lunedì 28 ottobre 2019

Recensione: LE DEE DEL MIELE di Emma Fenu


"Le dee del miele" è un piccolo ma ipnotico romanzo che racconta la storia di alcune donne le cui esistenze sono strettamente intrecciate tra loro; a fare da cornice a questi pezzi di vita tutta al femminile,  che si snoda attraverso tutto il Novecento, è una affascinante Sardegna intrisa di mito e memoria.

LE DEE DEL MIELE
di Emma Fenu



“Ci fu un’epoca senza memoria in cui le donne erano esseri prediletti: sibille, sacerdotesse, maghe. Un tempo che si dipana, come un gomitolo, in un passato senza date, e che si tramanda nella poesia del mito”.
In questa magnifica e magica terra le protagoniste indiscusse sono le donne, e tra esse spiccano Caterina e Lisetta,  due ragazze che non si conoscono ma che, in età matura, diverranno consuocere; Marianna, figlia adottiva di Lisetta, ed Eva, figlia di Marianna.
Caterina diventa mamma molto giovane, perché questo è il suo destino, ciò che come donna è chiamata ad essere, e infatti la sua vita è votata alla famiglia, che ella affida a Maria Vergine ma anche a Madre Natura, e di entrambe ricerca i favori tramite preghiere all’una e adempimenti di riti arcani dedicati all’altra.
Lisetta, orfana di entrambi i genitori e destinata a perdere, per troppe volte, qualcuno di importante, tra cui l’unica figlia naturale, nata morta. Ma qualche volta succede che la vita prima tolga e poi dia, e proprio la caparbietà della donna, e il suo tenace desiderio di essere madre, farà sì che le giunga il dono di Marianna, che è solo una ragazzina quando si scontra con la complessa verità che non sempre ciò che una donna mostra in pubblico corrisponde a quello che è in privato, quando non ci sono occhi indiscreti a spiarla e giudicarla.
Ed infine Eva che conosciamo piccolina, una bimbetta curiosissima, vispa, sensibile, tormentata da incubi per lei spaventosi ed inspiegabili, che nella sua innocenza avrà il compito di riannodare il filo rosso di mestruazioni, parti e aborti delle sue antenate, accettando di scoprire e custodire il vero segreto del "dono" di famiglia.
Queste quattro donne sono creature diverse fra loro, per ceto sociale e vissuto, eppure c’è qualcosa di profondo ed invisibile che le lega, rendendo i loro destini comuni: una sorta di cordone fatto di sangue, luna, dolci profumati, miele, mistero e riti antichissimi.
“…le donne che affollavano le stanze, visibili a chiunque o solo a chi avesse il “dono”, erano tutte figlie della colpa primigenia di Lilith: creature sacre e profane, benevole e vendicative, enigmaticamente imperfette nella propria sessualità femminea lunare”.

Sono donne che amano, sognano, sperano, pregano, e il cui fato è intimamente legato alla terra, con i suoi misteri, le sue storie, i suoi doni e frutti; donne fragili e incredibilmente forti, con l’anima radicata tanto nella fede e nella pietas religiosa quanto nel retaggio popolare, fatto di riti, tradizioni, formule arcaiche sussurrate a fior di labbra per scacciare spiriti malevoli e procacciarsi fortuna per sé e la famiglia.
Sono giovinette inesperte che restano turbate davanti alla prima macchia di sangue che farà di loro delle donne, capaci di procreare; sono mogli appagate o tristi, regine del focolare domestico e custodi di segreti atavici; sono religiose e fedeli ai precetti cattolici, ma senza rinnegare il proprio patrimonio culturale, popolato di fate, streghe, panas (anime delle donne morte di parto) e janas (fate), demoni che tormentano donne e bambini, spiriti di defunti che non abbandonano questo mondo ma continuano a vegliare sui propri cari.
È un universo ancestrale, dove tra il mondo sensibile e quello sovrannaturale i confini sono labili, tanto da sentire in maniera vivida gli influssi del secondo sul primo.
Maternità, infertilità, passioni, rinunce, lutti, morte, nascite, premonizioni: attraverso le protagoniste il ciclo della vita si snoda sotto i nostri occhi in tutta la sua forza, e vediamo queste donne per ciò che sono: “dee del miele”, donne che sanno sopportare il peso del vivere quotidiano sulle loro minute spalle con un animo coraggioso, come se in loro brillasse - anche se non tutte ne sono ugualmente e appieno coscienti - una scintilla di divinità, pur essendo esse figlie della terra, e ad essa fermamente ancorate.
“La terra sarda si nutre di misteri inquietanti e di spiriti senza pace e la magia e la fede si fondono come il lievito della pasta, ingigantendo le paure inconsce di un popolo paradossalmente fatto di balenti, ossia di uomini valorosi, fieri e coraggiosi”.

Una scrittura matura, consapevole, che ipnotizza il lettore col suo linguaggio colto, raffinato (anche nei passaggi scritti in dialetto sardo), capace di farci sentire tutto il fascino dell’atmosfera antica e quasi mistica propria del popolo sardo e della sua cultura.
Consigliato! È un romanzo breve ma ricco di suggestioni e di intensità, che può piacere tanto alle lettrici alla ricerca di ammalianti storie di vita (in cui terreno e ultraterreno si abbracciano fino a non poterli distinguere), quanto ai lettori maschietti, desiderosi di apprezzare e di stupirsi davanti  alla bellezza e all’incanto dell’universo femminile.

8 commenti:

  1. Una storia affascinante! L'avevo notata un po' di tempo fa, poi presa da mille altre cose l'avevo dimenticata. Grazie per avermela ricordata! Voglio leggerla: mi attira moltissimo :o)

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  2. Complimenti, sempre attenta anche alle uscite editoriali di piccole realtà ma che possono essere interessanti.

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    1. È vero, spesso ci sono tanti gioiellini in queste piccole case editrici :)

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  3. Grazie infinite. Una recensione emozionante, intensa, che scava anche dentro l'autrice. Un regalo prezioso.

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  4. Le tue parole come sempre arrivano dritte dritte al cuore!Non conoscevo questo romanzo e mi piacerebbe molto leggerlo. Un caro saluto :)

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    1. Grazie Aquila, penso potrebbe piacere a una lettrice attenta quale sei :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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