martedì 9 giugno 2020

Recensione: TUTTO CHIEDE SALVEZZA di Daniele Mencarelli



Può nascere un legame di amicizia, solidarietà e reciproco sostegno in un posto contrassegnato da malattia mentale e sofferenza?
Tra queste pagine, l'Autore ci mostra quale e quanta umana bellezza si nasconda tra gli angoli oscuri della follia, quanta sofferenza, disperazione, rabbia, impotenza, solitudine, consapevolezza di non essere compresi né tanto meno accettati.




TUTTO CHIEDE SALVEZZA 
di Daniele Mencarelli 




Ed. Mondadori
204 pp
E' un giorno di giugno del 1994 quando al ventenne Daniele viene praticato un TSO, in seguito ad una violenta esplosione di rabbia che lo ha spinto ad avere comportamenti violenti e molto aggressivi.

Il giovane apprende, nel suo primo colloquio con un dottore del reparto psichiatria, che dovrà restare in trattamento sanitario obbligatorio per una settimana, sottoponendosi alle cure che i medici decideranno per lui.

Smarrito, confuso, amareggiato: Daniele è tristemente consapevole di aver messo in subbuglio la propria famiglia, di aver quasi ammazzato il povero padre, di aver dato noie ai fratelli e, soprattutto, di aver dato un gran dispiacere all'amata madre:

"Da quando sono nato non ho fatto altro che portare disordine, un’esagerazione dietro l’altra, tutto un impulso da seguire, nel bene come nel male. Non so vivere in un altro modo, non riesco a sfuggire a questa ferocia: se c’è una vetta la devo raggiungere, se c’è un abisso lo devo toccare."


Cosa c'è che non va in lui?
Sono due anni che i suoi genitori lo portano in giro da un dottore all'altro, che prende ora un farmaco ora un altro, che fa colloqui con psichiatri..., ma niente.
Forse stavolta, in questa settimana dove il caldo è afoso e insopportabile, mentre gli italiani sono concentrati sui Mondiali e a lui tocca starsene in una stanzetta d'ospedale dove si schiatta e che puzza di orina e sudore e altri effluvi corporali, verrà fuori qualcosa di utile? Magari il nome della sua malattia...?

Ma ce l'ha un nome questa malattia che rende Daniele inquieto, infelice, spesso disperato e a volte arrabbiato?

Lui per primo c'ha provato a etichettarla, a identificarla, a chiamarla per nome.

"Mi piacerebbe dire a mia madre ciò che mi serve veramente, sempre la stessa cosa, da quando ho urlato il primo vagito al mondo. Quello che voglio per tanto tempo non è stato semplice da dire, tentavo di spiegarlo con concetti complicati, ho trascorso questi primi vent’anni di vita a studiare le parole migliori per descriverlo. E di parole ne ho usate tante, troppe, poi ho capito che dovevo procedere in senso contrario, così, di giorno in giorno, ho iniziato a sfilarne una, la meno necessaria, superflua. Un poco alla volta ho accorciato, potato, sino ad arrivare a una parola sola. Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte. Salvezza. Per me. Per mia madre all’altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza, ma come? A chi dirlo? O forse questa cosa che chiamo salvezza non è altro che uno dei tanti nomi della malattia".

Un'anima che si perde tra mille interrogativi - sulla vita, sulla morte, sulla sofferenza - e che non può fare a meno di caricarsi delle afflizioni altrui, sentendoli su di sè, come una condanna, che la spinge a disperarsi per la disperazione altrui, a provare ogni dolore come se appartenesse a se stessa, senza riuscire a nominarlo o a placarlo.

Sarebbe bello poter avere una corazza, un’armatura salda e forte che  tenga Daniele al riparo, lontano dalle cose che accadono attorno a lui, ma mai come in quei sette giorni in psichiatria Daniele si renderà conto di come lì sia fin troppo naturale condividere esperienze, angustie, pensieri, sentimenti, paure, forse pure qualche speranza.

Nella spoglia e puzzolente stanzetta in cui l'hanno ricoverato, lontano dai suoi amici, dalle sostanze di cui fa uso per estraniarsi dalla realtà, lontano anche dalla famiglia, dalla madre premurosa e preoccupata, Daniele si scopre parte di un microcosmo popolato da persone simili a lui; a fargli compagnia ci sono altri cinque pazienti, ognuno con i propri problemi, disturbi, ossessioni: sei matti, sei uomini ai margini del mondo. 

C'è Madonnina, così chiamato perché l'unica cosa che fa è rivolgere preghiere alla Madonna; sarà lui a dare un "focoso" (letteralmente!) benvenuto a Daniele, il giorno del ricovero; c'è Alessandro, un ragazzo che non parla e non si muove e ha lo sguardo eternamente fisso su un punto indefinito di fronte a sè.
E poi i tre compagni che invece parlano ed interagiscono tranquillamente: Gianluca, con i suoi atteggiamenti effeminati, capace di slanci di gioiosa e sincera affettuosità che all'inizio un po' spiazzano Daniele; Giorgio, un ragazzone grosso e alto, che nasconde una fragilità da bambino impaurito; e infine il più maturo, pacato e saggio della brigata, Mario, colui che parla con tutti con gentilezza, educazione e saggezza, quasi accarezzando con lo sguardo il suo interlocutore, con "una dolcezza che dovrebbe risiedere in ben altro luogo, non dentro questa gabbia di pazzi."

Si tratta di compagni di stanza speciali, teneri e bizzarri insieme, che la vita ha travolto e strattonato con poca grazia, e adesso che si ritrovano tutti e sei a condividere pochi metri quadrati, devono fare i conti anche con dottori che - chi più, chi meno - li visitano con aria annoiata, indifferente o con frettolosità, e con un personale infermieristico che, se non è in egual misura distaccato, è impaurito (i matti son pericolosi, è risaputo,  no?) o brusco e minaccioso.


In questo "contenitore di malattie e disperazione, di follia lucidissima", e in pochi giorni, può nascere un rapporto di fratellanza e solidarietà?

Daniele lo scoprirà, e con l'empatia che gli è propria, con l'atteggiamento di chi non s'accontenta di contatti superficiali ma fa domande e cerca risposte, sentirà nascere giorno dopo giorno un sentimento molto vicino all'amicizia, fatto di umana compassione, di desiderio di sostenersi reciprocamente, di condividere momenti ricchi di umanità.

"Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, di più, sono fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare."

Non potrebbe esserci un sentimento diverso in uno come lui, la cui "ossessione" si sintetizza nella parola salvezza: dalla morte, dal dolore; per lui e per tutti.

Tra queste pagine, l'Autore ci racconta quanta umanità riposi tra le pieghe oscure della follia, in quei mali della mente e dell'anima di cui tante creature più deboli sono affette.
E tanto più la "pazzia" rassomiglia ad una prigione, che tiene incatenati i "poveri matti", quanto più è difficile tenere rinchiusi nelle artificiose maglie dei manuali di psichiatria questi malesseri, che cambiano nome e psicofarmaci in base al dottore che visita il paziente.

C'è tanta sofferenza in questo libro, tanta disperazione, rabbia, impotenza, solitudine, consapevolezza di non essere capiti e di certo difficilmente e raramente accolti, accettati.
Perchè se hai una malattia mentale, se le rotelle non sono tutte al loro posto, e beh vuol dire che sei difettoso.
E' sempre stato così: il matto va allontanato, segregato, stigmatizzato, perché fa paura - chissà che può combinarti in un raptus di follia? -; è più facile e "comodo" rinchiuderlo in un posto in cui ci stanno tutti quelli che hanno questo tipo di problemi.

E' stato inevitabile provare tristezza per le storie narrate, ma accanto ad essa c'è altro: la tenerezza di fronte alle fragilità umane, davanti a un pianto liberatorio, a lacrime che sanno di bambino ma che ti fanno anche uomo; la speranza di tornare a respirare l'aria di fuori, mista al timore di continuare ad annaspare nel proprio mare nero d'infelicità.
Ma c'è anche la rabbia di chi si rende conto del paradosso che vige nei confronti della malattia mentale: coloro che dovrebbero curarla con la scienza sono realmente in grado di andare incontro al singolo, rispettandolo per il suo personale vissuto, nella sua unicità di persona? 
Sanno ascoltarlo davvero, guardarlo negli occhi con sincero interesse, concedergli tempo, spazio..., o si limitano a creare recinzioni attraverso paroloni e definizioni, catalogando senza pietà, ritenendo il paziente un "mero ingranaggio di carne" cui somministrare farmaci?

Mentre leggevo, mi sembrava di vederlo questo ragazzo di vent'anni, che passeggia nel corridoio del reparto, passa davanti alla medicheria, guarda la porta che - così gli hanno detto - divide lui e i suoi compagni dai matti cattivissimi e pericolosi, e che cerca in fondo qualcosa di semplice, niente di impossibile: un contatto umano, una risposta meno brusca, un'occhiata meno apatica, un dottore più coinvolto da ciò che lui ha da dirgli.
Perché anche un "cosiddetto matto" ha un mondo dentro di sé da condividere, una bellezza che potrebbe illuminare se non fosse soffocata da pregiudizi e menefreghismo; e questo suo mondo interiore, fatto di emozioni, ricordi, immagini, Daniele ha trovato una via per esprimerlo: la poesia.

"Tutto chiede salvezza" è un libro potente e intenso per l'argomento trattato, e delicato e struggente per come esso è affrontato, con una narrazione così personale, intima, empatica, spontanea e autentica (come lo sono i dialoghi, per la maggior parte in dialetto romano) che in modo del tutto naturale tocca la sensibilità del lettore, il quale trascorre insieme al protagonista/narratore una settimana in un luogo per tanti versi sgradevole eppure capace di accogliere attimi preziosi di gratitudine, amicizia, rispetto. Di umanità.
Quell'umanità che tutta, indistintamente, nasconde una forza insospettabile custodita dentro anime di vetro, che con poco rischiano di ridursi in tanti piccoli frammenti.

"possibile che nessuno s’accorge che semo come ’na piuma? Basta ’no sputo de vento pe' portacce via"


Non so se riuscirò a leggere altri libri candidati allo Strega, quindi ad oggi ogni mio giudizio è parziale; ad ogni modo, se dovesse vincere questo libro, per me la vittoria sarebbe meritata .


lunedì 8 giugno 2020

Prossimamente in libreria (giugno - luglio - agosto 2020)




Alcuni arrivi previsti nel corso dell'estate: si tratta di libri scritti da autori di cui ho già letto qualcosa e ai quali mi piacerebbe riavvicinarmi.



Scritto prima della Trilogia della Pianura (io ho letto soltanto, per ora, Canto della pianura) e già con la stessa grazia letteraria, La strada di casa è l’ultima opera non ancora tradotta di Haruf in Italia. 
Il canto di una comunità ferita, un romanzo epico che ha tutti i segni distintivi del classico americano moderno.


LA STRADA DI CASA
di Kint Haruf



NN Editore
trad. F. Cremonesi
194 pp
USCITA
18 GIUGNO 2020
Jack Burdette è troppo grande per la città di Holt e per i suoi abitanti. Ex giocatore di football, cacciato dal college con un’accusa di furto, poi militare in missione all’estero, quando sembra aver messo la testa a posto lascia improvvisamente la sua fidanzata per sposare un’altra donna conosciuta dodici ore prima. 
A ogni ritorno, Holt gli sembra sempre più stretta e scomoda... finché Jack non scompare con la cassa dell’azienda per cui lavora, lasciando la moglie e due figli. 
Dieci anni dopo, la città non ha perdonato né dimenticato. 
Eppure Jack torna un’ultima volta, con una macchina vistosa e un passato ingombrante, per far saltare di nuovo ogni convenzione e ogni certezza, senza alcun rimpianto. 

Ancora una volta Kent Haruf, con la sua scrittura tenera e implacabile e il suo sguardo asciutto ed empatico sulla vita e il destino, ci racconta la storia di un’umanità fragile, ostinata e tenace.


sabato 6 giugno 2020

Recensione: BACI DA POLIGNANO di Luca Bianchini



Ritornare nella bella Polignano e ritrovare don Mimì, Ninella, Damiano, Orlando e tutti gli altri, è come fare un salto in un luogo che hai imparato a conoscere ed amare, e tra personaggi che ormai sembrano diventati "di famiglia".



BACI DA POLIGNANO
di Luca Bianchini

240 pp

Li avevamo lasciati così: separati sebbene sempre uniti da quel sentimento che ha resistito negli anni.
Eppure, la magia pare essersi spezzata tra don Mimì e Ninella: lui se n'è andato di casa dopo che la moglie, Matilde, l'ha lasciato per mettersi con un loro dipendente, il tuttofare Paqualino, belloccio e gentile: un uomo che finalmente le dà importanza, visto che per anni ha vissuto una realtà matrimoniale fatta di indifferenza e scarsa considerazione da parte di un marito perennemente innamorato di un'altra donna, di quell'amore di gioventù che da qualche anno è pure di famiglia, in quanto consuocera.

E lui, il "re delle patate", che pensa, che fa?
Finalmente il sogno s'è avverato: è nuovamente single!! Quale migliore occasione per riavvicinarsi al suo amore di sempre, la bella Ninella?

Ma non è così semplice; beh, è proprio la vita a non esserlo quasi mai, del resto!

Ninella sembra aver spazzato via dal proprio cuore ogni traccia di amore per il signor Scagliusi e averlo sostituito con un altro uomo: Carlo, un 38enne di Milano, professione architetto.

Con lui la donna - che si porta splendidamente i suoi ultra cinquant'anni e si sente una fanciulla nello spirito - ha ritrovato la spensieratezza e quel pizzico di euforica felicità che si prova quando si è consapevoli di vivere un'esperienza che in tanti guardano con occhio scettico e critico ma che tu sei consapevole che... ti fa star bene e tanto!
E allora chi se ne importa dei pettegolezzi e dei chiacchiericci dei polignanesi, e pazienza se quell'impicciona della signora Labbate non smette di farsi i fatti suoi (e di chiunque): la vita è sua e Ninella sarà pur libera di far ciò che le pare, se non fa nulla di male.

E' vero, tra lei e Carlo ci sono diversi anni di differenza, questo è un dato di fatto, e Ninella non è una sciocca: sa benissimo che quella con Carlo è una relazione che probabilmente non ha futuro, ma fino a quando i due trascorrono momenti sereni, perché non lasciarsi andare almeno un po'?

In casa di Damiano e Chiara, la vita va avanti tra il lavoro (lui è a capo dell'azienda di famiglia, lei si è buttata con Mariangela nell'organizzazione di eventi) e le esigenze della loro figlioletta, "la bambina", la cinquenne Gaia, un tipino capricciosetto che comanda tutti a bacchetta, e che nonna Matilde vizia senza misura.
Tra i due la vita matrimoniale scorre all'insegna dell'abitudinarietà e dell'apatia; Chiara ha addirittura smesso di essere gelosa e di controllare gli spostamenti di Damiano.
Forse perché questi ha messo la testa a posto ed è maturato? 
Damiano stesso si rende conto di come la sua mogliettina sia distante: che abbia un altro? 

Orlando è sempre il più complicato di tutti; non trova pace a livello sentimentale e le sue inquietudini sembrano essersi amplificate dopo la rottura con Mario, il figlio della signora Labbate.
La sua frenesia di piacere e di avere fugaci storie (possibilmente con uomini sposati) lo porta a vivere situazioni ambigue, in cui l'equivoco fa da padrone ma che si tramutano in scenette comiche grazie alla verve e all'imprevedibilità della sua cara amica Daniela, all'occorrenza "finta fidanzata".

E poi non mancano Nancy e il sogno di diventare la prima influencer polignanese, e la petulante zia Dora, che lascia l'amato e "progredito" Veneto per catapultarsi in Puglia e riscattare l’eredità contesa di un trullo.

Insomma, la vita dei nostri amici di Polignano è sempre bella movimentata e tutti avranno il loro bel daffare per sistemare i sentimenti, le relazioni e i casini in cui si trovano: qualcuno dovrà fare i conti con la paura di essere tradito, qualcun altro con la paura e la voglia di concedersi il brivido della trasgressione; c'è chi deve decidere se struggersi per amori nascosti che fanno soffrire e regalano pochi sprazzi di felicità, e chi deve decidere se mettere da parte l'orgoglio e fare un passo importante per recuperare i rapporti che contano.

E al centro di questa storia infinita iniziata con Io che amo solo te, ci sono sempre loro due, proprio come il giorno del matrimonio di Damiano e Chiara, quando sotto gli occhi stupiti degli invitati i due consuoceri ed ex-fidanzati hanno ballato insieme e si sono persi l'uno negli occhi dell'altra: don Mimì e Ninella sono ancora intimamente legati, anche se lei cerca di convincersi che un ritorno di fiamma sarebbe inopportuno e susciterebbe scompiglio in paese e in famiglia; e poi, non è forse vero che "i grandi amori di gioventù vivono bene quasi solo nel ricordo"?

Ma si sa, "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano", e chissà che, nonostante fraintendimenti e ostacoli imprevisti, tra una spesa al supermercato e una frittata di zucchine, tra fughe d'amore a Milano e un viaggetto a Budapest, tra tuffi all'alba come ai vecchi tempi, Ninella e don Mimì non trovino finalmente il coraggio per scegliere l'amore e la vita, lasciandosi alle spalle dubbi e timori!


Come dicevo, leggere questo romanzo è stato come fare un salto con l'immaginazione in una località indimenticabile e ormai familiare come Polignano, che mi ha permesso di ritrovare vecchi amici, le cui vicende passate mi avevano catturata e che - devo ammettere - giunta all'ultima pagina de La cena di Natale, sapevo che mi sarebbero mancati e non nego di aver sperato ci fosse un seguito, e infatti sono contenta sia arrivato.
La scrittura di Luca Bianchini mi piace perchè non soltanto è scorrevole e fluida, ma su di me ha un effetto rassicurante, è semplice e schietta, ha un sapore di "casa"; mescola con piacevole leggerezza romanticismo e ironia; i personaggi li ho sempre trovati, dal primo momento, spontanei, con mille difetti e fragilità e proprio per questa loro innata attitudine a continuare a sbagliare nonostante le testate al muro già prese, mi fanno molta simpatia e tenerezza.
L'ambientazione, a me geograficamente vicina - il che me la rende a maggior ragione famigliare -, i modi di fare e parlare tipici della zona, quest'atmosfera amichevole e allegramente incasinata che riflette in pieno il motto "la puglia è uno stato d'animo", mi affascinano e mi attirano, per cui ancora una volta Luca Bianchini si riconferma un autore capace di farmi affezionare - alle sue storie, ai suoi protagonisti, alle sue location, alla sua scrittura - senza se e senza ma.

Mi mancherà soltanto non averlo incontrato di persona in libreria per la presentazione del libro, ma vorrà dire che per ora riempirò la lacuna con la diretta su Facebook, in attesa di tempi decisamente migliori.


venerdì 5 giugno 2020

Segnalazioni editoriali (giugno 2020)




Cari lettori, oggi voglio presentarvi un paio di libri che mi sono stati segnalati.


Il primo è un distopico dai tratti oscuri e un po' spaventosi, che racconta di un protagonista destinato a essere l'anomalia che rischia di mandare in frantumi il sistema.


WALTER T.

di Davide Di Lodovico


Editore: Lisciani Libri
Collana: I romanzi della Black List
Data di uscita: ottobre 2020
Pagine: 240
€ 14,90 
Se tutta l’esistenza fosse un inganno. Se tutto, attorno a te, apparisse falso, artefatto. 
Se fossi l’ultimo, autentico, essere umano libero della Terra, saresti disposto a sacrificare la tua libertà per farne nuovamente dono al resto del genere umano?


Walter T. è un novello Prometeo, costretto a rivivere i ricordi più dolci e più atroci della propria esistenza. 
Ed è vecchio. Vecchio abbastanza per ricordare com’erano le cose prima. Per ricordare Umberto F., Nevia D., Pablo R. e il progetto RE-BOOT. 
Tra meta-umani e big data, si dipana un intrigo vecchio di decenni. Una narrazione a mezza via tra 20Century Boys e V for Vendetta, in un futuro distopico non troppo distante dal nostro presente.

L’AUTORE
Davide Di Lodovico si occupa da anni di editoria, sia come autore sia come editor; ha pubblicato per Lisciani Libri i romanzi Pinocchio Jamaal (2018), La fuga (2019) e Il cavallo di Troia (2019). Con lo pseudonimo Dave Lodi ha anche pubblicato e curato l’adattamento in italiano moderno delle fiabe non censurate, tradotte da Collodi: Cenerentola (2019) e Barbablu & Le fate (2019). Parallelamente al lavoro editoriale, conduce anche un’importante attività come produttore musicale nell’ambito della musica elettronica. Va ricordato il brano Under Control, colonna sonora del film Effacer L’historique (Orso d’Argento al festival di Berlino 2020)
.



GIALLO SOLIDAGO
di Simone Censi

Genere: Giallo 
Pagine: 182 
Prezzo libro: 15,30 euro 
Data di uscita: 29 MAGGIO 2020

FINALISTA AL PREMIO “1 GIALLO X 1.000” II EDIZIONE 



Ambientato nell'entroterra marchigiano, nel piccolo paesino di Borgo Alba dove la gente non ha altro da fare che annoiarsi e di noia morire, avviene un duplice omicidio alla stazione ferroviaria. 
Per un caso del genere serve un Commissario che sovverta l’ordine costituito: proviamo a rovesciare la partita, prendiamo il Commissario Morelli, un incapace, un vero inetto tanto che senza il suo aiutante Segapeli sarebbe perduto. 
Rispetto a tutti gli altri suoi colleghi che si fermano a mangiare nei retrobottega dei ristoranti bevendo ottimi vini, lui mangia cibo cinese d’asporto che gli viene recapitato da un corriere con gli occhi a mandorla che non perde occasione di insultarlo, beve birra in lattina ed è fedele e innamorato della moglie che lo ricambia con profondo odio a causa del trasferimento in un commissariato sperduto e comunica con lei attraverso post it gialli appesi al frigo sempre vuoto. 
Senza metodo, maldestro, guascone, scorretto, sarà lui a risolvere il caso o forse sarà il caso a risolvere lui?

L'AUTORE
Marito e padre, laureato in Scienze Politiche e Giurisprudenza, impiegato, Simone Censi ha pubblicato il romanzo “Amico, Nemico” (Montag) nel 2015 e il romanzo “Il Garzone del Boia” (Elison Publishing) nel 2018.

giovedì 4 giugno 2020

Recensione: LO SCRITTORE SOLITARIO di Nicola Ianuale



Il giovanissimo protagonista di questo romanzo, ammiratore sincero di Francis S. Fitzgerald e del mondo da lui rappresentato ne Il grande Gatsby, a disagio in un tempo e in una società dominata da ipocrisie ed incoerenze, superficialità e voglia di apparire, incontra un ragazzo che condivide la sua stessa visione del mondo e della vita e l'amore per la scrittura.




LO SCRITTORE SOLITARIO 
di Nicola Ianuale


240 pp
"La realtà, Dan, è tanto labile quanto fuorviante; tutti indossano delle maschere e al di sopra di esse ve n’è una sola che le raccoglie e le sovrasta: la maschera della società. In un mondo come questo non c'è spazio per il libero arbitrio e le persone preferiscono rinunciare al loro vero io in favore di una perpetua illusione che li mimetizzi con gli altri."

Daniele Serpico - detto Dan - è un ragazzo di diciassette anni, consapevole di essere irrimediabilmente malato d'apatia.
A renderlo così insofferente verso la società che lo circonda, ed in particolare verso i propri coetanei, è la certezza di essere nato nel periodo storico sbagliato: adora, infatti, i Ruggenti Anni Venti, quel mondo descritto nelle pagine del capolavoro di Fitzgerald, e quando si guarda attorno e vede persone interessate unicamente all'apparenza, alle gratificazioni egoistiche derivanti dall'essere considerati vincenti, a far bella figura sui Social..., capisce di essere un pesce fuor d'acqua in un mondo artefatto, abitato da individui sciocchi, vanesi, che indossano maschere e vivono esistenze finte e vuote.

Questa sua apatia l'ha indotto a mettere da parte l'unica passione in grado di accendere la sua mente: la scrittura.

E proprio quando tutto sembra arido e inutile, ecco che sulla sua strada compare un giovanotto che sembra uscito da un'altra epoca; anzi, che sembra uscito dagli anni descritti nei libri di Fitzgerald!

Questo giovane è William Esposito, talentuoso scrittore emergente; mentre gironzola tra gli scaffali di una libreria di Mersano, Dan si imbatte nel romanzo "Il Poeta d'altri tempi", scritto appunto da William; apprende che questo libro in poco tempo è diventato un bestseller, vincendo anche premi e riconoscimenti importanti, pur non avendo ricevuto la dovuta risonanza a livello mediatico.

Dan si ritrova a divorare questo libro, ritrovandosi nei pensieri e nelle riflessioni dell'autore, che la critica ha elogiato con convinzione, maturando anch'egli un'alta considerazione verso William che, benchè molto giovane, rivela un animo profondo e una grande maturità.

Un giorno, mentre passeggia, scopre che qualcuno ha appena rilevato antica e maestosa villa nella via del Passo Vecchio: questo qualcuno è proprio lo scrittore del momento, William Esposito! 
I due si conoscono e immediatamente nasce un'affinità spirituale, mentale, che li porta ad instaurare un'amicizia intima e sincera.

"Improvvisamente, tutto mi fu più chiaro; almeno per quel che riguardava me e William. Entrambi eravamo legati da un parallelismo non poco indifferente: due scrittori immersi in una realtà frivola e alla ricerca dell'impossibile."

Nonostante i suoi 23 anni, William è incredibilmente colto, saggio, maturo, ha un'idea precisa del mondo e dei tempi in cui sta vivendo, e come Dan,  è cosciente di non sentirsi parte di quest'epoca.
Dan e William si sentono dei perdenti, ma mentre il primo è convinto di esserlo in virtù del fatto che la sua vita è priva di stimoli, di relazioni vere, di aspirazioni..., il secondo, al contrario, è uno scrittore stimato, acclamato, con un tenore di vita elevato, che inevitabilmente lo rende, agli occhi della gente, interessante, una persona da ammirare e della cui amicizia ci si può sentire privilegiati.

In realtà, anche William è un perdente, ma lo è nell'intimo della propria natura, e questo lo rivela in particolare nei suoi scritti.

I due, quindi, si intrattengono in brillanti conversazioni, imparano a conoscersi, anche se Dan si accorge di come il suo nuovo amico non sia del tutto limpido con lui: è come se nascondesse qualcosa, dei pensieri non confessati, un passato che cerca di soffocare.

E quest'aura di mistero lo avvolge anche in quanto scrittore: il fatto che di lui non si abbiano molte notizie biografiche, lo rende oggetto di morboso interesse da  parte di lettori, fans, editori e giornalisti.

Frequentando William, Dan conosce persone a lui vicine, come la sua ragazza Marta: bella, dolce..., sembra davvero innamorata di William. O forse brama solo i vantaggi derivanti dal successo del ragazzo in campo letterario? 
Magari Marta è semplicemente una di quelle ragazze sciocchine, superficiali, alla ricerca di relazioni con uomini vincenti...!
E se su Marta Dan e William nutrono questo genere di dubbi, a catturare l'attenzione di William è una sua vecchia conoscenza, la bella Elena.
Chi è la ragazza per lo scrittore: soltanto un'amica dei tempi della scuola o qualcosa di più?

Il rapporto tra i due ricorda a Dan quello suo con Giulia, una ragazza per la quale lui ha sempre avuto una cotta, purtroppo non ricambiato, avendo lei sempre preferito ragazzi decisamente più "vincenti" e sicuri di sè.

William e Dan sono più simili, nelle proprie esperienze di vita e nella visione del mondo, di quanto si rendano conto, e attraverso l'amicizia con l'altro, Dan imparerà a conoscere meglio se stesso e, in seguito ad un evento tragico, a comprendere la propria "missione" all'interno della società in cui vive.

"Lo scrittore solitario" è un romanzo di formazione particolare, che ha come protagonisti due giovani che vivono ai nostri giorni ma che sembrano isolati dalla vita frenetica del mondo contemporaneo e circondati piuttosto da un'atmosfera "retrò", che si riflette nella scelta del registro linguistico - ricercato e anche un po'  inusuale se consideriamo l'età dei due amici -, oltre che nella caratterizzazione degli stessi, i quali, pur avendo solo 17 e 23 anni, hanno un modo di esprimersi e atteggiarsi "d'altri tempi", come se per loro il tempo fosse fermo agli anni Venti ed essi non accettassero di vivere nell'epoca sbagliata.

Questo modo di essere poco in linea con i loro coetanei può sembrare una nota stonata, e forse lo è volutamente, infatti trovo abbia una sua coerenza e una sua logica, in quanto riflette proprio il senso di  inadeguatezza rispetto al presente e al contesto in cui essi si trovano  - che divide le persone in vincenti e perdenti -, cosa che li spinge a rifiutare di adottare i modi di pensare, di agire e di relazionarsi propri della gioventù di oggi, da cui si sentono lontanissimi.

La consapevolezza di essere dalla parte dei perdenti li porta a guardare gli altri con disprezzo, convinti che attorno a loro ci siano per lo più persone false, interessate solo alle vanità e all'apparire e lontani da quella dimensione nobile ed elevata propria di chi ama la cultura e rigetta tutto ciò che ritiene essere gretto, meschino e finto.
Questa visione porta i due amanti della letteratura a cercare una sorta di conforto proprio nella scrittura, attraverso la quale essi possono essere loro stessi.

Devo ammettere di non essere riuscita ad entrare molto in empatia con Dan e con William, forse proprio in virtù di questo loro insistere sulla contrapposizione perdenti-vincenti, come se fosse un dato di fatto incontrovertibile e immutabile; nondimeno, mi è piaciuto il loro essere così pieni di passione e di fervore nel sostenere la propria posizione e le proprie idee, coerentemente con la loro giovanissima età. 

La presenza della villa imponente e antica, che suscita curiosità in quanto avvolta nel mistero, mi è piaciuta, è un aspetto che trovo sempre intrigante; mi stava piacendo anche il fatto che attorno al passato di William ci fosse qualcosa da svelare, se non fosse che poi questo mistero l'ho trovato poco convincente.
Un altro elemento che ho gradito è stato l'amore per la letteratura, per la scrittura e il riferimento al celebre romanzo di Fitzgerald.

In conclusione, fatta eccezione per pochi aspetti che non mi hanno convinta al 100%, il mio parere su questo romanzo - e ringrazio l'Autore per avermi dato l'opportunità di leggerlo - nel complesso è positivo.
Se siete appassionati del grande Gatsby e cercate una lettura che ruoti attorno al potere che la letteratura e la scrittura hanno di formare la coscienza di una persona, questo libro potrebbe fare al caso vostro. 






mercoledì 3 giugno 2020

Bilancio di letture - Maggio 2020



Il mio maggio, tra letture, musica e tv.






  1. L'APPUNTAMENTO di P. Pulixi. Ogni uomo è libero di operare le scelte che ritiene più giuste in un dato momento, in un posto specifico, in presenza di determinate persone e per le più svariate ragioni. Si chiama libero arbitrio, no? Ma se è vero che siamo liberi di scegliere, è altrettanto vero che non possiamo sfuggire alle conseguenze delle nostre scelte, che ci seguono come segugi fedeli e prima o poi ci chiedono il conto. Nel bene e nel male.
  2. IL GIOCO DEL SUGGERITORE  di D. Carrisi. L'ex-poliziotta Mila Vasquez è costretta a tornare nel buio dell'inferno messo in moto dal diabolico suggeritore. Questa volta dovrà dare la caccia a colui che le ha sottratto l'unico affetto presente nella sua vita, e per farlo si ritroverà ad entrare in una dimensione virtuale dove i confini tra fantasia e realtà sono labili e dove la capacità umana di fare il male si manifesta in tutta la sua violenza.
  3. ALMARINA di V. Parrella. Elisabetta e Almarina: due donne in divenire, che una volta uscite da quell'istituto in cui la prima lavora e l'altra è detenuta, non saranno più le stesse: una donna che il destino non ha reso madre, e una ragazza cui la madre (e, in generale, la famiglia) è stata tolta troppo presto, si incontrano, si comprendono, e a dispetto dei cavilli burocratici, dei tanti interrogativi e della paura di sbagliare, si regalano reciprocamente la possibilità di essere un punto di partenza l'una per l'altra. Perché non è mai tardi per ricominciare.
  4. PALESTINA E ISRAELE: CHE FARE?  (a cura di Frank Barat). E' uno di quei "conflitti" che dura da molti, troppi decenni, che vede contrapposti due popoli e ad oggi non v'è stata alcuna soluzione in grado di soddisfare equamente le richieste dell'uno e dell'altro; a dirla tutta, tra i due, uno se la passa meglio, l'altro decisamente peggio. Sto parlando della "questione israelo-palestinese", e in questo libro il giornalista e attivista Frank Barat ha raccolto, attraverso interviste, le opinioni di Noam Chomsky (filosofo, linguista e attivista politico) e Ilan Pappè (storico israeliano antisionista) in merito all'argomento, perché esaminare il "caso palestinese è (…) essenziale per comprendere dove ci collochiamo come esseri umani".
  5. PEPPINO IMPASTATO. UNA VITA CONTRO LA MAFIA  di S. Vitale. Questo libro ci parla di Giuseppe Impastato ad ampio raggio, a partire dal contesto in cui è nato e cresciuto, in cui si è formato come uomo, come politico, giornalista, passando inevitabilmente per la tragica fine che gli ha fatto fare la mafia, arrivando agli anni successivi alla sua morte e alla "eredità" culturale e umana lasciataci da un giovane che, pur di denunciare le storture presenti nella società in cui viveva, non ha esitato ad andare contro la propria famiglia.
  6. LIVIA LONE di B. Eisler. Il primo capitolo della serie sulla detective Livia Lone ci racconta la orribile esperienza che l'ha profondamente toccata e che l'ha indotta a diventare poliziotta per dedicarsi anima e corpo alla ricerca di gente depravata che si macchia di crimini sessuali.
  7. LA PROFEZIA DELL'ARMADILLO di Zerocalcare. Un fumetto molto bello - dai disegni ai testi -, che con ironia e sense of humor scava nella testolina del protagonista, facendo ora sorridere ora riflettere.
  8. IL SETTIMO SPLENDORE di Favia & Bufi: racconto carino, piacevole, sia graficamente che nei contenuti; forse la storia ha qualche elemento prevedibile e non originalissimo, ma mi è piaciuta l'atmosfera malinconica sullo sfondo parigino.
  9. IL CASALE  di F. Formaggi. Spesso si dice che certe sciagure piovano all'improvviso senza che fosse possibile prevederle. Ma è davvero sempre così? O piuttosto siamo noi a non aver fatto caso ai piccoli segnali che le anticipavano, a non aver dato il giusto peso a certi dettagli? Il protagonista di questo interessante e originale romanzo, attento osservatore, verrà coinvolto in una catena di avvenimenti bizzarri e minacciosi, e riuscire a non farsi inghiottire potrebbe rivelarsi davvero un'impresa difficile...
  10. PAROLE RUBATE di P. Favorito: un reboot, quindi una sorta di remake cinematografico (sono presenti, infatti, tre attori italiani molto noti, che hanno prestato il loro volto per questo fumetto) che narra vicende avventurose ed inquietanti, in un'atmosfera paranormale, in cui l'horror si incrocia con il giallo e fatti e personaggi storici.
  11. IL PERSUASORE  di M. Billingham. Nella medesima sera, in due punti diversi di Londra, due donne vengono uccise allo stesso modo. Il geniale e scomodo detective Tom Thorne conclude che gli assassini cui dare la caccia sono due, uno metodico, freddo e controllato, l'altro succube e remissivo. Due killer che vanno assolutamente fermati.
  12. REAZIONE MORTALE  di D. Boyd. Un avvincente giallo ambientato nel mondo delle corse dei cavalli e delle scommesse; ad indagare sull'assassinio di un giovane stalliere c'è un ispettore caparbio e dall'intuito formidabile, coadiuvato dall'agente Jane, collega e compagna di vita.


Tra queste letture di maggio, sono stata contenta di aver dedicato spazio e tempo a due saggi, quale quello sulla questione Palestina/Israele, e la biografia di Peppino Impastato; tra i romanzi, ho trovato bellissimo e spiazzante il  noir psicologico di Pulixi.


ATTUALMENTE HO IN LETTURA:

- UNA VALIGIA PIENA DI SOGNI di Paullina Simons (young adult);
- L'ULTIMO RINTOCCO di Diego Pitea;
- IL VANGELO EBRAICO di Daniel Boyarin.


PROSSIME RECENSIONI:

- BACI DA POLIGNANO di L. Bianchini
- LO SCRITTORE SOLITARIO di Nicola Ianuale.


FILM

Di bello, ho visto MAGARI diretto da Ginevra Elkann: è la storia di Alma, Jean e Sebastiano, tre
fratelli molto legati tra loro, che da Parigi, città in cui vivono con la madre di fede russo-ortodossa, si ritrovano scaraventati nelle braccia di Carlo, padre italiano, assente, anticonformista e completamente al verde, che non ha alcuna idea di come badare a sé stesso, figuriamoci ai figli.
Siamo a dicembre e la madre dei tre fratelli aspetta un figlio dall'attuale compagno, per evitare stress inutili, pensa bene di mandare i ragazzi dal padre a Roma, ma non ha fatto i conti con l'immaturità (che pure conosce!) di Carlo, il quale, quando si vede arrivare i figli muniti di tutto punto e pronti per una vacanza in montagna, svela che c'è un cambio di programma: lui ha bisogno di lavorare, sta scrivendo una storia per un film, quindi niente montagna: è così bello il mare d'inverno a Sabaudia?

Ovviamente, Carlo - che presenta ai ragazzi la sua attuale fidanzata, Benedetta (la Rohrwacher) - non ha nè tempo nè voglia e nè la pazienza per star dietro ai figli, compito che si prenderà spontaneamente Benedetta, riuscendo ad entrare in sintonia con tutti e tre.

Il film mi è piaciuto perchè narra di una famiglia "disfunzionale" dal punto di vista di una dolce ragazzina, che deve barcamenarsi tra le esigenze e i capricci sia degli adulti che dei fratelli maggiori (che sono tenerissimi quando si abbracciano in silenzio, consolandosi a vicenda per le delusioni dovute agli atteggiamenti immaturi del padre); quello di Alma è uno sguardo ingenuo ma attento, sembra accettare il fatto che i suoi genitori si siano rifatti una vita ma in realtà spera (e prega, con tanto di voti!) segretamente di vedere riconciliati i propri genitori.

A fine vacanza, quando i suoi saranno costretti a vedersi per un piccolo incidente accaduto a uno dei fratellini, ad Alma non resterà che sperare quantomeno che la sua smetta di essere una gabbia di matti per diventare una famiglia allargata più o meno normale. 
Magari un giorno potrebbe succedere...!

Eccezionali i ragazzini che interpretano i tre figli di Riccardo Scamarcio, perfettamente a suo agio nel ruolo di padre distratto, di eterno adolescente che spera di vedere decollare la propria carriera di aspirante scrittore di sceneggiature e che non ha la minima idea di come relazionarsi a tre figli di differente età e che vede molto saltuariamente; Alba Rohrwacher è sempre così eterea, molto easy, svampita ma solo in apparenza, una presenza amica nei confronti dei figli del compagno.
L'atmosfera nostalgica, anni '80, è un tuffo nel passato piacevole, mai pesante o patetica.
Promosso.

Altra cosetta vista in tv è la serie LA CATTEDRALE DEL MARE, che  trovo sia fatta bene e mi sta piacendo per ambientazione (1300, Spagna) e vicende.


FOTO DEL MESE

Non posto mai foto perchè non amo farne, ma questo mese faccio un'eccezione e condivido con voi questa piantina, dono di un bimbo della scuola dell'infanzia che ho in classe. ❤
Mi mancano i miei piccoli alunni.... :-(





LIBRI ACQUISTATI


- BACI DA POLIGNANO di Luca Bianchini;




- IN UN MILIONE DI PICCOLI PEZZI di James Frey.



CANZONE DEL MESE

Su YouTube ho "scovato" questo canale - Acapeldridge - e durante lo scorso mese spesso ho sentito brani come questo che vi posto:





LA CITAZIONE DEL MESE


"Gli uomini guardano il cielo e si stupiscono, 
guardano la terra e si muovono a pietà, 
ma, stranamente, non si accorgono di loro stessi."
(Peppino Impastato)

martedì 2 giugno 2020

Recensione: L'APPUNTAMENTO di Piergiorgio Pulixi



Ogni uomo è libero di operare le scelte che ritiene più giuste in un dato momento, in un posto specifico, in presenza di determinate persone e per le più svariate ragioni.
Si chiama libero arbitrio, no?
Ma se è vero che siamo liberi di scegliere, è altrettanto vero che non possiamo sfuggire alle conseguenze delle nostre scelte, che ci seguono come segugi fedeli e prima o poi ci chiedono il conto.
Nel bene e nel male.



L'APPUNTAMENTO
di Piergiorgio Pulixi



Ed. E/O
144 pp
Cosa c'è di più malinconico e triste di una donna che, seduta al tavolo di un ristorante di lusso, attende a lungo di essere raggiunta dalla persona con cui ha appuntamento?

Il protagonista - nonché voce narrante di questo breve romanzo - è un uomo che ha il vizio di osservare le persone attorno a sé con una tale scrupolosa attenzione da risultare più uno spione che un curioso innocuo.
Ma costui non è semplicemente uno spione indiscreto e, dopo aver  scambiato poche chiacchiere con un amico, decide di raggiungere la bella signora sola.

I due non si sono mai vista prima di allora; iniziano a parlare e da subito appare chiaro come il loro non sarà un incontro normale, né casuale. 

La donna, una bionda quarantacinquenne vestita con sufficiente cura, è lì per incontrare uno sconosciuto con cui sa di dover passare le prossime ore per poter risolvere (seppur solo in parte) un grosso problema di debiti che l'affligge.
Quando si ritrova davanti questo signore elegante, che da subito le lascia capire che è lui l'uomo con cui dovrà avere a che fare quella sera, la donna comprende che sta per infilarsi in una situazione pericolosa, ma la necessità la spinge a stare al gioco del suo interlocutore.

