Recensione domenicale...:
VALERIE SWEETS. LA GENTE MI CHIEDE PERCHE’ BEVO
di Manuel Marchetti
Nativi Digitali Edizioni
Pagine: 188
Prezzo: 0.99€
Genere: Urban Fantasy, Thriller
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Sangue, sacrificio e tanti bossoli sul pavimento: questi sono gli ingredienti di “Valerie Sweets – La gente mi chiede perché bevo”, che vi introdurrà al caratterino dell’omonima protagonista, una “sbirra buona” con il vizio del whiskey e la cattiva abitudine a trovarsi in mezzo a storie più grandi di lei. Così, in questo primo capitolo della sua trilogia, Valerie vi racconterà le sue disavventure tra gang di farabutti vendicativi e colleghi troppo premurosi, ma addirittura fotografie che predicono il futuro e la consapevolezza che c’è qualcuno che non vede l’ora di raggiungere il nostro mondo per farlo diventare un vero inferno.
Non è il solito poliziesco, non è il solito fantasy, la storia di Valerie Sweets è entrambe le cose e molto di più. La volete scoprire? Preparatevi un bel bicchiere di roba forte, ne avrete bisogno… o altrimenti offritelo a lei, non rifiuterà.
Valerie Sweets: un nome così dolce che mal si addice alla
protagonista di questo paranormal (che
sfocia nell’horror, quasi) che inizia in modo “normale”, nel senso che è
collocato nel nostro mondo.
Più o meno normale.
Eh sì, perché è proprio la parola normalità che – come dolcezza
– attribuita a Valerie non sai mai che significato potrà assumere.
Perché Valerie tutto è fuorchè normale.
Anzitutto, è una
sbirra, una poliziotta (col grado di tenente) di Cold Hill, ed è pure brava;
sa fare il proprio lavoro, perché è decisa, determinata, senza peli sulla
lingua, “tosta”, capace di mettere a tappeto più di un delinquente, nonostante
sia una donna.
Una donna che però non mostra mai la propria femminilità;
ama l’abbigliamento punk e il trucco dark/gothic, come nera e gotica è anche la sua
anima, la sua personalità.
È un tipo solitario, poco incline ai rapporti sociali (che
sia sul lavoro, in amore o in amicizia), della sua famiglia non ci vien detto
praticamente nulla; la sua vita ruota attorno a due cose: il lavoro.. e l’alcool.
Eh già perché l’efficiente e sveglia poliziotta Valerie ha
un “piccolo” difetto: beve..!
Ma non un bicchiere ogni tanto – magari con un collega o un’amica…
-, bensì intere bottiglie, e da sola!! Anzi, è consigliabile non darle noia
mentre è nel pieno della bevuta, perché tanto vi accorgerete subito che è poco
socievole.
Siede al solito bancone del solito bar “Rusty Bar” e lì ci
da sotto con il suo caro whiskey…
E non smette di versarsene nel bicchiere finché non è
fradicia d’alcool, tanto da non riuscire quasi più ad alzarsi.
E la gente (barista compreso) – che immancabilmente non si
fa i fatti propri! - le chiede perchè
beve.
Forse gli altri vedono una donna giovane, magari carina,
sola… e non capiscono che problemi può mai avere per affogare completamente in
una bottiglia di whiskey.
Ed è proprio a partire da questa domanda che la cara Valerie
ci racconta le sue mirabolanti avventure.
Avventure che – unite al già complicato e pericoloso
mestiere del poliziotto – spiegano come mai lei si serva dell’alcool per
dimenticare.
Dimenticare cosa?
Beh, anzitutto le malvagità, le depravazioni e tutti i
problemi annessi al proprio lavoro; non è facile avere a che fare ogni giorno
con stupratori, delinquenti, spacciatori, uomini violenti, prostitute, omicidi
e furti…. Insomma, è facile cadere in depressione, sentirsi frustrati ed
impotenti davanti a tanto male e a tanto “schifo” (scusate il termine), sapere
di dover combattere quotidianamente contro tutto questo con la consapevolezza
che domani le cose non saranno migliorate.
Però intanto si fa lo stesso, perché nonostante il carattere
bizzarro, solitario, il modo di pensare anche un po’ cinico, Valerie è una
sbirra coscienziosa, che ci tiene davvero al proprio lavoro, che crede davvero
nella necessità di “spazzar via” i delinquenti e cercare di proteggere gli
innocenti.
Ma non è affatto semplice, ok! Quindi qualche aiutino, tanto
per sapere come comportarsi, male non farebbe.
E questo aiutino dall’alto a un certo punto arriva davvero…
Ed è qui che la sfera
della realtà si intreccia con quella dell’irrealtà, del paranormale.
A contattare la povera e stanca sbirra alcolizzata è un’amica
sconosciuta, che si presenta a lei tramite fotografie “piovute” dal cielo, che
mostrano ad una scettica Valerie momenti della sua vita futura, cose che stanno
per accadere da lì a qualche minuto.
Insomma, piccoli accorgimenti utili a salvare la vita della
stessa Valerie, che per natura e professione non è propriamente lontana dai
pericoli.
Io non vorrei rischiare lo spoiler, quindi preferisco
fermarmi qui con gli elementi relativi alla narrazione e vi invito a leggere il
romanzo e a gustarvelo da soli.
Valerie ci racconta in prima persona, un po’ come se ci
facesse una confidenza, raccontandoci di sé e della sua vita avventurosa,
seduti al bancone di un bar tranquillo, con davanti qualcosa da bere, mentre davanti
ai nostri occhi scorrono le immagini, vivide e vivaci, delle incredibili esperienze da
lei vissute a causa tanto di esseri umani perversi (che di umano hanno
ben poco, ormai), quanto di esseri extra-terrestri, che sanno dimostrarsi, però,
non meno spietati e feroci delle persone…
Ironico, caustico,
pungente, senza peli sulla lingua, colorito (quando ci vuole, ci vuole), nudo
ed essenziale è il linguaggio che l’Autore mette sulla bocca della
narratrice-protagonista; vivaci, dinamiche, ricche di azioni, surreali ( non mancano le scene splatter), con
diversi momenti di suspense, scene da “combattimento” corpo a corpo, frenetiche…
sono le situazioni e gli episodi narrati, che seguono un ritmo veloce, quasi lasciando il lettore senza fiato.
Devo dire che mi ha catturata, non sono riuscita a non
terminarlo subito perché ero molto curiosa, via via, di seguire lo svolgimento
degli eventi, di capire cosa avrebbe fatto Valerie – il cui “approccio” al
lettore/interlocutore è molto diretto e ci sembra davvero di averla davanti a
noi a raccontare tutto - davanti al
nemico, umano e non.
Vi avverto: ci sono i demoni, si parla di poteri paranormali,
di essere cattivoni che ce l’anno su con noi poveri ed ignari umani; tutti
elementi, quindi, che alcuni potrebbero ritenere già utilizzati ampiamente e
che di per sé non costituirebbero una novità; al che, mi viene da riflettere
che, del resto, mi pare pur giusto che ci siano, nel genere letterario in
questione: di cosa deve parlare un paranormal
fantasy? Di come cucinare le orecchiette baresi?
La storia e lo stile (e il soggetto protagonista!) sono assolutamente
piacevoli, divertenti, originali, non ci si può annoiare, a mio avviso,
e Valerie a me sta troppo simpatica!!
Detto questo, non solo vi invito nuovamente a leggerlo, ma
vi anticipo che tra non molto avrete il mio parere anche sul secondo libro
della trilogia su Valerie Sweets (“I supereroi non esistono”).
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz