giovedì 27 aprile 2017

Recensione: SETA di Alessandro Baricco (RC2017)



Un libro breve ma in grado di trasportare il lettore in una piccola storia effimera ed improbabile, in cui ciò che conta e colpisce non è tanto la storia in sè, quanto l'atmosfera creata dalla penna poetica, ammaliante e musicale di Alessandro Baricco.


SETA
di Alessandro Baricco


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"Hervè Joncour era uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizioso a viverla".

Siamo nel 1861 e a Lavilledieu (Francia) vive Hervè Joncour, che ha fatto la sua fortuna comprando e vendendo bachi da seta, attività alla quale lo ha avviato Baldabiou, che per primo ebbe l'idea di coltivare la seta.
Tutto va a gonfie vele, l'uomo è felice con la sua adorata moglie dalla voce bellissima - Helene - finchè una malattia colpisce i bachi, il che richiede la necessità di andarseli a procurare all'estero; così, dietro esortazione del baldanzoso Baldabiou, Hervè Joncour accetta di partire e di recarsi fino "alla fine del mondo", cioè in Giappone, questo Paese e che pare da sempre vivere separato da tutto e tutti.

Hervè Joncour si reca dunque in Giappone per prendere bachi da seta, da un certo Hara Kei, un uomo di poche parole ed enigmatico (come del resto tutti i personaggi presenti); ma a colpire lo sguardo e l'attenzione di un "placidamente stupito" Hervè Joncour, è una ragazza sempre in compagnia di Hara Kei: una giovane donna con occhi non dal taglio orientale, col volto di una ragazzina e dalle movenze lente, misteriose, ipnotiche, che seduce in qualche modo il povero commerciante, che da quel momento tornerà più di una volta in Giappone, attratto ormai non soltanto dai bachi...

Non aggiungo altri particolari sulla trama perchè non avrebbe senso: "Seta" è davvero molto corto e si legge in pochissimo tempo, anche perchè scorre; i capitoli - se di capitoli veri e propri si può parlare... - sono brevi/brevissimi e da subito ci si rende conto di essere davanti a qualcosa che non è nè un racconto, nè un romanzo: la narrazione ha più i tratti di un sogno ad occhi aperti in cui si muovono pochi personaggi, aventi un che di "fiabesco", di ingenuo, di fanciullesco misto al malinconico.
Parlare dei libri di Baricco (beh, in effetti ne ho letti solo due, questo e "Oceano mare") mi dà l'idea di voler fermare qualcosa che in realtà è inafferrabile, poco incline ad essere ingabbiato in etichette, giudizi definiti; per dirla prendendo a prestito le sue parole, le sue storie sono come gli uccelli del cielo giapponese, che fanno sorridere Hervè Joncour: stupefatte, impazzite, un'esplosione pirotecnica di suoni colori, musica.

"Non sembrava vita: se c'era un nome per tutto quello, era: teatro".

Ed è così: "Seta" sembra un piccolo palcoscenico, in cui non ci si perde in fiumi di descrizioni e discorsi inutili, ma dove contano più i silenzi, gli sguardi intensi, languidi o sfuggenti, i momenti fatti di immobilità o di gesti lenti, accompagnati da una musicalità flemmatica ma insieme suggestiva.

Consigliato a quanti prediligono letture riflessive, dal ritmo decisamente placido, che non sono necessariamente alla ricerca di storie travolgenti e personaggi con i quali immedesimarsi; sono quelle letture quasi impalpabili, evanescenti, che ti lasciano una strana e leggera melancolia. 





Obiettivo n.32 - Un libro in cui la musica diventa romanzo

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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