Mi sa che questa è la prima recensione dell'anno!
Un libro breve ma che si è lasciato apprezzare.
TRA AMICI
di Amos Oz
Ed. Feltrinelli
144 pp
14,00 euro
Trad.E. Loewenthal
Uscita: giugno, 2012
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La vita in un kibbutz israeliano negli anni Cinquanta del Novecento: questo il contesto in cui Amos Oz, attraverso una scrittura essenziale, un ritmo pacato e un tratteggio chiaro dei personaggi, colloca i suoi racconti,
Racconti che, pur concentrandosi su determinati personaggi alla volta - dei quali seguiamo poche ma significative vicende - vede gli stessi collegati tra loro, in quanto tutti membri di uno stesso kubbutz (che, ricordo, è una "comunità" di lavoratori israeliani, che decidono di associarsi sulla base di principi di eguaglianza e bene comune, vivendo del proprio reciproco lavoro, sotto l'osservanza di rigide regole, decise insieme nell'assemblea generale).
E così conosciamo vari individui, maschi e femmine, adulti e ragazzi, la cui vita ruota attorno allo stare insieme, conformandosi ad abitudini e convenzioni all'interno del kibbutz.
Ma il fatto di essere fisicamente presenti in un luogo e in una comunità, non rende tutti i membri necessariamente d'accordo con le decisioni prese dalla collettività (del resto, è una maggioranza a decidere, la minoranza accetta, suo malgrado) e in qualcuno infatti arde un fuoco di ribellione, un desiderio di spiccare il volo e dare un'occhiata al mondo esterno, che non è visto di buon occhio dagli altri,
Come in tutti i gruppi, anche nel kibbutz si creano alleanze, conflitti, tradimenti, litigi, solitudini...; è una realtà "stretta", chiusa, che certamente potrà avere i suoi vantaggi per chi ne fa parte, ma che non è priva di "crepe".
C'è il giardiniere timido e solitario, che ha la passione di dare brutte notizie e che per questo viene preso in giro; e poi c'è la donna lasciata dal marito per un’altra che le vive praticamente accanto.
C'è il papà di una diciottenne, la quale sta creando imbarazzo per essersi messa con uno più vecchio di lei.
E ancora il giovanotto che vorrebbe poter andare in Italia dallo zio, ma non ha il coraggio di insistere in assemblea, rischiando di accettare passivamente un'esistenza che non gli va giù...; ma c'è anche il giovanotto che si sente parte del kibbutz e non ci pensa affatto ad andarsene.
Insomma, vari personaggi, alcuni risultano forse più simpatici di altri, ma alcune dinamiche tornano in ogni storia.
Ad es., emerge la forte incidenza che il pensiero collettivo ha sul singolo, così che la preoccupazione principale è che, se si fa qualcosa di contrario alle regole, si finisce "sulla bocca di tutti".
Ancora, queste persone - che pure vivono insieme - non sono legate da sentimenti d'amicizia: sono conoscenti, compagni e in fondo c'è molta solitudine, pur in mezzo alla gente.
Tutti sono compagni ma ben pochi sono amici veri. Io,ad esempio,qui ho solo due o tre amici personali. Quelli con cui mi va persino di tacere insieme.
Quasi tutti hanno bisogno di più calore e più affetto di quanto gli altri sono capaci di dare .
Inoltre, se all'interno di una comunità non si può decidere autonomamente circa le cose importanti - neppure che studi intraprendere -, pena l'esclusione e lo stigma sociale, si finisce per sentirsi oppressi, ingabbiati, così che, o si cerca di far cambiare idea agli altri, oppure si accumula frustrazione e insoddisfazione, che in qualche modo qualcuno cercherà di sfogare per non scoppiare...!
Sono racconti brevi che si leggono con molta scorrevolezza e non senza un minimo di coinvolgimento verso le storie dei personaggi.
Non posso dire che sia un libro memorabile, per quanto io ami gli scrittori di nazionalità ebraica e la loro capacità di presentare la propria cultura, il proprio mondo, in modo affascinante.
Ho apprezzato la capacità dell'Autore di aprire un velo su una realtà in fondo lontana da chi non è ebreo e di farlo con chiarezza, avvicinando ad essa il lettore attraverso una scrittura sensibile e uno "sguardo" profondo, capace di scrutare le anime dei personaggi, che hanno difetti e pregi propri di ciascuno di noi.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz