Il catino di zinco è il primo libro di Margaret Mazzantini, con cui vince il Premio Campiello nel 1994.
IL CATINO DI ZINCO
di Margaret Mazzantini
Ed. Mondadori NumeriPrimi 137 pp 10 euro 2014 |
Protagonista indiscussa di questo breve romanzo è Nonna Antenora, una donna che ha saputo vivere la propria esistenza, povera e non sempre felice, con un carattere deciso, forte, tenace, testardo e molto pratico.
L'Autrice parte da una mattina fredda come tante in cui sua nonna è morta e a parlarci di lei e della storia della sua famiglia è proprio la nipote, cui in un certo senso la vecchietta ha affidato le sue storie, le sue memorie, tutti racchiusi in quella casa di Roma che, nel tempo, è diventata una rigatteria di ricordi.
Una sorta di "santuario" che raccoglie tanti visi, tante storie di uomini, donne, bambini, luoghi... che la nipote non ha visto di persona, ma che conosce bene, come se tutte queste cose fossero lei stessa.
E così la voce narrante evoca per il lettore fatti e personaggi d'altri tempi, che partono dal 1903 e attraversano le due guerre mondiali, il fascismo... e arrivano fino a noi con una potenza rievocativa che colpisce il lettore quasi come un pugno violento.
Storie di donne che dovevano essere sottomesse prima ai padri e poi ai mariti, ma che non hanno perso mai la loro personalità, la loro forza, affrontando le sfide della vita di tutti i giorni con coraggio, ed Antenora rappresenta bene questo tipo di identità femminile, che ama svisceratamente i figli - piange quello morto troppo presto di tifo, non si dà pace per quelli andati in guerra, e controlla a vista d'occhio il figlio piccolo perché non faccia sciocchezze -, guarda ora con tenerezza ora con insofferenza il tranquillo marito, il "poromo" Gioacchino, col quale non riuscirà mai a vivere una reale intimità (soprattutto sessuale, nonostante i figli), se non forse solo negli anni della vecchiaia, quando insieme condivideranno la solitudine di un nido familiare che ha visto volar via tutti i figli.
Quella della Mazzantini, alla sua prima opera letteraria, è una scrittura forte e decisa, che alterna l'uso di un linguaggio volutamente ricercato a quello di un linguaggio molto informale, con termini gergali, dialettali, fatto anche di parole ed espressioni che di proposito sconfinano nello scurrile, soprattutto nel loro riferimento alla sessualità.
In un certo senso, il modo con cui la voce narrante si rivolge a chi legge è quasi "maleducato", irriverente, perché è fin troppo diretto, crudo, senza dubbio efficace nel tratteggiare in modo molto vivido i personaggi e le vicende da loro vissute.
Ne viene fuori un ritratto spietato ma onesto di un universo familiare caratterizzato da rancori e rimpianti, in cui c'è posto per tanto crudo realismo e un po' meno per la tenerezza.
Un romanzo che si legge in fretta per il numero di pagine ma che non per questo lascia il lettore indifferente, perchè attraverso l'importanza di andare "indietro nel tempo" con la memoria, ci porta a contatto con gente semplice (lo stesso catino di zinco ci riporta indietro negli anni, a quando il suo utilizzo era molto frequente, testimone muto di quotidianità), che si portava "sulla groppa un tratto deforme di storia", e doveva far fronte alla povertà e a modi di pensare che adesso ci appaiono giustamente arcaici.
Un libro particolare che rivela, a mio modestissimo avviso, l'originalità e la forza narrativa ed evocativa di questa bravissima Autrice, nonchè la sua bravura nel tratteggiare personaggi femminili forti e ben definiti.
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