domenica 13 dicembre 2020

Recensione: LEGGERE LOLITA A TEHERAN di Azar Nafisi



Tra queste pagine la scrittrice ripercorre le discussioni avute con i suoi studenti su diverse opere letterarie, collegandone i temi ai ricordi della vita vissuta in Iran prima, durante e dopo la rivoluzione iraniana. Si analizzano autori come Nabokov, Austen, James... e si affrontano temi quali il potere della letteratura, la politica, la condizione della donna nella società musulmana, la religione.




LEGGERE LOLITA A TEHERAN 
di Azar Nafisi


Adelphi Ed. 
trad. R. Serrai
379 pp
I ricordi della professoressa Nafisi si riferiscono al periodo in cui ha insegnato all'Università di Teheran e all'Università Allameh Tabataba'i negli anni '70 e '80, fino alle sue dimissioni nel 1995 (lascerà il Paese per andare negli USA nel 1997); rimasta senza lavoro, la donna decise di organizzare a casa propria un corso segreto di letteratura occidentale, scegliendo sette studenti interessati al gruppo di studio.

Questo memoir è quindi suddiviso in quattro parti: nella prima, intitolata "Lolita", conosciamo gli studenti del gruppo di lettura e ci si concentra sulle restrizioni imposte alla vita delle donne, specialmente nelle scuole e nelle università. 

Nella seconda parte, "Gatsby", il romanzo di Fitzgerald è messo "sotto processo", in quanto ritenuto, nella società islamica, un libro che induce a peccare, inneggiando all'immoralità tipica dell'occidente imperialista.

Nella terza parte, "James", la professoressa Nafisi si sofferma sul periodo in cui l'Iran era in guerra con l'Iraq; nell'ultima sezione, "Austen", si torna agli anni '90, e quindi ai suoi studenti, all'amico e compagno di profonde conversazioni (chiamato il "mago") e alla sua decisione di lasciare, insieme al marito Bijan e ai figli, l'Iran per andare in America.

Il contesto di riferimento sono quindi i decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, anni caratterizzati da violenze e soprusi, perpetrati tanto per le strade quanto nei campus di Teheran.

La "missione" di Azar Nafisi diventa quella di spiegare a ragazzi e ragazze, esposti in misura crescente alla catechesi islamica, una delle più temibili incarnazioni dell’Occidente: la sua letteratura. 

Nell'introdurre le sue memorie, l'Autrice precisa di aver cambiato i nomi alle persone menzionate per proteggerle da possibili punizioni o imbarazzi.
E rivolgendosi al lettore, gli chiede:

"ho bisogno che anche tu, lettore, cerchi di pensare a noi, perché altrimenti non potremo esistere  davvero. Contro la tirannia del tempo e della politica, cerca di immaginarci come a volte neppure noi osavamo fare: nei momenti più intimi e riservati, nelle più straordinariamente normali circostanze della vita, mentre ascoltiamo un po' di musica, ci innamoriamo, camminiamo per strade ombrose, o leggiamo Lolita a Teheran. E prova a ripensare a noi dopo che quelle cose ci sono state confiscate diventando una volta per tutte un piacere proibito."

Chi sono le ragazze che partecipano al gruppo di discussione nel soggiorno di casa di Azar?
Sono giovani donne (tra i venti e trent'anni) le cui vite sono state in qualche modo plasmate dalla rivoluzione iraniana. 
C'è chi ha fatto l'esperienza della prigione in quanto membro di un'organizzazione religiosa dissidente e si è visto interdire l'accesso all'università per due anni dopo il suo rilascio.
C'è la ragazza fidanzata, che viene costantemente vessata dal fratello fondamentalista; c'è chi sogna di emigrare in Canada, chi ha subito molestie da uno zio e chi è stato sposato più volte.
Tutte loro sono accomunate da una condizione di "disagio", frutto della confisca, da parte del regime, dei loro momenti più intimi e dei loro desideri.

"Con i mullah al governo, la religione era diventata uno strumento di potere, un'ideologia, ed era proprio questo approccio ideologico alla fede che distingueva l'oligarchia dai milioni di cittadini comuni".


Riunirsi privatamente per metter su una sorta di "laboratorio letterario" è un modo per trovare un po 'di libertà in mezzo a troppe restrizioni.

I romanzi (e i loro autori) analizzati - da Lolita di Vladimir Nabokov ad Orgoglio e pregiudizio della "zia Jane", da Il Grande Gatsby  di F. Scott Fitzgerald a Gli Ambasciatori di Henry James - sono solitamente annoverati tra i classici della letteratura inglese e americana; queste (ed altre) opere, all'interno del regime repressivo della Repubblica islamica dell'Iran, erano considerati veleno, dei cattivissimi e pericolosi esempi di decadenza occidentale, per cui la loro lettura era assolutamente sconsigliata, in particolare per le giovani donne iraniane, che addirittura rischiavano di incorrere in un reato punibile; ergo, da un'insegnante come la Nafisi, ci si aspettava che, attraverso lo studio di tali subdole opere, ella insegnasse agli studenti iraniani a combattere l'immoralità americana.

Ma, al contrario, con le sue accese discussioni in aula, la docente desiderava offrire ai suoi studenti una sorta di "aiuto", di rifugio, per resistere alla repressione e alla paura - che, ci ricorda bene questo libro, possono danneggiare la vita delle persone, e che erano le armi privilegiate dal regime, privo di alcuna empatia - attraverso la finzione letteraria e l'immaginazione.

"La letteratura non era una panacea, ma ci offriva uno strumento critico per valutare e capire meglio il mondo - non solo il nostro, anche l'altro, l'oggetto dei nostri desideri."

"l'immaginazione è equiparata all'empatia, alla capacità di immedesimazione: non possiamo vivere ciò che hanno vissuto gli altri, però in letteratura siamo in grado di comprendere anche i personaggi più mostruosi. Un bel romanzo è quello che riesce a mostrarci la complessità degli individui, e fa sì che tutti i personaggi abbiano una voce; è allora che un romanzo si può definire democratico - non perché sostiene la democrazia, ma per la sua stessa natura. L'empatia è il cuore di Gatsby, come di molti altri grandi romanzi - non c'è niente di più riprovevole che restare ciechi di fronte ai problemi e ai dolori altrui. Non vederli significa negare la loro esistenza». 


Durante il corso della lettura, i lettori ottengono informazioni sia su Nafisi, sui suoi studenti, sulla sua famiglia e sui suoi amici, che sulla cultura della Teheran post-rivoluzionaria.

Confesso di essermi trascinata questo libro per diverse settimane; l'approccio iniziale è stato positivo, mi aveva coinvolta molto e trovavo oltremodo interessanti tutti i ragionamenti e le riflessioni su Lolita e Humbert; stesso interesse nel conoscere lo sfondo storico e politico, o ancora nell'osservare le studentesse nelle loro fragilità, contraddizioni,dubbi, il loro prendersi in giro, nel sarcasmo e nel fervore con cui interagivano tra loro su argomenti che, partendo dall'analisi letteraria delle opere, poi venivano calati nella loro vita di tutti i giorni, che fossero i rapporti con famiglia e fidanzato, o l'uso del chador, o le discriminazioni e i maltrattamenti cui erano soggette in quanto donne.
Però non posso non ammettere che, dalla metà in poi, il livello di attenzione è andato diminuendo, ho trovato che il ritmo narrativo rallentasse un po' e ho faticato a proseguire.

Nel complesso è comunque un libro interessante, che  ci fa conoscere la posizione della donna nella società islamica iraniana dopo la rivoluzione e lo fa mettendo al centro la letteratura e il potere che essa ha (attraverso la finzione, l'immaginazione) di farci sentire liberi anche - o soprattutto! - quando il contesto in cui siamo immersi vuol privarci di libertà fondamentali.


6 commenti:

  1. Uno dei miei libri preferiti, mi spiace che ad un certo punto tu lo abbia trovato pesante!

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    1. eh un po' sì, però non ho mollato, il che vuol dire che questa "pesantezza" è stata assolutamente sopportabile e superabile ;-)

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  2. Voglio leggerlo, ma Nabokov ha la precedenza. :)

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    1. Eh credo che presto ci farò un pensierino anch'io!!

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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