Kaspar, dopo essere rimasto vedovo, si ritrova tra le mani un manoscritto della defunta e amata moglie; apprende importanti verità sul passato di lei, sul suo percorso esistenziale, sulle scelte operate e sui rimpianti per gli errori commessi.
L'uomo si mette sulle tracce di questo turbolento passato e in questo viaggio la sua vita solitaria e abitudinaria verrà arricchita da un incontro speciale.
LA NIPOTEdi Bernhard Schlink
Ed. Neri Pozza trad. S. Kolbe 336 pp |
«La verità è una sola. Non appartiene né a me né a te, c’è e basta. Come il sole e la luna. E come per la luna, a volte se ne vede solo la metà, ma c’è tutta, è rotonda e bella».
È il maggio del 1964 quando, a Berlino Est, in occasione del convegno promosso dalla Freie Deutsche Jugend (FDJ, l’organizzazione giovanile del partito al comando dell’allora DDR*), i giovanissimi Birgit e Kaspar si incontrano per la prima volta.
Birgit è incaricata dalla FDJ di accogliere gli ospiti provenienti da ogni parte della Germania; Kaspar è un giovane studioso di storia dell’Ovest.
I due si innamorano, e mentre i giovani delle due Germanie ballano e suonano insieme, superando ogni barriera e confine, tutto sembra possibile e roseo.
Nel presente, nella Berlino odierna, quella primavera del 1964 è ormai parte delle illusioni perdute: frantumati i sogni di fratellanza, anche l’amore con e per la sua complicata e sfuggente Birgit pare essersi dissolto nel nugolo offuscato di bugie e segreti che li hanno separati per anni, senza che Kaspar se ne accorgesse.
Dopo la morte della donna, infatti, Kaspar scopre nel suo computer la bozza di un libro autobiografico che la moglie avrebbe desiderato pubblicare; leggendolo, l'uomo apprende che, prima di lui, Birgit aveva avuto una relazione con un funzionario del Partito, dalla quale era nata una bambina, affidata poi a un’amica. Quest'ultima, a sua volta, aveva avuto da Birgit il triste compito di affidarla a qualcuno che l'adottasse.
Sebbene deluso e amareggiato, oltre che distrutto dal dolore di un lutto che non ha nemmeno avuto il tempo di elaborare, Kaspar si sente altresì animato anche da una nuova speranza: fare ciò che Birgit non ha mai avuto il coraggio di fare, vale a dire trovare la figlia perduta.
Inizia così un viaggio che lo porterà in uno degli insediamenti dei Völkischen**, membri dell’estrema destra tedesca che portavano avanti un'idea di “nazionalismo contraddistinto da un codice etnico razzista con una base ideologica anti-moderna”.
Dopo aver chiesto a persone che avrebbero potuto dargli informazioni utili, Kaspar finalmente trova la figlia di Birgit: si chiama Svenja ed è una donna che negli occhi, nei capelli, persino nella voce, ricorda sua madre.
È sposata col tronfio e iracondo Björn, portano avanti la loro bella fattoria ed hanno una figlia 15enne, Sigrun, una ragazzina dai capelli rossi dallo sguardo vispo e intelligente.
Da sempre (per vissuto e per carattere) tranquillo, ragionevole, accondiscendente e mai aggressivo, Kaspar resta interdetto dai modi di fare del capofamiglia, che quando sente che la madre biologica della propria moglie è da poco deceduta, fiuta l'odore di una possibile eredità e comincia da subito ad avanzare pretese economiche al vedovo, accompagnate da minacce e voce grossa.
Kaspar sarà pure pacato ma non si spaventa per i modi del rozzo fattore: a lui interessa solo interagire con Svenja e poterle parlare di Birgit, farle capire che, anche se è stata abbandonata, non è stata mai dimenticata: anzi, Birgit stava scrivendo un libro sulla propria storia e desiderava tanto poterla cercare per offrirsi a questa figlia perduta, darle una mano (economica e non solo) e provare a stabilire, magari, un minimo di rapporto con lei.
In questa comunità rurale di neonazisti Kaspar è a disagio, anche perché è chiaro che Björn e Svenja non abbiano molta simpatia per lui; ma a rubargli il cuore è la ragazzina, Sigrun, che con una tenera spontaneità lo chiama subito nonno.
Kaspar è commosso dalla vicinanza emotiva che sente con questa adolescente che è praticamente un'estranea e, per lui che avrebbe voluto dei figli con e da Birgit, pensare di avere una nipote, di punto in bianco, lo riempie di gioia.
Tra i due nasce un'immediata connessione e, nonostante il gap generazionale e l'opposta visione del mondo e della vita, Kaspar e Sigrun si trovano benissimo insieme.
Sigrun è una ragazzina dal carattere molto determinato, legge tantissimo, ha un'ottima dialettica per la sua età, è una figlia obbediente che lavora accanto al padre bracciante; quando riesce ad ottenere - in cambio di lauti bonifici - che la nipote acquisita trascorra del tempo con lui, le sue giornate acquistano un nuovo senso, slancio, scopo.
"Fino ad allora Kaspar aveva vissuto la sua vita, e le vite degli altri per lui erano come i palazzi, le strade e gli alberi che lo circondavano. A meno che non avesse un qualche rapporto con loro e loro con lui; in quel caso le percepiva e riconosceva il valore che assumevano per lui. Adesso invece, per la prima volta, le percepiva per come erano veramente, di per sé, ogni singola vita come un mondo intero, completo e compiuto."
Sigrun è servizievole, premurosa, lo accompagna nella libreria (di proprietà di Kaspar), gli prepara la colazione, insieme vanno ai concerti e il nonno scopre che la ragazzina sa suonare il pianoforte e che cela uno straordinario talento musicale.
Oltre a organizzarle e pagarle le lezioni di piano, i due chiacchierano moltissimo di argomenti importanti e Kaspar ascolta con apprensione e sgomento i discorsi infervorati di quella ragazzina tutta capelli che gli parla esaltata dell'ideologia hitleriana, di Irma Grese come di un'eroina, del Diario di Anna Frank, e dell'Olocausto in generale, come di un'enorme menzogna escogitata dagli ebrei.
Non solo: ma ovviamente lo straniero è visto dai Völkischen come una minaccia alla tranquillità dei tedeschi, al loro benessere e alla realizzazione stessa di una Germania forte e pura.
Kaspar è preoccupato: la testa di Sigrun è strapiena di bugie razziste: è compito suo, in qualità di nonno, aiutarla a rivedere le proprie idee o deve farsi gli affari suoi?Non sarà una scelta semplice per l'uomo, che dovrà mettere d'accordo la ragione con il cuore per cercare comunque di non perdere questa nipote diventata troppo importante per lui.
Nel complesso, una volta terminato, ho trovato il libro sicuramente scritto bene e interessante, in cui l'intreccio delle dinamiche relazionali del personaggi si amalgama con tematiche esistenziali, politiche, socio-culturali; sono molti, infatti, i passaggi ricchi di dettagli circa le idee di Birgit e dei völkischen sulla Germania, sulla situazione storica, socio-politica ma anche culturale, letteraria, artistica e musicale degli Anni Sessanta e oltre.
Confesso di aver trovato poco stimolante la prima parte del libro, soprattutto quella relativa al passato di Birgit (più che altro perché il ritmo è un po' lento) e di aver gradito maggiormente le pagine in cui si racconta il rapporto tra nonno e nipote, con tutte le disquisizioni sulle idee razziste e nazionaliste di cui è infarcita la testolina della giovane.
Ottima la caratterizzazione dei personaggi anche se, per buona parte del romanzo, personalmente mi è mancato un aspetto per me essenziale: il coinvolgimento emotivo; confesso che mi sono sentita molto distante da ciò che leggevo sulle illusioni e le disillusioni dei tedeschi di quel periodo (anni Sessanta).
CITAZIONI
"Quando si vive in un paese governato da un regime cattivo, si spera sempre in un cambiamento, e poi un bel giorno il cambiamento arriva. Il regime cattivo viene sostituito da uno buono. Se si era stati contrari, si può tornare favorevoli. Se si era stati mandati in esilio, si può rientrare in patria. Chi è rimasto e anche chi se n’è andato può riappropriarsi del paese che ridiventa il suo paese, quello che aveva sognato. La DDR non ridiventerà mai il paese sognato. Semplicemente non esiste più. Chi è rimasto non prova nessuna gioia, chi se n’è andato non ci può più tornare; il loro esilio è senza fine. Di qui il vuoto. Il paese e il sogno sono irrimediabilmente perduti. Non è la perdita irrimediabile che mi mette tristezza, bensì il vuoto. Il vuoto, il dolore del vuoto, il dolore".
"Come si riesce a sfuggire agli altri? Vivendo con risolutezza la propria vita."
" «Birgit, la figlia, le cose taciute – mi sento come se mi mancasse il terreno sotto i piedi. Come se tutto fosse solo “forse”»."
avvolto nel crepuscolo,
così intimo e incantevole,
come una stanza tranquilla,
dove gli affanni del giorno
possono essere dimenticati nel sonno."
NOTE
* Repubblica Democratica tedesca, nota anche con il suo acronimo DDR, fu uno stato formatosi durante la Guerra Fredda nella parte orientale del paese (fonte)
** Ho trovato in internet questo articolo in pdf, magari potreste trovarlo interessante per approfondire il movimento Völkisch QUI