mercoledì 15 aprile 2020

Recensione: BULL MOUNTAIN di Brian Panowich



Le pagine di questo bellissimo romanzo trasudano di amore per la propria terra, ma non sempre questo amore è benefico: quando esso si tramuta in un senso di appartenenza primitivo, belluino e prepotente, rischia di divenire "malato" e quella stessa terra, invece di essere sinonimo di vita e legami famigliari, si sporca di sangue e di morte, divenendo velenoso.


BULL MOUNTAIN
di Brian Panowich


NN Editore
trad. Nescio Nomen
304 pp
18 €
"Questo libro è per chi ama camminare in montagna per poter guardare le nuvole dall’alto, per chi decide ogni giorno di smettere di fumare e di bere, per chi indossa camicie di flanella rosse e blu, e per chi ha capito che appartenere a una terra, a una famiglia o a una persona non vuole dire possederla ma amarla con tutto il cuore."


I protagonisti di questo romanzo sono i Burroughs, una famiglia di cui seguiamo le vicende narrate nell'arco di tre generazioni, a partire dal capostipite Cooper (e suo fratello Rye), proseguendo con il figlio Gareth e con la prole di quest'ultimo, Clayton e Halford.

I Burroughs dominano a Bull Mountain, ne sono praticamente i padroni; tra quelle aspre montagne tutti li rispettano, o meglio li temono: essi sono noti per il caratteraccio ruvido, burbero, il temperamento violento, l'arroganza e la freddezza spietata nello sbrigare ogni faccenda e risolvere a modo loro problemi e grane.
Supportati da schiere di fedeli seguaci armati fino ai denti, i Burroughs sono invincibili e detengono da generazioni il pieno controllo della zona, trafficando in whiskey di mais, marijuana e metanfetamina.

Benché ogni capitolo si concentri di volta in volta su un personaggio (collocato in un preciso anno) e sul suo ruolo nelle dinamiche della storia, possiamo dire che uno dei protagonisti è sicuramente Clayton Burroughs. 

Terzo figlio di Gareth, Clayton è considerato dai suoi un traditore della famiglia perché ha deciso di lasciarsi alle spalle le proprie discutibili origini sposando la bella Kate e diventando lo sceriffo della città a valle. 
Una vita tranquilla e rispettosa della legge: questo vuole per sé e per Kate, il buon Clayton; per suggellare le buone intenzioni, sta cercando anche di tenere lontano l'alcool, per non rischiare di diventare un ubriacone violento, come è stato suo padre.
Un padre che non ha mai dimostrato grande stima per il suo ultimogenito, preferendogli i più coriacei, rudi e più simili a lui, Halford e Buckley (quest'ultimo ha fatto una brutta fine, ammazzato dalla polizia per i suoi loschi crimini).

L'esistenza pacifica - e lontana dal fratello - dello sceriffo viene interrotta quando l’agente federale Simon Holly minaccia di distruggere l’impero dei Burroughs e chiede a Clayton di intervenire, provando a proporre ad Halford una sorta di offerta vantaggiosa: se fa i nomi dei criminali con cui traffica e che gli forniscono armi illegali, lui verrà  lasciato in pace, a patto però che rinunci anche al commercio di speed.

Clayton non è un ingenuo: sa benissimo che il bifolco fratello non rinuncerebbe agli affari (non certo per il danaro, che comunque ha a palate) né tradirebbe gli uomini con cui traffica; anche i delinquenti hanno un "contorto senso dell'onore" da rispettare!

Lo sceriffo fiuta i guai che gli causerebbe il mettersi in mezzo a questa indagine federale, ed è proprio ciò che gli sta chiedendo di fare l'agente Holly: incontrare il fratello maggiore - che lo odia - e convincerlo a scendere a patti con la giustizia.

Eppure, nonostante i dubbi suoi e gli avvertimenti della saggia e amorevole consorte, lo sceriffo Burroughs cede e decide di provare a far ragionare il fratellone, che lo accoglie - insieme ai propri scagnozzi - con i fucili puntati.

Tornando in quella che è stata la sua casa, Clayton è costretto ad affrontare i ricordi, le paure, il disprezzo della famiglia e la volontà di redimere un passato di tradimenti, sangue e violenza. 

Le vicende narrate racchiudono un periodo che va dal 1949 al 2015, con incursioni negli anni '70 e '80, necessarie per comprendere le dinamiche del presente.
Come dicevo più su, i capitoli si susseguono dal punto di vista dei personaggi principali e veniamo trasportati dal presente al passato e viceversa.

Siamo in Georgia, e se c'è una cosa che conta tra queste montagne e questi boschi è l'attaccamento alla terra, alla propria casa, alla famiglia.


«Quassù esiste una sottile simbiosi tra la terra e chi la considera la propria casa (...) È qualcosa di viscerale. Qualcosa che gli abitanti del posto non si sono guadagnati né hanno dovuto lottare per ottenere. È un diritto di nascita e sono pronti a combattere fino alla morte se qualcuno minaccia di sottrarglielo. È parte integrante di ciò che sono, di ciò che siamo».
«È casa. Casa nostra. Si stende a perdifiato e appartiene a noi, a te. Non esiste nulla di più importante. Bisogna essere disposti a fare di tutto perché resti così. Persino qualcosa di molto sgradevole».

Lo sfondo naturalistico non è secondario, anzi, è una cornice importante; tra queste pagine anche il lettore si sente parte dello stesso cielo, gli sembra di respirare il forte odore della terra fredda e umida di rugiada, dell'erba bagnata, il profumo della resina degli alberi, quello della mattina presto su in montagna (che solo chi vi è nato e cresciuto sa identificare), quello cattivo degli escrementi degli animali; gli sembra di sentire il coro caotico di rane e grilli o quello più melodioso degli uccelli.
Questa asperità tipica della natura inviolata si riflette nella gente che vive in queste terre: semplice, rusticarozza; i selvaggi e i maneschi non mancano, spacciano droga e perpetrano violenze senza troppi problemi e sensi di colpa; alzare il gomito, e ingollare whiskey come se fosse succo di frutta, è di prassi.

Gli uomini della montagna hanno il volto indurito, segnato dal peso delle fatiche di un'esistenza spesa a contatto con la terra ma anche da quello altrettanto (se non di più) ingombrante delle attività criminali portate avanti che, se da una parte danno soldi, fama e rispetto, dall'altra portano anche pensieri, preoccupazioni, l'ossessione di essere fregati e traditi, anche da chi è parte della stessa famiglia.

Famiglia: una parola che compare non di rado in questa storia, ma non facciamoci abbagliare dal suono rassicurante che solitamente l'accompagna: a Bull Mountain, tra i Burroughs, per essere membro della famiglia non è indispensabile il legame di sangue, quanto piuttosto la fedeltà assoluta e muta a chi comanda in casa.

Qui chi comanda pretende sottomissione assoluta; guai a pestargli i piedi: tutti sanno che "i re di Bull Mountain" sono senza dubbio persone intelligenti e scaltre ma altresì privi di buone maniere e sensibilità, aggressivi, prepotenti, criminali incalliti, assassini; non hanno alcun rispetto per il prossimo e l'unica cosa che conta per loro è che gli altri tremino in loro presenza, li temano e non intralcino in alcun modo i loro affari.

Come trattano le donne questi uomini veementi e tracotanti?
Come oggetti privi di valore, e lo vediamo nel rapporto tra Gareth e sua moglie Annette e nelle vicende tristi e drammatiche che vedono protagonista una giovane prostituta sfregiata da un Gareth nervoso, manesco e ubriaco(inizialmente la storia di questa ragazza può sembrare una parentesi che poco c'entra coi Burroughs, ma nel corso della lettura si fa chiaro il legame che la unisce a loro).

L'unico Burroughs a distinguersi è Clayton, che ama e rispetta sua moglie Kate, anzi, deve molto a lei la scelta di diventare sceriffo e di non seguire la cattiva strada segnata dalla sua famiglia di fuorilegge.

Il personaggio del federale Simon Holly si presenta come ambiguo e sfuggente per poi diventare man mano più chiaro e predominante.

Bull Mountain mi è capitato per caso su Kindle Unlimited ed è stata una lettura sorprendente e ad alto coinvolgimento: una volta iniziato non sono riuscita a fermarmi; ci sono elementi crime, noir, c'è tutta la tensione emotiva tipica degli intrecci delle saghe famigliari; la storia della famiglia Burroughs, raccontata a turno da tutti i personaggi, tiene incollato il lettore per il suo ritmo incalzante, i dialoghi serrati, per lo sviluppo narrativo avvincente, per le dinamiche innescate da tutti i personaggi che intervengono (anche i secondari) e infine per l’imprevedibile epilogo

Panowich dimostra tutta la sua grande abilità narrativa attraverso il racconto di una storia di terra e sangue, di amore e odio, di vendette, soprusi, criminalità, dissapori famigliari, e in una cornice aspra e ricca di fascino inserisce personaggi forti, ben definiti, che inevitabilmente generano simpatie o antipatie nel lettore.
In questo primo capitolo della saga famigliare alla fine ciò che conta e resta non è l'egoistico possesso di un luogo fisico, quanto l'amore nutrito per esso e che spinge a fare scelte dolorose ma oneste verso se stessi, come distruggere le proprie radici quando si fanno velenose perché quello è l'unico modo per onorarle e proteggerle davvero.

La saga di Bull Mountain prosegue con il secondo episodio, Come i leoni.

Vi lascio con questo brano citato nel romanzo e non posso che consigliarvelo!


4 commenti:

  1. Mi ispira un mondo, come tutti i bellissimi romanzi NN!

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    1. Una casa editrice che regala sempre grandi sorprese :)

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  2. Grazie per continuare a fare i post e nonostante il momento a recensire opere letterarie per tutti noi.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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