersi in casa la domestica Maria perché, appunto, sono ebrei, e tra l'altro Maria non lo è. 
La domestica avrà pure un'aria sempre scocciata, triste e noiosa come la pioggia, ma le sono tutti affezionati in casa Levi, pure perché ha praticamente visto crescere le bimbe.

Lia è una bambina attenta, curiosa, riflessiva e, per tutto ciò che vede e succede attorno a sé, ha mille domande, che puntualmente rivolge alla madre.
Gli adulti sono così, fanno tanto i maestri nel decidere cosa e quando tu, bambino, puoi venire a conoscenza di certi fatti misteriosi, e pretendono che tu debba accettare le loro informazioni senza aprire bocca.

"Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza... ora saprai tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una merendina.
Io non voglio ascoltare proprio niente, non perché abbia paura di chissà quali segreti, ma perché mi annoia tutto il teatrino. Questo non lo capiscono. Dal momento in cui hanno deciso di rovesciare nelle tue braccia il dono della loro confidenza, tu devi essere lì come un uccello neonato che aspetta il cibo dal becco della madre. E invece non è vero niente."

Lia sente da subito (parliamo degli inizi, 1938) che c'è qualcosa nell'aria che fa stare tutti preoccupati, che li induce a parlare a bassa voce e a lanciare occhiate alle figlie per controllare che non stiano ascoltando.
Ma lei, Lia, sente, vede  e registra tutto, e fa pure domande, se le va.
Certo, non tutto le è chiaro; ad es., non capisce bene perché sua zia - che vive al confine con la Francia - sia stata arrestata, proprio lei che è tanto tranquilla e buona; e non sa ancora perché abbia regalato il suo bell'anello alla mamma, dicendole che a lei sarebbe servito di più, perchè ha delle figlie.

La situazione peggiora e i Levi sono costretti a fuggire di nascosto e separarsi; le bambine  vengono portate in un convento cattolico alle porte di Roma: è l'unico modo per sfuggire all'arresto e alla deportazione, come purtroppo sentono che sta accadendo ad altri ebrei. 

In questo collegio cattolico Lia si sente un pesce fuor d'acqua e sa che le bimbe (cattoliche) ne percepiscono la diversità: non partecipa alla messa, fa il segno della croce al contrario, non conosce le preghiere che esse recitano a memoria (non solo, ma per restar fedeli alla propria fede, le allieve ebree recitano lo Shemà ogni sera, insieme, nelle loro camere), insomma non è come loro.

Eppure, pian piano, la narrazione da parte delle suore di questo "Dio dei cattolici", che fa grazia e misericordia e che pare meno arrabbiato del "Dio degli ebrei", stuzzica la curiosità dell'intelligente ragazzina, che vede in una possibile conversione una sorta di àncora di salvezza, che la farebbe stare più tranquilla e al sicuro, oltre a farla sentire meno "diversa" dalle compagne.

Ma non ha fatto i conti con la madre «tigre leonessa che ha poco tempo per libri e sinagoghe perché deve difendere le figlie», la loro vita ma anche la loro identità minacciata. 

Intanto, il tempo passa, i tedeschi arrivano a Roma e l'atmosfera in convento si surriscalda: verranno a rastrellare e ad arrestare questi ebrei che si nascondono?
Lia sogna di poter tornare nella loro vecchia casa, insieme alla mamma e al papà.
Forse, quando la guerra finirà... e lei potrà smettere di essere una bimba ebrea in fuga, ma solo una bambina.
Perché, alla fine, questo lei è: una bambina e basta.

È un libro che si legge velocemente, in poco tempo, è davvero scorrevolissimo e piacevole nello stile, e il punto di vista della giovanissima protagonista ci guida nella lettura, dandole la giusta dose di spensieratezza (grazie al suo caratterino, all'arguzia, alla caparbietà e alla sua vivace curiosità) che va ad incastrarsi con la drammaticità degli eventi da lei vissuti (le conseguenze delle leggi razziali in termini di discriminazione e necessità di trovare un posto sicuro in cui rifugiarsi), narrati sempre e comunque dalla prospettiva di una bambina di dodici anni che si fa domande su tutto ciò che vive ed osserva ma che, almeno per il momento, non tutto coglie appieno.
Adattissimo per lettori molto giovani, e del resto è un testo usato molto nelle scuole.





L'ho letto in occasione della Giornata della Memoria, che cade il 27, ed infatti anche domani troverete un post a tema, dove mi soffermerò un po' sulle vittime dell'Olocausto, tra cui figurano, accanto alla maggioranza di ebrei, altre categorie di persone, che subirono la persecuzione per motivi anch'essi razziali o di altro genere.


Se può interessarvi, vi lascio i link di altri post a tema.


"L' inferno di Treblinka" di Vasilij Grossman
NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ di Andra e Tatiana Bucci
Giornata della memoria - per non dimenticare
BAMBINO N. 30529 di F. Weinberg
SI CHIAMAVA ANNA FRANK di M. Gies
IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI di G. Bassani
IO NON MI CHIAMO MIRIAM di M. Axelsson
LA TREGUA di P. Levi
SE QUESTO E' UN UOMO di Primo Levi
ANNA FRANK. DIARIO
IL BAMBINO DI SCHINDLER di L. Leyson
LA LISTA DI SCHINDLER di T. Keanellay

martedì 25 gennaio 2022

Recensione: TEMPI DIFFICILI di Les Edgerton



I tempi di cui ci narra Les Edgerton in questo romanzo, ambientato negli Anni Trenta in Texas, sono difficili, selvaggi e duri per davvero, e arrivano al lettore come un pugno sui denti, con tutta la rabbia e la disperazione di chi ha fame e non sa come saziarsi, di chi sopporta per anni soprusi ed angherie e spera che arrivino stagioni migliori, di chi piange impotente davanti alle lacrime amare del frutto del proprio grembo, di chi si ritaglia il proprio posto nella società unicamente attraverso una barbara violenza e un'aggressività ferina, perché a quelle è abituato.
Con uno stile narrativo tagliente, asciutto, privo di inutili sofisticherie stilistiche, l'Autore ci racconta una storia cruda e sconvolgente facendo scendere in campo personaggi forti, "esplosivi", di cui è difficile dimenticarsi perché non lasciano indifferenti ma sanno suscitare ammirazione o odio, e ai cui miserabili destini ci si appassiona dal primo all'ultimo momento.




TEMPI DIFFICILI  
di Les Edgerton



Elliot Ed.
trad. M. Piva
192 pp

Conosciamo Amelia Laxault quando è una quattordicenne portata per la scuola, intelligente e con una certa inclinazione per i numeri, tanto da aver vinto in terza elementare un premio in una gara di aritmetica a scuola.

Ma la ragazzina è nata in un periodo in cui le donne, nel Texas rurale negli anni della Grande Depressione, restano facilmente impigliate nelle dinamiche brutali a loro riservate dagli uomini, che siano padri, fidanzati o, peggio, mariti.

Amelia non è una debole, ha il suo bel carattere ma la madre l'ha cresciuta a colpi di versetti biblici che la inducono ad essere sottomessa ai maschi di casa, a non ribellarsi, a sopportare sempre in silenzio, pregando di non far innervosire troppo il padre o il marito, così che questi la picchino il meno possibile.

«Noi donne abbiamo un talento: sappiamo sopportare. È quello che sappiamo fare. È quello che possiamo fare».

In un contesto famigliare severo e gramo di gratificazioni, accanto ad una madre rassegnata e ad un padre ruvido e gretto, nelle giornate della bella Amelia si apre uno spiraglio di felicità, che porta il nome di Billy Kliber.
Billy è un suo coetaneo: ha dei vivaci capelli rossi, è bello, gentile, intelligente, insomma il fidanzatino ideale, ed infatti i due si innamorano, si amano, si donano l'una all'altro... ma il fucile del padre di lei fa sentire i suoi colpi e costringe il povero Billy a battere in ritirata, pur giurando lui amore eterno alla sua Amelia.

Per sua figlia, il rozzo genitore ha già scelto lo sposo: Arnold Critchin, un ragazzo del posto, dal fisico forte, un cacciatore, forse scarso come agricoltore ma di certo bravo nell'allevare cani di razza per poi venderli.
Ma se c'è una peculiarità per cui tutti conoscono Arnold è sicuramente l'attaccamento alla bottiglia: tracanna alcool come fosse acqua e questo lo rende, se possibile, più violento e incivile di quanto non sia già per natura.
A farne le spese è ovviamente la povera Amelia, sin dal loro primo appuntamento, quando lui la stupra; la ragazza si scopre incinta ed è costretta a sposare il bruto Arnold, che sarà un marito terribile e la vita con lui un vero e proprio inferno.
Vanno a vivere in una fattoria piuttosto isolata ed Amelia si prende questa croce suo malgrado, convinta che quei voti di fedeltà e sottomissione, fatti davanti a Dio e agli uomini, siano sempre validi, anche se le è capitato un marito indecente, barbaro, grezzo e molto manesco, che le rifila manrovesci con facilità invece che carezze, insulti indicibili invece che parole d'amore; un uomo sempre arrabbiato, egoista, la cui unica fissa sono i suoi amati cani, che sostano sempre attorno alla casa in attesa di essere nutriti dal loro padrone.
Arnold non esita a spendere più danaro per le bestie (oltre che per se stesso) che per la sua famiglia; a suon di violenze, infatti, Amelia resta incinta diverse volte, per cui le bocche da sfamare aumentano... 
Ma a questo padre snaturato e meschino poco importa che la moglie e i figli - per i quali non sembra nutrire il benché minimo affetto - abbiano lo stomaco vuoto: a lui interessa sfamare i bracchi perché siano belli, forti e ben nutriti, così da venderli e guadagnare soldi; soldi che, puntualmente, spenderà per se stesso, lasciando pochi spicci a casa.

Insomma, la situazione è drammatica e per Amelia non c'è via di scampo; eppure c'è stato un momento - poco dopo il matrimonio - in cui Billy si era rifatto vivo e le aveva chiesto di seguirlo, lasciando quel coniuge violento e scellerato, ma la donna non aveva voluto tradire i propri voti di consorte fedele.

E questa sua scelta, pure onorevole e rispettabile, avrà le sue conseguenze in termini di infelicità e dolore; certo, per un po' di tempo Billy andrà a trovarla e proverà ad aiutarla, dandole qualcosa da mangiare, ma questa generosità non basterà.

Negli anni, le condizioni di vita di Amelia e dei suoi figli precipitano, soprattutto quando Arnold viene messo in prigione per un po' e i viveri scarseggiano sempre più: ad aver fame, purtroppo, non sono solo lei e i bambini... ma anche quei maledetti cani, che abbaiano e ringhiano con la bava alla bocca perché affamati come lupi.
Quando Amelia e la primogenita, ormai una signorina (Mandy, che ha i capelli rossi come il padre...!), cercano di mettere il piede fuori casa per cercare di procurarsi un po' di acqua e magari anche qualcosa da mettere sotto i denti per non morire, i cani le aggrediscono, cercano di morderle...

Ben presto, Amelia e i ragazzi si trovano prigionieri in casa loro,  tra quelle quattro pareti di legno anguste, all'interno delle quali ormai non c'è più cibo né acqua pulita; disperazione, fama, pianti inconsolabili: questo è l'unico cibo quotidiano di questa famigliola lasciata sola a se stessa, con l'incubo di cani rabbiosi e bavosi fuori dalla porta.

Che fare? Come uscir fuori da questa assurda situazione e cercare di salvare i propri bambini da una morte certa?
Amelia non sa se sperare che Arnold non torni più (vista la brutta vita che facevano con lui) o che comunque torni per portar loro da mangiare e tenere a bada le bestie fuori.

La donna non sa che Billy - che nel frattempo è diventato sceriffo - si preoccupa per lei, immaginando che in assenza del marito Amelia non se la cavi per niente bene; però andare ad aiutarla non sarà affatto semplice perché quel farabutto di Arnold - che sembrerebbe uno zotico scioccone ma in realtà ha un furbizia perfida e anche una certa dose di fortuna sfacciata - darà non pochi grattacapi alla polizia.

Sovente, alla povera disgraziata viene in mente un sogno che faceva da bambina, di cui ha sempre avuto paura, popolato da un uomo nero inquietante, un coltellaccio e l'abbaiare incessante di cani.
Non avrebbe mai immaginato, da ragazzina, che in una maniera o nell'altra, la vita - beffarda e imprevedibile come solo essa sa essere - avrebbe creato le condizioni per farle vivere in prima persona quell'angoscioso incubo.

Intanto, la sua vita già tanto problematica si incrocia con quella, altrettanto infelice e complicata, di un omone di colore,  Lucious Tremaine, che dalla Louisiana sta scappando per essere stato coinvolto in uno scontro con un agente di polizia bianco.
L'incontro tra questo fuggiasco e la povera donna farà sì che l'uno diventi una speranza di salvezza per l'altra, e viceversa.

Riuscirà Amelia a salvare i suoi figli sia dalla fame che dalla crescente violenza vendicativa di Arnold? La donna dovrà raccogliere tutto il suo coraggio e il suo ingegno per tentare di tenere in vita la famiglia, sperando però che qualcuno venga a salvarli.

"Tempi difficili" è un crime su uno sfondo country che trasuda asprezza, disperazione ma anche speranza, rozzezza e al contempo nobiltà d'animo, paura e coraggio, amore e odio, cattiveria gratuita e bontà; i suoi personaggi sono così realistici e vividi che paiono uscire con prepotenza dalle pagine: sono dei dimenticati, persone sole e lasciate ai margini della società, la quale a quelli come loro non fa sconti di nessun genere.
La narrazione si snoda seguendo un ritmo grintoso e vivace, raggiunge spesso momenti di tensione in cui il lettore segue con concitazione lo svolgersi frenetico degli eventi, sentendosi parte integrante della storia, vivendo ogni emozione accanto ai suoi personaggi.

Lo consiglio, è una lettura che cattura dal primo momento perché mette in gioco una galleria di esseri umani dalla personalità forte e, su tutti, spicca lei, la protagonista femminile, una donna umiliata e ferita che riesce a mantenere sempre, nonostante i tempi difficili in cui vive, una grande dignità e un incredibile coraggio.

lunedì 24 gennaio 2022

Frammenti di... Outlander

 

"Provavo uno strano senso di intimità per quel giovane sconosciuto, in parte dovuta, pensai, alla storia atroce che mi aveva appena raccontato, e in parte anche alla nostra lunga cavalcata nel buio, stretti l’uno contro l’altro in un insonnolito silenzio. Non avevo dormito con molti uomini, a parte mio marito, ma avevo già notato che dormire insieme a qualcuno, dormire nel senso vero e proprio della parola, procura questa sensazione di intimità, come se i sogni fluissero da noi stessi per andare a mescolarsi con i suoi, e infine avvolgessero entrambi in una coltre di incosciente complicità. Una specie di ritorno atavico al passato, riflettei. In tempi antichi, più primitivi (come questi? si domandò un’altra parte del mio cervello), dormire in presenza di un’altra persona era un atto di fiducia. Se la fiducia era reciproca, il semplice sonno poteva creare molta più intimità, tra i due, dell’unione dei corpi."

Diana Gabaldon, La Straniera






sabato 22 gennaio 2022

Recensione: LA RAGAZZA DEL SOLE di Lucinda Riley (Le Sette Sorelle #6)



È giovane, bella, ricca, inseguita dai paparazzi: Electra D'Aplièse è una top model di successo, ma la fama e il danaro non sono tutto nella vita, e per quanto questo possa sembrare il più famoso tra i cliché, contiene la sua inconfutabile verità. Ed Electra ne è un esempio: a ventisei anni è infelice, arrabbiata col mondo e soprattutto, nonostante sia ammirata ed invidiata, non è libera, ma schiava. 
Schiava della droga e dell'alcool, i suoi più fedeli amici, che la stanno distruggendo nel corpo e nell'anima. 
Ma, dopo aver toccato il fondo, si può solo risalire e quando la ragazza decide finalmente di conoscere gli indizi che Pa' Salt le ha lasciato per trovare le sue radici e la sua famiglia, scoprirà che "la storia delle nostre origini è il tappeto su cui poggiamo i piedi e che ci permette di volare": e allora sarà pronta a spiccare il volo e a non sentirsi più "la sorella perduta delle Pleiadi".


Ecco i libri che compongono questa che, per me, è una serie bellissima:

"Le Sette Sorelle":

1. Le Sette Sorelle. Maia
2. Ally nella tempesta
3. La ragazza nell'ombra
4. La ragazza delle perle
5. La ragazza della luna
6. La ragazza del sole
7. La sorella perduta (trama)
8. Atlas. The story of Pa' Salt (uscita prevista per ottobre 2022)



LA RAGAZZA DEL SOLE 
di Lucinda Riley



Ed. Giunti
672 pp

"Pa' se n'era andato – proprio come chiunque amato in vita mia – quindi non restava che tirare avanti. Non avevo bisogno di lui. Non avevo bisogno di nessuno...".


Come per le cinque sorelle maggiori, anche per la giovane Electra D'Aplièse apprendere della morte del padre adottivo è motivo di grande sconvolgimento e dolore.
Ma la ragazza non vuole ammetterlo né alla psicologa che la segue né tantomeno a se stessa; in fondo, suo padre non aveva alcuna ragione per essere davvero orgoglioso di lei, anzi, quasi sicuramente ne disapprovava lo stile di vita ed è morto amareggiato nel sapere che la più piccola delle sue figlie è una tossica ed alcolista.

Eppure alla donna non manca davvero nulla per essere felice ed appagata: vive in un fantastico appartamento a New York, il suo lavoro di top model famosa, richiestissima dalle case di moda - che adorano la sua pelle d'ebano, il suo viso bellissimo e il suo corpo longilineo su cui gli abiti costosissimi fanno una gran bella figura - le permette di avere un tenore di vita invidiabile, di poter soddisfare ogni capriccio, anche se poi in realtà lei ne ha soltanto due, che sono anche la sua ossessione e la sua rovina: cocaina e vodka.
Piste quotidiane di coca e fiumi di vodka, ad ogni ora, in ogni momento della giornata, ingollata come fosse acqua fresca.

Sotto la facciata di apparente soddisfazione e benessere, c'è una Electra fragile, ferita, che si sente sola e da sola non ce la fa a riprendere il controllo, da troppo tempo instabile, sulla propria vita; ovviamente il suo stato emotivo viene ulteriormente scosso dalla morte di Pa' Salt e dai sensi di colpa nutriti verso di lui.

"...cercai le Sette Sorelle, le trovai e cominciai a contarle. Ne individuai sei, la settima riuscivo a vederla solo di rado. Una volta Pa' mi aveva spiegato che in alcune culture Electra – cioè io – era considerata la sorella perduta delle Pleiadi. (...) in effetti mi ero sempre sentita la sorella perduta fra noi sei. Anche se Pa’ non era mai riuscito a trovare la settima."

Certo, non è davvero sola: sul lavoro è circondata da tante persone che cercano di rispondere alle sue esigenze e di mettere ordine nelle sue frenetiche giornate; in particolare, per Electra è fondamentale la sua assistente personale, e quando a farsi avanti è una certa Mariam, la ragazza scopre in lei non solo un fidato supporto professionale, ma anche un'amica leale, sincera, empatica.
In fondo, è di questo che tutti abbiamo bisogno per sentirci meno soli: un amico che ti ascolta, ti comprende e non ti giudica, ma ti aiuta a mettere un po' di ordine dentro e fuori di te.
Per quanto riguarda il rapporto con le sorelle, Electra ha sempre sofferto una sorta di inferiorità rispetto a loro, le quali, in un modo o nell'altro, hanno reso orgoglioso il padre e Ma', e attualmente hanno tutte trovato la loro strada, soprattutto dopo aver indagato sulle proprie origini.
Non sarà arrivato anche per lei questo momento?

Intanto, la dipendenza da alcool e stupefacenti la getta in un incubo, da cui però Electra è intenzionata ad uscire e, grazie alla propria forza di volontà e agli incoraggiamenti di Mariam, decide di prendersi cura di se stessa e di ricoverarsi in una clinica di disintossicazione; l'esperienza diventa fondamentale, grazie al supporto psicologico e all'incontro di alcune persone che diventeranno per lei importanti: le sue compagne di stanza, Lizzie (allegra e ottimista, nonostante i problemi personali) e Vanessa (giovanissima ma con un'esistenza difficilissima alle spalle) e infine l'avvocato nero Miles, un uomo gentile, comprensivo, diretto, dal grande cuore... e anche affascinante, il che non guasta!

Proprio quando è impegnata in questa battaglia personale, Electra riceve una lettera da una perfetta sconosciuta che afferma di essere sua nonna: Stella Jackson, una signora nera, che le somiglia molto, bella ed elegante a dispetto degli anni; ella dice di aver conosciuto Pa' e di avere una storia da raccontarle, per aiutarla a riscoprire se stessa sotto una nuova luce: quella del passato, necessaria per comprendere, accettare e costruire il presente ed il futuro. 

Stella comincia a raccontare e, insieme ad Electra, il lettore viene catapultato nel 1939, sempre a New York, dove conosce Cecily Huntley-Morgan, una giovane ragazza di buona famiglia a cui è stato spezzato il cuore per ben due volte; ferita e triste, la ragazza accetta l'invito dell'eccentrica madrina e amica di famiglia, Kiki, e si trasferisce in Kenya, convinta di trascorrerci qualche settimana per poi tornare a casa.

Ma nella soleggiata e meravigliosa Africa, con i suoi tramonti unici, il contatto quotidiano con la natura rigogliosa, la vista di animali imponenti e maestosi (e pericolosi...!) a un passo da lei, in compagnia della sua madrina (membro del famigerato gruppo Happy Valley), sulle rive del bellissimo lago Naivasha, Cecily ci resterà per diversi anni, lontana dalla sua famiglia e impossibilitata a raggiungerla per via dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Il soggiorno africano viene turbato da un imprevisto che rischia di mettere Cecily nei guai, ma il destino le fa incontrare Bill Forsythe, un famoso scapolo e allevatore di bestiame che ha stretti legami con l'orgogliosa tribù Maasai; la sua vita si incrocia quindi con quella di questo brav'uomo e, grazie ai suoi stretti rapporti con le tribù locali, Cecily conosce una giovane principessa, che aspetta un bambino: a lei fa una promessa che cambierà il corso della sua vita per sempre.

Il racconto della vita avventurosa di Cecily negli anni '40 in Kenya appassiona Electra, che piano piano capisce in che modo le proprie origini africane siano collegate a questa ragazza bianca americana.
E conoscere quali tipi di donne abbiano costellato quel passato che poi ha portato alla sua nascita - seppure in circostanze dolorosamente drammatiche - è per lei motivo di orgoglio e di incoraggiamento a non essere da meno: donne che - bianche o nere che fossero - hanno preso in mano la propria vita, facendo scelte anticonvenzionali pur di provare ad essere felici e fedeli ai propri principi e valori; donne che non hanno lasciato che la Storia le toccasse di sfuggita, ma che hanno fatto di tutto per ritagliarsi il proprio spazio in una società purtroppo piena di pregiudizi di vario genere, in primis quelli razziali nei confronti delle persone di colore.

E lei, la ricca e bella modella nera, può "usare" la propria lotta contro droga e alcool per inaugurare un nuovo capitolo della propria esistenza, facendo sì che il racconto dei suoi tanti sbagli e delle debolezze  che hanno la meglio su di lei per troppo tempo, sia di aiuto per i ragazzi nelle sue stesse difficoltà?


Considerazioni.

Leggere il sesto capitolo della saga è stata un'avventura bellissima, piena di emozioni, perché le donne protagoniste di entrambi i filoni narrativi (Electra nel 2008 e Cecily negli anni '40) sono delineate in tutta la loro sfaccettata personalità, nelle loro molteplici insicurezze e fragilità, ma anche nei loro punti di forza, nella loro resilienza, nella capacità e volontà di non arrendersi bensì di battersi per loro stesse e per chi amano.
Mi è piaciuta la doppia ambientazione, newyorchese ed africana, e ciascuna mi ha donato qualcosa.
La prima ha messo in risalto problematiche importanti, quali la droga, l'alcolismo, l'apartheid nei confronti delle comunità nere e l'impegno da parte di tanti attivisti per difendere i legittimi diritti delle persone di colore, oggetto di vergognose discriminazioni.
La seconda mi ha fatto provare per un po', con l'immaginazione, il fascino irresistibile di una terra esotica, le sue risorse naturali, le tribù dei nativi - con i loro costumi, lingua e tradizioni -, la sua flora e fauna... e i suoi problemi, di tipo politico, sociale, culturale, sanitario, legati in particolare alla colonizzazione da parte dell'uomo bianco.

La ragazza del sole esplora la forza dell'amore e la sua capacità di attraversare confini apparentemente invalicabili, di abbattere pregiudizi e convenzioni sociali; il desiderio di rinascere dalle proprie ceneri, la forza di chiedere aiuto quando si è a terra, la bellezza di poter aiutare gli altri con i propri mezzi e nel proprio piccolo.

Concludo dicendo che ogni volta la penna di Lucinda mi rapisce, coinvolge, emoziona, incastrando sapientemente la finzione narrativa (intricata, piena di imprevisti, cosparsa di piccoli e misteriosi interrogativi in merito alla figura sfuggente di Pa' Salt e a quella della settima sorella) con fatti o personaggi realmente accaduti/esistiti, che stuzzicano sempre il mio interesse e mi inducono a fare ricerche personali per saperne di più.



Qualche citazione: 

«Tesoro, non devi dire “un giorno”. L'unico tempo a nostra disposizione è questo preciso istante...»

"Siamo tutti come profughi, privi di radici e di un luogo di appartenenza."

"...in realtà siamo tutti isolati. Ed è un peccato, perché ci ritroviamo sempre soli davanti ai nostri problemi."

«Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.»

"Fa’ tutto il possibile per rendere felice te stessa e le persone che ami, perché in un batter d’occhio la tua vita e la loro saranno passate. Non perdere nemmeno un istante, Cecily, capito? Scopri chi e che cosa conta davvero per te e non lasciartelo sfuggire a nessun costo. Me lo prometti?"

"La vita si può capire solo all’indietro, ma va vissuta in avanti."

giovedì 20 gennaio 2022

Recensione: IN VIAGGIO VERSO DOVE di Antonella Albano


Amanda non è felice; il matrimonio con Lorenzo è diventato per lei una gabbia soffocante e la quotidianità è fatta ormai di gesti abitudinari privi di significato e di emozioni.
Desiderosa di prendere in mano la propria esistenza, di esserne finalmente la padrona, di poter costruire qualcosa che le dia soddisfazione e la faccia sentire appagata, e soprattutto di rinascere, la donna va via di casa e comincia un'avventura a stretto contatto con la natura.... e con se stessa. 


IN VIAGGIO VERSO DOVE
di Antonella Albano

344 pp
"...che il dolore non superi mai troppo nel computo la gioia, perché si possa compiere spediti il viaggio verso dove dobbiamo andare."


Arriva per tutti il momento in cui sentiamo il bisogno di fare un bilancio della nostra vita, di sottoporla ad un attento ed onesto esame, tirare le somme e... con un sospiro di sollievo pensare: "Beh dai, in fondo non mi è andata così male! Anzi, poteva andarmi peggio, no?"

E se  il sospiro, invece di essere di sollievo, è di angoscia, di tristezza o, peggio, di rassegnazione?
"Che cosa ho combinato finora nella vita? Ho realizzato i sogni che avevo da bambina? Sono felice, appagata? Se tornassi indietro, rifarei le stesse scelte?"

Amanda è a un bivio.
A trentacinque anni non sa più chi è, che vuole, dove vorrebbe andare, in che modo vorrebbe cambiare il presente.
Una cosa è certa: da quando ha perso entrambi i genitori, una cappa di tristezza e infelicità si è posata su di lei, svuotandola, lasciandola priva di energia.

Amanda si guarda attorno e non vede granché per cui sentirsi motivata e contenta: il lavoro che svolge ormai da anni (è insegnante) non l'ha mai amato, pur assolvendo al proprio dovere con impegno e professionalità, tanto da essere molto apprezzata da studenti e colleghi.
Il suo matrimonio con Lorenzo è arrivato al decimo anno; non hanno figli e il desiderio di maternità finora è rimasto inappagato. Pur amando il marito, soffre molto questa mancanza, che la fa sentire vuota, morta dentro, priva di ragioni importanti per cui essere felice.
E Lorenzo, poi: non che sia un cattivo marito, ma qualcosa tra loro si è allentato; sarà l'abitudinarietà, la mancanza di tempo per loro stessi, il tran tran di una vita che scorre sempre uguale e con pochi stimoli e cambiamenti..., fatto sta che il loro amore sembra aver perso la gioia dei primi anni.
Suo marito è sempre troppo impegnato con il lavoro, che gli dà non poche preoccupazioni, lo rende assente (anche quando è a casa), nervoso, lo allontana dalla moglie, che si sente sola, incompresa, messa da parte.

Amanda si guarda dentro e non si riconosce; una sconosciuta per se stessa, ecco cos'è; una moglie delusa e insoddisfatta, un'insegnante che tale non si sente per vocazione; una donna con un grembo finora infecondo, che le ha impedito di essere mamma. È come se fosse divisa in tanti pezzettini e non riuscisse più a vedersi per quella che è realmente.
Per la donna che avrebbe voluto essere.

E allora per ritrovarsi decide che è arrivata l'ora di dare una scossa alla propria esistenza, di buttarsi in un’avventura folle: lascerà il marito e rileverà una vecchia masseria con annesso campo abbandonato, per coltivare prodotti biologici, privi di concimi chimici. 
Non è un'impresa da poco ma Amanda non si sofferma più di tanto a pensarci e a valutare se le convenga o no; lo vuol fare e basta, al diavolo il lavoro (per il quale chiede l'aspettativa), la casa e ciò che penseranno tutti (che è impazzita?); Lorenzo, se vuole, può seguirla in questo progetto, altrimenti... pazienza.

Decisa a realizzare questo piccolo grande sogno di fare la contadina, Amanda parte e va a vivere in campagna; certo, il trullo (siamo in Puglia, nel tarantino) è da sistemare, mancano acqua, corrente, connessione ad Internet e tante altre cose, ma la determinazione c'è ed è tanta.
Se vuole ritrovare se stessa e dare una volta decisiva ad un'esistenza che si è appiattita ed arenata, deve farlo ora, superando i numerosi ostacoli (di ordine pratico, più che altro), la solitudine, la paura dei ladri di notte e, su tutti, il timore del fallimento.
In questo progetto sta investendo tutto, in termini economici e non solo.
Sta mettendo in gioco tutta se stessa, buttandosi a capofitto in un'attività (quella agricola) di cui non sa assolutamente nulla e per realizzarla ha addirittura lasciato Lorenzo.
O meglio, per lei il loro matrimonio non è concluso, però la realtà è che comunque ha lasciato casa per andarsene in campagna, e Lorenzo non l'ha seguita.
Come avrebbe potuto, ossessionato com'è dalla propria ditta, che è da sempre sull'orlo del fallimento?
Lorenzo non comprende questa smania della moglie, questo voler cambiare vita a tutti i costi, questa frustrazione che la rende inquieta e che la sta spingendo a far qualcosa che ha più il sapore della follia e del capriccio che di un progetto ponderato con razionalità.

Ma nulla può fermare Amanda, che piano piano e tra non poche difficoltà, comincia a dar vita al proprio "paradiso bucolico"; sono tantissime - più di quelle che inizialmente immaginava - le cose a cui pensare, ma fortunatamente non è del tutto sola in quest'impresa: ad aiutarla ci sono alcuni amici preziosi ed esperti e un giovanotto che Amanda assume un po' per caso, correndo anche il rischio di mettersi in casa un estraneo di cui in fondo non sa praticamente nulla: Bakari, un immigrato africano che da subito si rivela un gran lavoratore, onesto, con molto senso pratico, sicuro di sé e capace di aiutare la donna nei lavori agricoli.
La sua presenza diventa indispensabile per Amanda, che non solo si sente più al sicuro con l'uomo nella masseria, ma realizza anche che senza il suo supporto non potrebbe portare avanti il proprio sogno.

Intanto, in città, Lorenzo è più solo e depresso che mai: sul punto di veder fallire la sua ditta, l'uomo si ritrova circondato da una montagna di interrogativi, che cerca di soffocare con brevi e fugaci incontri di sesso con una vecchia amica; ma la solitudine è tanta e, per diminuirne il peso, decide di adottare un cane, Rob, che inizia da subito a scombinargli le giornate. 
Amanda gli manca e verso di lei prova sentimenti contrastanti: l'ama, certo, ma al contempo la odia per averlo abbandonato per inseguire un sogno assurdo in cui lui non è contemplato.
Sì, è vero, gli ha chiesto di seguirla ma come potrebbe mollare il proprio lavoro - con tutti gli oneri annessi - e ricominciare da capo facendo il contadino?
Per lui è difficile stare senza di lei; e per Amanda? Come se la cava senza Lorenzo? 

E mentre Lorenzo cerca di sopravvivere alla solitudine, al disordine, al dolore di un matrimonio fallito, all'ansia per le tante cose da fare per salvare la propria attività e alla piacevole (ed unica) novità costituita dal vivace Rob, in campagna Amanda è sempre più indaffarata con i lavori agricoli e non solo, e sta intessendo importanti relazioni con i vicini di casa e, soprattutto, con Bakari, con il quale è sempre più in sintonia.

Entrambi si struggono di dubbi e paranoie, ma resistono: lui per orgoglio (ferito), lei per fedeltà e lealtà verso la nuova se stessa, più coraggiosa, determinata e con uno scopo nella vita.
Eppure si mancano; possibile che il loro amore sia stato solo un grosso abbaglio?

"In viaggio verso dove",  ambientato nelle soleggiate terre pugliesi, è un romanzo coinvolgente e ricco di emozioni che racconta la storia di una donna che riconosce le proprie debolezze e mancanze ma rifiuta che esse la definiscano e la limitino; è la storia di come sia possibile rinascere, rimettersi in gioco, sempre, a prescindere da cosa e chi siamo stati fino a un attimo prima; è anche la storia di una coppia che sembrava perfetta vista dall'esterno, ma che dentro stava implodendo; racconta di due persone che, ciascuna a modo suo, lottano per costruire una versione migliore di se stessi, accettando i rischi e le difficoltà che ogni cambiamento comporta. 

Leggere questo libro di Antonella Albano è stato come intraprendere un viaggio nei sentimenti e nei pensieri di una donna fragile eppure tenace e caparbia, che sa guardarsi dentro, che non accetta di crogiolarsi nelle proprie amarezze e nello scoraggiamento, ma decide di essere finalmente la protagonista della propria vita, di prendere decisioni importanti, e pazienza se deluderà qualcuno.
Nella narrazione del presente si inseriscono i ricordi che Amanda conserva di conversazioni e momenti particolari trascorsi con i genitori, il rapporto con loro, l'amore dato e ricevuto, la paura di deluderne le aspettative, i piccoli conflitti; oltre ad essi, un'altra figura è stata importante per Amanda: una zia nubile, ed a lei si rivolge e a lei pensa quando vuol fare chiarezza dentro se stessa.
I personaggi (a partire da quelli principali) sono tutti molto credibili nei comportamenti, nelle parole, nei difetti e nei pregi, e le loro personalità emergono in tutta la loro complessità e ricchezza attraverso le azioni e nei dialoghi; mi è piaciuta molto Amanda, una protagonista femminile con carattere, che nel corso della storia matura e acquisisce nuove consapevolezze su chi è, chi vuol essere e cosa vuol fare della propria vita.
Ho apprezzato moltissimo la scrittura dell'Autrice che, oltre ad essere molto accurata, precisa e fluida allo stesso tempo, è intensa, empatica, riflessiva, capace di andare a fondo nelle emozioni dei suoi personaggi e di trasmetterle al lettore, che ne è coinvolto profondamente.

Assolutamente consigliato!


lunedì 17 gennaio 2022

Recensione: IL MARCHIO PERDUTO DEL TEMPLARE di Giuliano Scavuzzo

 

La lotta tra il Bene e il Male, tra la Luce e le oscure forze delle tenebre, è un argomento che ogni lettore ritrova non poche volte quando si accosta a determinate letture, quali ad es. i paranormal o gli horror; il presente romanzo è un mix tra romanzo storico, thriller e paranormal.


IL MARCHIO PERDUTO DEL TEMPLARE
di Giuliano Scavuzzo



Ed. Newton Compton
280 pp
Siamo a Roma, in pieno Medioevo; sono tempi non oscuri... di più, e la caput mundi è nel pieno della propria decadenza e corruzione morale; per le sue strade abbondano i poveracci ma anche i crimini, il malaffare, e soprattutto l'odio e il malcontento stanno nutrendo sempre più le schiere del male.

In un labirinto di stradacce buie e maleodoranti,tra Colosseo e Pantheon, il lettore viene immerso in toto in una storia fatta di perdizione, dannazione, peccati eterni e irredimibili.

Al centro vi è la ricerca compulsiva di un antico manoscritto proveniente dal Tempio di Salomone; un potente grimorio in grado di cambiare radicalmente le sorti dell'umanità, di stravolgere gli equilibri nello scontro il bene e il male, perchè tramite esso è addirittura possibile scatenare l'Apocalisse.

Tutto ha avuto origine da quando sei cavalieri templari, durante la prigionia in Terra Santa, hanno votato l’anima al diavolo; adesso, sono pronti a sacrificare due piccoli gemelli per lasciare che il male prenda possesso del
mondo stesso, annullando e cancellando ogni traccia di bene, della presenza di Dio tra gli uomini.

Perché questo avvenga, è necessario attuare dei riti, l'ultimo dei quali richiede la barbara uccisione di due gemelli.
Due bambini innocenti sono in pericolo; già altri bambini sono stati sacrificati ma adesso padre Graziano vuole fermare questa spirale maledetta e salvare le creature.
Per farlo, bisogna trovare in tempo l'antico libro, la Clavicula Salomonis, ed impedire ai signori delle tenebre di compiere la cerimonia finale.

Dove si trova questo manufatto? Esso è nascosto, ovviamente, e c'è solo una "persona" ad essere a conoscenza di questo luogo segreto; il problema è che, allo stato attuale, essa non ricorda nulla della passato...

L'individuo in questione è uno dei templari, Shane de Rue, che durante la Crociata ha rubato e nascosto il prezioso grimorio, al prezzo del tradimento dei suoi compagni e della perdita dei propri ricordi: non ricordando nulla delle esperienza vissute, non corre neppure il pericolo di svelare dove si trovi il libro.

Eppure costui, chiamato l'Ombra - il più crudele degli assassini -  è tormentato dalle immagini di una battaglia cruenta in Terra Santa e, ancor più, dal ricordo di una donna amata appassionatamente.

Quando incontra Don Graziano, questi gli chiede di aiutarlo nella missione di fermare la cerimonia rituale che, attraverso la tortura e la morte dei gemellini, potrebbe aprire le porte degli inferi, consapevole che per riuscirci avranno bisogno dell'aiuto di Lilith, una strega bellissima e seducente, dai poteri straordinari; l'unica creatura in grado di liberarlo dall’anatema che lo ha colpito.

I tre compagni di sventura vagheranno per i bassifondi di una Roma sotterranea spaventosa, putrida, popolata da creature della notte e delle tenebre, il cui aspetto orrendo riflette il marcio che abita in loro; esseri innominabili schiavi del male più assoluto e pronti a manifestare tutto il loro potere malefico perché il male prenda piede sulla terra e domini su ogni uomo.

Ce la faranno a salvare i poveri gemelli e l'intera umanità dall'assalto degli angeli malvagi, che hanno abbandonato dalla notte dei tempi la bontà e la luce divine per dichiarare fedeltà al principe delle tenebre?

Chiarisco subito che, pur amando i romanzi storici e i thriller, quando la narrazione prende pieghe molto paranormal e si addentra nei meandri più profondi e inquietanti del male, il libro in questione smette di interessarmi; non mi piace per niente leggere romanzi su diavoli e affini, e questo - che ho vinto diverso tempo fa ad un giveaway - l'ho letto unicamente perchè poteva rientrare tra gli obiettivi di una Reading Challenge che sto seguendo.
Con ciò non voglio dire che il libro sia brutto, assolutamente no; è scritto bene, l'Autore è bravo nell'immergere il lettore nel sordido e malvagio contesto in cui le vicende hanno luogo, presentandoci la città di Roma nelle sue atmosfere più dark e popolata da individui potenti e molto corrotti, nel descrivere il male attraverso personaggi sovrannaturali e terrificanti; intendo solo dire che se queste caratteristiche vi piacciono, il romanzo sicuramente fa per voi e lo troverete avvincente. Io purtroppo ho faticato a leggerlo e terminarlo perché più mi addentravo nel vortice malefico immaginato dall'Autore, più avrei voluto fuggirne.
Questione di gusti, ecco; ma ripeto, se non vi dispiacciono i thriller storici con elementi paranormali e in cui le entità malvagie sono le vere protagoniste, questo libro vi piacerà. 
 

venerdì 14 gennaio 2022

Oggi nasceva... Yukio Mishima



Yukio Mishima (vero nome: Kimitake Hiraoka) è nato il 14 gennaio 1925 a Tokyo.
E' considerato tra i più importanti romanzieri del 20° secolo.

I primi anni della sua infanzia, Mishima li trascorre con la nonna paterna, Natsuko, la cui educazione ha avuto un notevole effetto sulla sua letteratura e sulle sue convinzioni politiche, oltre che essere la ragione - stando ad alcuni dei suoi biografi - del suo successivo fascino per la morte: la donna non lo lasciava libero di giocare e socializzare con altri ragazzi e lo ha persino tenuto lontano dalla luce del sole.

All'età di 12 anni, Mishima torna a stare con i genitori...: il padre decide di crescere i suoi figli secondo la disciplina militare, li puniva severamente puniti al minimo errore e, nel caso di Mishima, andava regolarmente nella stanza del ragazzo per cercare qualsiasi prova del suo amore per la letteratura, distruggendo i manoscritti che riusciva a scovare.
La madre, al contrario, lo ha sempre sostenuto nel suo desiderio di fare lo scrittore.

Nel corso della sua vita ha scritto moltissimo, oltre 20 racconti, più di 30 romanzi, molti saggi e diverse opere teatrali (circa 50); convinto nazionalista, ha fatto anche l'attore, il regista cinematografico ed è stato un artista marziale.

Nel 1968 Mishima fonda il Tate no kai, un gruppo di milizie nazionaliste; il 25 novembre 1970, lui e altri quattro membri di questo "esercito privato" entrano nel quartier generale di Tokyo del comando orientale delle forze di autodifesa giapponesi, prendendo in ostaggio il comandante.
Successivamente lo scrittore esce sul balcone, tiene un accorato discorso ai soldati lì radunati, chiedendo loro di unirsi ai Tate no kai nel loro colpo di stato per riportare l'imperatore ai suoi poteri prima della seconda guerra mondiale.

Al termine del discorso, entra nell'ufficio, e dopo aver inneggiato all'Imperatore, si toglie la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai: si trafigge il ventre e si fa decapitare dal suo più fidato amico e discepolo, Masakatsu Morita; questi, però, sbaglia per tre volte il colpo di grazia previsto dal rito tradizionale, così a porre fine alla vita dello scrittore ci pensa un altro compagno.




LE STELLE

Quando gli uomini guarderanno le stelle,
nel loro cuore si leverà, carico di essenze,
il vento della notte.

Sulla foresta, sul lago, sulla città,
le nuvole fluttueranno tranquille.

Allora le stelle inizieranno a cadere copiose
e come la rugiada copriranno ogni cosa.

Nel disegno tracciato dall'invisibile nastro divino,
tutte le costellazioni crolleranno a una a una
con estrema eleganza.

D'allora in poi le stelle dimoreranno
nella nostra anima, e forse torneranno ancora
quei giorni in cui gli uomini
erano dolci e meravigliosi come gli Dei.





Fonti consultate:  

https://www.thefamouspeople.com/
Wikipedia
Treccani

giovedì 13 gennaio 2022

[ CINEMA ] Il mio modestissimo parere su DONT' LOOK UP.

 

Buon pomeriggio, lettori cari!

Non lo faccio più molto spesso, ma ogni tanto anche a me viene voglia di parlare - seppur brevemente e senza troppe pretese - degli ultimi film visti.

Durante le vacanze ho potuto guardare una delle pellicole più discusse (ed elogiate) degli ultimissimi tempi: Don't look up!

,

Il film è uscito nelle sale solo un mese fa e sono in tanti a parlarne; io stessa ammetto di esserne rimasta incuriosita perché leggevo commenti su questo film praticamente ovunque, oltre ad essermi stato consigliato da amici.

Diretto da Adam McKay, Don't look up può vantare un cast di tutto rispetto: Meryl Streep, Leonardo Di Caprio, Cate Blanchette, Jennifer Lawrence.

A un primo sguardo, e senza pensarci troppo, si potrebbe pensare che si tratti del solito film catastrofista "all'amercana" cui Hollywood ci ha abituati (e annoiati?), infatti la trama è presto detta: una bella cometa, dalle dimensioni notevoli, viaggia nell'universo puntando dritta sulla nostra amata Terra; l'impatto - stando ai calcoli - è previsto non più tardi di sei mesi e le conseguenze saranno sicuramente gravissime, tali cioè da distruggere ogni forma di vita.

Insomma, la notizia è a dir poco sconvolgente e a darla sono il professor Randall Mindy (Di Caprio) insieme a Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), studentessa di astronomia prossima alla laurea; è proprio la giovane a scoprire la cometa, che infatti verrà chiamata col suo cognome.

Terrorizzati dalla tremenda scoperta, i due non perdono tempo e contattano chi di dovere affinché venga data notizia alla presidente degli Stati Uniti, Janie Orlean (Meryl Streep), e questa si attivi, in qualche modo, cominciando ad avvisare la popolazione.

Ma la donna è completamente sfasata: prende molto alla leggera il problema, è scettica, ci ride su e soprattutto è troppo impegnata con le prossime elezioni per occuparsi di una stella cadente che potrebbe sopraggiungere tra sei mesi e provocare una catastrofe che lei, evidentemente, non crede possibile...

Randall e Kate capiscono che la presidente - sempre accompagnata da quell'idiota del figlio, il vanitoso e strafottente Jason - non ha preso sul serio la notiziona, così decidono di ricorrere ai media, ed in particolare al celebre e seguitissimo programma mattutino The Daily Rip, condotto da Brie (Cate Blanchett) e Jack (Tyler Perry), con l'obiettivo di spiegare davanti alle telecamere la gravità di questa minaccia, che distruggerà la Terra e i suoi abitanti.  

Non hanno forse diritto i cittadini di sapere che, tempo sei mesi, la catastrofe si abbatterà su di loro? 
E se ci fosse un modo per evitare l'impatto? Non sarebbe giusto e doveroso da parte del governo americano fare qualcosa - qualsiasi cosa - a questo scopo?

Purtroppo, però, l'annuncio in tv non va benissimo: Kate, infatti, che di suo è molto ansiosa (ma anche Randall lo è), di fronte alle risatine, alle battute e, in generale, all'atteggiamento superficiale e leggero dei conduttori, sbotta, si lascia andare ad una sorta di crisi isterica in diretta e la sua reazione scomposta (unita alla frase urlata con angoscia "Moriremo tutti!") diviene oggetto di meme e prese in giro sul web.

In pratica, ciò che doveva essere un avvertimento drammatico diventa una stupidaggine umoristica su cui sghignazzare.

Randall e Kate non ci possono credere, e lo spettatore con loro: davanti ad una scoperta a dir poco agghiacciante, cosa fa la massa? Ride, alza le spalle con un sorrisetto ebete, passa alla news successiva, continua a tenere i propri occhi incollati allo schermo di un cellulare e a proseguire con la propria vita.
Come se niente fosse.

Forse è un modo per tener lontana la paura, che in questi casi diverrebbe qualcosa di irrazionale ed ingestibile in quanto a scatenarla sarebbe un evento che va oltre le possibilità umane?

Mancano 6 mesi allo scontro tra Terra e cometa e la popolazione continua a fare ciò che fa da sempre: lavorare, divertirsi, mangiare, fare progetti, stare sui social...; nessuno che si preoccupa della minaccia globale che sta per colpirli ed affondarli??
C'è qualcosa che può indurli a staccare gli occhi da uno schermo per rivolgerli al cielo?

La presidente fa della frase "Don't look up!" una sorta di slogan, un motto che porta avanti in campagna elettorale, esortando i propri elettori a non credere ai pareri allarmistici di due scienziati matti e a non guardare in alto, perché non c'è nulla che si abbatterà su di loro.

Ma le evidenze scientifiche dicono tutt'altro e confermano che la cometa viaggia spedita, la sua traiettoria è quella della Terra, quindi c'è da muoversi: non sarà il caso di organizzare delle missioni nello spazio per provare a distruggere la cometa in tanti pezzettini meno pericolosi?
La presidente - che ci pare un po' una scioccona senz'arte nè parte - si sveglierà dal menefreghismo incomprensibile in cui sguazza per assolvere adeguatamente al proprio ruolo?
E la gente alzerà lo sguardo verso il cielo, conscia che la propria quotidianità è in pericolo?

Dico subito che il film non mi è affatto dispiaciuto, anzi; si lascia guardare e trovo che la scelta di narrare l'imminente catastrofe con ironia, in modo satirico, sia azzeccata; certo, non vi nascondo che in certi momenti ho pensato fosse eccessivo, e quindi un tantino... urticante.
Però c'è da dire che è tutto sopra le righe, a partire dalla presidente - interpretata dalla formidabile Meryl Streep, che fa ridere per quanto è ochetta -, continuando con suo figlio, un bamboccione che è capo di gabinetto unicamente in quanto figlio della Orlean, ma per il resto è un cretino; i conduttori - per quanto snervanti ed irritanti con le loro risatine stupide, il loro voler minimizzare e rendere tutto un mega trash per fare ascolti - non sono così lontani dalla realtà e anche "in casa nostra" siamo abituati a trasmissioni che trattano argomenti seri "mesciati" con un po' di (in)sano gossip.

Bravissimi anche la Lawrence nel ruolo della scienziata ansiosa, che consuma Lexotan come fossero Tic Tac, dall'animo punk, incline agli attacchi di panico, e Leonardino - sei Jack Dawson per sempre, per quanto mi riguarda, e non c'è cometa che tenga -, anche lui efficace nel far comunicare al proprio personaggio tutta l'angoscia e la perplessità di fronte all'indifferenza dei più nell'apprendere che il loro mondo potrebbe distruggersi da lì a sei mesi.

Come dicevo, la vena umoristica, quasi comica, conferisce inevitabilmente una (voluta) sfumatura grottesca, surreale, che se da una parte fa sorridere, dall'altra fa riflettere su come, davanti alle dichiarazioni drammatiche e sicure di scienziati accreditati, si preferisca infilare la testa sotto la sabbia per non vedere e quindi per non far spazio ad una (legittima?)  paura del domani.
La presenza di Di Caprio mi ha fatto pensare al risvolto ambientalista e alle conseguenze che la stoltezza e l'atteggiamento menefreghista che l'uomo ha verso la natura gli si ritorcerà contro.

Mi è piaciuto il "momento fatidico", e come lo hanno vissuto Randall e Kate insieme ai loro cari: con chi e come vorremmo passare gli ultimi attimi della nostra esistenza? Cosa conta davvero alla fine, cosa dà valore ai nostri giorni su questo pianeta?

Buffe e coerenti col tenore della pellicola le ultime due scene, che - tranquilli - tengo per me ;-)

Concludendo, forse non è il film dell'anno, come ho letto qua e là, ma è un film godibile, fatto bene, che affronta un tema di per sé sfruttatissimo, ormai usurato (dal cinema americano soprattutto) e per nulla originale, ma lo fa con un tono satirico intelligente, che fa il verso a questo genere umano bizzarro e capriccioso che troppo spesso maltratta l'ambiente come se fosse il padrone di tutto e si fa prendere da deliri di onnipotenza e immortalità.

L'avete visto? Che ne pensate?
Lo vedrete?

mercoledì 12 gennaio 2022

Recensione: IL CASTELLO D'ESTATE di Martina Pregnolato - review party

 

Buongiorno, cari lettori!
La recensione di oggi costituisce la terza tappa del Review party - partito il 10 gennaio, terminerà martedì 18 - dedicato al romanzo d'esordio di Martina Pregnolato, IL CASTELLO D'ESTATE.



10 gennaio: La libreria di Anna
11 gennaio: Un libro in cucina
12 gennaio: Chicchi di pensieri
13 gennaio_ Paper Purrr
14 gennaio: Casalinga per caso
17 gennaio: ChiaraStanzadeiLibri
18 gennaio: Letture Sale e Pepe





IL CASTELLO D'ESTATE
di Martina Pregnolato

Alcheringa Ed.
280 pp
14 euro
2020
Ginevra ha ventotto anni e, dopo aver viaggiato un po' per l'Europa, negli ultimi tempi ha vissuto a Parigi, dove ha conosciuto il bel gallerista d'arte Pascal.
La loro storia sembrava procedere alla grande fino al giorno in cui...  lui non le ha chiesto di sposarlo!
Contrariamente a ciò che, al posto suo, avrebbe fatto la maggior parte delle donne al cospetto di una tale proposta fatta da un uomo bello, ricco e affascinante, Ginevra fugge via, terrorizzata!
Prende il primo volo e torna a casa, dai suoi, che vivono e lavorano (in qualità di governanti) nella bellissima dimora del magnate Amir Wright.

Il palazzo è chiamato "il Castello d'Estate" ed è bellissimo, immenso, elegante: un luogo da favola, di quelli in cui tante bimbe sognano di nascere e crescere, per sentirsi un po' principesse.
Ed è così che è cresciuta Ginevra: in un luogo suggestivo e meraviglioso, e tornarvi non può che farla sentire emozionata.

Certo, quando se n'è andata, l'ha fatto per scappare da una situazione famigliare che cominciava a starle un po' stretta.
Se con suo padre Rodolfo ha sempre avuto un ottimo rapporto, fatto di chiacchierate tranquille e rilassanti confidenze, con sua madre Ilda le frizioni e gli scontri non sono mai mancati.
Del resto, sono più simili caratterialmente di quanto loro stesse siano disposte ad ammettere!

Entrambe, infatti, hanno un carattere fumantino che "prende fuoco facilmente" e nessuna di loro retrocede di un solo passo per dar ragione all'altra.
Ilda è una donna austera, una "carabiniera" in famiglia e (ancor di più) sul lavoro; maniaca della pulizia e dell'ordine, scarsamente incline a tenerezze ed effusioni, severa nei giudizi..., insomma, per uno spirito ribelle come Ginevra una madre come Ilda è più un ostacolo da aggirare che una spalla su cui trovare consolazione.

Eppure, quando si ritrova la figlia nella cucina del castello, anche la granitica Ilda si commuove e si lascia andare ad un caldo abbraccio in cui avvolgere la propria "bambina" finalmente a casa!

Ginevra si guarda bene dal confidare ai genitori che è fidanzata e che è stata chiesta in moglie; piuttosto, vuol rendere il ritorno al castello un soggiorno tranquillo per mettere in ordine le idee e il caos che regna nel suo cuore: ama ancora Pascal? Vuole davvero sposarlo o quella fuga improvvisa è il segnale che qualcosa non va?

Nel tornare nella stupenda dimora in cui è cresciuta, Ginevra ritrova i sapori, i profumi, le abitudini, le persone... che hanno costellato la sua infanzia e adolescenza; ritrova questo suo padre buono, simpatico, marito devoto, lavoratore instancabile, un uomo paziente, pronto ad ascoltarla, consigliarla, accoglierla senza giudicarla.

E ritrova pure sua madre, sempre un po' scostante e lesta nei rimbrotti, che custodisce nel cuore un amore di gioventù sfortunato che le ha provocato delusioni e sofferenze.
Ilda, da giovane, infatti, è stata innamorata del proprietario del castello, Amir, che ai tempi era un giovanotto avvenente, dal fascino seduttore, in grado di far cadere ai suoi piedi le donne con un sorriso.
Ilda compresa, quindi, che però ben presto ha dovuto far i conti con la realtà: Amir non l'avrebbe mai sposata..., invece Rodolfo era lì per lei, come un amico comprensivo, sempre presente, docile e pronto a dichiararle tutto il proprio amore.

Durante il suo soggiorno, Ginevra fa amicizia con la figlia di Titti, una dipendente degli Wright: la diciannovenne Viola diventa per lei la sorella minore che non ha avuto, un'amica più giovane, sì, ma anche molto matura, schietta e saggia nel dispensare pareri e consigli.
E di consigli, Ginevra ne avrà davvero un gran bisogno quando all'improvviso farà il suo ritorno a casa il figlio dei padroni, Sami Wright!

I due non si vedono da molti anni ed entrambi restano piacevolmente colpiti l'una dall'altro; l'attrazione fisica è evidente, ma oltre a quella c'è un feeling che li porta a trascorrere molto tempo insieme, a parlare, scherzare, anche a far progetti.

Ilda e Rodolfo si accorgono che tra i due giovani c'è del tenero e la prima è preoccupata: e se i due replicassero ciò che in passato è già successo tra lei e Amir? Di nuovo la storia d'amore, destinata a naufragare e senza futuro, tra il ricco proprietario e la povera governante?

Ma la passione e i sentimenti hanno la meglio e Ginevra e Sami si ritrovano incredibilmente vicini, pronti a viversi senza filtri né ripensamenti, come del resto è normale che accada in gioventù.

Però le questioni in sospeso restano: Pascal è ancora lì che aspetta la risposta e il ritorno a Parigi della donna che, ufficialmente, è ancora la sua fidanzata.
Gin temporeggia, adducendo la scusa di voler riflettere un altro po', ma in realtà il suo cuore grida un solo nome: Sami.

E il cuore di Sami cosa dice, invece?
Lui è bello, divertente, passionale, pieno di idee, con una carriera da imprenditore avviata; l'estate che passano al castello li vede coinvolti l'uno dall'altra, ma ci sono i presupposti per una storia solida o la loro è solo un'avventura, un flirt estivo?

A complicare le cose ci penserà l'arrivo improvviso di Pascal al Castello d'Estate, che metterà in moto una serie di fraintendimenti, che porteranno Sami e Gin ad allontanarsi.

Ma il destino ha in serbo per loro qualche sorpresa e sarà proprio il padre di lui, Amir, a metterci lo zampino.
Forse quell'amore non vissuto con Ilda ai tempi potrebbe invece scoppiare tra i loro figli?


"Il Castello d'Estate" è una storia romantica che si staglia su un'ambientazione piena di suggestione, dal fascino fiabesco, in cui si muovono personaggi dalla personalità ben definita, che fanno simpatia per i loro difetti e i loro pregi, per come reagiscono alle situazioni e agli imprevisti.
Si fa il tifo per Sami e Gin, perché abbiano il coraggio di vivere il loro amore e di parlarsi con franchezza, afferrando insieme la tanto agognata felicità; la scrittura dell'Autrice è semplice, scorrevole immediata, ricca di dialoghi che rendono vivace la narrazione, la vena romantica è ben dosata ed è resa frizzante da battute spiritose e situazioni simpatiche.

Una lettura davvero gradevole, che fa sognare i lettori più romantici; ringrazio l'Ufficio Stampa Saper Scrivere e l'Autrice per l'opportunità di leggere e recensire questo libro.

domenica 9 gennaio 2022

Recensione: I CARIOLANTI di Sacha Naspini



La prima recensione dell'anno è finalmente arrivata.
Ed è relativa ad una storia che ti trapassa e spiazza, come un agghiacciante urlo ferino nella notte buia che ti fa rizzare i peli e ti mette i brividi, di quelle notti scure nei boschi, dove a farti compagnia sono gli ululati dei lupi affamati, le ombre degli alberi che paiono spettri, l'aria gelida che ti mozza il respiro; ha il sapore disgustoso della carne cruda e molliccia che mastichi a forza e che proprio non vuol scendere giù; quello ferroso del sangue in bocca dopo un ceffone in pieno viso; quello fetido del cadavere della bestia appena uccisa e che aspetta di essere tagliata a pezzi, cotta e mangiata. 
È la storia  - dura, feroce, che scombussola, fa sgranare gli occhi, storcere la bocca e scuotere il capo - di un ragazzino cresciuto come una bestiolina da sempre torturata dai morsi atroci della fame; arrabbiato e selvatico, pronto ad azzannare come quei cani randagi da cui fugge e che, a un tempo, cerca di tener buoni e di farseli amici.
Un animaletto che cerca in tutti i modi di fronteggiare le tantissime difficoltà e privazioni che la vita gli rovescia addosso, mosso da un primordiale istinto di sopravvivenza e da un'insaziabile fame, non solo fisica, ma ancor prima di quell'amore e protezione e tenerezza mai ricevute.


I CARIOLANTI 
di Sacha Naspini 



Edizioni e/o
176 pp
"Se non mangio tutto poi arrivano i Cariolanti. Quando li sogno sono in due, un uomo e una donna vestiti male, scavati fino all’osso e con tutti i capelli appiccicati sulla faccia. Camminano strascicando i piedi nudi, sporchi di sangue e terra. E dita bitorzolute, e braccia lunghe, anzi lunghissime, fino alle ginocchia. Lunghissime e secche. I Cariolanti si chiamano così perché si tirano dietro un carrettino sgangherato, sopra c’è un lenzuolo che una volta era bianco e adesso è tutto zozzo e logoro, pieno di patacche schifose. Da là sotto a volte spuntano dei piedini di bimbo. I Cariolanti hanno sempre fame. Se a cena qualche ragazzino viziato non mangia tutto, di notte arrivano loro, ti prendono e ti portano via per mangiarti vivo nella loro tana."


Inizia così il racconto in prima persona del giovanissimo protagonista, Bastiano, e la mia prima impressione è stata quasi quella di essere in una fiaba horror, gotica, dalle atmosfere cupe, dark, popolata da personaggi paurosi e inquietanti, di quelli che disturbano i sogni di bambini innocenti, scaraventandoli in incubi terribili.

Ma quello di Bastiano non è un brutto sogno, è la realtà: vive in un soffocante rifugio sotterraneo nei boschi assieme a mamma e papà; il padre Aldo (sono gli anni della Prima guerra mondiale) è un disertore che ha deciso di nascondersi per prendersi cura della sua famiglia - la moglie e il figlio.
Il capofamiglia ha tecniche tutte sue per procurarsi il cibo (e, nei limiti del possibile, altri beni essenziali) e tutto ciò che riesce a recuperare va usato con parsimonia e, soprattutto, nulla va sprecato, disprezzato..., vomitato. Se vuoi sopravvivere e non vuoi farti prendere dai Cariolanti (figura creata dai genitori per spaventare il figlioletto e indurlo ad ubbidire), devi mangiare tutto tutto, senza farti troppe domande, del tipo "ma che carne è? Di chi è?". In tempi di guerra è così,  si butta in pancia ciò che si trova, senza far troppo gli schizzinosi.

Bastiano cresce con questo padre pratico, severo, forte (anche manesco, all'occorrenza), che fa di tutto per tener vivi i famigliari, e la moglie lo sostiene e ne accetta i metodi, i divieti, i rimproveri, le decisioni anche discutibili. 
Bastiano osserva, valuta, pensa, rimugina, immagazzina, costruisce inconsapevolmente schemi mentali, abitudini, modi di pensare e di spiegare ciò che accade attorno a sé, e capisce che se c'è una cosa brutta brutta che rende l'esistenza infelice è la fame, "quella che neanche ti fa dormire e se per caso ci riesci non fai che sognare quello: di mangiare. La fame quella che ti fa impazzire...", ed è la fame a rendere gli uomini simili alle bestie ("Qui è un mondo dove i cristiani si ammazzano tra loro per un pezzo di pane...") e a far loro commettere anche le azioni più turpi per sopravvivere, belva tra le belve.

Cresce così, Bastiano, sotto l'unica doppia ala di mamma e papà, soffrendo il freddo, il caldo, la fame e pure dopo la guerra, quando lui e i genitori usciranno dalla tana per cercare di vivere come "persone normali", le privazioni non finiranno, soprattutto la fame. 

Bastiano esce allo scoperto ma è ormai un adolescente segnato dagli stenti, dall'assenza di relazioni umane, che si trova bene nella propria selvaggia solitudine, che parla a bassa voce con le piante, gli alberi, i cani randagi, che conosce a menadito ogni tratto e ogni pietra del bosco vicino casa.
È un ragazzo che parla poco, tanto da sembrare o semplicemente timido o terribilmente stupido, ritardato. 
Ed è bello, con quel viso quasi angelico e i suoi occhi verdi, dietro i quali però si cela una natura non "addomesticata", bestiale, a tratti innocente ed infantile, altre volte egoista, priva di sensibilità, e non perché Bastiano sia cattivo, quanto per un'incapacità di fare i conti con i propri sentimenti e bisogni e di viverli/gestirli in maniera sana.
Sono gli impulsi ferini a guidarlo e ad innescare in lui comportamenti irrazionali e istintivi, gli stessi che spingono un animale a scannarne un altro per non soccombere, senza chiedersi cosa sia giusto o sbagliato, cosa sia il bene o il male, la pietà o la crudeltà.

E quando incontra l'amore, quando il suo cuore e il suo giovane corpo cominciano ad infiammarsi per una coetanea (Sara, la figlia zoppa della famiglia presso cui Bastiano è il garzone dello stalliere), il giovanotto si approccia a questo sentimento nuovo con semplicità e quasi con candore, sporcato purtroppo dai consigli pragmatici e cinici della madre.

A Bastiano, da un certo momento in poi, capitano tanti eventi che lo mettono nei guai, che lo vedono coinvolto in situazioni drammatiche, in cui lui agisce nell'unico modo che sa fare: come una bestia minacciata che deve tirare fuori unghie e artigli per difendersi, e attaccare è la prima vera difesa per chi, come lui, è abituato a vedersela da solo e a non contare su nessuno, ma soltanto su se stesso.

Il lettore apprende le tristi e violente avventure del protagonista seguendolo negli anni, da quando ne ha 9 fino ai 52, passando attraverso l'esperienza del carcere, un'altra guerra, la permanenza in un campo come prigioniero e la terribile e sconvolgente scoperta di un segreto di famiglia che gli fa scattare qualcosa di orribile nel cervello: una tremenda vendetta da architettare diabolicamente in ogni dettaglio, per poi attuarla al momento giusto, senza pietà, senza ripensamenti, perchè quando a tradirti è il genitore "buono", quello che pensavi meritasse tutto il tuo affetto, e beh allora devi solo fargliela pagare, in qualche modo, e dar spazio solo all'odio e alla rabbia cieca, perché a seguire l'amore non ci si guadagna null'altro che delusioni e amarezze.

La lettura di questo romanzo di Sacha Naspini per me è stata sconvolgente, mi ha spiazzata in maniera spietata, mi ha trascinata in un piccolo pezzo di mondo sporco, miserabile, belluino, duro, in cui l'uomo arriva a comportarsi come le bestie, dove sopravvivere in mezzo alla violenza e all'egoismo diventa l'unico scopo della vita, dove non c'è spazio per la tenerezza, la cura, l'amore, la compassione ma solo per la fame in tutte le sue accezioni (di cibo, di vita, di affetti, di relazioni, di libertà...), quella che ti induce a sbranare, ad attaccare, che ti rende violento, arrabbiato ma ti aiuta altresì a restare vivo nonostante intorno ci siano la morte, la povertà, la guerra, le bastonate, la solitudine.

Bastiano a modo suo evolve, cresce, ma non in positivo; la sua è una deformazione più che una formazione; mi son ritrovata a cambiare sentimenti verso questo particolarissimo protagonista, che da bambino mi fa tenerezza per essere stato costretto dai genitori a crescere in un buco puzzolente, da ragazzino sembra mantenere un'istintiva innocenza ma che poi, nel venire a contatto con le dinamiche violente ed imprevedibili che contraddistinguono i rapporti umani, sviluppa e manifesta un temperamento rozzo e selvatico ma, lungi dall'essere "lo scemo del villaggio" (come pensano in tanti), Bastiano si rivela furbo, capace di orchestrare piani perfidi e aspettando con pazienza il momento propizio per agire e avere la meglio.

Come dicevo nell'introduzione, è una lettura che travolge, inquieta, impressiona, e ogni suo aspetto - il tipo di scrittura, il contesto, i personaggi, le loro azioni e relazioni - contribuisce a far sentire il lettore turbato da ciò che legge e che, per la vividezza del linguaggio, gli sembra di vedere con gli occhi dell'immaginazione, e ciò che "vede" è brutale, violento, barbaro.

Un romanzo duro, potente, disturbante, forse non adatto a tutti in quanto ci sono diverse "scene" forti, che possono dar fastidio ai lettori molto sensibili, ma è forse proprio questo che rende "I Cariolanti" un libro sconcertante e in grado di scioccare e provocare emozioni intense.

Consigliato!!

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