lunedì 6 gennaio 2020

Recensione film:SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE di Juan Antonio Bayona



Connor O'Malley è un ragazzino di 12 anni, che ogni si rifugia in un mondo popolato da creature straordinarie per sfuggire alla triste realtà della propria situazione quotidiana e cercando di superare le fobie di cui è vittima.


7 MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE



Regista: Juan Antonio Bayona
Cast: Liam Neeson, Sigourney Weaver, Felicity Jones, Lewis MacDougall, Toby Kebbell, Geraldine Chaplin.


La notte, con il suo buio e il suo silenzio, è il momento più favorevole perché, nella testolina dei bambini (pure degli adulti, va'...) proliferino creature fantastiche, sogni ad occhi aperti, realtà alternative che concedano un attimo di tregua e respiro da una quotidianità che, spesso, è piatta o triste o addirittura soffocante.
È ciò che succede a Connor, un dodicenne solitario, che soffre per la situazione famigliare difficile che è costretto a vivere: i suoi genitori sono separati, lui vede suo padre non troppo spesso (l'uomo si è rifatto una famiglia e vive in un'altra città), sua madre è malata di cancro e, nonostante lei si stia curando, Connor - che è un ragazzino intelligente, sensibile e attento - sente che qualcosa non sta andando bene...., ma allo stesso tempo cerca di mostrarsi fiducioso e di credere con tutto se stesso che sua madre possa migliorare.
E poi, se la mamma comincerà a sentirsi meglio, è probabile che la nonna (materna) se ne torni a casa sua e smetta di rompere le scatole, di intromettersi, comandare e  mettere regole e divieti, trattando il nipote come un bambino capriccioso e una presenza ingombrante.

Alla complessa e dolorosa vita di famiglia, si accosta quella a scuola: Connor non ha amici, se ne sta sempre solo in un angolo o nel proprio banco...; sembra invisibile agli occhi degli altri (tranne che per i professori che, quando lo vedono distratto o cupo, si preoccupano quanto meno di chiedergli se è tutto ok), nessuno gli dà retta, eccezion fatta per tre ragazzetti prepotenti, comandati dal classico bullo cinico e manesco, da cui il povero Connor rimedia ogni giorno insulti, umiliazioni e botte.

Insomma, le cose per Connor O'Malley non procedono alla grande e lui ha le sue ragioni per essere triste e afflitto.
A dargli ore di svago e distrazione ci pensa la fantasia: quella ne ha da vendere e si manifesta in particolare nei suoi schizzi; il ragazzino, infatti, ha un talento artistico, ereditato da sua madre, che gli ha insegnato ad amare il disegno, grazie al quale creare delle creature fantastiche che, per quanto fatte solo "di carta", a lui paiono reali, gli fanno compagnia e lo aiutano a sfuggire alla solitudine della sua giovane esistenza.

Ma una notte accade l'impensabile: un mostro gigantesco, alto 12 metri, viene fuori da un vecchio e imponente albero (un tasso) esattamente sette minuti dopo la mezzanotte: è fatto di grossi rami intrecciati, ha gli occhi infuocati, una voce potente e Connor ne è terrorizzato inizialmente.
Ma il gigante se ne infischia dei suoi timori e decide di condividere col giovanotto tre storie, con tre protagonisti differenti (un giovane principe buono e amato, con una madre che tutti considerano una strega cattiva; un semplicista amato per le sue doti di guaritore, che però deve fare i conti con l'ostilità di un curato, il quale si rivolgerà all'altro per chiedergli aiuto quando sarà troppo tardi; un uomo invisibile, che un giorno si stanca di essere considerato tale...), ognuno dei quali ha un riferimento alla situazione personale di Connor.
Il mostro dice a quest'ultimo che, al termine delle tre storie, a Connor spetterà il compito di raccontare la quarta, cioè la propria storia, quella che il ragazzino custodisce dentro di sé e si guarda bene dal far conoscere agli altri.
Perché prova paura, vergogna, senso di colpa, impotenza.

Benché Connor ripeta al mostro di non essere interessato alle sue storie fantastiche, in realtà egli le aspetta con impazienza, essendo quelli gli unici momenti in cui riesce a mettere da parte la malattia terminale della madre, la severità della nonna, la distanza emotiva e geografica del padre e il bullismo di cui è vittima a scuola.

Certo, il ragazzino sente montare l'ansia dentro di sé al pensiero della quarta storia, quella "sua", che deve narrare lui e nella quale dovrà dire la verità: quello che davvero si cela nel suo cuore, i suoi desideri inconfessabili, le sue paure più profonde, l'incubo più ricorrente.
Solo così, guardando in faccia quella parte di sé di cui ha vergogna e paura insieme, potrà affrontare ciò che lo spaventa e lo fa soffrire, e provare a far pace con i suoi personali mostri, che forse tanto mostruosi potrebbero non essere...

Solitamente snobbo i film per bambini/ragazzi, pensando erroneamente che siano poco interessanti per me, che ormai di bambino ho solo il pascoliano fanciullo musico che ancora sopravvive, testardo, nel mio cuore.

Ma sono contenta di aver bypassato sciocchi pregiudizi e di aver guardato questo film che unisce magistralmente fantasy e dramma famigliare; mi sono sentita coinvolta davvero tanto a livello emotivo, mi sono sentita anche un po' bambina, perché in fondo certe piccole fobie infantili non ti lasciano mai del tutto e viene spontaneo solidarizzare con il dodicenne protagonista; ho trovato le tre storie del gigante molto profonde e ricche di significato e mi sono commossa quando è arrivato il turno di Connor -  troppo giovane per essere un uomo e troppo grande per essere un bambino -, perché comunque si intuisce di cosa avrebbe "parlato" la quarta storia, quale suo incubo avrebbe espresso.
Purtroppo la vita non tiene conto di quanti anni hai per servirti esperienze amare, e Connor deve fare i conti con la realtà che "gli esseri umani sono bestie complicate. Credono alle bugie consolatorie pur conoscendo la realtà dolorosa che le ha rese necessarie".

Dovrà accettare il proprio dolore e dare un nome al proprio incubo: "Desideravi solo la fine del dolore. Del tuo dolore. È il desiderio più umano che ci sia", e nessuno potrebbe mai condannarlo perché in cuor suo vorrebbe solo mettere fine alle sofferenze, sue e dell'amata mamma.

Deve smetterla di pensare di meritare punizioni per i suoi pensieri, perché alla fine "Non è importante ciò che pensi. La cosa importante è quello che fai".

Un film da vedere, commovente (immagino che non pochi lo potrebbero trovare fin troppo sentimentale), con un bel messaggio, trasmesso in modo efficace ed emozionante.



"La fede è metà della cura. 
Perché se credi nella cura, 
credi nel futuro che ti attende. 
La fede è preziosa, 
quindi devi fare molta attenzione 
a dove e in chi la riponi."

6 commenti:

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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