L'uomo è un tipo intelligente, furbo, freddo, sadico, che comincia a fare alla donna domande sempre più inquietanti e morbose, costringendola, dietro il ricatto di rovinare la vita a lei e ai suoi famigliari, a rispondergli.
Ma tra un botta e risposta e l'altro, alla signora appare sempre più chiaro come lui non voglia semplicemente intrufolarsi nel suo privato per un'insana curiosità: no, lo sconosciuto si rivela per ciò che è, ossia un mostro manipolatore e affamato di controllo.

Le sue intenzioni sono palesemente quelle di dimostrare alla povera donna che lei è in suo potere, è nelle sue mani e lui può fare, dire e comandarle ciò che desidera senza che lei possa ribellarsi; o meglio, potrebbe anche farlo - in fondo, nessuno le impedisce fisicamente di alzarsi dalla sedia e lasciare il ristorante - ma lui cinicamente e con un'aria supponente e beffarda, le ricorda che se pure è libera di scegliere cosa fare, non sarà libera dalle conseguenze di queste scelte...

Quindi è vero, la tiene in pugno e lei sente tutto il peso di questa situazione di sottomissione a un uomo che, se solo lo volesse, potrebbe costituire la sua rovina.

Ma chi è costui? E in quale brutto giro s'è cacciata la donna, per dover sottostare a ricatti, a domande scabrose e imbarazzanti, alle quali seguono umiliazioni sempre più crudeli?

Lui sa come spingerla ad assecondarlo, mettendola più volte in situazioni incresciose, che attirano gli sguardi curiosi e sbigottiti delle persone presenti nel ristorante, che guardano la donna con un misto tra stupore, scherno e un pizzico di compatimento.

Quello che si svolge sotto gli occhi del lettore, nella prima parte del libro (che è diviso in tre parti), è un abile e crudele gioco psicologico al massacro a cui la donna non può sottrarsi e che vede l'uomo quale indiscusso manovratore, una sorta di diabolico burattinaio che muove i fili della propria marionetta come vuole, per il puro gusto di vederla soffrire. 

Perché è evidente come quest'uomo si diverta a torturare psicologicamente ed emotivamente la sua vittima attraverso i suoi giochini malvagi e sadici.
La situazione si fa ancora più assurda quando sul palcoscenico di questo spettacolo, grottesco e feroce insieme, interviene, seppure per poco, una comparsa, una donna anch'ella vittima dello stesso sporco giro di debiti e usurai senza scrupoli in cui è invischiata l'altra.

Ma ciò che pare essere già scritto, quello che sembra imporsi come un definito rapporto di dominanza e sottomissione, in cui i ruoli degli attori in gioco sono stati già decisi, viene ribaltato, e il lettore diviene spettatore di tutto un susseguirsi di rivelazioni che cambieranno drasticamente le carte in tavola, i ruoli e il copione, perché nulla è come sembra e le apparenze ingannano. 

I capitoli sono brevi, scanditi dall'ora in cui avvengono le scene, proprio come le sequenze di un film; la narrazione procede attraverso dialoghi molto serrati, seguendo un ritmo incalzante, che accresce via via il livello di tensione e coinvolgimento, tanto da impedirmi personalmente di abbandonare la lettura perché la voglia di scoprire cosa sarebbe accaduto la pagina successiva si faceva sempre più urgente.

Nella seconda parte del libro, quando lo strano appuntamento tra i due interlocutori si è concluso con un colpo di scena, apprendiamo che gli strascichi di quella bizzarra serata al ristorante non si sono dileguati nel nulla, tutt'altro: le scelte fatte dalla donna la seguono e sono lì pronte a venir fuori in tutta la loro drammatica portata.

L'Autore ci riserva magistralmente continui ribaltamenti attraverso avvenimenti improvvisi ed imprevisti, per cui da un momento all'altro la persona che sembrava averla spuntata e fatta franca sull'altra, scopriamo essere vittima di un disegno malefico e più grande di lei, che avanza inflessibile, travolgendo altri innocenti, fino alla inevitabile tragedia finale.

Ma se credete che Pulixi se ne stia tranquillo a guardare noi lettori che accettiamo un corso degli eventi apparentemente già deciso..., e beh, tenetevi pronti perché fino alla fine...





Ho già avuto modo di apprezzare lo scrittore cagliaritano in Lo stupore della notte e L'isola delle anime e di innamorarmi della sua scrittura, della sua bravura nel creare tanto personaggi forti, sapientemente delineati dal punto di vista psicologico, quanto trame ben strutturate, ricche di dinamiche intriganti dove non mancano mai diversi colpi di scena, che rendono ancora più originale e avvincente ogni sua opera.

Tra le pagine di questo sorprendente noir psicologico, dove la suspense tiene compagnia al lettore dall'inizio alla fine, vengono a galla il marcio e la brutalità latente nell'essere umano, le sue perversioni, la voglia ossessiva di controllo e manipolazione, e ancora il pericolo che questo mondo virtuale, in cui siamo immersi ogni giorno, costituisce per  ciascuno di noi e per la nostra privacy, visto che, acquattati nelle fitte e impalpabili maglie della rete, si nascondono lupi alla ricerca di agnelli da divorare.

Non so, mica si intuisce vagamente che STRAconsiglio non solo il presente libro ma in generale questo scrittore? ^_^

lunedì 1 giugno 2020

Anteprima AmazonPub.: "Il killer delle tombe" di Alexander Hartung



Lettori che amate i thriller, eccone uno per voi in uscita il 9 giugno:

Il killer delle tombe (Jan Tommen Vol. 2) di Alexander Hartung (4,99€  eBook, 9,99€ cartaceo).


                                              LINK

Non aveva mai avuto a che fare con un serial killer così abile

È sera. Un uomo in lacrime chiama il pronto intervento di Berlino. È al cimitero e ha appena trovato la propria tomba. 
Con la data della sua morte: l’indomani. La giovane centralinista gli consiglia di rivolgersi al posto di polizia più vicino, ma ha sottovalutato la situazione. 
Il giorno dopo l’uomo viene rinvenuto nella propria fossa col cranio fracassato.
Quello che sembra iniziare come uno scherzo di cattivo gusto, diventerà presto un autentico incubo per Jan Tommen e la sua squadra di inquirenti ben poco convenzionale: Chandu l’esattore, Max l’hacker informatico e Zoe il medico legale.
Nel frattempo continuano ad affiorare nuove tombe, con le loro promesse di morte. La polizia assiste impotente, perché nessuno è in grado di proteggere le vittime annunciate da un serial killer inafferrabile, scaltro quanto anomalo.

L'autore
Alexander Hartung è nato a Mannheim, in Germania, nel 1970. Ha iniziato a scrivere durante gli studi universitari, scoprendo la propria passione per i polizieschi. Con i volumi della serie che ha per protagonista Jan Tommen, e inaugurata con Un debito è per sempre, è arrivato in vetta alla classifica dei bestseller di Amazon.

Potete trovarlo su Facebook: https://www.facebook.com/Alexander-Hartung-246584332916/

domenica 31 maggio 2020

Recensione: ALMARINA di Valeria Parrella


Elisabetta e Almarina: due donne in divenire, che una volta uscite da quell'istituto in cui la prima lavora e l'altra è detenuta, non saranno più le stesse: una donna che il destino non ha reso madre, e una ragazza cui la madre (e, in generale, la famiglia) è stata tolta troppo presto, si incontrano, si comprendono, e a dispetto dei cavilli burocratici, dei tanti interrogativi e della paura di sbagliare, si regalano reciprocamente la possibilità di essere un punto di partenza l'una per l'altra. 
Perché non è mai tardi per ricominciare.


ALMARINA
di Valeria Parrella



Einaudi
136 pp
"Almarina non aveva ricordi cosí ed era stata vestita di carta, ma possedeva la luce del futuro negli occhi: e il futuro comincia adesso."  

 Elisabetta Maiorano vive a Napoli, è una vedova di cinquant'anni, insegnante di matematica nel carcere minorile di Nisida.

Ogni mattina si reca a lavoro, seguendo una routine quotidiana alla quale è abituata e che fa ormai parte della sua vita solitaria: quando la sbarra si alza, dopo aver chiuso in un armadietto non solo la propria borsa ma anche tutti pensieri, le ansie e le tristezze che sono un po' di Napoli e un po' sue, Elisabetta raggiunge i suoi ragazzi in questo luogo in cui il tempo pare allargarsi e sospendersi, un carcere sull'acqua dove le colpe possono sciogliersi e sparire. 

