mercoledì 12 giugno 2013

Recensione DAL VENTRE DELLA BALENA, di Michael Crummey



Ultimo post della serata:il mio pensiero su...

DAL VENTRE DELLA BALENA
di Michael Crummey


Dal ventre della balena
Ed. Neri Pozza
 I Narratori delle Tavole
384 pp
18 euro
MAGGIO 2013
Trama

La prima volta che Mary Tryphena incontra il «Grande Bianco» non può sapere che quell’uomo nudo, puzzolente e dalla pelle chiarissima, diventerà suo marito. Mary è solo una bambina e l’unica cosa che le interessa è l’enorme balena che si è appena spiaggiata sulle coste del suo villaggio.
È aprile, il giorno della festa di San Marco, ma il ghiaccio non accenna a sciogliersi. Gli orti marciscono sotto la pioggia incessante e i pescherecci tornano vuoti. In una tale carestia, quell’animale morente non può che essere un dono di Dio.
Gli abitanti aspettano che la balena muoia per spartirla equamente, quando King-me Sellers si presenta in spiaggia dicendo che l’animale si è arenato sulla sua proprietà e perciò a lui spettano l’intero fegato e otto botti d’olio. Mentre per risolvere il contenzioso si attende l’arrivo della Vedova, matriarca temuta e rispettata, dotata di poteri soprannaturali, la balena muore e i pescatori si armano di coltelli, accette e seghe, scalano il dorso del leviatano e prendono a tagliarne le carni e a raccoglierne il grasso. Hanno appena iniziato quando sulla spiaggia risuonano le grida di un ragazzo: nel ventre della balena c’è un uomo nudo, dalla pelle chiarissima, che puzza di pesce marcio.
Inizia così un racconto epico e ipnotico che schiude davanti ai nostri occhi il mondo del Newfoundland, in Canada, a cavallo tra Ottocento e Novecento. 
Un mondo magico e spietato in cui due villaggi confinanti, Deep e Gut, con le loro due famiglie – da una parte i Sellers, protestanti di origine inglese, dall’altra i Devine, pescatori irlandesi cattolici – si combattono da decenni, per un motivo che ormai pochi ricordano ancora.
Neppure il singolare ritrovamento del «Grande Bianco», un uomo che pare non invecchiare e che, novello Messia, porterà benessere e abbondanza in una terra dimenticata da Dio, eviterà che i vecchi rancori tra la Vedova e i Sellers tornino a galla e trascinino tutti in un vortice inarrestabile.

Narrato da uno dei più grandi scrittori canadesi contemporanei e già paragonato a Cent’anni di solitudine di Márquez e a L’urlo e il furore di Faulkner, Dal ventre della balena è un romanzo popolato da fantasmi e creature magiche che racconta l’eroismo e il fallimento di una comunità di immigrati, e l’insondabile malvagità che si annida in ogni famiglia.

il mio pensiero
Dal ventre della balena è un romanzo le cui vicende si snodano nell'arco di decenni e che vedono coinvolti essenzialmente due ceppi familiari, tra loro in antagonismo: i Devine, cattolici immigrati irlandesi, e i Sellers, inglesi protestanti.
Tutto ha inizio (e fine) sulle coste del Newfoundland, in Canada, dove vive la piccola Mary Tryphena, una bambina di 8 anni che vive in una famiglia di pescatori, dominata dall'austera e misteriosa figura della Vedova Devine, nonna paterna di Mary.
Un giorno nel villaggio dove vive la bimba spiaggia un'enorme balena, che viene da tutti considerata una benedizione, in quei tempi di magra (siamo oltre la seconda metà dell'Ottocento).
Tra litigi e rivendicazioni di chi vorrebbe "accaparrarsi" il pezzo più grosso, mentre la balena viene squartata, dal suo ventre vieni fuori un uomo, bianco e puzzolente, la cui presenza nel pesce ricorda la biblica storia del profeta Giona (o di Geppetto nel pescecane, volendo).
Al contrario di ciò che avevo immaginato io leggendo la trama, nulla verrà mai detto sul perchè e come quell'uomo dai tratti albini, senza tempo e senza nome, cui verranno attribuiti, nel corso degli anni, ora "poteri benefici" ora colpe e sciagure, in base agli stati d'animo volubili degli abitanti, si trovasse nella pancia della balena.
Del resto, Giudeo o Grande Bianco - come verrà chiamato da tutti - è muto, sembra anche un po' tonto, dall'espressione eternamente stupita e apparentemente stupida.
La figura di quest'uomo silenzioso campeggerà quasi come un fantasma nella maggior parte del romanzo, nonostante non abbia di per sè, come personaggio, tratti particolarmente rilevanti e avvincenti.
La piccola Mary, crescendo, sposerà proprio Giudeo, più per evitargli l'impiccagione (per una serie di false accuse mossegli contro - e non sarà l'unica volta -) e da lui avrà anche un figlio.
Quello tra Mary e Giudeo non è un matrimonio d'amore, almeno per quel che riguarda la giovane, che si ritrova sposata suo malgrado a un uomo che puzzerà per sempre di pesce, nonostante il trascorrere del tempo.
Piuttosto, i sentimenti della ragazza erano rivolti verso il giovane Absalom Sellers, che però - come i celebri Romeo e Giulietta - vedranno il loro acerbo amore ostacolato, prima ancora che abbia il tempo di maturare.

Raccontare questo libro non è particolarmente semplice, per me, non perchè sia difficile da capire, ci mancherebbe, ma perchè denso di tanti piccoli fatti quotidiani, aneddoti, e di tanti personaggi - davvero molti e quasi tutti imparentati - che come tanti tasselli vanno a comporre, mese dopo mese e anno dopo anno, un gigantesco mosaico vivace, pittoresco, fatto di vari colori e sfumature.
Ciò che colpisce di questo libro non è tanto l'intreccio narrativo, che del resto non è identificabile in uno svolgimento vero e proprio, fatto di inizio-corpo-conclusione; non c'è una sola storia perchè non c'è un unico protagonista.
Essendo una "saga familiare", il lettore segue le vicende di ben sei generazioni (ringrazio l'Autore o chi per lui per l'idea di inserire, ad inizio romanzo, l'albero genealogico dei Sellers e dei Devine, senza consultare il quale, confesso che tante volte mi sarei "persa" tra le decine e decine di personaggi nominati) e di ognuno imparerà qualcosa sul carattere e sul modo di relazionarsi in famiglia e con i "nemici" di sempre.
Ciò che emerge, nella schiera dei tanti uomini e delle tante donne che l'Autore ci presenta pagina dopo pagina (alcuni saranno presenti di più, perchè vivranno a lungo e di loro seguiremo le vicende sin dalla giovane età) sono le personalità e i sentimenti, forti, travolgenti e a volte selvaggi, che tanto spesso appartengono agli abitanti di villaggi in cui il lavoro e la soddisfazione dei bisogni primari sono poi le preoccupazioni più urgenti.
Se da una parte troviamo in alcuni uomini  tratti meno... "animaleschi" (passatemi il termine), come in Callum Divine (il padre di Mary Triphena) o nel dott. Newman (che però verrà qualche decennio dopo), che si dimostrano un po' più sensibili a livello umano e verso il gentil sesso,dall'altra abbondano tratti di personalità come quelli di King-me Sellers, un tipo gretto, burbero, egoista, interessato solo ai fatti propri, vendicativo e sempre pieno di risentimento.
Allo stesso modo le donne, anch'esse dalle mille sfaccettature e contraddizioni: capaci di amare senza riserve i propri figli come pure di tradire il proprio marito, senza troppi rimorsi di coscienza.
In ogni generazione spiccano un paio di esponenti delle due famiglie e, sebbene il tempo scorra e renda le memoria dei fatti meno nitida, a volte quasi si trattasse di leggende, tutti tornano con la mente a quel che è stato, ai vecchi dissapori che da sempre li hanno divisi, ai legami che inevitabilmente, a dispetto di odii e dispetti, si sono creati comunque tra loro, intrecciando destini familiari e singoli esistenze.
Fanno da sfondo alle storie narrate i dissidi tra protestanti e cattolici, le conversioni vere o fasulle, le piccole battaglie tra pastori metodisti e un prete cattolico in particolare, presente in buona parte della narrazione: padre Phelan, sempre alla ricerca del piacere, della soddisfazione carnale, della trasgressione, un uomo di chiesa che di chiesa aveva poco ma di "umano"... tanto! (a suo confronto, padre Ralph di Uccelli di rovo è un santo...!), e che pure, a modo suo, teneva tantissimo al proprio ministero sacerdotale e al pensiero di poter essere una guida per i ciechi e gli ignoranti del villaggio.

Il libro si legge con sufficiente scorrevolezza; alcune parti le ho trovate meno coinvolgenti ed interessanti, soprattutto quando i protagonisti della prima generazione - dalla Vedova Devine, col suo carattere forte come il granito e i suoi "poteri da strega", che tutti criticavano cercandone però i benefici in caso di problemi, alla determinata Mary Tryphena, dal mite Callum al silenzioso e spettrale Giudeo, dal rude e bisbetico King-me Sellers al balbuziente nipote Absalom - muoiono e a loro succedono figli e nipoti, le cui vicende però le ho "sentite" meno trascinanti, come se avessero perso un po' di mordente, di forza.
Diciamo pure che l'ultima parte del libro l'ho letta con un po' di noia, ecco...; ho avuto l'impressione che l'Autore stesse proseguendo nel raccontare le vicissitudini delle ultime generazioni "perchè doveva", come per "chiudere il cerchio", e non perchè fossero particolarmente interessanti; ho trovato la seconda parte (o meglio, la fine della seconda parte) un po' forzata, allungata senza che ce ne fosse il bisogno e quindi, alla fine, eccessivamente diluita e "insapore".
Apprezzati i riferimenti scritturali, un po' meno il linguaggio irriverente dei personaggi verso Dio.

Crummey ha dato vita ad un racconto dai tratti epici, surreali, a volte magici - per via delle tante superstizioni che caratterizzano le popolazioni semplici e poco istruite - altre volte molto umani, "terreni", "primitivi"; la scrittura è senz'altro molto precisa e realistica, nelle descrizioni come nei dialoghi e quasi ci sembra di sentire davvero l'odore pungente del mare o quello sgradevole del pesce morto.
I personaggi sono tanti ma comunque caratterizzati con chiarezza; certo, se non si ha buona memoria, si rischia di dimenticare "chi è figlio a chi e con chi è sposato", ma per il resto è un libro che non mi è dispiaciuto, anche se mi sarei aspettata qualcosa di più.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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