lunedì 8 maggio 2023

[[ RECENSIONE ]] SOLO DIO È INNOCENTE di Michele Navarra



Un onesto e integro avvocato romano vola in Sardegna per prendere le difese di un criminale che, oltre a non aver mai pagato per i propri misfatti, è accusato di aver ucciso a sangue freddo un adolescente, appartenente a una famiglia da sempre in rivalità con la propria. 
L'intricato caso darà modo, al penalista Gordiani, di riflettere sul rapporto tra legge e giustizia, su quanto come e se, applicando la prima, si possa arrivare al trionfo della seconda, e su come in certe losche vicende sia davvero difficile distinguere chi è davvero innocente da chi è colpevole senza ombra di dubbio.



SOLO DIO È INNOCENTE
(L'avvocato penalista Alessandro Gordiani, vol. 1)
di Michele Navarra



Fazi ed.
240 pp
Davide Rutzu ha soltanto diciannove anni e dentro il suo petto brucia il sacro fuoco della gioventù, convinta di essere invincibile, forte, desiderosa di ostentare sicumera e spavalderia anche quando converrebbe tener chiusa la bocca e, perché no?, abbassare il capo.

Davide sa distinguere tra gli amici e i nemici e, tra questi, sa quanto siano odiati, in particolare, i Serra, una famiglia di criminali che ha ammazzato, tempo addietro, lo zio paterno Efisio; anche se nessuno ha mai pagato per quel delitto, i Rutzu sanno che sicuramente è stato Mario Serra, che se ne va in giro per Fonni (Sardegna, tra le alture della Barbagia) con la sua aria strafottente, consapevole di averla fatta franca e di aver rimandato, ancora una volta, l'ora di finire in carcere a pagare per le malefatte commesse.

Ma certe colpe non possono essere lavate che col sangue e la vendetta dei Rutzu non si era fatta attendere: Gianni, fratello di Mario, è stato a sua volta ucciso, per vendetta.

Quale sarà - se ci sarà - la reazione dei Serra? Vendicheranno l'assassinio del loro congiunto?

È un "botta e risposta" sporco di sangue, che gronda rabbia, desiderio di vendetta, in osservanza dell'antico e noto codice barbaricino "secondo cui sangue lava sangue": al pari di un ordinamento giuridico non scritto, composto da regole tramandate di padre in figlio, in nome di concetti di balentia e onore esso consente la vendetta per un torto subito; possono passare anche anni ma il sangue versato non cade mai in prescrizione, come invece a volte capita nei tribunali della giustizia (italiana).

Ed è sulla base di questa brutta "tradizione", dove sangue chiama altro sangue e l'odio viene continuamente alimentato, che Davide si sente ribollire di rabbia ogni volta che vede Mario Serra; un giorno i due si ritrovano faccia a faccia nello stesso locale e Davide lo provoca, lo prende addirittura in giro per la sua zoppìa: è un vero e proprio affronto, e anche se Mario lì per lì non dà corda alle provocazioni di quel ragazzetto incosciente, dentro sente montargli una furia enorme.

Come si permette quello stupidello a sfidarlo in un luogo pubblico e davanti a non poca gente? 

Ovviamente, Mario sa chi è Davide, di chi è figlio e il giovanotto, una volta tornato a casa, diventa sempre più consapevole della grande sciocchezza commessa: come gli è venuto in mente di fare il gradasso con un criminale come Mario Serra, sapendo che da sempre vive di delitti e che finora è riuscito a sfuggire alla legge, proprio perché furbo e scaltro, oltre che spietato e senza morale?

Suo padre, Vittorio Rutzu, lo rimprovera aspramente e teme che quella sfida non verrà dimenticata, perché Mario Serra non è tipo da lasciar cadere un'offesa.

Non passa molto che in casa Rutzu ci scappa il morto: Gregorio, il fratello minore (15enne) di Davide, viene ammazzato all'interno del loro magazzino, con brutalità e a sangue freddo.
Alla polizia, Davide mormora, sconvolto e affranto, che un uomo incappucciato è emerso all'improvviso dal buio e ha sparato al fratello, colpendolo al petto. Non saprebbe riconoscerlo eppure, se non ricorda male, l'assassino zoppicava...

Come è facile supporre, i sospetti si volgono immediatamente sull'odiato nemico di sempre, Mario Serra.
Eppure, questi continua a urlare la propria innocenza.

Quando Alessandro Gordiani, penalista di Roma, riceve la chiamata dal cugino di Mario, Carlo Serra, questi gli chiede con insistenza (a dire il vero, è una sorta di preghiera mista a delle velate minacce) di prendere la difesa del cugino, attualmente in prigione in attesa del processo, perché egli è innocente; sicuro al 100%.

Alessandro è scettico: innocente, certo, come no! Non basta che un sospettato dichiari la propria innocenza perché lo sia realmente! L'avvocato lo sa molto bene ed è oltremodo scettico nei confronti dell'innocenza di Serra.
Ma Carlo non vuol sentire ragioni e lo esorta a incontrare Mario, a parlarci, a dargli una possibilità; e poi, è o non è un diritto, anche per il peggiore dei criminali, quello di vedersi garantita la miglior difesa possibile?

Alessandro sa benissimo che tutti hanno diritto ad essere difesi, anche se sono (molto probabilmente, e comunque fino a prova contraria) colpevoli, solo che lui è altresì cosciente di avere un "limite", una concezione molto soggettiva del proprio lavoro, che lo spinge a non accettare con leggerezza casi come questo, vale a dire un caso in cui un crudele assassino ha tolto la vita a un ragazzino per portare avanti una tradizione di crimini e vendette tra clan; un delinquente che, tra l'altro, finora è rimasto impunito!

È vero, lui è un avvocato penalista ma non è sicuro di riuscire a difendere a dovere una persona che ritiene colpevole, se non di questo, di altri delitti.

Ma le insistenze di Carlo lo convincono a fare un salto in carcere, tanto in Sardegna deve andarci lo stesso con la famiglia, per le vacanze.

Addentrandosi sempre più nell'omicidio del povero ragazzo, Alessandro si ritrova immerso in una sordida realtà criminale, in società antiquata e omertosa tra le cui fitte maglie vige il già citato codice barbaricino, in cui le colpe di alcuni cadono sui famigliari, in cui non c'è spazio per il perdono; ma soprattutto, Alessandro, nel confrontarsi con il suo assistito, comincerà a vederlo sotto un'ottica differente, a metter da parte i pregiudizi e a cercare di ordinare con coerenza e logica tutti i pezzi di quel complicatissimo puzzle in cui non ci si può permettere di dare per scontato alcunché.

E se davvero Mario Serra fosse innocente?
Può un delinquente come lui avere, a suo modo, un codice morale in base al quale i ragazzini non si toccano mai e in nessun caso?

È innegabile che i Serra e i Rutzu siano coinvolti inevitabilmente in un ingarbugliato gomitolo d'inimicizie e rancori, in un mix letale di vecchi risentimenti, torti commessi e subiti, di feroci vendette, e il tutto tramandato di generazione in generazione, senza scampo per i componenti di queste famiglie.
Lo stesso Vittorio Rutzu, ad esempio, è un uomo che non ha mai voluto rientrare nei loschi affari di famiglia, tenendosi lontano dalle armi e cercando di non alimentare quel fuoco di animosità e rivalità che non può che portarsi dietro morte e dolore. Mai si sarebbe aspettato che venissero coinvolti i suoi poveri figli.

Gordiani, supportato dagli amici e colleghi Patrizia, Filippo e Paolo, conduce le proprie indagini per cercare di capire se davvero Serra dica la verità, se l'alibi che dice di avere (ma che non vuole venga fuori in modo sfacciato per rispetto alla persona che potrebbe confermarlo...) sia reale, se ci possano essere altre persone, a Fonni, che ce l'hanno con Vittorio Rutzu e se, in tal caso, esse si sarebbero potute vendicare su di lui colpendo il figlio innocente.

Innocente.
Ma ci sono davvero degli innocenti, in questa storia nera, drammatica e opprimente come il caldo che fa in Sardegna in quel periodo?

Più vi si immerge con tutta l'onestà e la sete di verità che lo guidano da sempre nel proprio lavoro, più Alessandro capisce che non c'è una linea di demarcazione netta tra buoni e cattivi, che probabilmente non c'è nessun innocente da assolvere. Forse solo Dio è innocente, pensa l'avvocato. Forse.

In queste vicende altre persone vengono coinvolte e l'ombra del dubbio circa l'identità dell'assassino non coinvolge solo Serra; al di là di chi sia il colpevole, il lettore - come Alessandro - viene a contatto con dinamiche di violenza (anche domestica), di relazioni segrete (e che tali devono restare), di mariti traditi e furiosi, di mogli vittime di abusi e anche un po' di loro stesse, di ragazzi che si ritrovano in meccanismi troppo grandi da gestire, di genitori che provano a limitare i danni commessi dai figli.

Nessun vero innocente, quindi, ma solo tanti colpevoli, diverse versioni dei fatti e una verità che fatica ad emergere tra le nebbie delle bugie e dei depistaggi.

Alessandro osserva, riflette, valuta, sente una profonda amarezza, frutto della consapevolezza che applicare la legge correttamente non sempre si sposa con l'effettivo appagamento del senso di giustizia.

L'avvocato Gordiani è un bel personaggio e mi è piaciuto perché è onesto, crede nel valore e nello scopo della propria professione, è fondamentalmente un puro e questo caso, affrontato con tutta la serietà e l'ardore di cui è capace, lo portano a riflettere sui significati di parole come legge e giustizia e su quanto sia sempre più complesso calcare "quello sgangherato e traballante palco-osceno che era ormai diventata la sua professione".

Questo romanzo di Michele Navarra l'ho letto tutto d'un fiato perché è molto coinvolgente, ha uno stile fluido e un ritmo incalzante, una storia che parte in modo apparentemente semplice e scontato ma che in realtà riserva delle sorprese; noir e cupe sono le vicende umane relative ai personaggi coinvolti, tratteggiati in modo autentico e profondo, come lo è la Sardegna, nello specifico, il nuorese, in cui è collocata la vicenda; leggere e ironiche le interazioni che riguardano Alessandro e i suoi amici, avvincenti e vivaci le parti in pieno stile legal thriller,  relative a udienze e dibattimenti, in un continuo botta e risposta dal ritmo cinematografico che permette di sviscerare i fatti e poter finalmente approdare alla verità.

Se vi piace il genere, ve lo consiglio caldamente!


ALCUNE CITAZIONI

"La vendetta era lenta ad arrivare, doveva percorrere lunghe distanze e si muoveva sopra un carro trainato da buoi, quindi il più delle volte poteva impiegare molto tempo per raggiungere la sua destinazione finale. Ma arrivava sempre, puntuale e implacabile...".

"La vita era tutt'altro che perfetta. Spesso, troppo spesso, si rivelava essere ben peggiore del peggiore incubo, un arido e desolato inferno pieno di gente disperata, che vagava confusa lungo una strada senza uscita lastricata di dolore e sofferenza." 

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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