Cari lettori ed amici, ieri sera ho avuto attimi di terrore e smarrimento.
Finora ho sempre gestito il blog (e Internet in generale) collegandomi col mio netbook che, ok, è lentissimo e si impalla alla velocità della luce, ma quanto meno mi ha sempre permesso di fare le attività basilari, tra cui accedere a blogspot e pubblicare post.
Ebbene, ho scoperto che blogspot ha fatto delle modifiche, allargando la barra laterale; purtroppo il mio mini-pc non accetta i cambiamenti e non mi fa visualizzare un'emerita pippa, cosa che mi aveva provocato un coccolone perchè il primo pensiero è stato che il blog fosse morto, sparito e io avessi perso TUTTO...!
Fortunatamente non era così, è "solo" un problemino del mio pc-cino, quindi per pubblicare qualcosa, da questo momento, dovrò prendere in prestito il notebook di mio marito,il che però significherà che non potrò scrivere quanto e quando mi va... -_-'
Me tapina...!
In attesa che i tempi diventino migliori e io possa acquistare un pc adatto al genere umano e soprattutto ai suoi progressi scientifico-tecnologici, vi dono oggi un paio di recensioni, che tra l'altro sono pronte da qualche giorno.
Il primo parere è su un libro dai toni biografici che, sull'onda delle note e delle parole della significativa canzone di De Andrè - "Coda di Lupo" - ripercorre gli anni della contestazione e delle lotte giovanili che hanno caratterizzato il nostro Paese, le lotte di chi si ribellava ai falsi dèi che si sono imposti dal secondo dopoguerra in poi: il dio degli inglesi, il dio goloso, il dio della Scala, il dio a lieto fine..., dèi ai quali non devi credere mai, portatori, come sono, di false illusioni; al centro vi è un uomo che ha indossato i non comodi panni del dissidente per opporsi proprio a questi falsi dèi..., ma con quali risultati?
MI INNAMORAVO DI TUTTO. Storia di un dissidente
di Stefano Zorba
Edizioni Alternative 10 euro |
La storia narrata in questo libro prende spunto, come dicevo, da una canzone di Fabrizio de Andrè, “Coda di Lupo”, che parla del Movimento politico nato in Italia nel 1977 volto a combattere contro uno Stato che ha le “mani” sporche di sangue, del sangue di coloro che hanno combattuto e combattono per difendere i diritti umani e civili; ebbene, gli intensi e attuali versi di questa canzone fanno da guida a questo romanzo e alle vicende che caratterizzano la vita del suo protagonista, che si fa chiamare proprio Coda di Lupo.
Coda di Lupo da piccolo era un romanticone, un cuore semplice che si incantava davanti alle piccole cose, ma che poi ha fatto spazio all’odio, a quell’ “odio bulimico che si nutriva di se stesso e rigurgitava altro sangue nero nei recessi delle mie vene e delle mie arterie fino a mangiarmi l’anima.”.
La narrazione inizia e procede seguendo due diversi momenti temporali; il primo è quello di Coda di Lupo giovanissimo, che spera di sfondare nel calcio, in quanto ha del talento che gli viene riconosciuto da chi lo vede giocare. Purtroppo spesso i sogni vanno a sbattere contro la realtà e le sue sgradite sorprese, e presto altri interessi si fanno spazio nella sua vita.
Coda di Lupo si butta a capofitto nella lotta politica e civile, e lo ritroviamo durante una manifestazione in cui tanti giovani vengono presi poco gentilmente a manganellate da poliziotti arrabbiati; eppure, nonostante la confusione e il casino, in quel corteo Coda di Lupo trova non solo il proprio nome di battaglia (ascoltando in sottofondo proprio la canzone di De Andrè), ma anche l’amore:
Il secondo filone temporale è quello presente, in cui un Coda di Lupo ormai adulto è nelle mani di uomini al servizio dello Stato che cercano di estorcergli informazioni circa la sua attività, che essi giudicano terroristica.
Coda di Lupo sa a cosa va incontro se non parla, a che tipo di torture e sevizie psicologiche e fisiche gli faranno i suoi carnefici se non dà loro le informazioni che vogliono; ma come può un uomo che ha dedicato la propria vita a certi ideali, tradirli e snocciolare i nomi dei propri compagni per salvarsi la pelle, ammesso poi che esca comunque vivo da quella prigione spoglia e sporca in cui sta marcendo?
Coda di Lupo cerca di restare lucido e presente a se stesso nonostante le torture inflittegli, perché nutre un profondo disprezzo per questi uomini venduti a uno Stato che non pensa ai propri cittadini bensì ai propri interessi capitalistici ed è pronto a calpestare i diritti delle persone e a schiacciare quanti lo contestano.
Non sarebbe in fondo più semplice per Coda di Lupo levarsi i panni del militante che combatte (forse inutilmente...?) lo Stato sanguinario e vestire quelli più comodi e sicuri del borghese, con una famiglia e un lavoro normalissimo da portare avanti, chiuso nel recinto di un’esistenza tranquilla ma in realtà priva di quello slancio e di quel fervore che gli appartengono?
Ma uno come lui non è fatto per rinchiudersi in uno smoking, Coda di Lupo non vuol smettere di credere che sia ancora possibile cambiare le cose e sperare in un futuro migliore.
Questo romanzo, nella sua immediatezza e schiettezza di linguaggio, ci parla degli ideali e dei sogni di un ragazzo, poi diventato uomo, capace di sacrificare se stesso per ciò in cui crede, e delle sofferenze cui va incontro, in un imprecisato scenario di prigionia, in un sotterraneo desolato e squallido, circondato da aguzzini sadici e assetati di sangue e morte, e seguendo i ricordi del protagonista ripercorriamo anche alcuni avvenimenti della storia recente molto noti, come il G8 di Genova e la morte di Carlo Giuliani, le proteste dei NoTav… , il tutto sulle note della canzone del cantautore genovese
Un libro molto interessante, dalla tematica attuale, attraversato da una vena malinconica, una sorta di “romanticismo ideologico” che purtroppo va a cozzare contro la presa di coscienza di una realtà spesso contrassegnata da soprusi, violenze alle quali è difficile opporsi in modo definitivo e risolutivo.
Coda di Lupo da piccolo era un romanticone, un cuore semplice che si incantava davanti alle piccole cose, ma che poi ha fatto spazio all’odio, a quell’ “odio bulimico che si nutriva di se stesso e rigurgitava altro sangue nero nei recessi delle mie vene e delle mie arterie fino a mangiarmi l’anima.”.
La narrazione inizia e procede seguendo due diversi momenti temporali; il primo è quello di Coda di Lupo giovanissimo, che spera di sfondare nel calcio, in quanto ha del talento che gli viene riconosciuto da chi lo vede giocare. Purtroppo spesso i sogni vanno a sbattere contro la realtà e le sue sgradite sorprese, e presto altri interessi si fanno spazio nella sua vita.
Coda di Lupo si butta a capofitto nella lotta politica e civile, e lo ritroviamo durante una manifestazione in cui tanti giovani vengono presi poco gentilmente a manganellate da poliziotti arrabbiati; eppure, nonostante la confusione e il casino, in quel corteo Coda di Lupo trova non solo il proprio nome di battaglia (ascoltando in sottofondo proprio la canzone di De Andrè), ma anche l’amore:
“Quel giorno me ne sono andato dal corteo stringendo per mano l’amore. L’amore per quella ragazza appena conosciuta. L’amore per la lotta e per la convinzione di essere dalla parte del giusto. L’amore per quella voce roca e profonda che sapeva di sigarette e cantava di un indiano che non era un indiano vero ma un militante del Movimento del ‘77. L’amore per la speranza che un giorno avremmo cambiato davvero le cose. L’amore per una vittoria che sembrava lì dietro l’angolo.”
Il secondo filone temporale è quello presente, in cui un Coda di Lupo ormai adulto è nelle mani di uomini al servizio dello Stato che cercano di estorcergli informazioni circa la sua attività, che essi giudicano terroristica.
Coda di Lupo sa a cosa va incontro se non parla, a che tipo di torture e sevizie psicologiche e fisiche gli faranno i suoi carnefici se non dà loro le informazioni che vogliono; ma come può un uomo che ha dedicato la propria vita a certi ideali, tradirli e snocciolare i nomi dei propri compagni per salvarsi la pelle, ammesso poi che esca comunque vivo da quella prigione spoglia e sporca in cui sta marcendo?
Coda di Lupo cerca di restare lucido e presente a se stesso nonostante le torture inflittegli, perché nutre un profondo disprezzo per questi uomini venduti a uno Stato che non pensa ai propri cittadini bensì ai propri interessi capitalistici ed è pronto a calpestare i diritti delle persone e a schiacciare quanti lo contestano.
“Lottare è inevitabile e nobilitante. Nonostante non ci sia speranza. Lottare senza la speranza è l’unica cosa che ci è rimasta. I Don Chisciotte continueranno a farlo perché lottare li fa sentire vivi e liberi; e quando abbatteranno i mulini a vento i Sancho Panza di questo mondo se ne prenderanno il merito e saranno tiranni al loro posto.”
Non sarebbe in fondo più semplice per Coda di Lupo levarsi i panni del militante che combatte (forse inutilmente...?) lo Stato sanguinario e vestire quelli più comodi e sicuri del borghese, con una famiglia e un lavoro normalissimo da portare avanti, chiuso nel recinto di un’esistenza tranquilla ma in realtà priva di quello slancio e di quel fervore che gli appartengono?
“Io sono diventato un ribelle perché quando sei senza speranza e senza più nulla o ci si spara un colpo in testa o si alza il dito medio e si combatte.”
Ma uno come lui non è fatto per rinchiudersi in uno smoking, Coda di Lupo non vuol smettere di credere che sia ancora possibile cambiare le cose e sperare in un futuro migliore.
Questo romanzo, nella sua immediatezza e schiettezza di linguaggio, ci parla degli ideali e dei sogni di un ragazzo, poi diventato uomo, capace di sacrificare se stesso per ciò in cui crede, e delle sofferenze cui va incontro, in un imprecisato scenario di prigionia, in un sotterraneo desolato e squallido, circondato da aguzzini sadici e assetati di sangue e morte, e seguendo i ricordi del protagonista ripercorriamo anche alcuni avvenimenti della storia recente molto noti, come il G8 di Genova e la morte di Carlo Giuliani, le proteste dei NoTav… , il tutto sulle note della canzone del cantautore genovese
Un libro molto interessante, dalla tematica attuale, attraversato da una vena malinconica, una sorta di “romanticismo ideologico” che purtroppo va a cozzare contro la presa di coscienza di una realtà spesso contrassegnata da soprusi, violenze alle quali è difficile opporsi in modo definitivo e risolutivo.
Cosa ci resta tra le mani, se non un "dio a lieto fine" cui non bisogna credere?
Consigliandovi questa lettura, che con passione e senza girarci intorno fa appello alle nostre coscienze civili, e che per storia e stile vi prenderà dalla prima all'ultima pagina, vi lascio in compagnia della voce e delle suggestive parole di De Andrè, che arricchiscono di pathos e di significato la storia narrata dall'Autore:
E forse avevo diciott'anni e non puzzavo più di serpente,
possedevo una spranga un cappello e una fionda
e una notte di gala con un sasso a punta
uccisi uno smoking e glielo rubai.
E al dio della Scala non credere mai.
Ciao Angela, mi dispiace per i problemi del tuo pc, anch'io mi sono accorta che blogger ha fatto dei cambiamenti e, sinceramente, lo preferivo prima! Le tue recensioni sono sempre molto belle e particolareggiate, ma anche il romanzo sembra molto affascinante! Buona giornata :-)
RispondiEliminama che ne so, potevano evitare di cambiare, non mi pare migliorato >_< e io col portatile piccolo non riesco a visualizzare la home di blogger nè a scrivere nè niente :((
Eliminagrazie, cara, è un libro sicuramente interessante!
Ciao Angela, se sei interessata il romanzo è in vendita su Amazon e sul nostro negozio online all'indirizzo http://www.edizionialternative.org/prodotto/mi-innamoravo-di-tutto-storia-di-un-dissidente/
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