venerdì 13 luglio 2018

Recensione: L'UOMO DEL LABIRINTO di Donato Carrisi



Quant'è difficile iniziare a parlare di un libro che:

a. ti è strapiaciuto;
b. ti ha spiazzata, confusa, lasciata sgomenta, col fiato sospeso e con più di un brivido addosso;
c. ha incrementato il tuo aMMMMore verso il suo autore!!

Ecco, per me lo è, per quanto sia allo stesso tempo stimolante condividere letture che mi hanno entusiasmata.

Ma ok, sto blaterando e non serve!
Il libro in questione, che ho davvero divorato, letto con curiosità morbosa e crescente, tanto da non riuscire a staccarmene durante la lettura, è l'ultimo capolavoro (parere mio, certo) di Donato Carrisi (e qui scatta il tifo da stadio: Che ce frega di Stiven Ching, noi c'abbiamo a Dddonatooo!!!):


L'UOMO DEL LABIRINTO


Ed. Longanesi
400 pp
19.50 euro
DICEMBRE 2017
In una località non specificata e in un tempo che potremmo far rientrare nel classico "ai nostri giorni", è ambientata la storia narrata in questo romanzo che ruota attorno a un caso di scomparsa, alla sua povera vittima e al suo perverso carnefice.

Fa caldo, tanto, troppo caldo, e la sera, con le sue tenebre, è preferibile al giorno.
Ed è di notte che una telefonata anonima arriva ad allertare la polizia: Samantha Andretti, scomparsa quindici anni prima, all'età di 13 anni, è stata ritrovata per caso da un uomo che, spaventato tanto da fuggire ma non così stupido e crudele da infischiarsene, aveva lasciato nel bosco la giovane donna nuda, claudicante e disperata, non sapendo chi ella fosse.
Cosa aveva spaventato l'uomo al punto da non soccorrere personalmente la ragazza ma lasciandola lì sola e senza vestiti addosso, chiaramente terrorizzata?

Ogni domanda legittima e spontanea ha la sua risposta, e anche questa ce l'ha.
Intanto, ciò che conta davvero è che la povera Sam sia in salvo, al sicuro in una stanza del St. Catherine, nel reparto ustionati.
Rapita quando era poco meno di un'adolescente e tenuta prigioniera in una sorta di labirinto sotterraneo per quindici lunghi anni, Sam è visibilmente provata, traumatizzata e ferita; ricordare il passato è doloroso e la sua mente sta cercando di proteggerla dal buio in cui è vissuta per troppo tempo, rimuovendo il trauma.
Ma dimenticare è un lusso che la ragazza, ormai una donna di 28 anni, che fatica a riconoscere i tratti del proprio viso, non può concedersi e, anzi, ricordare è necessario, le dice l'uomo che ella vede accanto a sè quando si sveglia in ospedale, e proprio lui non la lascerà in pace finchè non le avrà chiesto tutto ciò che può servire per acchiappare il mostro.

Quest'uomo, dall'aria gentile e comprensiva, dice di essere il dottor Green, un profiler da molti giudicato "fuori dal comune". 
Com'è lui stesso a specificare, Green non va a caccia di mostri nel mondo esterno, perchè  non è un poliziotto: lui cerca i mostri direttamente nella mente delle vittime e promette ad una terrorizzata Sam:

"...lo prenderemo insieme, io e te. Lui non lo sa, ma c’è un posto da cui non può scappare. Ed è lì che avverrà la caccia: non là fuori, ma nella tua mente.»".

Già, perchè è proprio dentro i ricordi di Sam che si celano gli indizi in grado di condurre alla cattura del suo carceriere: l’Uomo del Labirinto. 

Grazie alle precise e insistenti domande del dottore, Sam viene guidata nuovamente in quel luogo maledetto che è stata la sua "casa" per tantissimi anni: il labirinto, questo posto grigio e asettico, fatto di corridoi buii e stanze disadorne, in cui la ragazzina ha dovuto imparare a sopravvivere, assecondando i giochini perversi del carnefice - che lei insiste nel negare di aver mai visto in volto - per poter ottenere dei "regalini", come il cibo, gli assorbenti o altre cose necessarie.

Dai ricordi frammentari e confusi di Sam, emerge una personalità a suo modo forte, tenace, con un notevole istinto di sopravvivenza; del resto, non sopravvivi a un carceriere malvagio se non hai un minimo di forza di volontà; ma è anche vero che, se riesci a fuggire, è perchè per qualche oscura ragione, lui ti ha permesso di scappare.
Come mai?

Parallelamente al dottor Green, c'è qualcun altro che ha ripreso a inseguire il mostro: l'investigatore privato Bruno Genko.

Ad essere precisi, Bruno aveva cominciato a indagare sul caso della Andretti immediatamente dopo la notizia della sua scomparsa, spillando, in modo cinico e meschino, parecchi soldi ai genitori della vittima, e per altro non ottenendo alcun risultato; infatti, nè lui nè la polizia riuscirono a risolvere il caso e, adesso che esso torna alla ribalta grazie alla fuga di Sam dalle mani del rapitore, non possono lasciarsi sfuggire l'ultima occasione per far chiarezza e, più di tutto, per fermare il folle rapitore prima che commetta altri reati.

Bruno si getta anima e corpo in quest'indagine, che arriva in un momento della sua vita davvero particolare, e per lui è una sorta di conto, di debito morale, da saldare; la sua esistenza, infatti, è appesa ad un filo e potrebbe tirare le cuoia da un momento all'altro; gli è stata diagnosticata una malattia incurabile e il suo cuore potrebbe cessare di battere, così... dall'oggi al domani, senza alcun preavviso. Oggi ci sei e domani... pouf!, non ci sei più.

L'uomo ha sempre avuto una vita sregolata, priva di radici e di affetti stabili, sempre a infilarsi nelle vite altrui dietro compenso, a suon di bugie, inganni, false identità...; sapere di non avere più molto tempo potrebbe spingerlo a darsi finalmente una calmata, come vorrebbe per lui la sua unica vera amica - la transessuale Linda, alla quale in passato ha salvato la vita, ricavandone una dolce e fedele riconoscenza -, ma così non è perchè il ritorno di Sam dal "labirinto" è, per lui, l'ultima occasione di riscatto per rimediare a errori e meschinità.

"Non esiste azione umana che non lasci tracce. Specie se si tratta di un atto criminale. La lezione rientrava a pieno titolo nell’addestramento di ogni investigatore privato. Anzi, si poteva dire che il mestiere si basava proprio su questo semplice assunto, che faceva il paio con un’altra regola aurea. Non esiste il crimine perfetto, esiste solo l’indagine imperfetta."

Nonostante sappia di attirarsi le ire della polizia - che segue piste "ufficiali" che però rischiano di andare per le lunghe - Bruno non si tira indietro e inizia a indagare per i fatti propri, scoprendo gradualmente tanti piccoli frammenti che, man mano, sembrano incastrarsi come tessere di un puzzle che acquisisce contorni apparentemente sempre più definiti, o comunque meno confusi.

Per capire chi sia l'Uomo del Labirinto (e sperare di stanarlo), Bruno capisce di dover scavare nel passato dello stesso e conoscere il "mostro" da bambino.

Ad aiutarlo interviene un personaggio che gli estimatori di Carrisi conoscono, perchè presente negli altri libri della serie de Il Suggeritore: l'agente Simon Berish, che lavora nel Limbo, vale a dire nella sezione Scomparsi del dipartimento di polizia.

E' proprio l'acuto e riservato agente speciale a rivelargli una cosa importante, in riferimento a questi "mostri", a questi uomini perversi, malvagi, capaci di compiere le azioni più deplorevoli a danno di bambini innocenti:

"Loro non sanno di essere mostri, pensano di essere persone normali. Se cerca un mostro, non lo troverà mai. Se invece pensa a lui come a un uomo comune, come me o come lei, allora ha qualche speranza."

Nessuno nasce cattivo o mostro; neanche l'Uomo del Labirinto è nato con questa etichetta appiccicata addosso, piuttosto lo è diventato.
Qualcosa, o meglio... qualcuno, l'ha "infettato" quando era solo un bambino, l'ha trascinato nel proprio buio, nel proprio inferno, contaminandolo per sempre?
Cosa si nasconde nell'infanzia, nel passato di questo rapitore e che potrebbe aiutare Genko (e la polizia) a capirne i meccanismi di pensiero, dove si nasconde, che vita fa..., chi è?

Se c'è un aspetto che emerge dai thriller psicologici di Carrisi è che il Male molto di frequente non ha connotati orripilanti (e riconoscibili), come ne hanno, ad es., le creature mostruose e malefiche delle favole, delle storie di paura che sentiamo da bambini; no, il Male è attorno a noi e ha le sembianze di persone fin troppo normali, banali, magari dai modi cortesi, che conducono vite ordinarie, forse la mattina dopo aver commesso nefandezze, tornano a casa dalla propria bella moglie e danno un bacio sulla fronte dei propri figli...

Genko segue le tante ed inquietanti tracce che lo conducono a dare un (possibile) nome all'Uomo del Labirinto e questo provoca qualche scia di sangue dietro di sè, ma forse questo è il prezzo inevitabile da pagare per giungere alla verità...?
Genko - e insieme a lui, il lettore - è consapevole di dover attraversare le tenebre del male insito nell'essere umano, e toccare con mano la verità secondo cui...

"...la natura umana era capace di genio e bellezza, ma anche di generare abissi oscuri e nauseabondi".

Le storie che si nascondono dietro a quella dolorosa e ingiusta di Samantha, sono altrettanto brutte e tristi (anche se non giustificano il carnefice, ovvio): storie di abusi, sevizie fisiche e psicologiche ad opera di uomini depravati verso anime innocenti che, in seguito a certe terribili esperienze, sono stati "infettati dal buio", lasciandosene travolgere fino a diventare un tutt'uno con esso.

Tra le tante domande che guidano il lettore nel corso della lettura forse le due principali sono queste: Samantha riuscirà a ricordare, della sua inumana esperienza nel Labirinto, tanto quanto basta per riconoscere e arrestare il suo rapitore?
Genko porterà a termine la propria "missione" di arrivare in fondo al buio più nero e scoprire il vero volto dell'Uomo del Labirinto?

L'Autore, come sempre fa nei suoi romanzi, ci dà delle risposte... per poi, con dei "giochini", lasciarci perplessi, smarriti... e con più di una domanda, arrivati all'ultima pagina.
Eh sì, perchè più sembra che i nodi si districhino e più ci rendiamo conto - anche grazie a qualche sottile indizio disseminato qua e là... - che ciò che sembrava chiaro e inequivocabile, in realtà non lo è affatto!
Lo so che probabilmente queste mie parole vi confondono, ma credetemi: Carrisi sa come sorprendere i suoi lettori e anche qui lo fa e benissimo, creando colpi di scena che ti portano a chiederti: Ma... quindi non è come ho creduto finora?

A rendere avvincenti le trame fitte di suspense e colpi di scena ideate da Carrisi sono diversi aspetti. 

Tanto per dirne uno, il modo, complesso e arzigogolato, in cui si sviluppano le vicende, e che è in grado di far sorgere milioni di dubbi e interrogativi nel lettore; immagino che questo modo di narrare possa non piacere a tutti, nel senso che tanti magari preferiscono storie che regalano finali limpidi ed evidenti, e non criptici e soggetti a più interpretazioni; beh, a me invece questa cosa piace, la trovo affascinante e mi fa apprezzare la genialità di questo scrittore, che sa far prendere vie tortuose ai suoi personaggi, e di conseguenza ai lettori. 

Ma non è soltanto questo; a coinvolgermi è tutta la gamma di sensazioni che la narrazione sa suscitare in me: ho letto ogni capitolo con l'ansia di leggere il successivo per la smania di sapere sempre di più sull'Uomo del Labirinto, sperando che la giustizia riuscisse ad acchiapparlo.
Ho seguito passo passo Genko e la sua personale indagine, scendendo insieme a lui in cantine poco illuminante, trovandomi faccia a faccia con personaggi sospetti, vedendo filmini orrendi e provando sdegno nell'avvicinarmi alla faccia più ignobile che può mostrare l'essere umano, e come questa spesso si vesta di finta e apparente innocenza.

Cosa c'è di sinistro in un coniglio con gli occhi a cuore?
Nulla, vero?
Beh, dopo questo romanzo ogni volta che vedrò un pupazzo a forma di coniglio, è probabile che un piccolo brivido mi attraverserà la schiena, tanto per rinfrescare le infantili paure per i pagliacci e i tombini instillatemi dal caro maestro King col suo Pennywise.

Questa lettura mi ha tenuta sulle spine, mi ha fatto trattenere il fiato, mi ha fatto scervellare alla ricerca di risposte e collegamenti, mi ha sorpresa quando credevo fosse ormai tutto chiaro, mi ha rattristata al pensiero di quanti soprusi si possano compiere verso dei bambini, mi ha indignata nei confronti di chi li compie e quasi quasi si sente pure libero da colpe..., in una parola: mi ha totalmente avvinta, trasportandomi e nel labirinto insieme a Sam e nei labirinti oscuri e non sempre spiegabili della mente umana.

Forse, se avete avuto la pazienza di arrivare a questo punto della recensione, avrete capito che ancora una volta Carrisi mi ha stupita, e io non posso non amarlo e non continuare a leggere i suoi thriller, sperando di continuare a farmi sorprendere dai suoi intrecci spiazzanti, adrenalinici, dove la verità e l'inganno non si distinguono con facilità, e dove il male, il buio... sono accanto a noi e non hanno la brutta faccia di Freddy Krueger, ma quella buffa e tenera di un coniglietto con gli occhi a forma di cuore.


10 commenti:

  1. Ciao Angela, anche se amo i thriller non ho mai letto nulla di Carrisi, vedrò di recuperare perchè dalla tua recensione mi pare che scriva delle storie che potrebbero piacermi :-)

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  2. Ciao Angela!! Mi sembra di capire che questo romanzo ti è piaciuto veramente tanto! Non sono un'appassionata di thriller ma questo sembra bello :-)

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    1. Sicuramente i thriller mi piacciono, ma è proprio carrisi ad essere bravo ;-)

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  3. Bellissima recensione Angela.ho provato le tue stesse sensazioni e,dopo una settimana dalla fine del libro,sono ancora....nel labirinto

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  4. Carrisi sa come conquistare la mente e il cuore dei suoi lettori. Ogni suo romanzo è uno scrigno del male, apparentemente "uno" in realtà "molteplici" forzieri da scoprire per arrivare alla conclusione mai banale. Strepitosa recensione :)

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    1. Dici bene. Non c'è fine alle tenebre in cui ci immerge l'autore, e di sicuro sa come spiazzare il lettore ;-)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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