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sabato 30 giugno 2012

Attento che cadi!! ^^




simpatico asinello
Un giorno un brav'uomo se ne andava in groppa al suo asinello e, passando accanto a un giardino, vide un ramo che attraverso la cancellata si spenzolava sul sentiero, ed era carico di magnifiche pere. Vederle e averne voglia fu la stessa cosa.
Alzandosi un po' sulla sella, l'uomo afferrò il ramo con una mano, e con l'altra afferrò la pera più bella. Ma non fece in tempo a coglierla, perché l'asino, ombroso, chissà di che cosa si spaventò e scappò via al galoppo. 
Per non cascare, l'uomo dovette afferrarsi con tutte e due le mani al ramo.

Mentre se ne stava appeso a quel modo, sgambettando, accorse il giardiniere e gli gridò: - Ehi, tu, che cosa fai sul mio albero?
- Amico mio, non mi crederai: sono caduto dall'asino!
Il giardiniere non volle credere che si potesse cadere all'insù. 
Prese un bastone e gliene diede nè tante nè poche.
State attenti anche voi: c'è modo e modo di cadere dall'asino.

(Fiaba inglese)

venerdì 15 giugno 2012

Il momento della fiaba: IL MONDO AZZURRO




Poichè domani e domenica non potrò postare nulla..., mi accingo oggi a pubblicare una fiaba per la rubrica di domani - FAVOLE -.
Questa di oggi è una fiaba russa....!!!
E il suo autore è Lev Tolstoj.

Il mondo azzurro

Cominciava a far buio, quando ritornarono a casa dalla caccia. 
La mamma sedette al pianoforte e i ragazzi andarono a cercare carta, matite e colori, e si misero a disegnare. Uno di loro aveva soltanto una matita di colore azzurro, ma non si sgomentò e cominciò a ritrarre la caccia di quel pomeriggio.
A starship in the dark sky of a blue world
Below the saucer shaped spaceship is the tail fin of a just diving cetacean. An other planet on the horizon
blue world

Aveva già fatto un bambino azzurro su un cavallo azzurro, quando gli vennero degli scrupoli per la lepre. 
Si poteva fare una lepre turchina? 
Andò a domandarlo al babbo che stava leggendo in poltrona e che distratto gli rispose: "Certo che sì!". 
Il bambino tornò allora al tavolo e fece la lepre azzurra, poi cambiò idea e la fece diventare un cespuglio. 
Ma neppure il cespuglio gli piaceva e così lo trasformò in albero, che divenne un mucchio di fieno. 
Poi, ecco apparire una nube, ma così grande che tutto il foglio divenne azzurro.

Non c'era rimasto altro da colorare e il bambino strappò il foglio e andò a fare un pisolino sulla poltrona.

lunedì 11 giugno 2012

L'UCCELLO A NOVE TESTE- fiaba cinese




Questo post fa parte della rubrichetta del sabato: Favole.
Ma non essendo stata a casa mia, col mio pc, ho dovuto rimandare tutto... quindi la pubblico oggi!!
La mia passione per le fiabe e le favole, soprattutto di culture diverse da quella italiana, mi hanno affascinato da sempre, in particolare da quando diedi l'esame in Letteratura per l'Infanzia, all'università!!
Da allora, cerco sempre di scovare qualche fiaba carina a me sconosciuta!!

Oggi è la volta di un'antica fiaba cinese!!!

L'UCCELLO A NOVE TESTE

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:)

 C'erano una volta un re e una regina che avevano una figlia bellissima. Un giorno la ragazza stava passeggiando in giardino quando scoppiò un fortissimo temporale che la portò via con sè.
Il temporale era stato provocato dall'uccello con le nove teste. Il re bandì che chiunque gli avesse riportato la figlia l'avrebbe avuta in sposa.
Un giovane contadino aveva visto l'uccello a nove teste portare la principessa nella sua caverna, che si trovava su una montagna scoscesa, non raggiungibile né dal basso né dall'alto. 
Mentre il ragazzo osservava la montagna arrivò un tale che gli chiese cosa stesse facendo.
Il ragazzo spiegò tutto e allora l'uomo si offrì di calarlo nella caverna con una cesta per salvare la principessa.
Il ragazzo accettò e si lasciò calare. Ma dopo aver salvato la principessa per prima, l'uomo fuggì via con lei, lasciando il ragazzo nella caverna dell'uccello a nove teste.
Il ragazzo cominciò a vagare nella caverna: ad un tratto vide un pesce attaccato alla parete. Il ragazzo lo staccò ed il pesce si trasformò in un ragazzo che si proclamò suo fratello per l'eternità.
Il ragazzo uscì poi dalla caverna: aveva fame e vide un drago, in cima alla montagna, che leccava un sasso. Lo imitò e la fame scomparve. Chiese al drago come poteva andarsene dalla montagna. Il drago lo invitò a salire sulla sua schiena.
Il ragazzo fu di nuovo in pianura. Iniziò a camminare e trovò un guscio di tartaruga pieno di perle bellissime: erano perle fatate. 
Poco dopo arrivò in riva al mare: vi buttò dentro una perla e l'acqua si aprì, mostrandogli la casa del drago del mare.
Il drago del mare riconobbe che lui aveva salvato suo figlio dall'uccello dalle nove teste: era infatti il padre del pesce e gli offrì ospitalità.
Il ragazzo visse per qualche tempo in fondo al mare, e poi decise di tornare sulla Terra. Il figlio del drago gli consigliò di chiedere in regalo una fiaschetta di zucca magica a suo padre.
Il ragazzo fece così e si diresse verso la città della principessa.
La principessa stava per sposare l'impostore quando arrivò il giovane che buttò per terra la fiaschetta: dalla fiaschetta uscì dell'acqua, che formò uno specchio magico nel quale fu visto cosa era veramente successo nella caverna.
L'impostore fu allontanato e il principe sposò la principessa e vissero tutti felici e contenti.

giovedì 24 maggio 2012

Una fiaba marocchina




Una bellissima ragazza di nome Haina, fidanzata con un bel giovane del suo paese, un giorno andò a far legna nel bosco con le sue amiche.
Mentre raccoglieva  i rami secchi, vide, per terra, tra le foglie, un mortaio d'oro; pensò subito di prenderlo perché era bellissimo e prezioso e lo mise da parte per portarlo a casa, pensava di venderlo e ricavarne tanti soldi.
Quando fu l'ora di andare a  casa, lo prese e si accorse che era molto pesante, s'incamminò, ma faceva fatica a tenere il passo delle sue amiche; esse la consigliarono di lasciarlo stare, ma lei a tutti costi lo volle portare con sé.
Rimase sempre più indietro e, ad un certo punto, non vide più nessuno e si trovò sola.
A questo punto uscì dal mortaio un diavolo che le disse di volerla sposare e le ordinò di seguirlo nella sua casa tra le montagne.
Quando il fidanzato si accorse che non era tornata con le sue amiche, partì alla sua ricerca, ma di lei, nel bosco non c'era alcuna traccia.
Camminò in tutte le direzioni finché arrivò alle montagne dei sette colori e chiese alla prima montagna se avesse visto la sua ragazza, ma questa rispose di no. Poi chiese alla seconda e poi alla terza e così via, ma né la montagna gialla, né quella arancione, né quella rossa, né quelle di altri colori avevano notizie da dargli. Finalmente arrivò dalla montagna marrone che gli disse che la sua ragazza era a casa del diavolo, nella montagna nera, soggiunse però che se il diavolo l'avesse riconosciuto, l'avrebbe mangiato.
Allora il giovane prese una pelle di mucca e si camuffò per non farsi riconoscere ed entrò nella montagna nera.
Vide che la ragazza stava pettinando i capelli del diavolo: uscì nuovamente e ritornò dalla montagna marrone. Questa gli consigliò di prendere tanto sale e un ago; infatti il diavolo non sopportava il sale e con l'ago l'avrebbe ucciso.
Il giovane tornò nella montagna nera e vide che il diavolo si era addormentato, allora gli buttò del sale negli occhi, prese la ragazza e fuggì.
Quando il diavolo si svegliò, sentì gli occhi bruciare e urlò dal dolore, poi si accorse che non c'era più la ragazza e corse all'impazzata fuori dalla montagna.
Vide i due fuggiaschi all' orizzzonte e cercò di raggiungerli; quando fu loro vicino, il giovane buttò altro sale che metteva nuovamente in difficoltà il diavolo.
Quando non ebbe più sale, gettò l'ago e il diavolo morì.
I due giovani tornarono al loro paese, si sposarono e vissero felici e contenti.

