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mercoledì 11 ottobre 2023

"Porto in mano un ramo d'ulivo"





CAMMINO FIERO

Cammino fiero,
cammino a testa alta

Porto in mano un ramo d’ulivo
e il corpo sulle mie spalle
e cammino, e cammino

Il mio cuore è una luna rossa
il mio cuore è un giardino
pieno di bacche e basilico.

Le mie labbra sono un cielo che gronda a volte fuoco,
a volte amore

Porto in mano un ramo d’ulivo
e il corpo e sulle mie spalle
e cammino, e cammino.
(Samih al-Qasim)

🌱🌱🌱🌱🌱

HO DIPINTO LA PACE

Avevo una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste dei chiari cieli splendenti,
e il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la pace.
(Talil Sorek)

🌱🌱🌱🌱

STATO D'ASSEDIO 

Qui, su pendii di colline davanti al tramonto
E alla bocca del tempo
Accanto ai giardini di ombre spezzate,
Facciamo come fanno i prigionieri,
facciamo come fanno i disoccupati,
coltiviamo la speranza

Un paese si prepara all’alba.
Intontiti
A spiare l’ora della vittoria:
senza notte nella notte illuminata di bombe.
I nemici vegliano
E accendono le luci per noi
Fino al buio dei sotterranei.

Quest’assedio si prolungherà fino a quando
non avremo insegnato ai nemici
passi della nostra poesia antica
 (Mahmoud Darwish)

lunedì 19 dicembre 2022

DISOCCUPAZIONE FEMMINILE IN ITALIA (Fondazione Idea)

 

Qual è il tasso di disoccupazione femminile in Italia?

,
Se è vero - e lo è! - che la disoccupazione è un problema presente in tutta l’Italia, la situazione è ancor
più critica quando si analizzano i dati sull’occupazione femminile.

Nel nostro Paese solamente 1 donna su 3 ha un lavoro regolarmente retribuito e, secondo le statistiche del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, nel 2021 l’occupazione era pari al 49%. Il tasso di occupazione degli uomini invece è molto più alto. 

La pandemia non ha fatto che peggiorare questa condizione, portando moltissime donne a perdere il proprio posto di lavoro; tuttavia la causa principale è che ancora oggi alla donna viene attribuito il ruolo di madre e casalinga. 

Quant’è il divario di genere fra uomo e donna nel lavoro? 

Il Global Gender Gap Report del 2022, nell'analizzare il divario di genere fra uomo e donna nel mondo, ha preso in considerazione 4 fattori: 

1. Partecipazione economica e opportunità
2. Istruzione
3. Salute
4. Politica

Tra i 146 Paesi inclusi in questo studio, l’Italia si posiziona 63esima, con un peggioramento rispetto all’anno precedente. 

Se invece consideriamo solamente i fattori economici e le opportunità presenti per le donne nel mondo del lavoro, allora il nostro Paese scende ulteriormente di moltissime posizioni, classificandosi nientemeno che al 110° posto.

Le donne hanno meno opportunità rispetto ai loro colleghi uomini: a quali cause può essere attribuito questo dato di fatto?

Per prima cosa si è notato che all’aumentare del numero di figli aumenta anche il tasso di disoccupazione, e questo non dipende solamente dalla decisione, da parte di numerose donne, di  interrompere la propria carriera lavorativa per dedicarsi totalmente alla cura dei figli, ma anche dal fatto che purtroppo portare avanti una gravidanza se si è dipendenti non è semplice. Non sono pochi, infatti, i datori di lavoro che decidono di assumere uomini per evitare di gestire in futuro questa eventualità.




In secondo luogo, il 30% delle donne ha ancora contratti part-time mentre, se guardiamo ai dati relativi agli uomini, solamente l’8% non ha un contratto full-time. 

Perchè?
Ancora una volta la risposta è da ricercare, in prima istanza, sulla responsabilità affidata alle donne di prendersi cura dei figli: andarli a prendere a scuola o portarli alle attività extra-scolastiche. 


Le proposte di legge per ridurre il Gender Gap 

Le cause che portano il nostro Paese ad avere un divario così grande fra uomo e donna nel mondo del lavoro, come si è visto, sono radicate nella cultura. 
Ecco perché il governo ha sviluppato delle iniziative che favoriscono l’occupazione femminile. 
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è stata introdotta la Certificazione della Parità di Genere, la quale viene assegnata alle aziende che hanno un punteggio minimo del 60%. Questo attestato valuta la parità di genere all’interno delle organizzazioni. 
Un’altra iniziativa è l’Esonero Contributivo del 100%. Si tratta di agevolazioni fiscali che vengono riconosciute alle aziende che decidono di assumere donne che si trovano in una situazione di svantaggio e difficoltà. Queste organizzazioni vengono quindi esonerate dal pagamento dei contributi lavorativi che verranno coperti dallo Stato. 

Tantissime associazioni oggi stanno cercando sempre di più di limitare questo divario con l'obiettivo di eliminarlo definitivamente in futuro, ma la situazione per non sembra cambiare velocemente.


Con la pubblicazione di questo post desidero dare spazio sul blog all'associazione "Fondazione Idea" e condividerne le tematiche attraverso una serie di articoli che si soffermino sull'universo femminile e raccontino storie di donne che hanno fatto la differenza.


Post originario:

>> DISOCCUPAZIONE FEMMINILE IN ITALIA <<

Fondazione Idea è un progetto creato da donne per le donne, in cui si celebrano i successi di tantissime figure femminili che sono riuscite a realizzarsi in diversi campi, nonostante i tantissimi ostacoli.



ALTRI ARTICOLI "FONDAZIONE IDEA" 

domenica 11 dicembre 2022

Donne e sportive in un mondo di uomini

 

Nel  mondo del lavoro - come nel mondo dello sport - non è facile per le donne far carriera in quanto ancora oggi la percentuale di esse parte spesso svantaggiata. 

Quali sono le possibili spiegazioni di questo fenomeno?
Oggi tutto sembra possibile e ormai tantissime bambine in tutto il mondo non sognano più di diventare delle ballerine o delle principesse ma magari di diventare delle sportive, astronaute, piloti o chef.

Abbiamo sicuramente tutti notato che nei film in cui c'è da andare nello spazio, non è un caso che gli astronauti siano quasi tutti uomini; ma nel mondo reale, una donna è riuscita ad abbattere tutti i pregiudizi: Samantha Cristoforetti.

Grazie al suo duro lavoro e ad anni di sacrifici è sbarcata sulla luna e oggi è la prima donna europea comandante della Stazione Spaziale Internazionale. Nel 2012, l’Esa (European Space Agency) rese noti i nomi degli astronauti selezionati per la missione “Futura” (che sarebbe durata 199 giorni) e  Samantha era fra questi. Furono necessari due anni di preparazione, durante i quali l’astronauta italiana decise di iniziare a scrivere un diario giornaliero in cui raccontava tutti gli step e le difficoltà da lei affrontate durante questo percorso.
Questo diario - pubblicato in lingua inglese e tradotto in italiano, francese e spagnolo - si prefiggeva l'obiettivo di abbattere le barriere tra questo mondo così complesso e il grande pubblico.


.
Un’altra donna che è riuscita a brillare in un mondo prettamente maschile è Ana Carrasco Gabarrón. 

Era una bambina piccolina quando si appassionò al mondo dei motori, facendolo diventare il perno della sua vita. A 15 anni debutta nel Motomondiale in Qatar sotto la categoria Moto3 e poco dopo passa a Moto2 gareggiando anche nel campionato mondiale SuperSport 300. 

In un'intervista Ana ha affermato: “Il fatto di essere donna ha reso più difficile questo percorso. La cosa più difficile è stata soprattutto convincere gli sponsor che una donna potesse vincere tanto quanto un uomo”.
Ana ha lottato e ha cambiato l'opinione di tanti che pensavano che non ce l’avrebbe fatta. Oggi Ana ancora non è riuscita ad arrivare in MotoGP a causa di una serie di infortuni che l’hanno costretta a rallentare, ma chissà che un giorno non la vedremo sul podio proprio a fianco ai suoi colleghi uomini.


La scalata delle donne è difficoltosa anche nel settore sportivo, a livello agonistico, per tanto tempo appannaggio dei soli maschietti.

Le donne hanno iniziato a far parte di questo mondo solamente dal 1928 e nonostante questo grande traguardo ancora oggi c’è tantissimo lavoro da fare; ciò non toglie che sono tantissime le atlete che, con costanza, determinazione e tanto coraggio, sono riuscite a portare a termine i propri obiettivi, superando non poche difficoltà. 

Pensiamo ad esempio a Sofia Goggia, Antonella Palmisano e Vanessa Ferrari.

Sofia Goggia, nata a Bergamo nel 1992, inizia a sciare all’età di tre anni e quella che sembrava una passione si trasforma ben presto in un lavoro. A 16 anni debutta alla Coppa Europa e nel 2018 diventa la prima sciatrice italiana a vincere una discesa libera femminile alle Olimpiadi di PyeongChang.
Le difficoltà non sono mancate: Sofia si è più volte infortunata al ginocchio e ai legamenti e questo le ha impedito, in molteplici occasioni, di partecipare alle competizioni sportive, tra cui anche ai mondiali di Cortina d’Ampezzo del 2021. 
Ma Sofia non si è lasciata scoraggiare e nel 2022 è riuscita a primeggiare nei giochi olimpici invernali di Pechino e oggi è conosciuta come la prima sciatrice italiana a salire sul podio in 4 diverse specialità: Gigante, Super G, Discesa e Combinata. La sua forza di volontà ha prevalso sulle mille difficoltà incontrate.

Antonella Palmisano, classe 1991, è riuscita a brillare come campionessa alle Olimpiadi di Tokyo 2020 vincendo la medaglia d’oro nella marcia 20km. 
La sua prima vittoria sul podio risale al 2009, quando durante gli Europei under 20 è riuscita ad aggiudicarsi l’argento per la marcia 10km. Da quel momento in poi nulla l’ha fermata e la sua collezione di medaglie non ha fatto che allargarsi. 
Nella marcia il segreto è avere persistenza e tenacia e questi due elementi si riflettono anche nel carattere di Antonella, che si è dimostrata essere una donna forte che non ha nulla da invidiare ai suoi colleghi uomini. 

Vanessa Ferrari

Nella ginnastica artistica se vuoi diventare campionessa, i tempi sono molto stretti. La competizione è altissima e lo stress a cui viene sottoposto il fisico non permette di prolungare di troppo la propria carriera. 
Eppure Vanessa, a 32 anni, è stata la prima azzurra a laurearsi campionessa mondiale di ginnastica artistica.
Negli anni, ha partecipato a 4 competizioni olimpiche e altrettante gare mondiali ed europee riuscendo a vincere numerose medaglie tra cui anche otto ori. 
Purtroppo, a causa della rottura del tendine,è stata costretta ad un lungo stop dal 2017 al 2019 da cui però si è ripresa. 
Nel 2020, è riuscita a partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2020 diventando la prima ginnasta italiana a partecipare ai giochi olimpici. 
Vanessa Ferrari è una delle icone nel mondo della ginnastica, tanto che nel 2012 è riuscita a creare un nuovo elemento - “il Ferrari" - che è oggi parte del codice dei punteggi mondiale. 

Ci sono tanti settori professionali, sport compreso, in cui le donne ancora oggi non sono considerate abbastanza e le differenze di genere si fanno sentire, nonostante esse stiano riuscendo pian piano a farsi spazio e a imporsi come un valido esempio e un grande incoraggiamento per altre donne che vogliono intraprendere determinate carriere.


Questo post (che contiene alcune mie piccole modifiche rispetto al materiale originale) si prefigge di dare spazio all'associazione "Fondazione Idea" e vuol condividerne le tematiche attraverso questa serie di articoli.

Fonti consultate:

>> DONNE IN UN MONDO DI UOMINI <<

>> DONNE NELLO SPORT <<

Fondazione Idea è un progetto creato da donne per le donne, in cui si celebrano i successi di tantissime figure femminili che sono riuscite a realizzarsi in diversi campi, nonostante i tantissimi ostacoli.



Leggi anche:

sabato 26 novembre 2022

** Fuga di cervelli al femminile: scelta libera o imposta? **



In Italia, se vuoi provare a realizzare i tuoi sogni, studiare è sicuramente molto importante e, se il diploma sembra ormai non bastare più, ecco che si sceglie il percorso universitario, sperando così di ottenere la posizione lavorativa desiderata.

Tuttavia, nel nostro Paese, negli ultimi decenni, si sente sempre di più parlare di “fuga di cervelli”: milioni di studenti e studentesse che prendono la decisione (non di rado a malincuore) di lasciare il paese dove sono nati e cresciuti per inseguire i propri sogni. 

Come riportato nel Referto sul sistema universitario 2021 della Corte dei Conti, negli ultimi dieci anni il numero di giovani laureati (25-34 anni), che decide di trasferirsi all'estero per avere maggiori e migliori opportunità di impiego, nonché una remunerazione più adeguata, è aumentato; nel 2018 erano 117mila gli italiani emigrati all’estero, di cui 30 mila laureati.
In generale, negli ultimi cinque anni circa 244 mila giovani si sono trasferiti in un'altra nazione. 

Nonostante la pandemia, queste migrazioni non si sono fermate, anzi: le fughe all'estero dei giovani laureati italiani sono andate intensificandosi rispetto al 2019.

"Il bilancio delle migrazioni dei cittadini italiani 25-39 anni con un titolo di studio di livello universitario si chiude con un saldo dei trasferimenti di residenza da e per l'estero di 14.528 unità", spiega il presidente dell'Istat.

Le mete privilegiate? Francia, Germania e Spagna in primis, ma anche i Paesi dell’Est Europa o quelli più a nord, come la Norvegia. Chi sceglie di uscire dall’Europa, solitamente opta per Emirati Arabi, Cina, Giappone e Singapore.

Tra questi studenti che emigrano, la percentuale di donne sta diventando sempre più considerevole. 
Cosa le spinge ad andarsene dall'Italia?

Le ragioni sono tante ma uno dei principali motivi è da ricercare nelle disuguaglianze di genere

Per una donna, lavorare in un Paese in cui non sempre si viene premiate perché lo si merita non è semplice e, sebbene nell’ultimo secolo si siano fatti tanti passi avanti, c’è ancora tanto per cui lottare. 
In altre nazioni però sembra che la situazione non sia come in Italia ed è proprio per questo che tante donne decidono di emigrare. 

Il motivo principale è sicuramente legato alle
source
maggiori possibilità di crescita professionale
.  
In molti Paesi esteri infatti si investe molto di più nei giovani: c’è più offerta di lavoro e gli stipendi sono più alti e questo ovviamente attira tantissime donne, che si sentono limitate in Italia. 

Inoltre, mentre in Italia non sempre si danno possibilità alle persone più meritevoli, in altri Paesi la meritocrazia è una delle basi fondanti della vita lavorativa. Infatti, seppur istruita tanto quanto i suoi colleghi uomini e seppur ricoprendo la stessa posizione, se sei donna quasi sicuramente verrai pagata meno, e il divario non è indifferente. 
Questo fenomeno purtroppo è molto diffuso e tante donne si sono trovate in questa situazione. 


Cecilia Cravari e Annagiulia Bifania sono tra queste, cioè tra coloro che hanno deciso di riporre le proprie speranze in altri Paesi.

Cecilia Cravari, 32 anni, pluripremiata atleta della Nazionale italiana di pattinaggio artistico sincronizzato, oggi è un medico specializzato in cardiologia. 
Laureata con il massimo dei voti all’Università di Parma, dopo una serie di Erasmus all’estero negli Stati Uniti e in Svizzera, ha deciso di iniziare la sua carriera proprio in quest’ultimo Paese. 
Dopo la sua esperienza da stagista le è  stata offerta una posizione, che lei ha accettato spinta dal fatto di essersi sentita da subito supportata e valorizzata, nonostante lavorasse con medici di un certo livello e con più anni di esperienza. 
Certo, l’Italia le manca, ma non pensa di tornarvi nell’immediato: lì dove vive e lavora attualmente viene apprezzata e pagata per la dedizione e per la sua preparazione e questo è qualcosa a cui non vuole rinunciare. 

Annagiulia Bifania, laureata in Lingue, Culture e Civiltà dell’Asia Orientale a Venezia, ora vive in Giappone, a Tokyo, dove lavora come agente immobiliare. 
Dopo essersi laureata, ha cercato delle posizioni come stagista e, dopo averla trovata in un noto brand di abbigliamento, si è ben presto accorta che purtroppo non sarebbe cresciuta professionalmente in quanto il modus operandi delle aziende era sempre lo stesso: offrono contratti a tempo determinato e con una retribuzione minima. 
Quando le è stato proposto di andare a lavorare in Giappone con un salario più alto e decisamente più dignitoso, Annagiulia non ha esitato a partire!

Sempre maggiore è, dunque, il numero di donne che, spinte dalla volontà di riscatto, di essere rispettate e premiate per i loro traguardi, decidono di partire.
Ovviamente, il percorso in questo senso è ancora molto lungo anche all’estero, ma sembra che passi in avanti siano già stati fatti. Le associazioni che cercano di combattere per i diritti delle donne sono tante e speriamo che, anche in Italia, la situazione cambi in meglio. 


Questo post (che contiene alcune mie piccole modifiche rispetto all'originale) si basa sul seguente articolo   >> Donne in fuga per realizzare i propri sogni << 



Altre fonti consultate: 
  • https://ifmagazine.bnpparibascardif.it/2022/03/04/fuga-di-cervelli-un-fenomeno-in-rallentamento/
  • https://www.avvenire.it/economia/pagine/cervelli-in-fuga-corte-dei-conti
  • https://www.dealogando.com/lavoro/fuga-dei-cervelli-italia/
  • https://primocomunicazione.it/articoli/attualita/rapporto-istat-tornano-ad-aumentare-i-giovani-laureati-italiani-che-emigrano-allestero

lunedì 14 novembre 2022

Ultimi acquisti in libreria 📚

 

Nell'augurarvi un buon inizio di settimana, condivido con voi i miei ultimi acquisti librosi 📚


LA PRIGIONE PIÙ GRANDE DEL MONDO di Ilan Pappè (Fazi Ed., trad. M. Zurlo, 400 pp., 20€).

.

Dall’autore di La pulizia etnica della Palestina, uno sguardo incisivo sui Territori Occupati, che riprende la storia da dove si era interrotta nel precedente libro. Il noto storico israeliano, attingendo a ricerche d’archivio rivoluzionarie, documenti di ONG e resoconti di testimoni oculari, rivolge la sua attenzione all’annessione e all’occupazione di Gaza e della Cisgiordania.

In questa esplorazione completa di uno dei conflitti più prolungati e tragici del mondo, Pappe utilizza materiale d’archivio recentemente declassificato per analizzare le motivazioni e le strategie dei generali e dei politici, nonché lo stesso processo decisionale, che hanno gettato le basi dell’occupazione.
Da un’indagine sulle infrastrutture legali e burocratiche messe in atto per controllare oltre un milione di palestinesi, ai meccanismi di sicurezza che hanno imposto vigorosamente quel controllo, Pappe dipinge un quadro di ciò che è a tutti gli effetti il più grande carcere del mondo.

♠♥♣♦

NEL BOSCO di Tana French (Einaudi, trad. M. Benuzzi, 512 pp., 14.50€)

Un pomeriggio di agosto, tre ragazzini

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scendono dalle loro biciclette per andare a giocare nel bosco lì vicino, e la sera non fanno ritorno a casa.
Soltanto uno di loro viene ritrovato, in stato catatonico, avvinghiato a una grossa quercia, le scarpe da ginnastica sporche di sangue.
Non ricorda niente di quanto è accaduto e dei suoi compagni non c'è alcuna traccia.

Vent'anni dopo, Rob Ryan, detective della Omicidi della polizia di Dublino, viene incaricato di indagare sull'uccisione di una ragazzina di dodici anni.
Ma, nel raggiungere la scena del delitto, si rende conto che il suo passato traumatico è legato proprio a quello stesso bosco:  è giunto il momento per lui di affrontare i fantasmi che popolano la sua mente.

🔵🔶🔴🔷

LA MASSERIA DELLE ALLODOLE di Antonia Arslan (Rizzoli Ed., 233 pp.).

Ispirato ai ricordi familiari dell'autrice, il

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racconto della tragedia degli armeni e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute.
La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell'Anatolia, dove nel maggio 1915, all'inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l'odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia.
In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un "maschietto-vestito-da-donna" salperanno per l'Italia...







sabato 29 ottobre 2022

* 29 ottobre 1956 * IL MASSACRO DI KAFR QASIM



Il 29 ottobre 1956, 66 anni fa, avvenne il massacro del villaggio di Kafr Qasim un villaggio palestinese passato a Israele dopo l’armistizio con la Giordania.

Quarantanove furono i palestinesi indifesi ammazzati dalla Magav, la polizia di frontiera israeliana; fu un massacro  pianificato ai massimi livelli, che mirava a terrorizzare la popolazione e rientrava tra le fasi di un’operazione volta alla pulizia etnica dalla regione.

Il 29 ottobre 1956, Israele decise di anticipare il coprifuoco notturno dalle 21:00 alle 17:00 con effetto immediato nelle città arabe israeliane situate nell'area del Triangolo, vicino all'allora confine con la Giordania, un'area triangolare nel centro di Israele abitata da molti palestinesi, appena a nord-est di Petach Tikva.

Nonostante fossero state avvertite che centinaia di residenti, che lavoravano come agricoltori, non sarebbero stati a conoscenza del nuovo coprifuoco (in quanto erano uscite di casa al mattino), le truppe israeliane avevano ricevuto l'ordine di sparare per uccidere qualsiasi persona avvistata fuori dalla propria casa dopo le 17:00, senza fare alcun distinguo tra uomini, donne, bambini e coloro che tornavano da fuori. 
Quando gli abitanti del villaggio tornarono alle loro case dopo le 17:00, la polizia di frontiera li fermò, li fece scendere dai loro veicoli e iniziò a sparare a distanza ravvicinata, uccidendo a sangue freddo 49 persone, tra cui sei donne e 13 bambini sotto i 15 anni. 

Quando il governo israeliano e il comando militare appresero dell'uccisione di questi abitanti del villaggio, dapprima cercarono di nascondere l'orribile massacro, ma inutilmente, in quanto la notizia di diffuse; questo costrinse il governo israeliano a portare i responsabili in tribunale, ma in realtà non furono processati coloro che diedero ordine di sparare sui civili, bensì solo i soldati sul campo, i quali ricevettero tra l'altro condanne troppo lievi (e comunque vennero rilasciati entro un anno); cosa ancor più assurda (se possibile), il comandante della brigata, Issachar Shadmi, fu condannato a pagare solamente una multa simbolica di 10 centesimi per eccesso di autorità.

Centesimi. Tanto valeva la vita di decine di innocenti.


«Il massacro di Kafr Qasim non ha un giorno commemorativo. Non è un episodio su cui l’oblio avrà la meglio. È una storia d’odio che si dipana da quando Herzl ha sguainato la spada dalla Torah e l’ha puntata in faccia all’Oriente. (...)
 Per che cosa sono morti? Sicuramente non per noi. Sono vittime, non martiri. Quello è il loro duplice  dramma, perciò siamo doppiamente addolorati per loro. Possiamo dire che sono morti per accrescere il nostro odio contro l’oppressione e l’usurpazione, per accrescere la nostra devozione alla terra. Ma non abbiamo bisogno di questa prova feroce. Noi siamo capaci di sviluppare il nostro senso di amore e di odio senza questa morte inutile. Per cosa sono morti dunque? Non per noi, ma per gli assassini. Per far sentire i sionisti capaci d’interpretare nella storia un ruolo diverso da quello di vittima. Per dimostrare loro che possono provare piacere a uccidere. “O sei l’assassino o sei la vittima.” Questa è la scelta obbligata che  si sono trovati davanti.»  *         



Vittima n. 18 
(poesia di Mahmud Darwish, trad. A. Cafagno) **

Una volta, l’uliveto era verde
Lo era! E il cielo era
una foresta azzurra. Lo era, mio amore.
E quella notte, cosa è cambiato?

Hanno fermato il camion all’angolo della strada.
Erano così calmi.
E svoltato ad est. Erano così calmi.

Una volta, il mio cuore era un canarino blu… Il nido del mio amore!
Lo era! E i fazzoletti che mi hai dato erano tutti bianchi. Lo erano, mio amore.
Cosa li avrà mai macchiati quella sera?
Non capisco proprio, mio amore.

Hanno fermato il camion all’angolo della strada. Erano così calmi.
E svoltato ad est. Erano così calmi.

Per te, io ho tutto:
Per te ho ombra e luce,
Una fede nuziale o quel che vuoi
Un campo di ulivi o di fichi.
E, come ogni notte, verrò da te
Entrerò dalla tua finestra, mentre dormi, e getterò un gelsomino.
Non incolparmi se tarderò un po’
Loro, mi hanno fermato

L’uliveto è sempre stato verde
Lo era, mio amore.
Ma, al tramonto,
Cinquanta corpi sono divenuti
Una pozza rossa. Cinquanta corpi.
Non incolparmi, mio amore.
Mi hanno ucciso. Mi hanno ucciso.
Mi hanno ucciso.