E in un piccolo spazio a fare da aula, finalmente senza sbarre, a simulare una sorta di vita scolastica "normale", la donna cerca di fare della sua professione una missione, dando il suo personale contributo per far sì che a questi giovani detenuti sia data la possibilità di imbastire il proprio futuro, com'è giusto che sia:

"La nostra speranza, credo, è che quel giorno, ora lontano, in cui avranno scontato tutta la pena, tornerà loro nelle mani questa chiave, e dagli archivi spalancati voleranno fogli bianchi senza piú inchiostro sopra, immacolati, come il bucato steso alle terrazze."

La protagonista e voce narrante, Elisabetta, è una donna sola ed insicura, alla (inconsapevole?) ricerca di se stessa, la cui esistenza è contrassegnata, appunto, dalla solitudine: il marito Antonio è morto da tre anni, lasciandola sola; non ha figli e con le sorelle di lui non ha un buon rapporto.

A farle compagnia, quindi, ci sono le fantasticherie su un uomo che non le appartiene e i ricordi di una felicità che pare essersi dissolta per sempre; giorni grigi e fissi, tutti uguali, fino alla mattina in cui i suoi occhi incrociano quelli di una nuova alunna arrivata nella sua classe, a Nisida: è Almarina, un'adolescente romena dal passato difficile (chi, tra questi ragazzi, non ce l'ha?), che ce la mette tutta e chissà... forse, nonostante tutto il brutto e il male vissuto finora, ad attenderla c'è qualcosa di buono oltre quelle sbarre?
Per adesso, quando alza gli occhi deve accontentarsi di immaginare l'orizzonte attraverso una porta chiusa, oltre  la quale c'è la libertà.

Elisabetta ha conosciuto tanti ragazzi e ragazze da quando insegna nel carcere, e non di rado s'è affezionata a qualcuno; e adesso sente di voler provare ad andare oltre il mero sentimento, di fare qualcosa di concreto per dare una possibilità a questa giovane che con la sua presenza ha dischiuso una luce nuova nel suo cuore.

Ma in realtà, quella che sembra essere l'opportunità offerta da un'insegnante empatica e altruista ad una ragazza che la vita ha messo tra le sbarre, si rivela come un dono per la stessa Elisabetta, che con i giorni, a contatto con quella ragazzina che splende benché abbia attraversato il buio della violenza e della separazione dal fratellino, matura il desiderio di lasciar entrare Almarina nella propria esistenza attualmente scevra di affetti.

Quello tra lei ed Almarina è un legame affettivo sincero, disinteressato, genuino, che nasce spontaneamente nella testa e nel cuore di due creature diverse e in fondo estranee, ma così simili nelle loro personali solitudini.
Due piccoli pianeti che, senza volerlo, si ritrovano sulla stessa traiettoria: due donne in divenire, che una volta uscite da quell'istituto non saranno più le stesse, una donna che il destino non ha reso madre, e una ragazza cui la madre (e, in generale, la famiglia) è stata tolta troppo presto, si incontrano, si comprendono, e a dispetto dei cavilli burocratici, dei tanti interrogativi e della paura di sbagliare, si regalano reciprocamente la possibilità di essere un punto di partenza l'una per l'altra. 

Perchè c'è sempre un modo e un tempo per ricominciare, per lasciarsi dietro le spalle gli sbagli, i pregiudizi, i timori, i lutti e le perdite.

"Voi che giudicate siete disposti a credere ai colpi di fulmine, ma altre forme d’amore improvviso vi mettono in sospetto. (...) Volete che l’amore proceda per gradi, vorreste intravederne un percorso lineare, guardare, morbosi, tutto. Invece no, non si guarda: il cuore è opalino e gli esami di coscienza sono per gli infelici. Io mi sono legata ad Almarina cosí, mentre guardavamo il mare".

Con una scrittura che sa essere tanto asciutta e ruvida quanto delicata e poetica, attraverso il racconto di un presente in cui trovano spazio frammenti del passato della protagonista, Valeria Parrella ci narra una storia fatta di amore, paura, desiderio di riscatto e di espiazione, di speranza per il futuro, di affetti - alcuni perduti (e allo stesso tempo custoditi nel cuore), altri cercati e trovati in un posto tra i più improbabili che ci siano: un carcere.

"...il carcere è un dolore che non finisce, da cui non puoi mai distrarti. Chiunque varchi la porta di un carcere lo sa (e se non lo sa, lo sente) che sta passando da un’altra parte inconciliabile con la promessa che ci fecero da bambini: che la vita non avrebbe fatto paura, e non saremmo mai rimasti soli. Il carcere invece è paura e solitudine. In carcere ti addormenti e quando ti svegli sei in carcere. In carcere impari presto che meno fai meglio è."

Se con lo stile dell'Autrice ho dovuto prendere gradualmente confidenza, a convincermi da subito è stata l'ambientazione, che dà un carattere sociale e politico a questo romanzo: il carcere minorile di Nisida, un luogo "protetto", un dentro con confini precisi, dove sostano singole giovani vite in attesa che il loro destino prenda forma, contrapposto alla bella e vivace Napoli, al fuori, che è sì sinonimo di libertà ma anche di pericolo, perché quei giovanissimi detenuti, una volta usciti fuori, "torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui".


Finalista del premio Grinzane Cavour 2020, Almarina è nella dozzina del Premio Strega 2020. 

giovedì 28 maggio 2020

Recensione: IL GIOCO DEL SUGGERITORE di Donato Carrisi



L'ex-poliziotta Mila Vasquez è costretta a tornare nel buio dell'inferno messo in moto dal diabolico suggeritore.
Questa volta dovrà dare la caccia a colui che le ha sottratto l'unico affetto presente nella sua vita, e per farlo si ritroverà ad entrare in una dimensione virtuale dove i confini tra fantasia e realtà sono labili e dove la capacità umana di fare il male si manifesta in tutta la sua violenza.


IL GIOCO DEL SUGGERITORE 
di Donato Carrisi



Longanesi
389 pp
E' sera quando una donna, spaventata, chiama la polizia per segnalare che all'esterno della sua casa c'è un uomo, che pare non avere buone intenzioni.
Purtroppo, complice il fatto che l'abitazione sia una fattoria isolata, a una quindicina di chilometri dalla città, e che quella notte scoppi un violento temporale, la prima pattuglia disponibile riesce a giungere sul posto soltanto diverse ore dopo, quando sarà ormai troppo tardi.
All'arrivo della polizia, la tragedia si è già abbattuta sulla famiglia; perché qualcosa dev'essere necessariamente accaduto tra quelle mura, visto il sangue che c'è... Il punto è che in quella casa non c'è nessuno, e se è avvenuta una carneficina, dove sono i cadaveri?
I corpi dei membri della famiglia Anderson non ci sono... 
Cosa è successo tra quelle mura?
Se in quella maledetta notte un uomo è entrato nella casa in campagna degli Anderson e li ha uccisi tutti, che ne ha fatto dei corpi senza vita di Karl, della moglie e delle loro due povere bambine?

Eppure non passa molto che il presunto omicida viene individuato e arrestato, grazie ad una telefonata anonima.
L'uomo sembra aspettare i poliziotti, infatti non oppone resistenza e l'operazione procede liscia come l'olio; non confesserà l'omicidio, anzi non aprirà bocca, ma ad inquietare gli inquirenti è il fatto che il corpo del presunto assassino sia ricoperto di una serie indecifrabile di numeri tatuati.

Siamo in presenza di un folle omicida?

Per sciogliere i tanti interrogativi, il giudice Shutton decide di coinvolgere nelle indagini la sola persona in grado di capire cosa ci sia dietro, quali significati misteriosi e malefici si celino dietro quelle sequenze numeriche che il cosiddetto "Uomo tatuato" ha sulla propria pelle.

Questa persona però non è più una poliziotta; non solo, ma dopo l'ultimo caso  ha deciso di riporre in un cassetto chiuso a chiave il distintivo (la pistola no, di quella purtroppo c'è bisogno) e di ritirarsi a vita privata, assieme alla figlia di dieci anni, Alice: Mila Vasquez ha promesso a se stessa di tenersi lontana da quel buio gelido e spaventoso nel quale si nascondono e agiscono i "cattivi" cui ha sempre dato la caccia fino a un anno prima, quando ancora lavorava nel Limbo, cioè nella sezione investigativa che si occupa di cercare le persone scomparse.
Certo, dentro di lei c'è sempre quella voce sinistra e sgradevole che sussurra, maligna: "E' dal buio che vengo. Ed è al buio che ogni tanto devo ritornare...", ma Mila sa che ormai ha deciso: la sua esistenza è all'insegna della tranquillità e dell'isolamento, in riva a un lago, con la sola compagnia della piccola Alice.

