sabato 9 ottobre 2021

Le mie letture di Settembre 2021

 

Ed ecco il riepilogo del mio settembre.


LETTURE


  1. FIGLIE DEL MARE di M. L. Bracht: romanzo che tratta il tema delle "donne di conforto" (5/5).
  2. GAZA  di M. Vertuani: dieci racconti ambientati nella striscia di Gaza (4/5)
  3. IL MARE DI GAZA - il manifesto per Vittorio Arrigoni: Vik e il suo impegno per difendere i diritti di un popolo di cui si calpestano ogni giorni i diritti (4/5)
  4. "Il diritto di vivere. La voce di Angela" di I. Pontecorvo: la storia di un'adolescente che deve affrontare le difficoltà - fisiche e non solo - legate alla propria condizione di disabilità (4/5)
  5. "MIND THE GAP - Distanze Londinesi" di L. Multinu: un'italiana alla ricerca del proprio posto nella caotica ed affascinante Londra (4/5)
  6. IO SONO GORDON BLOOM di F. Cariti: un giovane senza scrupoli e amorale racconta dal carcere le proprie azioni criminali (4.5/5).
  7. IL SEGRETO DI RIVERVIEW COLLEGE di S. Goga: un'insegnante di letteratura ed un professore di Storia cercano di risolvere un mistero legato ad un diario del 1600 (4.5/5)
  8. SCRUBLANDS NOIR di C. Hammer: un prete ammazza a fucilate un gruppetto di parrocchiani; il caso sembra semplice ma un giornalista curioso e tenace scopre che dietro quel gesto c'è tutta una rete di intrighi e bugie (3.5/5).


Questo mese ho "scoperto" la serie tv OUTLANDER, tratta dalla saga "La straniera" di Diana Gabaldon. Che dire...? Mi sta piacendo tanto tanto, quando comincio a vedere una puntata non riesco a staccarmene *_*
Ho terminato (solo e appena) la prima stagione, ambientata nella prima metà del 1700 in Scozia, periodo storico affascinante; fantastici gli attori: Caitriona Balfe è la determinata protagonista, Claire Beauchamp; Sam Heughan è il rosso e prestante Jamie Fraser; le scene d'amore tra i due sono esplicite e all'insegna della passione.
I personaggi (principali e non) sono davvero accattivanti, compresi gli antagonisti, che sono di una malvagità e di un sadismo... come dire, notevoli. In particolare Jack Randall (Tobias Menzies) è il male fatto persona e a causa sua il povero Jamie andrà incontro a torture inenarrabili.
Bellissimi e suggestive le Highlands scozzesi; sono innamorata della colonna sonora, The Skye Boat song, che è la canzone che mi ha accompagnata in questo mese.
Sono ansiosa di proseguire con la seconda stagione *_*

Voi l'avete vista?







CITAZIONE DEL MESE

"A volte le vecchie ferite devono essere riaperte per poter guarire davvero". (FIGLIE DEL MARE, M.L. Bracht)



POESIA DEL MESE  

Cadete Foglie

Cadete foglie, fiori svanite;   
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stenditi notte, giorno sii breve;
ogni foglia che vola da una pianta autunnale
mi parla di felicità.

Sorriderò quando fiocchi di neve
fioriranno al posto della rosa;
canterò quando la notte in declino
annuncerà un giorno più grigio.

(Emily Brontë)


giovedì 7 ottobre 2021

Recensione: LE LESIONI DELL'ANIMA di Maria Rosa Bellezza



Possono due anime appartenersi tanto profondamente così che il loro legame vada al di là dello spazio e del tempo?
Quando Ada e Mizio si incontrano, sono due adolescenti alla ricerca del proprio posto nel mondo; ognuno ha i propri fardelli sulle spalle e i propri affanni sul cuore, ma imparano a conoscersi, a specchiarsi l'una nell'anima dell'altro, fino a riconoscere che a legarli è un filo invisibile ma indistruttibile.

LE LESIONI DELL'ANIMA
di Maria Rosa Bellezza



Ed. Homo Scrivens
256 pp
Giugno 2021
Ada e Mizio non potrebbero essere più diversi l'una dall'altro.
Lei è una ragazza che ha perso da bambina l'udito, non ha ancora imparato ad accettare davvero la propria sordità e vive con molto imbarazzo il fatto di dover portare a vita degli apparecchi acustici. 
Se Ada sente la mancanza di uno dei cinque sensi, Mizio ne ha decisamente qualcuno in più, ereditato dalle donne della propria famiglia.
Il ragazzo, infatti, ha il dono di predire il futuro attraverso sogni, sa leggere le carte napoletane,  percepisce la presenza degli spiriti guida e, addirittura, vede e parla coi defunti.
La sua bisnonna Gelsomina era come lui: è morta tre volte (ogni ventinove anni, fino ad arrivare agli ottantasette, per poi morire definitivamente), e anche nonna Giovanna era una sensitiva: è stata proprio lei a insegnare al nipotino decenne come fare la croce con le carte napoletane, e da quel momento il bambino ha manifestato la capacità di sentire delle voci nella testa che gli rivelavano particolari appartenenti alle vite di persone a lui vicine.

Mizio è solo un bambino e questo "potere" lo confonde, gli crea non poco disagio, quasi se ne vergogna, ma che può farci? 
E' un dono che è parte integrante del suo stesso essere, è qualcosa di inscindibile da lui, nonostante egli, negli anni della giovinezza, cercherà di fingere di non avere tali poteri medianici, essendone da essi sopraffatto emotivamente.

Quando, verso i sedici anni, un'amica di Ada le presenta Mizio, tra i due si instaura un'amicizia speciale: cominciano a trascorrere molto tempo insieme, divenendo inseparabili; con questo ragazzo sensibile, capace di andare oltre apparenze e di leggerle dentro, di dirle ogni cosa (anche negativa) con  schiettezza ed onestà, Ada non si sente la goffa ed insignificante ragazza sorda, affetta da una disabilità che si porterà dietro tutta la vita.
Mizio sa vedere ciò che si cela tra le pieghe della sua anima e questa consapevolezza la fa sentire legata a lui in modo intimo.
Il loro affiatamento cresce ogni giorno di più, tanto che Mizio decide di portarla con sè nei suoi "consulti", quando, leggendo le carte alle persone, riesce a guardare nel loro animo, per aiutarle a dipanare le trame della loro vita. E lo fa con sicurezza, senza sconti, con disarmante sincerità.

Ma il suo è un dono che ha due facce della medaglia: è vero, lo rende un po' un privilegiato, un ragazzo speciale in grado, senza il minimo sforzo, di fare da tramite tra i vivi e i morti, tra il terreno e l'ultraterreno, tra il passato, il presente ed il futuro. Ma è al contempo un fardello non indifferente da portare, perchè spesso Mizio ne è schiacciato, emotivamente annichilito, in particolare quando si tratta di "vedere" e prevedere disgrazie a persone a lui care. Questo gli fa sentire addosso responsabilità troppo grandi e difficili da gestire!

"Mi si attacca il dolore della gente addosso, come tante sanguisughe. Ma invece di bermi il sangue, il dolore si beve il cervello. Non ho filtri, sono senza pelle, senza difese!"

Per non parlare del fatto di riuscire a vedere gli spiriti delle persone defunte!
Insomma, Mizio non è mai solo e capisce che, nonostante le proprie reticenze e i tanti timori, non può allontanare da sè le proprie facoltà spirituali extrasensoriali; piuttosto, deve servirsene per far del bene, per guarire le ferite dell'anima delle persone che si rivolgono e si rivolgeranno a lui.

La ricerca affannosa della propria missione nel mondo lo porterà per diversi anni lontano dalla sua Ada.

Lui e Ada si vogliono bene, anzi si amano, ma da ragazzi non avranno modo di vivere questo sentimento perché le loro vite prenderanno sentieri differenti.
E se Mizio andrà in giro per il mondo ad imparare e a formarsi per poter guarire i malesseri delle persone, Ada farà un percorso più convenzionale.
Laurea in Lettere, un impiego come catalogatrice di reperti antichi e infine titolare e direttrice di una galleria d'arte.
E proprio nella sua galleria un giorno ritrova Mizio, il suo amico di un tempo, l'uomo che ha sempre avuto un posto unico nel suo cuore e che, anche se lei non può saperlo, ha sempre vegliato su di lei.

"L’aveva seguita da lontano, con discrezione, aiutandola nei momenti più bui, dandole conforto nei sogni che lei dimenticava al mattino, ma che inconsciamente guidavano le sue azioni.".

Mizio torna da lei e come un uragano la travolge nuovamente con le sue esperienze di sensitivo, risvegliando nella donna quell'interesse per le cose spirituali e ultraterrene che la routine di una vita piatta aveva soffocato.

Agli occhi di Ada Mizio non è cambiato, ma lei sente di essere diversa dalla ragazza di un tempo: ora è la mamma di due figlioli ancora piccoli che le danno un gran daffare ed è sposata con Riccardo, un uomo che l'ama con tutto se stesso, che la desidera, che vuole possederla nel corpo e nella mente..., ma col quale non ha molto in comune.
Ada è consapevole di sentirsi intrappolata in un'esistenza che sente soffocante, priva di stimoli e, soprattutto, di amore e passione.

Rivedere Mizio dopo tanti anni le permette di guardare in faccia la propria vita e il proprio matrimonio, e di realizzare quanto grande sia il rischio, per lei, di "appassirsi", di rinchiudersi in un bozzolo di infelicità senza via d'uscita.

Cosa farà adesso che Mizio è ritornato nella sua vita?

"Le lesioni dell'anima" è un romanzo che cattura il lettore sin dalle prime battute, con un incipit accattivante: "La bisnonna Gelsomina morì tre volte. La prima volta che le si fermò il cuore aveva ventinove anni."

L'Autrice non ha semplicemente messo su carta una storia di amicizia e d'amore tra un uomo e una donna che la vita ha prima unito e poi separato, per poi farli incontrare di nuovo (per sempre?), ma ha intessuto una trama che, con raffinata delicatezza e una grande sensibilità, crea un ponte tra il visibile e l'invisibile, tra la vita terrena e ciò che va oltre essa.
Tra queste pagine veniamo immersi in una dimensione visionaria, "magica", dove il confine tra il reale e il surreale, tra il sogno e la realtà si assottiglia; tale dimensione spirituale è propria di ogni essere umano e va nutrita, affinchè questa sensibilità verso ciò che va oltre l'esperienza empirica, sensoriale, sia aiutata ad emergere e la nostra anima - ciò che davvero siamo - venga fuori senza timori.

Non c'è persona che non nasconda, dentro di sé, delle lesioni, delle ferite interiori profonde, che se non vengono portate alla luce e curate, possono "infettarsi" e provocare ulteriori lacerazioni e dolori.

La penna di Maria Rosa Bellezza ha un che di ammaliante, ipnotico, e con grazia e profondità  sa trasportare il lettore in una realtà piena di un fascino antico, in cui diverse vite - fragili, imperfette, uniche - si intrecciano seguendo traiettorie imprevedibili, come del resto imprevedibile è la vita stessa.

Consigliato a chi ha voglia di leggere una storia particolare, che narra di legami indissolubili e speciali, che uniscono anime affini tra loro, e lo fa attraverso due protagonisti che impareranno ad accettarsi, ad andare oltre i propri limiti e paure per abbracciare la ricchezza e i doni che portano dentro di sé e che li rendono unici.









mercoledì 6 ottobre 2021

In uscita oggi: "Tutte feriscono, l'ultima uccide" (Edizioni Il Vento Antico) di Laura Costantini e Loredana Falcone

 


Cari lettori, oggi vi presento un romanzo che è in uscita proprio in questo giorno.

"Tutte feriscono, l'ultima uccide" (Edizioni Il Vento Antico) di Laura Costantini e Loredana Falcone è un thriller in cui si indagherà su dei sacrifici umani ispirati al culto di Vesta e del fuoco sacro dell'antica Roma pagana.

Si tratta in realtà di una riedizione, abbastanza rimaneggiata, di "Fiume Pagano", uscito nel 2010 e poi andato fuori catalogo.  È un romanzo autoconclusivo ma primo di una trilogia.

LINK SITO EDITORE
👇
https://ilventoanticoeditore.com/tutte-feriscono-lultima-uccide/

Trama 

«Uno è un caso, due una fatalità, quattro fanno una maledizione.»

Così il maresciallo Quirino Vergassola dice al suo amico Nemo Rossini, giornalista, di fronte all’ultimo cadavere affiorato dalle acque del Tevere. Tutti senzatetto, apparentemente suicidi, ma tutti indossano una tunica bianca, sul petto portano lettere marchiate a fuoco e gli esami tossicologici evidenziano tracce di assenzio. L’unico testimone della loro morte è un altro clochard, che affida al suo talento per il disegno il compito di lanciare l’allarme: a Roma, di notte, qualcuno accompagna i condannati a un sacrificio rituale. Un’indagine complessa, quella che il maresciallo Vergassola si trova tra le mani mentre a Roma impazza il Carnevale. Ben presto si rende conto che nulla è come appare e i più sospettabili sono, forse, innocenti.

Un thriller carico di tensione, un intreccio le cui tessere si incastrano a una a una fino a formare un disegno cupo e illuminante al tempo stesso.


lunedì 4 ottobre 2021

PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA: "Sempre tornare" di Daniele Mencarelli || "La casa vicino alle nuvole" di Nickolas Butler


 Due romanzi in uscita che mi interessano: il primo è di Mencarelli, che l'anno scorso mi aveva conquistata con "Tutto chiede salvezza"; il secondo è di un altro autore che per me si sta confermando una garanzia: Nickolas Butler.


