domenica 25 ottobre 2015

Recensione film: IO CHE AMO SOLO TE di Marco Ponti



L'avevo già detto dalla prima volta che ne avevo letto notizia in web: nel momento in cui "Io che amo solo te" (RECENSIONE) fosse stato al cinema, io sarei andata di certo a vederlo, perchè non solo il libro mi era piaciuto, ma anche il cast mi attirava moltissimo.

Ed infatti ieri sera sono stata a vedere il film di Marco Ponti tratto dall'omonimo romanzo di Luca Bianchini:

IO CHE AMO SOLO TE


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Il film racconta la storia di Ninella, cinquant'anni e un grande amore, don Mimì, con cui non si è potuta sposare. Ma il destino le fa un regalo inaspettato: sua figlia Chiara si fidanza proprio con Damiano, il figlio dell'uomo che ha sempre sognato, e i due ragazzi decidono di convolare a nozze.
Il matrimonio di Chiara e Damiano si trasforma così in un vero e proprio evento per Polignano a Mare, paese bianco e arroccato di uno degli angoli più magici della Puglia. 
Gli occhi dei 287 invitati non saranno puntati solo sugli sposi, ma sui loro genitori, la cui antica passione è un vulcano solo temporaneamente spento. 
A sorvegliare la situazione ci sarà comunque la futura suocera di Chiara, incaricata di gestire una festa di matrimonio preparata da mesi.


Chi si è sposato, ed ha avuto la difficile (seppur bella) incombenza di organizzare un matrimonio, lo sa: c'è sempre qualche ospite indesiderato che si intrufola all'ultimo momento. E che sei costretto ad accettare immancabilmente.

Al matrimonio di Damiamo (Riccardo Scamarcio) e Chiara (Laura Chiatti), una bella coppia di Polignano a Mare, il primo ospite non voluto si presenta il giorno prima delle nozze, mandando in crisi l'agitata sposina: il maestrale.
E io che mi sono spostata in un giorno in cui tirava un vento che pareva stesse per passare Patricia, ve lo confermo: il vento è fastidioso, eh, soprattutto per le foto e se organizzi qualcosa all'aperto *.

Come se non bastasse, a complicare le cose ci si mette un prete malaticcio (Uccio De Santis) e una cantante che, a causa di un'improvvisa laringite, dà forfait.
Credete che le complicazioni siano finite per Chiara?
Macchè, un altro ospite imprevisto si presenta: zio Franco (il fratello di mamma Ninella), uscito recentemente di galera.
Franco.., che fu in un certo qual modo la causa dell'infelicità per la povera Ninella (Maria Pia Calzone).

Eh sì perchè Ninella ha avuto un solo grande amore nella sua vita: Domenico Scagliusi, meglio conosciuto come don Mimì (Michele Placido) e il loro è stato un amore non vissuto completamente, ma troncato proprio quando sarebbe stato giusto e bello viverlo.

Sono passati ormai degli anni, tanto don Mimì quanto Ninella si sono rifatti una vita: il primo con l'altera e tutta d'un pezzo Matilde, con cui ha avuto due figli, Damiano e Orlando; la seconda si è anche lei sposata (attualmente vedova) ed è la mamma di Chiara e Nancy.

La fiamma del sentimento era così forte e ardente che non s'è ancora spenta, nonostante il tempo sia passato lasciando dietro di sè delusione, amarezza, qualche pizzico di infelicità e nostalgia, che però don Mimì e Ninella devono tenere ben lontani ancor di più adesso che i loro figli stanno per unirsi in matrimonio.

Il giorno prima del matrimonio è sempre uno stress assicurato, che non di rado si accompagna a dubbi, paure, tensioni, nervosismi, e Damiano e Chiara li vivranno tutti, insieme alle loro rispettive famiglie, che per ovvie ragioni non hanno un rapporto idilliaco.

A dar problemi è principalmente la cara Matilde, soprannominata simpaticamente First Lady, perfettina e prepotente, che ha da ridire su tutto, abito da sposa compreso.
Ma forse Matilde è solo una donna tristemente consapevole di essere sempre stata all'ombra di un'altra donna, l'unica davvero amata dal marito.

Il film dà spazio non soltanto alle vicende divertenti e a volte anche commoventi di queste due coppie - l'una che non ha coronato il proprio sogno d'amore e l'altra che sta per farlo - e delle persone coinvolte (dal parrucchiere estroso e isterico alla zia un po' petulante venuta da Pinerolo, alla vicina di casa impicciona che sa tutto quel che succede in casa tua), ma soprattutto a come vivono il grande giorno i personaggi, con particolare attenzione ai quattro protagonisti.

Ninella sospira al pensiero di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato; don Mimì cerca di bruciare il passato senza riuscirci, anzi il rischio è che a bruciare sia lui (d'amore).

E mentre i genitori si lasciano andare ad una nostalgica malinconia, i promessi sposi vivono la vigilia con apprensione e in uno stato di "leggera" confusione.

Un po' fessacchiotto e molto insicuro, da tutti in paese considerato il classico figlio di papà (che si ritrova erede di una fortuna che non si è sudato), Damiano sembra non preoccuparsi degli aspetti pratici del matrimonio, quanto piuttosto di tutti quei pensieri che gli affollano la mente circa la necessità di sposarsi "per forza" (di "sistemarsi") con la fidanzata Chiara.

Chiara è più posata, tranquilla, sembrerebbe più convinta del fidanzato di convolare a nozze, eppure... anche lei vivrà il suo momento di insicurezza e dubbio.

Damiano e Chiara hanno più timori e perplessità di quanto non riescano a confessarsi, ed entrambi prenderanno degli scivoloni (più o meno "piccoli"...) che potrebbero rischiare di mandare all'aria tutto.
Ma tranquilli, il grande giorno arriva e tutti son pronti a partecipare al matrimonio dell'anno, al quale partecipano un  sacco di invitati, sindaco compreso.

Filerà tutto liscio e senza complicazioni?

Beh, proprio tutto liscio magari no, ma chissà che tutti i vari inconvenienti non siano più superabili di quanto sembrino...!

Tutta l'agitazione si concentra in questo giorno che dovrebbe essere meraviglioso per tutti, sposi in primis, e forse - nonostante qualche ballo romantico, strappalacrime e forse proprio per questo "audace", e qualche confessione compromettente - Damiano e Chiara prenderanno più consapevolezza dell'amore che li unisce e di quanto siano importanti l'uno per l'altra.

E don Mimì e Ninella? 
A questa domanda non rispondo, però vi dico che guardandoli, mi è balzata alla mente un passaggio della celebre e bella canzone di Antonello Venditti: "Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, amori indivisibili, indissolubili, inseparabili".

Una commedia brillante, vivace, molto piacevole, improntata in special modo sull'ironia, sui momenti spassosi - frutto degli equivoci e delle vicende simpatiche che vedono coinvolti tanti personaggi, con i loro caratteri così ben tratteggiati (in alcuni casi, volutamente "esagerati", come nel caso del simpatico parrucchiere Pascal), dell'uso della cadenza e del dialetto pugliese ** - ma non priva di momenti più profondi, come ad es. quelli relativi al rapporto padre-figlio (Damiano-don Mimì-Orlando) o alla coraggiosa decisione di andare contro i pregiudizi di una piccola realtà meridionale pur di sentirsi liberi di essere se stessi.

La location è caratteristica e splendida (non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo ma, da pugliese, lo faccio ugualmente) e anche gli occhi vengono ripagati facendo un giro per le vie e sulle rive di una bellissima Polignano; credo non sia un mistero (e spero quindi di non incorrere nello spoiler ) la partecipazione di Alessandra Amoroso nelle sue vesti di cantante che interpreta, con l'intensità che le appartiene, la meravigliosa canzone di Sergio Endrigo "Io che amo solo te", la quale non solo dà il titolo al libro e al film, ma crea pathos ed emozione in quella che è la scena clou.

Un film, quello di Marco Ponti, che racconta l'amore, con una vena ironica e romantica insieme; la Chiatti sempre deliziosa, Maria Pia Calzone per me ha smesso di essere la tostissima donna Imma *** per diventare una donna sensuale e innamorata, e poi sempre bravissimi Placido e Scamarcio, con il loro essere assolutamente a proprio agio nei panni di pugliesi Doc quali sono.

Non so se si intuisce che ne consiglio la visione!!


* Chiara, hai la mia comprensione 
** grazie Placido per aver mantenuto la tua "foggianità" ("c t'agghia dic' "   )!!
*** per chi non lo sapesse: personaggio della serie Gomorra.  


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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