Purtroppo per lei, viene coinvolta suo malgrado nel caso dell'Uomo tatuato, chiamato anche Enigma: questa indagine sembra riguardarla da vicino. Più di quanto lei stessa creda. 

Facendo leva sul proprio senso di responsabilità, Mila si lascia tirare dentro un incubo contrassegnato inevitabilmente da morte e sangue: se davvero Enigma ha ucciso gli Anderson, perché l'ha fatto? Come li conosceva e perchè ha scelto proprio loro?

Cominciando a scavare nella vita della povera famiglia trucidata, Mila scopre il motivo che c'era dietro la drastica (e discutibile, per certi versi) scelta di Karl di far vivere i propri cari isolati da tutti (in primis dalla tecnologia, da internet...): forse l'uomo nascondeva un oscuro segreto, un "vizietto" apparentemente innocuo che gli è sfuggito di mano e che l'ha introdotto in un mondo parallelo a quello reale in cui si può provare ad essere qualcosa di diverso da ciò che si è davvero, e ad essere protagonisti di azioni che nella vita di ogni giorno non si ha il coraggio di commettere...

"Non c'era bisogno di avere un alter ego in un maledetto mondo virtuale. conduciamo una doppia esistenza anche senza internet. Perchè una parte di noi - la più profonda e irraggiungibile - vive di vita propria. Con lei odiamo in segreto, invidiamo di nascosto gli altri augurando loro ogni male, manipoliamo, mentiamo. La usiamo per sopraffare i deboli. La nutriamo con le peggiori perversioni, permettendole di fare tutto ciò che vuole dentro di noi. E infine le diamo la colpa per ciò che siamo."

Mila apprende l'esistenza di un gioco virtuale creato col proposito  di replicare una dimensione parallela a quella reale, una sorta di società perfetta in cui i partecipanti al gioco sono liberi di essere e fare ciò che vogliono, ad es. di realizzare - seppur solo "per finta" - i propri sogni e desideri, che purtroppo nella realtà non riescono a concretizzare.
Una sorta di esperimento sociale, creato non da degli sprovveduti, bensì da gente che aveva ben chiaro come utilizzare l'intelligenza artificiale; purtroppo il controllo di questo programma col tempo è sfuggito, dando vita a deviazioni malate e perverse...
Sì, perchè è il rischio che può verificarsi quando in questa realtà virtuale una persona porta il seme del male, tutta la propria voglia (repressa nella vita vera) di attuare propositi violenti, dando sfogo a quella malvagità che è lì acquattata da chissà quanto in un angolo della mente e che aspettava solo il momento opportuno per manifestarsi in tutta la sua virulenza!

"Internet è un'enorme spugna: assorbe ciò che siamo, soprattutto il peggio. Nella vita reale siamo costretti ad adattarci per convivere con gli altri, a scendere a compromessi con la nostra natura, ad accettare leggi e convenzioni. A volte dobbiamo anche indossare una maschera, ma è inevitabile: altrimenti non riusciremmo a far parte della società... In rete invece ci sentiamo liberi da tutta questa ipocrisia, ma è soltanto un'illusione: ci hanno semplicemente lasciati soli con i nostri demoni".


Basta prendere in mano un joystick, avere di fronte a sè un computer degli anni '80 e inforcare un visore, per vivere esperienze che, per quanto illusorie e fittizie, "regalano" sensazioni forti e molto reali, e soprattutto mettono alla prova la psiche, che molto facilmente si abitua alla dimensione virtuale creata nel gioco, manipolandola, spingendola a concepire disegni e propositi oscuri...

E se c'è qualcuno che sa come sussurrare e persuadere le menti più suggestionabili a fare il male, quello è il Suggeritore.

"Lo scopo del suggeritore non è solo mostrarsi il suo mirabile disegno di morte e distruzione (...). Lui vuole entrarti nella testa... Qualunque cosa tu faccia, per quanto tu possa essere preparato, non potrai impedirglielo. (...) E quando tu pensi che sia finita, non lo è: l'orrore intorno a te svanisce, ma lui è ancora qui" disse e si toccò la tempia."

L'indagine sulla triste sorte degli Anderson conduce, attraverso codici e coordinate da decifrare e incursioni nel gioco virtuale, l'ex-poliziotta in un inferno che diventerà personale, perchè vedrà coinvolta la piccola Alice.
Chi conosce la Vasquez - per aver letto i precedenti libri della saga del Suggeritore - sa che una delle sue peculiarità è la sua incapacità a provare empatia, a sentire e manifestare sentimenti ed emozioni (alessitimia); un "gelo dell'anima" che la perseguita, la tormenta e la fa sentire in colpa, ma allo stesso tempo l'aiuta a restare lucida e razionale quando si tratta di risolvere casi di sparizione, dove il coinvolgimento emotivo è più un ostacolo che un aiuto.

Al suo fianco c'è l'amico ed ex-collega Simon Berish, l'esperto di interrogatori, e la sua presenza sarà importante per aiutare Mila nel mettere insieme tutti i contorti pezzi che la porteranno a sciogliere i tanti misteri che via via si impongono alla sua attenzione.

La comprensione del passato è imprescindibile per capire il presente, ed infatti Mila dovrà attingere dai documenti del Limbo e da specifici casi irrisolti di ragazzi scomparsi anni prima, per arrivare a veder chiaro il diabolico gioco di Enigma, un gioco con il quale egli vuole sfidare personalmente Mila e mettere in dubbio le sue certezze, confondendola e facendo leva sulle sue debolezze.

Come accaduto già in precedenza, Mila si troverà spesso davanti a bivi e scelte da prendere; dovrà stare attenta e riconoscere i nemici, anche tra coloro che sembrano essere dalla sua parte.


Le trame di Carrisi sono sempre "labirintiche", complesse e tortuose; c'è tanta roba in questo libro, e in certi momenti, durante la lettura, mi appuntavo qualcosa per non ingarbugliarmi e non perdere il filo.
Mi rendo conto che questo modo di narrare può essere, per molti, un difetto più che un pregio, perché più "carne al fuoco" c'è, più avverti che l'autore si impegna a rendere le vicende complicate e ricche di colpi di scena e sorprese..., e più tutto questo questo potrebbe apparire come una grande forzatura, che rende poi poco credibile la storia.

Dico questo perché mi è capitato di leggere pareri di altri lettori che si soffermano su questo aspetto e non lo apprezzano del tutto, ma... io devo ammettere di non riuscire a considerarlo un difetto; mi spiego: io resto letteralmente affascinata da tutti gli intrecci contorti creati da Carrisi, mi spiazzano, stuzzicano la mia curiosità, impennano il livello di suspense, e personalmente ho gradito l'introduzione dell'elemento virtuale (in rete ci creiamo un'altra vita, ci mettiamo una maschera, ci sentiamo protetti e al sicuro dietro una tastiera e uno schermo, e quindi liberi di mostrarci per ciò che non siamo ma vorremmo essere) in quanto molto attuale.

Come nel precedente romanzo (L'uomo del labirinto), anche qui non manca la presenza dei narcotici, la cui assunzione manovra e condiziona la mente, rendendo labile e confusa la distinzione tra realtà e finzione.

Mi cattura sempre l'attenzione posta al male come qualcosa che si nasconde in persone all'apparenza innocue, "normali"; nei libri di questo scrittore c'è sempre il concetto che i mostri non nascono tali, lo diventano, e che 

"I mostri non sanno di essere mostri. (...) Covano dentro di sè un'insoddisfazione, una debolezza. Enigma sa riconoscerli, li intercetta, li avvicina. E' capace di blandirli, sa come conquistare la loro fiducia. E li convince con la sua menzogna... (...) Che possono essere tutto ciò che desiderano. Che le loro fantasie, anche le più malate, non sono un errore. Che anche se coltivano in se stessi un bolo segreto di violenza, non c'è niente di sbagliato in loro." 

Leggere Carrisi per me è come stare sulle montagne russe, un up and down continuo che mi tiene col fiato sospeso, mi insinua dubbi, crea interrogativi, gioca a darmi certezze che poi puntualmente mi crollano come un castello di carta, e tutto questo mi piace da matti, come mi piace il fatto che fino all'ultima pagina non so mai quale colpo di scena mi aspetta; il finale mi soddisfa e al contempo mi tiene sospesa e, più di tutto, mi fa desiderare di leggere un'altra storia creata dalla magistrale penna di Donato Carrisi. 

Per me è promosso, come sempre e non potrei fare diversamente.

I love you, Donà. 



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