Domani sera cercherò di pubblicare la recensione dell'ultimo romanzo terminato: Le verità di Miracle Creek di Angie Kim, che ha uno sfondo a mio avviso originale e particolare: le sedute di ossigenoterapia iperbarica, che permettono la somministrazione dell’ossigeno a puro al cento per cento a una pressione atmosferica tre volte superiore a quella normale e si svolgono in una camera iperbarica concepita appositamente.
Il romanzo è un thriller giudiziario che affronta tematiche importanti, come l'immigrazione e le sue
source foto di Tim Coburn |
tante difficoltà d'integrazione, il rapporto genitori-figli, la disabilità (in particolare l'autismo) e come ci si rapporta ad essa, che siano i genitori (in primis, il caregiver) o la gente attorno.
Quello dei tribunali è un mondo noto ad Angie Kim, che ha lavorato come avvocato in un grande studio; non solo, ma anche gli altri temi le sono familiari, a partire da quello dell'immigrazione.
L'input - che è poi il cuore del romanzo - viene proprio da questa singolare ambientazione (la camera iperbarica) e dalla domanda: potrebbe accadere qualcosa di tragico e terribile in un contesto del genere, che dovrebbe essere comunque protetto?
L'Autrice ha dichiarato di aver fatto esperienza (ai tempi non era ancora una scrittrice) dell'HBOT (Hyperbaric oxygen therapy) a motivo di uno dei suoi figli e di ritrovarsi quindi a condividere con altre persone questo ambiente in cui sei "rinchiuso" con altre famiglie mentre si svolgono le sedute.
Inevitabili scattavano le confidenze personali, e la condivisione di quel tipo di esperienza avrebbe potuto essere interessante da esplorare in un eventuale romanzo.
Dopo avere iniziato a pubblicare racconti personali e brevi, ha pensato di buttarsi nell'avventura di scrivere, appunto, un romanzo e il pensiero è subito andato all'HBOT come a una delle idee principali, in special modo al fatto di stare in un ambiente di gruppo in cui potesse accadere un fatto tragico, in grado di provocare feriti (e ferite) e morti.
Ma questa era solo una delle due idee che le frullavano in testa; l'altra era decisamente differente e partiva dalla condizione personale della Kim, cioè della sua famiglia immigrata negli States: i suoi genitori lavoravano al centro di Baltimora in un negozio di alimentari ed Angie aveva in mente di partire proprio dall'idea del negozio di un droghiere coreano e da un mistero ad esso legato (una pistola nascosta, un cadavere o forse un corpo ferito...); i limiti dovuti alla lingua avrebbero avuto il loro peso, impedendo all'uomo di parlare di questo mistero, che faceva parte della sua vita.
Vi ho presentato in questo post i temi affrontati e l'idea di partenza del libro d'esordio di Angie Kim, sperando abbiano stuzzicato il vostro interesse.
Fonti consultate:
https://www.writeordietribe.com/author-interviews/interview-with-angie-kim
https://www.elle.com/culture/books/a27253585/angie-kim-interview-miracle-creek/
Nessun commento:
Posta un commento
Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz