lunedì 13 ottobre 2014

Recensione film: ANITA B. di Roberto Faenza



Sto incrementando la visione di film che avrei voluto vedere al cinema quando uscirono ma che, per motivi vari, non ho potuto...: non è bello?!!? ^_^
Per me sì..!

Ed eccoci all'ultima pellicola vista: è un film (tratto da un romanzo di Edith Bruck, QUI la scheda) portato nelle sale cinematografiche all'inizio di quest'anno, in occasione della Giornata della Memoria del 27 gennaio.

ANITA B.

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Il film Anita B., diretto dal regista Roberto Faenza, con Eline Powell, Robert Sheehan, Andrea Osvart, Antonio Cupo, Nico Mirallegro, racconta la storia di un'epoca cruciale del dopoguerra, quando tutto era in fermento tra mille difficoltà.

Il film si apre con una citazione di Isaac Basheiv Singer (scrittore ebreo polacco): 

"Tutto ciò che non accade nella realtà lo sogniamo di notte. Può accadere a te se non a un altro, domani se non oggi. tra cento anni come anche l'anno prossimo."

.
Anita è una ragazza di origini ungheresi, ha solo 16 anni ed è sopravvissuta ad Auschwitz.
Viene accolta dall'unica parente rimasta viva, la zia Monika, sorella di suo padre, che però non si dimostra molto benevola e amabile, anzi, sembra sopportarla a malapena e già al loro primo incontro, quando la impaurita nipote cerca di abbracciarla, la donna si dimostra subito scostante e fredda...
Atteggiamenti che sono davvero l'ultima cosa di cui, una persona che ha tanto sofferto, avrebbe bisogno.
Ma Monika sembra essere alquanto cinica ed indifferente e, davanti al più comprensivo marito che le consiglia di essere meno dura con la nipote perchè è più fragile di quanto sembri, la moglie ribatte: "Se è sopravvissuta ad Auschwitz tanto fragile non è...!".

Monika vive, non lontana da Praga, con il marito Aron, il figlioletto Roby e il fratello di Aron, il giovane e attraente Eli, che è la prima persona che Anita vede, della sua nuova famiglia, quando giunge in Cecoslovacchia.

L'impatto con questa realtà, fuori dai terribili cancelli di un campo di concentramento che l'ha vista vivere esperienze terribili e guardare la morte in faccia, sarà per Anita quasi surreale: ben presto si renderà conto che la gente che la circonda non ha alcuna voglia di sentir neppure nominare Auschwitz.
Tanto Eli quanto Monika sono chiari sin da subito: "Tieni fuori Auschwitz da questa casa!".
Nessuno vuol ricordare il terribile e recentissimo passato; la parola d'ordine è dimenticare.
E possibilmente, sarebbe meglio anche non rivelare a nessuno di essere ebrei, perchè i comunisti non hanno per loro molta simpatia...

.
Attorno a sè la giovane dovrà fare i conti con una comunità di persone che non vogliono essere legati al triste passato della guerra; gente che desidera ballare, divertirsi, ascoltare musica, dimenticando campi di concentramento, tedeschi e storie simili.
Insomma, dopo essersi vista mettere un numero sul braccio col quale essere identificata..., adesso che è libera ad Anita viene ordinato di non dire neanche il suo nome, di nascondere la propria identità.
Di essere nessuno.
Ma Anita è una ragazza intelligente, coraggiosa e fiera di sè, e sa che nessuno può costringerla a nascondere ciò che è.
Anita non comprende questo modo di pensare e a suo modo cercherà di combattere contro il silenzio e l'indifferenza verso le atrocità commesse solo poco tempo prima.
E l'unica persona alla quale si sente libera di parlare del passato, della realtà dei campi, è il cuginetto, il piccolo Roby, che ha appena un anno e non può capire o risponderle.

Anita imparerà a conoscere l'amore attraverso Eli, tanto affascinante quanto imprevedibile e poco serio..., e quando la vita la metterà davanti a delle difficili (e alla consapevolezza che ancora una volta gli altri vogliano decidere per lei, della sua vita, dei suoi desideri...) , la ragazza dovrà rispondere col coraggio che le appartiene e di certo qualche angelo, mandato nel momento e al posto giusti, non mancherà di darle una mano...

Il passato non può e non deve essere dimenticato, anzi è assolutamente necessario per andare incontro al futuro, come dice Anita:

"... Sono contenta perchè viaggio serena verso il passato con un solo bagaglio: il futuro".

Un bel film, che ci mostra come, nonostante già subito dopo la guerra la gente (non parliamo della maggioranza, certo) avesse una gran voglia di buttarsi dietro le spalle le brutture di un passato ancora troppo vicino, presente e pesante, questo tentativo di cancellare/dimenticare non sia in realtà davvero possibile, ma soprattutto non sia giusto verso chi ha vissuto sulla propria pelle certe orribili esperienze, ma anche verso le future generazioni, che hanno il diritto/dovere di sapere e di conservarne la memoria.

Visione consigliata!! ^_-

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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