fonte: il web

lunedì 14 maggio 2012

Favola: CHE GENTE STRANA!



Un giorno la pulce, la cavalletta e il saltamartino decisero di fare a chi salta più in alto. 
Invitarono allo spettacolo il mondo intero, e chiunque altro avesse voglia di venire: che gente strana si radunò allora nella stanza. 
"Se le cose stanno così", disse il re, "tanto vale che io dia mia figlia in sposa a chi salta più in alto! 
Perché sarebbe veramente una meschineria far saltare questa brava gente per nulla!" 
La pulce si fece avanti per prima: era dotata di molto buone maniere e salutava sempre a destra e a sinistra, perché aveva sangue di nobildonna nelle vene ed era abituata a frequentare soltanto umani, il che è tutto dire. Venne poi la cavalletta, che a onor del vero era un po' più appesantita, ma pur sempre assai beneducata; indossava la divisa verde che aveva ereditato dalla sua antichissima famiglia, che si diceva provenisse dall'antico Egitto, dove i suoi pare che godessero di un'alta reputazione. 
Era stata catturata direttamente in un campo e collocata in una casetta di carte a tre piani. 
Le carte erano tutte figure, con la parte colorata rivolta verso l'interno: c'era anche la porta e una finestra, ritagliata proprio nel petto della dama di cuori. "Io so cantare così bene", diceva la cavalletta, "ma così bene, che una volta sedici grilli di campagna, che si esercitano da quando sono nati, ma non hanno mai avuto una casa di carte da gioco, quando mi hanno sentito sono diventati ancor più verdi dalla rabbia!" 
La pulce e la cavalletta cercavano in tutti i modi di darsi importanza: sia l'uno e l'altro dicevano di meritare senz'altro le nozze con una principessa. 
Il saltamartino non parlava per niente, ma proprio per questo si diceva che lui pensasse più di tutti gli altri: il cane di corte, dopo averlo fiutato per un pezzo, assicurò che si trattava di un saltamartino di buona famiglia; e anche l'anziano consigliere, che a furia di stare zitto aveva ottenuto ben tre decorazioni, affermò che il saltamartino era addirittura dotato del dono della profezia: infatti dalla sua schiena si poteva capire se l'inverno sarebbe stato rigido o mite - il che a dire il vero non si può saperlo nemmeno dalla schiena di chi legge l'almanacco. 
"Benissimo, ma io non faccio pronostici", disse il vecchio re; "quello che penso me lo tengo per me". 
Venne il momento di saltare. La pulce saltò tanto in alto che nessuno la vide: ma in questo modo tutti dissero che non aveva saltato per niente! 
Roba da matti! 
La cavalletta saltò e arrivò almeno a metà dell'altezza della pulce; ma andò a sbattere contro il re, il quale protestò che era un crimine di lesa maestà! Il saltamartino rimase per tantissimo tempo fermo a riflettere: tanto che tutti ormai si erano convinti che non avrebbe saltato. "
Si sente male?", chiese il cane di corte, e di nuovo l'annusò: ma oplà! 
Quello fece un piccolo salto e andò a finire proprio in grembo alla principessa, che era seduta su un seggiolino d'oro. 
Disse il re: "Il salto più alto è quello che arriva fino a toccare mia figlia! Eccola qui tutta l'astuzia della gara, ma bisognava avere testa per arrivarci, e il saltamartino ha dimostrato di averla". 
Così fu lui a sposare la principessa. "Eppure io ho saltato più alto di tutti!", diceva la pulce. "Ma che importa! La principessa si tenga pure quello sgorbio! Quello che ha saltato più in alto sono io, ma a questo mondo bisogna essere grossi per essere notati". 
E andò ad arruolarsi nella legione straniera, dove poi pare sia morta ammazzata. 
Quanto alla cavalletta, lei se ne tornò nel fosso, a meditare tristemente su come vanno le cose a questo mondo; anche lei diceva sempre: "Bisogna essere grossi..." Ma poi ci compose sopra una canzone malinconica, dalla quale noi abbiamo tratto questa storia. 
Che potrebbe anche non essere vera, benché sia stata stampata.

