mercoledì 10 settembre 2025

LA RADICE DEL MALE di Adam Rapp [ RECENSIONE ]


I Larkin sono, a un occhio esterno, una famiglia come tante: gente perbene, rispettabile, di religione cattolica, al cui interno i figli vengono educati con rigore e disciplina.
Ma anche in un contesto così apparentemente rassicurante, e in mezzo a brave persone, può annidarsi il male più nero e abietto.



LA RADICE DEL MALE
di Adam Rapp


NN Editore
trad. M. Martino
544 pp
Tutto ha inizio in un giorno d'estate del 1951 ad Elmira, New York.
La tredicenne Myra Larkin, figlia maggiore di una numerosa famiglia cattolica, sta leggendo con trasporto il suo libro preferito, Il giovane Holden, quando viene avvicinata da un giovanotto sfacciato ma gentile che si dimostra interessato a lei e la riempie di complimenti.

Trasgredendo a una regola materna (Myra deve essere a casa entro una certa ora per aiutare sua madre Ava con il fratellino più piccolo, avendo lei da fare con altri quattro pargoli), la ragazzina - presa da un vortice di emozioni nuove per lei, in un misto di timore, imbarazzo, desiderio di indipendenza, il piacere di essere corteggiata e di attirare sguardi maschili - dà confidenza allo sconosciuto, il quale si presenta col nome di Mickey Mantle, giovane promessa degli Yankees. 

Quel loro incontro sarà il primo e l'ultimo, anche perché quella stessa notte, i vicini di casa di Myra vengono brutalmente assassinati, e i sospetti ricadono su uno sconosciuto dall'abbigliamento e dall'aspetto molto simile al suo nuovo amico. 

L'autore non chiarirà mai in modo esplicito la responsabilità del ragazzo che dice di chiamarsi Mantle ma quel che è certo è che quella tragica notte costituirà una sorta di prologo drammatico a tutta una serie di eventi violenti e cupi che accompagneranno negli anni i membri della famiglia Larkin.

Il romanzo si presenta come una saga famigliare che copre più generazioni e un periodo di tempo abbastanza lungo (dagli anni Cinquanta ai Duemila); nel corso di questo periodo il lettore "viaggia" da New York a Chicago, dal Kentucky al Mississippi, dal Massachussets al Vermont, da Londra a Los Angeles, accompagnato da una narrazione che, di capitolo in capitolo, si sofferma su un singolo Larkin.

Myra è, come abbiamo detto, la primogenita di Donald ed Ava Larkin; ha tre sorelle - Joan, affetta da ritardo mentale, Lexy e Fiona - e due fratelli minori, Alec ed Archie (quest'ultimo muore quando è ancora molto piccolo).

Benché cresciuti nella stessa casa ed educati dai medesimi genitori - che cercano di dare ai figli dei sani principi di vita - i fratelli sono tutti molto diversi l'un dall'altro e avranno percorsi di vita diametralmente opposti.

Myra è la più equilibrata, saggia e responsabile della famiglia; diventa infermiera pediatrica e ama la sua professione; quando conosce un giovanotto educato e riservato, Denny Happ, se ne innamora, i due si sposano e diventano genitori di Ronan.
Ma l'idillio ha vita breve: quando il bimbo ha solo sei anni, Denny esce di casa, in un giorno di tempesta, e non vi fa più ritorno.
Myra è distrutta, smarrita, perplessa: forse gli è accaduto qualcosa? Ma in tal caso qualcuno, prima o poi, non l'avrebbe contattata per comunicarle notizie di Denny?
La donna si convince che suo marito abbia abbandonato moglie e figlio e questo pensiero è una spina atroce per lei, che la farà soffrire anche negli anni a venire; non dimenticherà mai Denny e non riuscirà mai neppure ad odiarlo, anzi lo cercherà... e lo troverà, scoprendo l'amara verità: egli è vivo ma qualcosa dentro di lui si è "interrotto", si è spezzato, privandolo della voglia di vivere e allontanandolo irreversibilmente dai suoi cari...
Myra trascorre la sua vita facendo moltissimi sacrifici per tirar su Ronan, per farne un ragazzo assennato, con dei valori, che si ponga degli obiettivi nella vita e che provi a raggiungerli.

E Ronan - che sarà anch'egli protagonista di diversi capitoli, andando avanti con la narrazione e con gli anni - si costruirà pian piano il suo futuro e la sua famiglia, nonostante purtroppo lo stesso cupo spettro che ha tormentato il padre farà capolino anche nella sua vita...

Lexy è la Larkin che avrà una sorte più serena e forse per questo è la meno presente nella narrazione; Fiona è la ribelle della famiglia, la Larkin bella ma inquieta, che fa della propria sfrenata indipendenza il lasciapassare per un modo di vivere disordinato, in cui la vedremo affannarsi e amareggiarsi nel cercare di diventare una stella di Broadway.

Ma al centro di tutto, se vogliamo, c'è Alec, il fratello rinnegato e mandato via di casa quand'è solo un ragazzo.

Alec mostra sin dall'infanzia una personalità problematica, una tendenza alla perfidia e al sadismo che avrebbe dovuto accendere delle spie d'allarme nei genitori.
Ma sembra che l'unica ad esaminare e pesare i comportamenti di Alec sia Myra, che infatti è colei che cercherà di tenere sempre un minimo di legame con lui, informandosi su cosa faccia e dove sia.

Alec cresce frequentando la chiesa cattolica vicino a casa, servendo come chierichetto e avendo a che fare con diversi preti...

Ecco, potrei aggiungere qualcosa ma evito per non dire troppo; mi limito a scrivere solo che certe traumatiche esperienze inevitabilmente segnano, creano dei vuoti e delle ferite che, nel caso di Alec, egli ricuce... a modo suo, e non è il modo giusto.

Alec, cacciato di casa, comincia a condurre un'esistenza errabonda, cambiando lavori e città, conoscendo gente poco raccomandabile, divenendo spettatore di episodi violenti e criminali, e tutto ciò che vivrà contribuirà a forgiare la sua personalità che già è complessa e preoccupante di suo...

Solitario, sempre più alienato socialmente, da un certo momento in poi inizia a inviare alla madre doni disgustosi e cartoline incomprensibili ma che racchiudono presagi inquietanti e danno adito a pensieri a dir poco allarmanti.

In cosa si trasforma Alec Larkin con il passare del tempo?

L'autore non ci risparmia il racconto del male oscuro che perseguita e che agguanta ferocemente il cuore e la mente di Alec, infettandolo e guidandone le terribili e deprecabili azioni.

Si creano, tra i membri della famiglia Larkin, numerose e profondo crepe in cui il tempo e la vita, impietosi e crudeli, deporranno non poche rogne e complicazioni di diversa entità e gravità: abusi, malattie gravi, disturbi mentali, solitudine, infelicità, fallimenti, e soprattutto crimini molto, molto gravi.



La radice del male è un romanzo dalle tinte molto fosche, amare, in cui la malvagità e la violenza serpeggiano tra le pagine, infilandosi nell'esistenza di un uomo, Alec, che prima di diventare il pessimo individuo che è da adulto, è stato un ragazzo, dei cui atteggiamenti eccessivamente ribelli, del cui sadismo gratuito, della cui indifferenza emotiva, nessuno si è accorto, fatta eccezione, forse, per Myra, che a modo suo, è l'unica che interverrà per cercare di "salvarlo".

Probabilmente, Myra è la sola che scorge i semi del male nel fratello perché lei ha avuto tempo e modo (per via del suo lavoro) di scrutare negli occhi di uomini depravati, stupratori, serial killer, pedofili..., e di rendersi conto del

"...vuoto nei loro occhi, qualcosa di perduto al centro della pupilla, un’assenza spietata. Lo stesso sguardo dei coyote. Degli squali e delle iene. E dei serpenti velenosi."


Alec ha lo stesso sguardo vacuo, distante, privo di emozioni, di umana pietà, di amore?
È possibile salvarlo, recuperare la sua anima votatasi alla perversione, alla malvagità?

Quanto conta l'essere nati e cresciuti in un contesto famigliare che di per sé, almeno in apparenza, non presenta evidenti o grosse disfunzionalità, se poi comunque in esso possono innestarsi le radici del male?

L'autore, come dicevo più su, tocca tematiche importanti, come i reati sessuali, i disturbi psichiatrici (e la loro componente ereditaria), i legami famigliari, l'educazione religiosa rigida e fredda e i suoi effetti non sempre positivi, e lo fa con uno stile molto asciutto, lucido, consapevole che, lungi dal solleticare quel lato morboso (presente forse, e in diversa misura, in ogni persona) interessato agli aspetti macabri dei reati violenti, racconta e mostra, più che altro, come l'orrore possa insinuarsi non così lontano dalla quotidianità di una famiglia "normale", che si crede al sicuro dietro la propria rispettabile facciata di perbenismo e devozione, e come esso - se non viene individuato e "contenuto" - possa allargarsi come una macchia d'olio, con conseguenze anche devastanti.

Se dovessi trovare un difetto in quest'opera, esso risiederebbe nel ritmo, che in alcuni capitoli rallenta un po', ma nel complesso l'ho letto con interesse e lo ritengo un buon libro, che mi sento di consigliare a chi ama leggere storie di famiglie americane con i loro segreti, peccati e angoli oscuri e inquietanti.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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