Sempre tornare di Daniele Mencarelli (Mondadori, 324 pp, USCITA 5 OTTOBRE 2021).

È l'estate del 1991, Daniele ha diciassette anni e questa è la sua prima vacanza da solo con gli amici.  
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Due settimane lontano da casa, da vivere al massimo tra spiagge, discoteche, alcol e ragazze. 
Ma c'è qualcosa con cui non ha fatto i conti: se stesso. 
È sufficiente un piccolo inconveniente nella notte di Ferragosto perché Daniele decida di abbandonare il gruppo e continuare il viaggio a piedi, da solo, dalla Riviera Romagnola in direzione Roma. 
Libero dalle distrazioni e dalle recite sociali, offrendosi senza difese alla bellezza della natura, che lo riempie di gioia e tormento al tempo stesso, forse riuscirà a comprendere la ragione dell'inquietudine che da sempre lo punge e lo sollecita. 
In compagnia di una valigia pesante come un blocco di marmo, Daniele si mette in cammino, costretto a vincere la propria timidezza per chiedere aiuto alle persone che incontra lungo il tragitto: qualcosa da mangiare, un posto in cui trascorrere la notte. 
Troverà chi è logorato dalla solitudine ma ancora capace di slanci, chi si affaccia su un abisso di follia, sconfitti dalla vita, prepotenti inguaribili. E incontrerà l'amore, negli occhi azzurri di Emma. 
Ma soprattutto Daniele incontrerà se stesso, in un fitto dialogo silenzioso in cui interpreta e interroga senza sosta ciò che gli accade, con l'urgenza di divorare il mondo che si ha a diciassette anni, di comprendere ogni cosa e, su tutto, noi stessi: misurare le nostre forze, sapere di cosa siamo fatti, cosa può entusiasmarci e cosa spegnerci per sempre. 
Questo viaggio lo battezzerà infine all'arte più grande di tutte. L'arte dell'incontro.

Un romanzo vitale, picaresco e intimo, che ha dentro il sole di un'estate in cammino lungo l'Italia, l'energia impaziente dell'adolescenza e la lingua calibratissima e potente di uno scrittore al massimo della sua forma.

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La casa vicino alle nuvole di Nickolas Butler (Marsilio Ed., trad., F. Cremonesi, 384 pp, USCITA 7 OTTOBRE 2021) è un romanzo rurale che si tinge di noir, un'immersione dolceamara in un'America ormai orfana del sogno, stretta tra il miraggio del benessere e la ferocia di un capitalismo che macina nel suo ingranaggio forti e deboli allo stesso modo; un'America miserabile a cui rimangono solo le sirene di una corsa all'oro che è in realtà una lotta per la sopravvivenza.

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Gretchen Connors sembra avere tutto: il fascino, un impiego prestigioso, un ricchissimo conto in  banca  e diverse proprietà tra una costa e l'altra degli Stati Uniti. 
Ma allora perché si è messa in testa di far costruire una lussuosa dimora tra le aspre montagne del Wyoming? E soprattutto perché pretende che sia pronta in pochi mesi? 
Quando Cole, Bart e Teddy, titolari della True Triangle Construction e amici da una vita, vengono assoldati per la gestione del cantiere, nutrono molti dubbi sulle motivazioni reali della signora, ma la somma esorbitante che gli viene offerta per consegnare l'appalto nei tempi prescritti, con la prospettiva di ricavare più soldi di quanti ne abbiano mai sognati, li convince ad accettare. 
Quella casa abbracciata alle rocce e impreziosita da una sorgente termale non è un lavoro qualsiasi: chi la realizzerà avrà l'occasione di cambiare le proprie sorti, di dire addio a un'esistenza passata a spaccarsi la schiena per risparmiare pochi spiccioli o per rimediare qualche droga capace di far dimenticare la solitudine; chi se la godrà potrà finalmente ricongiungersi alle proprie radici, sposare la magnificenza selvaggia della natura. 
Quella casa tra le nuvole non è un progetto qualsiasi: è una casa per cui vale la pena vivere, una casa per cui vale la pena morire. 

domenica 3 ottobre 2021

Recensione: SCRUBLANDS NOIR di Chris Hammer



Un prete ammazza a fucilate un gruppetto di parrocchiani; il caso è chiuso, eppure un anno dopo un giornalista curioso e tenace scopre che dietro quel gesto c'è tutta una rete di intrighi e bugie che aspetta solo che qualcuno la porti a galla.



SCRUBLANDS NOIR
di Chris Hammer

Ed. Neri Pozza
trad. V. Guani, A. Biavasco
432 pp

"La gente crede a quel che vuole credere, ma questo non significa che sia la verità."

Riversend (località fittizia) è una piccola cittadina australiana in cui le esistenze dei suoi abitanti procedono placide, al limite del sonnacchioso, quasi prive di slancio e vitalità, al pari dell'arida terra che la circonda e che soffre per la prolungata siccità.

Tutti conoscono tutti; ciascuno sa vita, morte e miracoli del proprio vicino e mai penserebbe che quest'ultimo possa nascondere degli inquietanti scheletri nell'armadio.
Eppure la tranquillità di Riversend è solo apparente: in realtà sotto di essa scorrono vite, affari e relazioni parallele e nascoste, e più d'uno in città ha i suoi bei segreti da nascondere.

Quando il giovane parroco della comunità, in procinto di officiare la messa della domenica mattina, esce dalla chiesa imbracciando il fucile e, con impressionante freddezza, uccide alcuni suoi parrocchiani riuniti sul sagrato, il tempo sembra fermarsi per tutti.

Byron Swift - l'assassino - muore anch'egli, quel giorno, ucciso dal poliziotto (Robbie) accorso sul luogo della strage dopo aver saputo della sparatoria.

Com'è potuta accadere una simile tragedia?

Solitamente, quando succedono questi fatti di sangue, ci si fa tante domande non solo sui perché ma anche sulla prevedibilità di una tale azione da parte dell'assassino: il prete aveva forse dato segnali di essere impazzito? O di avere delle ragioni per veder morte proprio quelle persone su cui ha sparato? Del resto, ne ha risparmiato altre lì presenti: c'è una ragione dietro questa scelta?

Il caso viene archiviato nel giro di poco tempo, anche perché c'è poco da indagare, secondo la polizia: Swift evidentemente è stato colto da un raptus omicida di cui mai si saprà la causa: il colpevole è lui - su questo non ci sono dubbi - e non è possibile né interrogarlo né fargli scontare la pena... Insomma, che c'è da indagare ulteriormente? Forse conoscere le motivazioni di una tale sciagura che ha tolto la vita a mariti e padri di famiglia, restituirebbe loro la vita?
Ovviamente no, per cui... caso chiuso.

Ma un anno dopo un giornalista del Sydney Morning Herald, il quarantenne Martin Scarsden, viene incaricato dal suo giornale di recarsi a Riversend e di redigere una sorta di reportage da mandare in stampa il giorno stesso dell'anniversario della strage.
L'idea è di raccontare come vanno le cose in paese a un anno di distanza dalla sciagura che ha sconvolto tutti.

Martin è bravo nel proprio lavoro, è sempre stato un giornalista serio, professionale, distaccato nell'approcciarsi ai fatti di cronaca su cui lavorava; ma a un certo punto della sua carriera, qualcosa s'è spezzato, cambiandolo come uomo e come reporter.

Tempo prima, infatti, è stato nella Striscia di Gaza come corrispondente estero del proprio giornale, e lì ha fatto esperienze crude, traumatiche, al limite della sopravvivenza, che l'hanno segnato profondamente e hanno anche modificato il suo modo di vedere le cose.
È come se soffrire in prima persona la violenza e la follia di cui l'essere umano è capace, vivere dal di dentro una tragedia e non solo come osservatore esterno, privilegiato e super partes, l'abbia reso più empatico, meno freddo e calcolatore, inducendolo ad "aggiustare" il proprio modo di fare cronaca, dando più importanza alle persone, alle loro motivazioni, al loro passato, e non più soltanto ai fatti in sé, su cui di frequente i giornalisti amano ricamare, abbinandoli a titoloni sensazionalistici che attirano l'attenzione delle masse ma restano lontani dalla realtà.

Martin non si accontenta delle risposte superficiali e scontate che ricava dalle sue conversazioni con la gente del posto, da cui si fa raccontare la personale versione dei fatti.

Conosce le mogli di alcuni uomini vittime della strage, cercando così di capire perché Byron abbia scelto proprio loro. Sempre che le abbia uccise per una o più ragioni e che il suo non sia stato un'azione folle ed irrazionale...!

Una cosa è certa: Byron era considerato da molti un bravo sacerdote, un giovanotto gentile, affabile, devoto, che cercava in tutti i modi di essere d'aiuto alla comunità e, in special modo, ai giovani, togliendoli dalla strada.

Certo, c'è anche chi ha messo in giro la voce che il prete fosse un pedofilo.
Pare, infatti, che fosse stato accusato - poco tempo prima della mattanza - di aver abusato di alcuni ragazzini frequentanti la parrocchia.
Se fosse vero, questa potrebbe essere stata la causa del pluriomicidio! Forse le cinque vittime, quella mattina, erano andate da Swift per minacciarlo, avendo saputo della presunta accusa di pedofilia?

La libraia di Riversend, la giovane e bellissima Mandy, è categorica: Byron non era un pedofilo! Tutt'altro, era un parroco dalla fede sincera, generoso e pronto ad ascoltare e aiutare chi era in difficoltà.

A Martin piace Mandy, e non solo per perché è bella e single: c'è in lei un misto di fragilità e forza che lo attrae come una calamita, pur consapevole di essere in quella zona non per amoreggiare o sedurre signorine, bensì per lavorare e scrivere un pezzo da urlo, che possa far vendere copie su copie del giornale per cui lavora.

Instancabile e cocciuto, Martin persevera con le domande (anche scomode) e comincia a comprendere i legami che uniscono tra loro alcuni degli abitanti di questa cittadina; si rende conto che le ragioni del gesto di Byron sono tutt'altro che chiare, e che egli nascondeva un passato oscuro, sconosciuto ai parrocchiani.
Ma non a tutti, evidentemente.

Il giorno della strage il giovane sacerdote non ha agito in preda alla follia: era calmo, metodico e ha sparato con l'infallibilità di un cecchino.

Chi era davvero Byron Swift?

In quei giorni, accade un altro fatto sconcertante: nella proprietà privata (collocata nelle Scrublands, un'enorme penisola di mulga, una landa desolata dove il clima è rovente) di un certo Harley Snouch vengono ritrovati i corpi di due ragazze, scomparse misteriosamente un anno prima, pochi giorni prima della tragedia fuori dalla chiesa.

Di nuovo, qualcuno vocifera che potrebbe essere stato il prete ad ucciderle e a cercare di nascondere i cadaveri. Magari era un serial killer, chissà!

Spinto dal suo istinto di reporter e da una sempre più insaziabile sete di verità, Martin decide di continuare a raccogliere quante più informazioni possibili su Swift, anche a costo di pestare i piedi a qualcuno e di farsi dei nemici.

La sua curiosità rischia di sollevare cumuli di polvere nascosta sotto i tappeti e di renderlo antipatico e molesto anche agli occhi di persone che inizialmente lo avevano preso in simpatia, come Mandy e Fran, una delle mogli rimaste vedove un anno prima.
Entrambe rimarcano tutta la loro stima verso Swift e non è un caso: il giovane religioso non si prendeva la briga di praticare il voto di castità e pare che, alla stregua di un fascinoso marinaio, avesse amanti disseminate lungo il cammino, Riversend inclusa.

Ma non è l'unico peccato che nascondeva e, proprio mentre cerca di capire qualcosa sulla personalità e l'identità di Byron, Martin si ritrova man mano sempre più avviluppato in un'indagine molto complicata, in cui approdare alla verità (o alle molte verità) sarà tutt'altro che semplice, perché troppi sono coloro che hanno tutto l'interesse a sotterrare informazioni scomode, depistare, spargere dubbi, bugie, sollevarsi da responsabilità recenti e passate, così da continuare ognuno la propria vita  inducendo all'errore quell'impiccione di un giornalista.

Quest'ultimo si accorge che più va avanti con le domande, i collegamenti, ascoltando con attenzione le confessioni di chi non riesce più a tenersi tutto dentro, e più è solo nelle sue ricerche.
Ma uno come lui, che è stato vicino alla morte, chiuso per ore nel bagagliaio di un'auto in una striscia di terra in Medioriente e poi uscitone fuori come per una specie di resurrezione, non ha più nulla da temere, perché cercando la verità non si può che andare incontro alla luce.

Scrublands noir è un romanzo denso di fatti, relazioni, menzogne, segreti, personaggi che sembrano in un modo ma in realtà bluffano; la ricerca della verità - ciò che ha portato alla strage davanti alla chiesa - è il motore che spinge il protagonista a non accontentarsi di informazioni semplicistiche, preconfezionate, volutamente parziali e fuorvianti, ma a infilarsi sempre più nel profondo del tessuto sociale di Riversend, che non è poi così anonima e tranquilla come sembrava inizialmente.
Il ritmo è sempre costante, placido anch'esso come il fiume che scorre presso la cittadina; non si registrano picchi di tensione emotiva e anche quando, avanzando nella lettura, aggiungevo un tassello in più al puzzle, non avvertivo il brivido del colpo di scena, perchè la scrittura di Hammer restava sempre molto pacata. Forse un tantino troppo.

Ecco, de dovessi ravvisare un neo, direi questo: mi è mancato un ritmo un po' più incalzante, che mi tenesse col fiato sospeso, almeno nei momenti clou.

Vero è che non siamo in presenza di un thriller mozzafiato, ma di un giallo labirintico in cui a guidarci non è la frenetica caccia all'assassino, in quanto egli è noto dalle primissime pagine ed è pure deceduto, ma la psicologia del protagonista, del colpevole e degli altri personaggi che gli gravitavano attorno.

Ho apprezzato il contesto (la piccola cittadina australiana e questo territorio secco, che non vede spesso la pioggia, e dove il sole scotta tanto non solo a mezzodì) e in particolare le personalità presenti in queste pagine, il loro saper condurre (per anni) un'esistenza sotterranea e parallela, nascosta agli occhi dei più, i quali si illudono di conoscerli ma in realtà non sanno nulla.
Veritiero il quadro che emerge dei mezzi d'informazione e di certi giornalisti sciacalli, non di rado interessati fin troppo agli scandali, ai pettegolezzi, alle voci di corridoio, che più sono morbose più permettono di vendere copie, a discapito della verità (non sempre univoca, né immediata).
Mi è piaciuto Scarsden, in quanto l'ho trovato complesso, interessante, coraggioso e testardo nonostante i mille dubbi e la paura di restare solo e senza legami importanti (l'amicizia particolare con Mandy sfocerà in qualcosa di serio e duraturo?), e mi ha fatto pensare che ci vorrebbero più giornalisti come lui, nel mondo: assetati di verità, che non si stanchino di cercarla anche nei posti più scomodi o quando sarebbe più facile accettare la versione "ufficiale".

Nel complesso, e nonostante una certa lentezza nel ritmo narrativo, è un romanzo che si lascia leggere ed apprezzare, con una trama intricata,  personaggi ben strutturati, e alla fine ogni nodo viene dipanato, fornendo tutte le risposte al lettore curioso.

venerdì 1 ottobre 2021

Libri a poco prezzo (ottobre 2021)



Buonasera, readers!!

Domenica scorsa ho fatto un paio di acquisti; uno di questi è un libro vecchiotto che segnalai già sette anni fa sul blog.

Fortuna ha voluto che mi imbattessi in esso tra i volumi sparsi di una bancarella di libri usati. 

Fatemi sapere che ne pensate, se li conoscete e/o li avete letti!


FINCHÉ VERRÀ IL MATTINO di Han Suyin (Oscar Mondadori, 738 pp, 1985)

Stephanie Ryder, giornalista americana, si trova in Cina per inseguire un sogno, più che per amore di un dongiovanni fallito (e sposato), il quale la desiderava in quella terra remota, solo per compagnia e per soddisfare i suoi appetiti sessuali.
È la storia di un amore impossibile ambientata in un periodo in cui era molto forte l'ostilità tra gli americani e i cinesi.
Il loro amore però, dopo tante prove difficili, sarà più forte di tutte le guerre e riuscirà a diventare possibile ma il finale non è così scontato come può sembrare. 
È una storia d'amore che attraversa e supera tutta la storia della cina, tutti i suoi orrori.




Per quanto riguarda l'altro acquisto, non ne avevo mai sentito parlare ma la trama mi è sembrata interessante; sono andata "a sensazione", insomma ^_^


CROCODILE ROCK di Carl Hiaasen (Meridiano Zero, trad. M. Vicentini, 382 pp) 

Jack Tragger è un reporter di successo, o meglio lo era fino al momento in cui non ha pensato bene di
dire all'arrogante editore del suo giornale la sua opinione su di lui. 
Ora vive relegato alla sezione necrologi, tenacemente deciso a non abbandonare il suo posto di lavoro, e nella speranza che il decesso di qualche persona famosa gli offra l'occasione per riscattare la propria carriera. 
L'opportunità sembra arrivare con la morte di Jimmy Stoma, leader della storica band Jimmy and the Slut Puppies. 
Jimmy, a metà strada tra un Kurt Cobain e un Jeff Buckley, è annegato durante un'immersione. 
Unici testimoni: la moglie e il tastierista della band, James Burns. 
La sparizione delle nuove registrazioni di Stoma, la frettolosa cremazione del corpo senza autopsia, le versioni contrastanti date dalla vedova - Cleo Rio, mediocre cantante in cerca di notorietà - e la relazione di questa con Loréal, gretto produttore discografico, spingono Jack a indagare.


martedì 28 settembre 2021

Dal libro... alla serie tv

 

Una delle letture più belle dello scorso anno è stata “Tutto chiede salvezza” (recensione libro) di Daniele Mencarelli; ebbene, il libro diventerà una serie tv targata Netflix, diretta da Francesco Bruni e con Federico Cesari nei panni del protagonista.


Ha vent'anni Daniele quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento sanitario obbligatorio.
È il giugno del 1994, un'estate di Mondiali. Al suo fianco, i compagni di stanza del reparto psichiatria che passeranno con lui la settimana di internamento coatto: cinque uomini ai margini del mondo. Personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi, travolti dalla vita esattamente come lui. Come lui incapaci di non soffrire, e di non amare a dismisura. Dagli occhi senza pace di Madonnina alla foto in bianco e nero della madre di Giorgio, dalla gioia feroce di Gianluca all'uccellino resuscitato di Mario. Sino al nulla spinto a forza dentro Alessandro. 
Accomunati dal ricovero e dal caldo asfissiante, interrogati da medici indifferenti, maneggiati da infermieri spaventati, Daniele e gli altri sentono nascere giorno dopo giorno un senso di fratellanza e un bisogno di sostegno reciproco mai provati.

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Il romanzo “La vita bugiarda degli adulti” (The Lying Life of Adults) di Elena Ferrante diventerà una serie tv per Netflix, prodotta da Fandango, con Edoardo De Angelis alla regia e Valeria Golino nel ruolo di zia Vittoria. Le riprese inizieranno a ottobre a Napoli.

Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.



Alessandro Borghi sarà il protagonista di "The Hanging Sun", un film diretto da Francesco Carrozzini e scritto da Stefano Bises, tratto dal romanzo "Sole di mezzanotte" di Jo Nesbø. 
Un progetto internazionale prodotto da Sky, Cattleya e Groenlandia. 
Le riprese inizieranno a settembre in Norvegia, tra Oslo e Ålesund.

“The Hanging Sun” è un thriller noir ambientato tra le atmosfere rarefatte dell’estate norvegese dove il sole non tramonta mai, la vita e la morte si intrecciano, presente e passato si sovrappongono.

John è in fuga. Trova riparo nel fitto della foresta, vicina a un villaggio isolato dell’estremo Nord, dove domina la religione, il sole non tramonta mai e le persone sembrano appartenere a un’altra epoca. Tra lui e il suo destino ci sono solo Lea, una donna in difficoltà ma dalla grande forza, e suo figlio Caleb, un bambino curioso e dal cuore puro. Mentre il sole di mezzanotte confonde realtà e immaginazione, John dovrà affrontare il tragico passato che lo tormenta.




fonti: 

https://www.rbcasting.com/
mymovies

domenica 26 settembre 2021

Recensione: FIGLIE DEL MARE di Mary Lynn Bracht



"Figlie del mare" è la storia di due sorelle legatissime l'una all'altra ma costrette a separarsi quando la maggiore viene rapita per diventare una "donna di conforto", una prostituta per i soldati dell'esercito imperiale giapponese prima e durante la Seconda guerra mondiale.


FIGLIE DEL MARE
di Mary Lynn Bracht


Longanesi Ed.
trad. K. Bagnoli
370 pp

"La compassione è gentilezza (...). Ognuna di noi merita compassione, ma in questa terra abbandonata nessuno ha la compassione di riservarci un po' di gentilezza. Perciò siamo prigioniere di questa umiliazione, torturate giorno dopo giorno. A noi non resta altro che concederci a vicenda quel poco di gentilezza che abbiamo".


Nel 1943 Hana ha sedici anni, vive con i genitori e la sorellina Emiko (di sette anni più piccola) nell'isola di Jeju (Corea) ed è una bravissima haenyeo, una figlia del mare che si tuffa tra le acque in cerca di tutto ciò che può essere venduto al mercato, così da guadagnare qualcosa e contribuire alla vita famigliare; la ragazza è orgogliosa di questo lavoro che non è solo un modo per campare, ma è molto di più: è una tradizione di famiglia (anche sua madre è un'esperta tuffatrice ed è un'attività che si tramanda di generazione in generazione) portata avanti con impegno, devozione, preghiere, e una haenyeo è tale fino a quando riesce ad immergersi, a restare in apnea e a pescare, e tante donne lo fanno anche a ottant'anni.

Hana è una ragazzina sveglia, libera, che ama la propria famiglia e ha molto rispetto per i genitori e per i loro grandi sacrifici.
E poi c'è Emiko, la sua sorellina: ha tanto desiderato una sorella e, adesso che ce l'ha accanto, è disposta a tutto pur di proteggerla.

E purtroppo, questo sacrificio arriva in un brutto giorno d'estate del '43.

La Corea è sotto il dominio giapponese, in Europa è scoppiato un conflitto che ben presto ha assunto una portata mondiale, e un destino atroce sta bussando alla porta di Hana e della sua famiglia.
Un giorno, mentre è con sua madre in acqua ed Emi è sulla spiaggia (è ancora troppo giovane per diventare una haenyeo), Hana vede in lontananza un soldato giapponese che avanza lungo la spiaggia, proprio verso il punto in cui è seduta la piccola Emiko.
Hana ha sentito dire che quei maledetti soldati giapponesi vanno in giro a rapire le ragazze coreane per portarle chissà dove...!
La ragazza comincia a correre disperatamente verso la riva, pronta a salvare la sorellina da quell'orco malvagio che si sta avvicinando a lei, e ci riesce: si pone davanti al soldato, in modo che non veda Emi (che intanto si è nascosta come può) e si lascia portar via di peso da altri due militari sopraggiunti in spiaggia.
Da quel momento, la povera ragazza viene portata via, assieme ad un gruppo di altre giovani come lei,  tra cui addirittura una bambina poco più grande di Emi; le rapite vengono trattate come oggetti senza valore e alcune di loro subiscono i primi stupri nel corso del tragitto che le condurrà in Manciuria, compresa Hana, che sarà violentata proprio dal soldato che l'ha trovata presso il suo mare a Juju. L'uomo si chiama Morimoto e dal primo momento manifesta un interesse pericolosamente morboso verso la ragazzina, che ne è ovviamente terrorizzata.

In Manciuria, lontana dalla famiglia e da tutto ciò che conosce e ama, Hana viene imprigionata in un bordello gestito dall’esercito giapponese. 

statua donne di conforto, San Francisco
Lì incontra altre donne, alcune giovani come lei, altre un po' più grandi, che sono rinchiuse da diverso tempo; le condizioni di vita sono all'insegna della miseria, della mancanza di igiene e della scarsità di cibo e, soprattutto, della violenza più bestiale.

Leggere cosa subisce Hana all'interno di quelle squallide mura è stato qualcosa di molto forte dal punto di vista emozionale, perché c'è la consapevolezza che non è frutto dell'immaginazione dell'autrice, ma è ciò che realmente accadeva a queste ragazze/donne costrette a prostituirsi.
Come fantocci senza vita, private della dignità, di ogni diritto sul proprio corpo, tolte brutalmente alle loro famiglie, queste "donne di conforto" (già soltanto l'espressione fa rabbrividire per quanto è crudele: è deplorevole già solo pensare che si possa obbligare una donna a subire violenze quotidiane per tenere alto il morale dei soldati) venivano costantemente picchiate, brutalizzate, stuprate, schernite, umiliate da decine di militar
Esatto, avete letto bene: decine. Una donna poteva essere costretta ad "accogliere" anche fino a trenta-quaranta depravati a notte.

È qualcosa di tremendo, di inimmaginabile, ancor più se pensiamo che la narrativa ufficiale giapponese ha fatto passare per anni la versione secondo cui queste donne non erano state rapite e costrette a prostituirsi, bensì avevano accettato questo ruolo volontariamente.
Ma grazie a diversi storici e alle testimonianze delle coraggiose sopravvissute, nel corso del tempo è emerso invece come siano state almeno 200mila le ragazze (principalmente coreane e cinesi) rapite e rese schiave del sesso durante gli anni della guerra.

Ad Hana e alle sue compagne viene "tolto" anche il loro nome ed assegnato uno giapponese: cosa resta a queste poverette se non arrendersi ad un triste e crudele destino, cercando di resistere e non soccombere, con la segreta speranza che... chissà!, magari alla fine della guerra tutte loro possano essere liberate da questa prigione infernale?

Hana resiste, infatti: lei è e resta, a dispetto dell'ignobile tentativo dell'impero giapponese di spersonalizzarla, di strapparle di dosso la sua dignità e il suo valore in quanto persona, una figlia del mare, per cui non può arrendersi senza lottare: la ragazza sa che dovrà fare ricorso a tutte le sue forze per riconquistare la libertà e tornare a casa, dalla sua famiglia, da Emi.

La narrazione della disumana esperienza vissuta da Hana negli Anni Quaranta si alterna a quella di sua sorella Emiko, che nel 2011 vive in Corea del Sud ed è un'abile pescatrice, una haenyeo instancabile nonostante abbia superato i settanta.

Si è sposata con un soldato coreano, con cui ha avuto due figli (un maschio ed una femmina), ma la sua vita non è stata tutta rose e viole, nè il matrimonio un nido d'amore.
Emiko ama i propri figli (ha anche un nipote), ma non ha saputo dimostrare loro il proprio amore apertamente e con spontaneità; attraverso i suoi ricordi di persona in là con l'età, ma ancora molto presente a se stessa, apprendiamo le traversie sue e della madre  dopo la fine della guerra; disgraziatamente, nonostante il sacrificio della sorella l'abbia sottratta allo sfruttamento sessuale, Emi non se l'è vista comunque bene e si è trovata costretta a sposare un giovane soldato per garantire a se stessa e alla mamma la sopravvivenza.
Col passare degli anni, la sua mente - forse per "proteggerla" - aveva quasi rimosso il pensiero di Hana, eppure nei suoi sogni la donna rivedeva questa figura femminile famigliare, ne sentiva la voce, ne avvertiva la presenza in modo forte, e il suo cuore le suggeriva che quella ragazza che le compariva in sogno era una parte importante di lei, e non poteva dimenticarla o fingere di non sapere chi fosse.

statua della pace, Seul
Ma non si può trovare la pace continuando a fuggire dal passato: bisogna affrontarlo, guardarlo in faccia
; ora che lei, i suoi figli e il suo Paese vivono ormai una vita serena, forse è arrivato il momento di pronunciare il nome di quella sorella perduta, strappatale via a causa della ferocia di una guerra che non ha pietà di nessuno, e di raccontare che se lei è lì ed è viva, lo deve a lei, ad Hana e al suo coraggioso sacrificio.
A offrirle questa importante opportunità è una delle cerimonie che le "donne di conforto" sopravvissute organizzano ogni anno per far sentire la propria voce, per innalzare il proprio sdegno e far valere il proprio diritto a non essere dimenticate, perché il mondo deve sapere cosa hanno vissuto e sopportato; a Seul, durante uno di questi incontri, Emiko osserva turbata la statua dedicata a queste donne e capisce che non può più tacere e far finta che Hana non ci sia mai stata.

"Figlie del mare" è un romanzo emozionante, che mi ha coinvolta molto e per il tema delicato e grave che viene affrontato attraverso le tristi vicissitudini di Hana, e per il contesto storico difficile e cupo (come può esserlo quello bellico), tratteggiato con cura dall'Autrice, che a fine libro ci lascia una ricca bibliografia sull'argomento e di cui si è servita lei stessa per scrivere il romanzo.
Ho letto questo libro provando un senso di grande tristezza ed impotenza davanti alle violenze subite da queste donne schiavizzate; ho sperato insieme alla protagonista che lei potesse avere la propria rivincita sulla barbarie di certi "uomini" e su Morimoto in primis; mi ha commossa la sofferenza, intrisa di sensi di colpa, di una Emiko ormai anziana e con un peso troppo grosso per il suo cuore fragile.
La penna di Mary Lynn Bracht è realistica e cruda nel racconto degli abusi fisici e psicologici, ma anche sensibile ed intensa nel presentarci due sorelle teneramente forti, che la guerra ha messo duramente alla prova, piegandole, ferendole, separandole, ma che non è riuscita a spezzare.

Caldamente consigliato.

venerdì 24 settembre 2021

Consiglio di lettura - GAZA di Massimiliano Vertuani



È l’estate del 2014 quando Israele lancia l’operazione Protective Edge in risposta al rapimento e all’uccisione di tre giovani coloni.
Inevitabilmente, la Striscia di Gaza diviene ancora una volta triste teatro di una guerra senza fine ed è in questo contesto che, tra queste pagine, le esistenze di persone molto differenti tra loro per età, nazionalità, religione e cultura, si incrociano, e ciascuno ci offre i propri occhi, i propri pensieri e speranze per guardare a questo complesso dramma umano, che dura ormai da troppi anni, da più angolazioni.
 

GAZA 
di Massimiliano Vertuani

42 pp

"La Striscia di Gaza restava esattamente ciò che era da tempo immemore. La più grande prigione a cielo aperto del mondo, in cui anche donne e bambini venivano segregati, in una nuova e perniciosa forma di apartheid."

La raccolta di Vertuani è composta da dieci racconti, tutti ambientati a Gaza.

A dare il via a questo viaggio nel quotidiano di chi vive costantemente e in prima persona la disperazione, la miseria, la paura, l'odio per il nemico, i bombardamenti, le privazioni di vario genere, è un giovane israeliano, pronto a premere il pulsante per lanciare un razzo su Gaza.
Pochi attimi prima, gli scorrono davanti immagini di un passato che l'ha segnato: non avrebbe voluto essere lì dov'è adesso, a far fuori nemici come in un videogame! Il suo sogno era quello di fare il chirurgo e, quindi, di salvare vite, non toglierle.
Ma poi il destino - o chi per lui - ha fatto sì che un evento tragico e doloroso cambiasse i suoi progetti e inoculasse nel suo cuore il desiderio di vendetta verso i vili terroristi.
Leggiamo le piccole storie di uomini e donne che si trovano coinvolte, per varie ragioni, negli scontri tra israeliani e palestinesi: attivisti pronti a rischiare anche la propria vita pur di fare la loro parte e difendere chi è oppresso, giovani soldati disposti a morire per la Patria, giornalisti che vorrebbero essere altrove e non a fare gli inviati in una terra bagnata dal sangue; ma anche madri costrette a portare avanti la famiglia in condizioni difficilissime, tali da non potersi concedere il tempo di piangere in santa pace per le sofferenze affrontate, o nonne che con dolcezza cercano di spiegare a giovanissimi nipoti quanto terribile sia la guerra, che è in grado di trasformare le persone, accecandole di odio.

Sono racconti che commuovono, fanno riflettere e contribuiscono a spingere il lettore a interessarsi all'annosa e drammatica "questione israelo-palestinese".

Tra queste pagine ho avvertito, da parte dell'Autore, sì l'empatia verso il popolo palestinese, ma altresì il concetto di come sia fin troppo semplice ridurre tutto a una decisione di "schierarsi dalla parte di", quando poi a mettere pesi sulle nostre coscienze dovrebbe essere la consapevolezza che è l'odio, da ambo le parti, a far sì che la Palestina sia sporca di sangue.

Sono storie di giovani vite forgiate nella disperazione e trasformate in modo radicale da certi tragici eventi che li hanno travolti personalmente e instillato germi di vendetta, rancore, animosità.

"...l’abisso che alberga nell’animo umano è senza fondo. Come puoi sapere come agiresti, in quelle condizioni? Riusciresti a conservare la tua umanità? Io lo spero, ma al tuo posto non ne sarei così sicuro."

Potranno mai le future generazioni affrancarsi dall’odio?

Ho condiviso il fatto che l'Autore sottolinei come quello che avviene da decenni in questa striscia di terra non sia più una guerra solo sul campo, ma un conflitto che si combatte ferocemente anche sul piano mediatico, dell’informazione e della disinformazione. Ergo, sarebbe giusto e logico aspettarsi da parte di chi fa cronaca e diffonde informazioni, farlo puntando sempre alla verità, accogliendo anche le idee considerate «estremiste» e differenti/opposte alla versione "ufficiale", dominante.

Resta ferma, però, la responsabilità di ciascuno a informarsi seriamente e senza preconcetti, per avere delle idee proprie e motivate sulla questione.

"Se vuoi farti un’opinione, su questa come su altre faccende, devi informarti, leggere e ascoltare i pareri più disparati, compresi quelli di parte. Solo così puoi costruirti un’idea tua, non imposta dagli altri."


Gaza è una raccolta che si legge in un attimo, per la scorrevolezza e la brevità, caratteristiche che non tolgono nulla all'importanza e alla complessità dell'argomento, ma che anzi possono stimolare ad approfondirlo e a interessarsi a ciò che succede,in questa piccola parte di mondo, a tanti bambini/ragazzi, a uomini e donne come noi.

"Non poté tuttavia fare a meno di domandarsi quante lacrime può versare un essere umano. Un palestinese era forse in grado di versarne più di un americano o un russo? Probabilmente sì, perché solo al suo popolo spettava il compito di portare da decenni il greve peso dell'occupazione straniera."

domenica 19 settembre 2021

IL MARE DI GAZA - il manifesto per Vittorio Arrigoni

 


IL MARE DI GAZA è una raccolta contenente dodici articoli scritti da Vittorio Arrigoni tra il 2009 e il 2010 e pubblicati su il manifesto e, oltre ad essi, il racconto del sequestro che il 15 aprile 2011 portò all'omicidio di Vittorio, con il lutto mondiale che ne scaturì.

122 pp
"Questo figlio perduto, ma così vivo come forse non lo è stato mai, che come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi." (Egidia Beretta Arrigoni)

Le parole di Vittorio, riportate in questa pubblicazione, rispecchiano tutto il suo amore per i senza voce, per i deboli, per gli oppressi, e in un certo senso ci spingono a prendere in mano il testimone da lui lasciato. 
Ci ricordano il motto (e il monito) più famoso di Vik e che deve riecheggiare nelle nostre orecchie e responsabilizzarci: Restiamo umani.

Dai suoi articoli traspare tutta l'empatia e la concreta solidarietà provate da Vittorio al cospetto della sofferenza e della disperazione del milione e mezzo di abitanti che, nella Striscia di Gaza, devono ogni giorno lottare per sopravvivere in quello che è un vero e proprio lager a cielo aperto.

Vik denuncia le ingiustizie, la miseria e la disperazione dei palestinesi - i terreni coltivabili resi inaccessibili o distrutti dall'esercito israeliano, i continui attacchi delle navi da guerra israeliane ai rudimentali vascelli palestinesi.

"Secondo un rapporto della Croce Rossa, il 90% dei 4000 pescatori di Gaza sotto la soglia di povertà, e nella loro battaglia per la sopravvivenza rischiano ogni giorno di venire uccisi navigando oltre il limite delle tre miglia imposto dalla marina israeliana."

E poi il duro lavoro che tocca alle donne (giovani, madri, mogli), che devono prendere il posto di fratelli/mariti/padri che non possono più tirare avanti la famiglia, perchè magari sono stati uccisi o resi inabili, come Madeleine Kulab, la prima pescatrice di Gaza, la sedicenne che è ha dovuto sostituire il  padre, costretto a smettere di fare il pescatore in seguito a una paralisi.

I bambini, anche loro pagano un prezzo, e non da poco: infanzie negate, private di un'istruzione decente, del diritto a cure mediche, costretti a fare lavori duri e pericolosi.

E' a Gaza, Vittorio, quando nel dicembre 2008 iniziano i bombardamenti israeliani dell'operazione «Piombo fuso», l'offensiva militare contro la Striscia che si concluderà il 18 gennaio 2009 e che registrerà un bilancio di circa 1400 palestinesi morti (per due terzi civili).

Vittorio è lì che scrive e racconta ciò che vede, si sposta in ambulanza, parla con le famiglie delle vittime, raccontando dal vivo la risposta israeliana al lancio di razzi nello stato ebraico: esecuzioni mirate che finiscono per uccidere tanti innocenti.


"Ho una videocamera con me, ma sono un pessimo cameraman,
perchè non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime.
Non ce la faccio.
Non riesco perchè sto piangendo anche io.

Ambulanze e sirene in ogni dove,
in cielo continuano a sfrecciare i caccia israeliani con il loro carico di terrore e morte."



Affamato di giustizia, libertà, Vittorio sapeva raccontare con passione la realtà che lo circondava, perché lui Gaza la conosceva e la viveva ogni giorno; faceva suoi i sentimenti di un popolo intero e sapeva comunicarli agli altri.

Vik era innamorato di Gaza e dei palestinesi e da essi era ricambiato, e si è speso per dar loro voce con la speranza di arrivare, così, a tutti quei cittadini del mondo che si dichiarano sensibili alla pace e ai diritti umani, affinché non si limitino a esprimere solidarietà da lontano, ma tramutino le parole in fatti e azioni concrete.

Vittorio a Gaza ha rischiato più di una volta la vita, fino a perderla in modo atroce per mano di un (presunto) gruppo islamico salafita, che lo ha rapito e dopo alcune ore ucciso.

Ma la sua voce, il suo esempio, la sua lotta... restano e perché siano vivi più che mai hanno bisogno di altri "testimoni" che si pongano concretamente accanto agli oppressi, condividendone tragedie, sofferenze e speranze, legittime richieste di diritti. 

“Ci sono esistenze più spendibili di altre, più dedite al sacrificio avendo testato sulla propria pelle tutta la sofferenza del mondo, e non riuscendo a scrollarsela di dosso, si impegnano per prevenirla, lenirla a chi sta più a cuore.
La mia è una di queste esistenze.
Tutto sta nel spenderle per qualcosa d’impagabile, come la lotta per la giustizia, la libertà. Sono convinto che cercare di lenire il dolore di un intero popolo oppresso da più di 60 anni, se è una buona ragione per vivere, lo è anche per morire.”


Nella seconda parte dell'ebook, vi sono le testimonianze di coloro che Vik l'hanno conosciuto da vicino, così come leggiamo le parole di dolore e sgomento di chi ne apprezzava l'impegno umanitario e civile; non mancano i commenti più freddi, distaccati e di circostanza di chi (mondo politico in primis) non aveva e non ha davvero a cuore la sorte dei palestinesi e che non è stato minimamente toccato dalla morte di Vittorio Arrigoni.
Chiudono il libro alcune informazioni sul processo.

Da leggere. Per informarsi, capire e aggiungere la propria voce a quella forte di chi si batte ogni giorno sul campo per difendere chi è oppresso.
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