( di HANS CHRISTIAN ANDERSEN)

martedì 24 aprile 2012

LA LEGGENDA DEL CORVO MASCHERATO



Una leggenda indiana racconta la storia di un gruppo di colombi che vivevano felici in un grande parco verde; essi avevano le piume di un bel colore grigio-azzurro e si nutrivano di chicchi di grano che i visitatori gettavano nel parco.
Ma un brutto giorno giunse un corvo minaccioso, dalle piume nere; insospettiti, i colombi lo respinsero perchè non avevano alcuna intenzione di dividere il loro territorio con altri uccelli.
Ma il corvo, testardo, dopo aver ben studiato le abitudini dei colombi, tornò il giorno dopo all’ora del pasto, sperando di mangiare i chicchi anche lui.
Ma i colombi, viste le sue piume nere e convinti che non fosse uno di loro, con l’aiuto dei visitatori del parco, lo mandarono via di nuovo.
Allora il corvo, che era un tipo “tenace”, ideò uno stratagemma: si rotolò in un mucchio di spazzatura e ben presto il suo piumaggio assunse un colore grigiastro...!
Ora sì che sembrava un colombo!
All’ora di pranzo, si presentò dai pacifici colombi, che lo lasciarono beccare il grano; questo andò avanti per giorni, con somma soddisfazione del corvo, che si sentiva furbo per aver preso in giro i colombi: era pur sempre un corvo, ma camuffandosi un pò si era fatto accettare!
Ma tra i colombi ce n’era uno particolarmente sagace, che si accorse che il nuovo arrivato aveva un’andatura strana: forse le piume somigliavano a quelle dei colombi, ma il modo di saltellare proprio no! Allora decisero di unirsi per cacciare nuovamente il corvo mascherato.
Quest’ultimo non aveva alcuna intenzione di arrendersi, così decise di imparare a camminare come i colombi – una zampetta dopo l’altra – e quando ritenne di aver imparato, si rotolò ancora nella spazzatura per colorare le piume e ritornò nel parco, a mangiare grano coi colombi, che lo lasciarono stare.
Ma un giorno, un visitatore – non informato sulla dieta dei colombi – invece di grano gettò un pezzo di carne che fu ignorato dai colombi ma non certo dal corvo, che gracchiò felice per il cibo succulento, vi si avventò e lo divorò in un baleno: l’inganno fu scoperto un’altra volta!

Questa leggenda vuole insegnare che a volte gli esseri umani, molto ipocritamente, si “camuffano” e si sforzano di essere ciò che non sono... ma prima o poi vengono scoperti!!!

giovedì 19 aprile 2012

Fiaba irlandese: Sean e la mucca





Favole


Sean e la mucca 

In un piccolo paesino dell’Irlanda vivevano una volta un figlio e una madre molto poveri.
Sean, che era ancora un ragazzetto, non solo doveva lavorare tutto il giorno ma per arrotondare faceva anche delle scope che poi vendeva al mercato. Ogni giorno portava a pascolare l’unica mucca che possedevano  e questa dava ogni giorno latte fresco.
Una bella mattina, Sean decise di raccogliere erica per intrecciare e fabbricare nuove scope, e così seguito dalla mucca si spinse oltre il bosco. Ad un certo punto sentendosi stanco decise di riposarsi in una piccola valletta. Si sdraiò e d’improvviso vide che tutto il prato era pieno di folletti che cantavano e che giocavano allegramente.
-Beati voi, come siete contenti. Io invece devo lavorare tutto il giorno e non ho mai tempo per giocare
-Vieni, vieni a giocare e ci divertiremo.
-Oh grazie, rispose Sean, e a che cosa giochiamo?
-A calcio -  rispose uno dei folletti - tu stai in porta.

E così cominciarono a giocare. Tutto andò per il meglio finché quando arrivò una pallonata giusto in faccia al ragazzo e per cinque minuti non poté vedere niente.
Tutti gli elfi ridevano a crepapelle e se ne andarono correndo per il prato.
Quando Sean recuperò la vista, non trovò più la sua mucca e subito pensò che si era persa nel bosco.
Tornò a casa e raccontò quanto era successo alla madre.
Il giorno dopo madre e figlio andarono subito alla ricerca della mucca e solo dopo lunghe ore di ricerca la trovarono morta in un dirupo. La madre si disperò molto e si sentiva perduta senza quella mucca che almeno le dava il latte.
Passò del tempo…
Una bella mattina Sean stava intrecciando dell’erica per le scope quand’ecco che scorse due elfi che pascolavano una mucca.
La guardò e la riguardò e ben presto si accorse che quella era la sua mucca. Si avvicinò, le saltò in groppa e la mucca indispettita cominciò a dimenarsi e a correre giù per il prato con i due elfi attaccati alla coda.
E la mucca correva e correva e arrivò nei pressi del lago, e sempre più vicino alla riva, e sempre più vicino all’acqua … finché non si immersero nell’acqua! Il ragazzo stava dicendo le sue ultime preghiere quando scorse nel fondo del mare un palazzo di cristallo.

Entrarono e scorsero moltissime dame e cavalieri che erano nella sala principale.
Subito gli venne incontro il re .
-Lei si è impossessato della mia mucca - disse il ragazzo.
-No, caro ragazzo, questa è la mia mucca, l’ho comprata da due elfi.
Il ragazzo allora raccontò tutta la storia; il re, che era un uomo buono, propose al ragazzo un borsa piene di monete d’oro in cambio della sua mucca che faceva un ottimo latte.
-Niente affatto, io sono per le cose giuste, quindi rendetemi la mucca di mia madre e io toglierò il disturbo.
Il re sbalordito per questo rifiuto disse:
-Come puoi rifiutare un’offerta del genere, la mucca è indispensabile qui a corte. Con il suo latte macchiamo sempre il te delle sei.
-E a me sicuramente servirà di più, perché noi lassù siamo molto poveri.
Il re commosso da tanta onestà gli concedette la mucca e gli regalò un sacchetto pieno di monete d’oro.
Ma il ragazzo rifiutò: -Penseranno tutti che li ho rubati. Teneteli pure !
-Mi sento in torto nei tue confronti, ragazzo, per cui ti faccio una proposta: ogni giorno verso le cinque porterai in riva al lago un secchio pieno di latte di mucca e noi lo pagheremo per quanto per noi vale.
Contento e soddisfatto Sean ritornò a casa e raccontò quello che era successo alla madre, la quale credeva che suo figlio fosse diventato pazzo.
Così il ragazzo la dovette portare in riva al lago e quando vide due folletti uscire dal lago con due pacchettini pieni di monete d’oro restò molto meravigliata.
Così finisce questa storia: Sean si guadagnò sempre onestamente da vivere e visse ancora per molti anni con la sua mamma .

lunedì 16 aprile 2012

Il principe che sposò una rana - di Italo Calvino

Favole 
Inauguriamo la rubrica FAVOLE con una proveniente dalla mano di Italo Calvino!!

IL PRINCIPE CHE SPOSO' UNA RANA

C'era una volta un Re che aveva tre figli in età da prender moglie. Perché non sorgessero rivalità sulla scelta delle tre spose, disse:
- Tirate con la fionda più lontano che potete: dove cadrà la pietra là prenderete moglie.
I tre figli presero le fionde e tirarono. Il più grande tirò e la pietra arrivo sul tetto di un Forno ed egli ebbe la fornaia.
Il secondo tirò e la pietra arrivò alla casa di una tessitrice. Al più piccino la pietra cascò in un fosso.
Appena tirato ognuno correva a portare l'anello alla fidanzata.
Il più grande trovò una giovinotta bella soffice come una focaccia, il mezzano una pallidina, fina come un filo, e il più piccino, guarda guarda in quel fosso, non ci trovò che una rana.
Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate.
- Ora - disse il Re - chi ha la sposa migliore erediterà il regno. Facciamo le prove - e diede a ognuno della canapa perché gliela riportassero di lì a tre giorni filata dalle fidanzate, per vedere chi filava meglio.
I figli andarono delle fidanzate e si raccomandarono che filassero a puntino; e il più piccolo tutto mortificato, con quella canapa in mano, se ne andò sul ciglio del fosso e si mise a chiamare:
- Rana, rana!
- Chi mi chiama?
- L'amor tuo che poco t'ama.
- Se non m'ama , m'amerà quando bella mi vedrà.
E la rana salto fuori dall'acqua su una foglia.
Il figlio del Re le diede la canapa e disse che sarebbe ripassato a prenderla filata dopo tre giorni.
Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia e dalla tessitrice a ritirare la canapa.
La fornaia aveva fatto un bel lavoro, ma la tessitrice - era il suo mestiere - l'aveva filata che pareva seta.
E il più piccino? Andò al fosso:
- Rana, rana!
- Chi mi chiama?
- L'amor tuo che poco t'ama.
- Se non m'ama , m'amerà quando bella mi vedrà.
Saltò su una foglia e aveva in bocca una noce.
Lui si vergognava un po' di andare dal padre con una noce mentre i fratelli avevano portato la canapa filata; ma si fecero coraggio e andò.

giovedì 29 marzo 2012

La leggenda della primula



Quell' anno la Primavera sembrava non dover più arrivare; gli animali del bosco la attendevano con impazienza; l'Inverno era stato molto freddo e tutti, dalla lepre, allo scoiattolo, agli uccelli non vedevano l'ora che se ne andasse, lasciando il posto al primo tiepido sole che potesse scaldar loro le pellicce e le piume.
Ma l'Inverno, ormai vecchio e un po' sordo, non voleva proprio levare il disturbo, tanto che tutti gli animali iniziarono a dirgli: "Insomma, vuoi andartene si o no ?"


"Non è ora che lasci arrivare la Primavera?".

Insomma, tanto fecero e tanto dissero che l'Inverno si arrabbiò davvero e disse tra sè e sè : "Ah si eh ? volete mandarmi via... ma io ve la farò pagare"; chiamò i suoi due fidi alleati, il gelo e la tempesta e disse loro :

"Nascondetevi dietro quel cespuglio e quando vedrete arrivare la Primavera spingetela in quella grotta; io penserò al resto".

Quando la Primavera, puntuale come ogni anno, fece capolino al limitare del bosco, la tempesta saltò fuori dal cespuglio dietro il quale era nascosta e soffiando un vento gelido la spinse fin verso la grotta dove il gelo costruì una barriera di ghiaccio per non lasciarla uscire.

La lepre aveva assistito a tutta la scena e corse subito dagli altri animali del bosco per chiedere che cosa fare; ma nessuno sapeva come liberare la Primavera rinchiusa nella grotta.

"Andiamo a chiedere consiglio al Sole " disse il pettirosso, che sapeva che il Sole era amico della Primavera.

"E' una brutta situazione " - disse il Sole - "ma io so come aiutarvi"; accompagnato da un corteo di candide nuvolette si avvicinò ad un ruscello vicino alla grotta e, al suo passaggio spuntarono dei piccoli fiori, le primule.

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