Un passaggio tratto dal racconto di King IL CORPO (in "Stagioni diverse").
Stavo per alzarmi quando guardai verso destra e vidi una daina, sul letto dellaferrovia a meno di dieci metri da me.Il cuore mi saltò in gola, così in alto che avrei potuto mettermi una mano inbocca e toccarlo. Sentii lo stomaco e i genitali riempirsi di un'eccitazionerovente. Non mi mossi. Non avrei potuto nemmeno volendo. I suoi occhi nonerano marroni, ma di un nero profondo, polveroso — come il velluto che sivede sul fondo delle vetrine dei gioiellieri. Le piccole orecchie erano di unapelle vellutata. Mi guardava con tranquillità, la testa leggermente inclinata inquella che mi parve un'espressione di curiosità, a vedere un ragazzo con icapelli arruffati per il sonno, con i jeans con i risvolti e una camicia beige conle toppe ai gomiti e il colletto rialzato secondo la moda del giorno. Quelloche vedevo io era una sorta di dono, un dono offerto con una disinvoltura chemi spaventava.Ci guardammo a lungo... credo che fosse a lungo. Poi si girò e si allontanòdall'altra parte della ferrovia, con la corta coda che scattava svogliata.(...)Stavo proprio per dire della daina; ma poi finii per non farne niente. È unacosa che mi tenni per me. Finora, fino a oggi, non ne avevo mai parlato oscritto. E devo dirvi che scritto sembra una cosa di poco conto, quasiinsignificante. Ma per me fu la cosa più bella della spedizione, la parte piùpulita, e fu un momento a cui mi sono trovato a ritornare, quasiinevitabilmente, ogni volta che mi sono trovato in difficoltà nella mia vita —(...) Sempre avrei trovato che i miei pensieri tornavano aquella mattina, al morbido pelo delle sue orecchie, al lampeggiare biancodella coda. Ma a ottocento milioni di cinesi rossi non gliene frega proprioniente, giusto? Le cose più importanti sono le più difficili da dire, perché le parole le rimpiccioliscono. È difficile far in modo che un estraneo proviinteresse per le cose belle della tua vita.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz