sabato 12 ottobre 2019

Recensione: LA REGINA DELLE GREGGI di Thomas Savage



Storia di una famiglia americana che ruota attorno a un personaggio femminile tutto d'un pezzo, dalla personalità granitica: la "regina delle greggi", Emma Russell Sweringen, mamma di un figliolo amatissimo morto precocemente, di una figlia che l'ha delusa, nonna di un nipote che l'adorava.
Cosa ha a che fare con loro una donna sola, abbandonata alla nascita, che ha trascorso quasi metà della sua vita cercando il modo di ritornare nella famiglia d'origine?


LA REGINA DELLE GREGGI
di Thomas Savage


Ed Neri Pozza
trad. S. Beretta
265 pp
17 euro
Thomas Burton è uno scrittore la cui vita trascorre serena nel Maine, dove vive insieme alla moglie, con cui ha avuto tre figli; l'uomo un giorno riceve una lettera che lo sconvolge.
A contattarlo è una perfetta sconosciuta, tale Amy Nofzinger, che dichiara - nientemeno! - di essere figlia di Ben Burton ed Elizabeth Sweringen e, di conseguenza, sua sorella.

Tom è stupito e contrariato: come si permette questa tizia a dichiarare con tanta sicumera di essere figlia di sua mamma Elizabeth, santa e infelice donna dai sani princìpi, che mai avrebbe potuto partorire una figlia per poi abbandonarla?
Eppure questa Amy, che si è rivolta anche ad un avvocato e pare abbia fatto le ricerche necessarie, sostiene di avere questo legame con i Burton.

I genitori di Tom si separarono quando lui era ancora un bambino e, chissà, probabilmente proprio perché il padre aveva un'altra; ecco, Thomas è disposto ad ammettere che forse Amy è figlia di suo padre, frutto di una scappatella extraconiugale.
Ma non riesce ad immaginare che mamma Beth avesse nel proprio cuore un segreto del genere e che esso non sia mai emerso!

Conosciamo, quindi, la storia di Amy, la sua vita presso la famiglia adottiva - i McKinney, che l'hanno amata come se fosse loro figlia naturale -, il matrimonio naufragato presto, e soprattutto quell'inquietudine che l'ha sempre, sin da piccola, divorata dentro, e che parte da una domanda semplice ma fondamentale: chi sono?

Amy non smette di chiedersi, neppure quando ormai è una donna adulta: "da dove vengo? Chi sono davvero i miei genitori?" Chi è questa Elizabeth Owen, la donna che la partorì per poi abbandonarla? E soprattutto, perché non la tenne con sè?
La consapevolezza di essere stata rifiutata, non accettata da chi l'ha messa al mondo, non amata..., la riempie di smarrimento, tristezza, la fa sentire piccola e sola, e il non sapere nulla della propria storia rende la sua esistenza "incompleta", priva di radici.

Fino al giorno in cui questa forte insofferenza verso i propri natali, questo chiodo fisso che l'ha sempre fatta sentire diversa e inferiore rispetto agli altri, non si tramuta in un'azione concreta per cercare informazioni sulla propria famiglia d'origine.

Da Amy ritorniamo nuovamente ai Burton e i riflettori si accendono sulla protagonista incontrastata di questo romanzo americano, Emma Russell, moglie di Thomas Sweringen, che alla fine del XIX secolo lascia la casa paterna nell’Illinois per andare a insegnare nell’Idaho.
Emma ha un carattere volitivo, energico, è una vera donna d'affari; sa ciò che vuole, si pone degli obiettivi e fa di tutto per raggiungerli, sfidando pregiudizi, convenzioni sociali, superando dubbi e difficoltà, ed è così che, proprio grazie al fiuto per gli affari e alla propria determinazione, in capo a pochi anni la donna diviene proprietaria di un gregge di diecimila capi, tanto da meritarsi l'appellativo di "The sheep Queen", la Regina delle Greggi dell’Idaho.
Una regina che ha una sfilza di figli, tra cui il prediletto Tom-Dick - per il quale stravede e al quale perdona tutto - ed Elizabeth, la maggiore, una ragazza incantevole - la cocca di papà - che si innamora di un giovanotto intraprendente che riesce a conquistare il suo cuore al primo sguardo.

La Beth, figlia della Regina delle Greggi, è davvero la mamma della povera Amy, eterna orfanella alla ricerca della propria vera famiglia che non ha mai conosciuto?
Thomas è convinto di no, ed infatti cercherà in tutti i modi di raccapezzarsi all'interno della propria storia famigliare per convincersi di come la propria mamma non sarebbe mai stata capace di dar via la propria bambina.
O forse è lui a non conoscere tutto della genitrice, il cui viso tanto spesso sembrava adombrarsi e perdersi nel vuoto, come a riafferrare qualcosa di perduto per sempre?

"La regina delle greggi" è un romanzo che pone al centro la famiglia, le relazioni e le dinamiche che si creano al suo interno, i piccoli e inconfessabili segreti, le disgrazie e i successi, i matrimoni finiti male e le seconde opportunità che la vita dona.
Accanto e collegato ad essa, c'è il tema della ricerca della propria identità, il bisogno impellente di dare un nome ed un cognome a coloro che c'hanno generati, come se questo fosse un elemento imprescindibile per sapere chi siamo, perché senza radici non ci sentiamo parte di nulla.

Fortunatamente non è un romanzo lungo, e dico questo perché la lettura non è stata scorrevolissima; ho trovato la narrazione troppo ricca di dettagli dispersivi; mentre si narra un fatto o un episodio che coinvolge un personaggio, ecco che l'Autore divaga parlando di altro (e questo "altro" non era neppure qualcosa di intrigante, per quanto mi riguarda...), col risultato di farmi sentire un po' annoiata e distratta.
Tutti si perdono in chiacchiere, dalla voce narrante costituita da Tom Burton alle sue zie pettegole, e gli scambi epistolari tra essi sono i momenti meno coinvolgenti. Per non parlare del fatto che ho trovato poco convincente la motivazione che spinge, in questa storia, una mamma a dare in adozione la propria figlia.

Non è brutto, ci mancherebbe, e chissà a quanti è piaciuto e piacerà: io, purtroppo, non mi sono sentita coinvolta nonostante l'innegabile talento narrativo dello scrittore, che sa come dipingere e riprodurre con le parole il contesto e gli anni che fanno da sfondo ai fatti raccontati; il punto sta proprio nei fatti - troppe divagazioni - e nei personaggi, coi quali io non sono riuscita a sentire molto feeling... Non li ho né amati né detestati, il che - per me - è "grave".
È stata una lettura che non mi ha dato grandi emozioni; non ho trovato particolarmente appassionante le vicende personali e famigliari di questa "regina delle pecore", ma se c'è una cosa che mi sento di "salvare" è il finale: le parole che mettono fine a questa piccola epopea americana mi hanno suscitato una piacevole sensazione di tenerezza.

A me non ha fatto impazzire, però non mi sento di sconsigliarlo; anzi, se doveste leggerlo e dovesse piacervi (o se lo avete letto e vi è piaciuto), mi farebbe piacere conoscere la vostra opinione.


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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