*  Mahmud Darwish, UNA TRILOGIA PALESTINESE
articolo consultato >> QUI
articolo consultato >> QUI
articolo consultato >> QUI
articolo consultato >> QUI 

giovedì 27 ottobre 2022

** SEGNALAZIONE NARRATIVA/SAGGISTICA ** "Putin. L'Angelo di Dio" || "Le rose di Orwell"

 

Buon pomeriggio, cari lettori!

Oggi vi presento un paio di libri dalle tematiche differenti ma ciascuna, a modo suo, interessante e attuale.

Parto da un saggio breve che costituirà una mia prossima lettura: verte su un personaggio che è, per ovvie ragioni, sulla nostra bocca tutti i giorni: Putin.


PUTIN. L'ANGELO DI DIO
di Giovanni Boschetti

Brè Edizioni
134 pp
11 euro
Giugno 2022
I protagonisti del romanzo sono due figure angeliche: Salathiel e Kranithel. 
Dibattono sulla guerra in atto, risultato della globalizzazione, con le sue false libertà e le sue false conquiste, e soprattutto del tentativo dell'est di arrestare l'avanzata di questo processo, responsabile della cancellazione delle identità culturali e religiose. 

L'autore, tramite i suoi Angeli, che riportano il pensiero di terzi, fra cui anche esimi artisti e uomini politici, esprime opinioni diverse e contrastanti sulla controversa figura di Putin e sottolinea come l'Ucraina sia considerata dalla Russia la sua patria spirituale, una parte inseparabile di sé. 

Una disamina spietata che enuncia gli errori dell'Est e dell'Ovest, senza distinzioni e senza pregiudizi. Conoscere l'altrui è indispensabile per comprendere i motivi degli avvenimenti, il che non significa giustificarli. 
Una condanna a una guerra inutile, come tutti i conflitti. Ostilità che non porteranno né vincitori né vinti, ma solo vittime.


L'autore.
Giovanni Boschetti nasce a Montichiari, in provincia di Brescia, nel primo dopoguerra, durante la rinascita economica. Da sempre appassionato di oggetti antichi, ha avuto la fortuna di incontrare, ancor giovane, l’Arte delle Antiche Icone Russe, diventandone, in seguito, un appassionato e un esperto.
È stato uno fra i primi studiosi italiani di questa importante Arte Sacra, interessandosi, parallelamente, anche all’arte delle Avanguardie Russe.
Ha scritto diversi libri su queste due forme artistiche e, con orgoglio personale, ha composto, una storia per bambini, per far conoscere le Icone anche ai più piccoli, in Russia.
In più, alla fine del 2021, in Italia, ha dato alle stampe, con Bastogi Libri, un romanzo, dal taglio autobiografico e spirituale, Le sette porte. Il sogno di un Amore, che ha ampiamente provveduto a pubblicizzare.
Ha curato decine di mostre d’arte russa, collaborando, a livello internazionale, con alcuni esperti russi sulla divulgazione di quest’arte.

❤☆❤☆❤☆❤☆


A fine ottobre la C.E. Ponte alle Grazie pubblica LE ROSE DI ORWELL, un saggio di Rebecca Solnit, scrittrice e intellettuale americana che ha voce e peso nel dibattito culturale d’Oltreoceano, e non solo. 
Il saggio della Solnit, tratta – in qualche modo e con moli spunti, divagazioni, illuminazioni - di botanica e politica, fiori e totalitarismo, attraverso una biografia singolare e nuova di George Orwell, appassionato coltivatore di rose.
Si tratta di uno dei più importanti e originali libri di non fiction dell’anno scorso in Usa.

REBECCA SOLNIT RITRAE UN ORWELL PIÙ SPERANZOSO E OFFRE UNA MEDITAZIONE SUL PIACERE, SULLA BELLEZZA E SULLA GIOIA COME ATTI DI RESISTENZA

“Non avevo pensato con sufficiente impegno a quelle rose di cui avevo letto la prima volta più di un terzo di secolo fa. Erano rose, ed erano a un tempo le sabotatrici dell'atteggiamento con cui a lungo avevo accettato una versione convenzionale di Orwell e un invito ad andare più a fondo nella questione. Erano domande su chi fosse veramente lui e chi fossimo veramente noi, e su come il piacere e la  bellezza e il tempo trascorso senza un tornaconto pratico quantificabile occupino un posto nella vita di qualcuno, forse di chiunque, abbia a cuore la giustizia, la verità, i diritti umani, e voglia cambiare il mondo” (dal libro).


Sinossi
Ponte alle Grazie
352 pp
20 euro
USCITA
31 OTTOBRE 2022


“Nella primavera del 1936 uno scrittore piantò delle rose”. 

Così inizia il nuovo libro di Rebecca Solnit, una riflessione sulla passione di George Orwell per il giardinaggio e sul modo in cui il suo coinvolgimento con le piante, in particolare i fiori, illumina il suo impegno di scrittore e antifascista. 
Il racconto di Solnit si sviluppa tra la scrittura e l’agire di Orwell: andare a visitare le miniere di carbone dell’Inghilterra, combattere nella guerra civile spagnola, criticare Stalin quando gran parte della sinistra internazionale lo sosteneva ancora. 
Il libro offre una lussureggiante esplorazione di politica, rose e piacere, e una nuova interpretazione di George Orwell come un appassionato giardiniere la cui scrittura politica era fondata sulla sua passione per il mondo naturale. 
Il ritratto si conclude con una rilettura di 1984 che offre l’immagine di un Orwell più speranzoso.

L’AUTRICE
Rebecca Solnit californiana, è scrittrice, giornalista, storica, ambientalista, femminista e critica d’arte. Per Ponte alle Grazie sono usciti: Gli uomini mi spiegano le cose (2017), Storia del camminare (2018) e Ricordi della mia inesistenza (2021). I suoi scritti sono apparsi su Harper’s Magazine e The Guardian. Vincitrice di numerosi premi, è una delle intellettuali americane più rispettate e autorevoli.



HANNO DETTO DEL LIBRO

«Se “orwelliano” è diventato sinonimo di oscurità e oppressione, Solnit ci presenta un Orwell innamorato del giardinaggio, della natura e con un piacere fisico nei confronti della vita: il suo antidoto al cupo puritanesimo degli ideologi.» The Guardian

«Una lettura coinvolgente che riflette su argomenti diversi come la crisi climatica, le ideologie  estremiste». The Telegraph

«Rebecca Solnit usa il giardino di Orwell come mezzo per esplorare la vita personale, la scrittura e il pensiero politico dello scrittore». Washington Post

«Ho amato questo libro: Orwell è raccontato come un padre gioioso, speranzoso, amante della vita ma soprattutto come un appassionato ed energico giardiniere». MARGARET ATWOOD


martedì 9 agosto 2022

Mahmoud Darwish || "La lotta è la risposta. Se combatti appartieni a qualcosa. La patria è lotta."



Il 9 agosto 2008 a Houston (Texas) moriva Mahmoud Darwish,  scrittore, giornalista e "poeta della resistenza" palestinese nato nel 1941 ad al-Birwa in Galilea, un villaggio prima occupato e poi raso al suolo dall'esercito israeliano. 

Sto attualmente leggendo UNA TRILOGIA PALESTINESE e, a quattordici anni dalla sua morte, vorrei ricordare questo poeta con alcuni passaggi del libro. 

Ho scelto proprio questi non a caso, ma pensando a cosa sta - ancora una volta! - accadendo nella Striscia di Gaza in questi giorni, dal 5 agosto, quando le Forze di difesa dello Stato ebraico (Idf) hanno dato inizio alla operazione 'Breaking Dawn', bombardando pesantemente la striscia di Gaza.
La motivazione addotta è stata quella di attaccare in maniera preventiva per colpire obiettivi terroristici dell'Organizzazione terroristica della Jihad islamica palestinese.

Ovviamente, a farne le spese sono sempre gli innocenti, i civili inermi su cui vengono sganciate bombe sotto l'indifferenza di un mondo che se ne sta a guardare, limitandosi a condanne blande e vuote.

A rendere la situazione a Gaza ancora più disperata si aggiungono la scarsità di elettricità, carenza di medicine e macchinari medici, case distrutte e, di conseguenza, famiglie sfollate, che non sanno dove rifugiarsi.

Da domenica sera è in corso una tregua e nel momento in cui sto scrivendo questo post (pomeriggio dell'8 agosto) il bilancio delle vittime, diffuso dal ministero della Salute di Gaza, è di almeno 44 morti, di cui 16 bambini e quattro donne, e altri 360 feriti tra i palestinesi. 

La Relatrice Onu per i Diritti umani, Francesca Albanese, ha condannato l’attacco israeliano a Gaza: “L’operazione Breaking Dawn è un flagrante atto di aggressione. Illegale. Immorale. Irresponsabile”.


"Il tempo a Gaza non è relax, ma un assalto di calura cocente. Perché i valori a Gaza sono diversi, completamente diversi. L’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all’occupante. Questa è l’unica competizione in corso laggiù. E Gaza è dedita all’esercizio di questo insigne e crudele valore che non ha imparato dai libri o dai corsi accelerati per corrispondenza, né dalle fanfare spiegate della propaganda o dalle canzoni patriottiche. (...)
Gaza non si vanta delle sue armi, né del suo spirito rivoluzionario, né del suo bilancio. Lei offre la sua pellaccia dura, agisce di spontanea volontà e versa il suo sangue. (...)
Gaza non è un fine oratore, non ha gola. È la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il sudore, le fiamme.
(...) agli occhi dei nemici, è la più ripugnante, la più povera, la più disgraziata, la più feroce.
(...) bambini senza infanzia, vecchi senza vecchiaia, donne senza desideri. Proprio perché è tutte queste cose, lei è la più bella, la più pura, la più ricca, la più degna d’amore. (...)
I nemici possono avere la meglio su Gaza. (Il mare grosso può avere la meglio su una piccola isola.)
Possono tagliarle tutti gli alberi.
Possono spezzarle le ossa.
Possono piantare carri armati nelle budella delle sue donne e dei suoi bambini. Possono gettarla a mare, nella sabbia o nel sangue.
Ma lei:
non ripeterà le bugie.
Non dirà sì agli invasori.
Continuerà a farsi esplodere.
Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio. Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.
Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue."


"Non abbiamo affatto nostalgia di una landa desolata, abbiamo nostalgia di un paradiso. Abbiamo nostalgia di esercitare la nostra umanità in un posto che sia nostro.”

"Un luogo non è solamente un’estensione geografica, ma anche uno stato interiore. Né gli alberi sono solamente alberi, ma costole d’infanzia e pianto colato dalle punte delle dita..."

"Che cos’è la patria? Non è una domanda a cui puoi dare risposta e passare oltre. È la tua vita e la tua causa assieme. Prima e dopo tutto questo, è la tua identità."
 
"...capisci che cos’è la patria: il desiderio di morire per recuperare terra e diritto. La patria non è soltanto terra, ma terra e diritto assieme. Tu hai il diritto, loro hanno la terra. Dopo essersi impadroniti della terra con la forza, hanno cominciato a parlare di diritto acquisito."

 

“Calmati, accetta” non è un consiglio innocente, è un invito a sbarazzarti della polvere della patria a cui non trovi un nome. Ti hanno strappato la terra da sotto i piedi, così l’hai nascosta sotto la pelle. Ti hanno torturato, ma hai confessato un amore ancora più folle per quel che ha causato la tua tortura. Nessuna minaccia dall’interno cancella la tua appartenenza, nessuna promessa dall’esterno ti dà sicurezza. Prendi la tua croce e vai all’appuntamento con il suicidio. Non dire sì. Sotto lo stridio delle catene, l’alienazione, che ti viene da ogni singolo giorno, si trasforma in una tregua con il vento. In prigione ti abbraccia la libertà, in prigione ti riempi anche di patria. La lotta è la risposta. Se combatti appartieni a qualcosa. La patria è lotta. Tra valigia e memoria non c’è altra soluzione che la lotta. Diritto, libertà, appartenenza, merito si dichiarano soltanto con la lotta. Non gli è bastato impadronirsi di tutto. Vogliono impadronirsi anche del tuo senso di appartenenza per diventare la realtà tra te e la patria. In modo che la patria diventi fardello, catena, dolore. Ma tu non troverai libertà fuori da questa catena, non troverai sollievo lontano da questo fardello, non troverai gioia fuori da questo dolore.

lunedì 9 maggio 2022

[[ SEGNALAZIONE ]] QUANDO GIOVANNI DIVENTÒ FALCONE di Girolamo Lo Verso



A trent'anni dalla strage di Capaci, sarà presentato a Roma il libro QUANDO GIOVANNI DIVENTÒ FALCONE (PandiLettere ed., 126 pp, 14 euro) del professore Girolamo Lo Verso, ordinario di psicoterapia, Dir. Scientifico corso di specializzazione in psicoterapia individuale e di gruppo Scuola di PolisAnalisi. 

La presentazione avrà luogo il giorno 19 maggio alle ore 10:30 in occasione del trentennale della scomparsa di Giovanni Falcone, nell’ Auditorium di Piazza Adriana, 3 a Roma (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra) presso il Tribunale di Sorveglianza.

Battute di pesca spensierate, discussioni serali sulla Sicilia, il mare, i libri, la vita. 
Per Girolamo Lo Verso l’amicizia con Giovanni Falcone inizia prima del Pool antimafia. Prima della vita blindata alla Procura di Palermo. 
Inizia negli anni Settanta quando il giudice più famoso al mondo era semplicemente Giovanni, un instancabile nuotatore in servizio al Tribunale di Trapani, e l’autore semplicemente uno psicoterapeuta all’Asp di Trapani ed un appassionato esploratore e pescatore subacqueo.

Ricordi privati, ma sobri, custoditi con cura per molti anni dal professor Lo Verso, che vengono ora condivisi per diventare patrimonio di conoscenza condivisa ma, soprattutto, stimolo di riflessione sulla storia di Falcone, della Sicilia e dell’antimafia a trent’anni dalle Stragi del ‘92.

Il testo parla anche del suo metodo e della ricerca sulla psicologia mafiosa collegabile al suo pensiero. 
Il libro è arricchito dalla prefazione di Francesco La Licata e dalla postfazione di Roberto Di Bella.

Farà da moderatore Viviana Langher (Presidente laurea magistrale in psicologia clinica, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”); interverranno a conversare con l'Autore Gigi Clemente (regista), Lara Di Carlo (editrice di PandiLettere), Pietro Grasso (già presidente del Senato e procuratore nazionale antimafia), Filippo Pergola (direttore Scuola di PolisAnalisi).
Letture dell’attrice Tiziana Narciso

sabato 20 novembre 2021

Giornata Mondiale dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza



Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale dell'infanzia; in questo giorno - nel 1989 - l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione sui diritti dell'infanzia e ha sancito che tutti i bambini hanno dei diritti inalienabili e fondamentali – alla sopravvivenza, allo sviluppo, alla protezione e alla partecipazione.


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Eppure, nonostante non manchino carte e dichiarazioni in cui si illustrano tutti i diritti fondamentali dei bambini e degli adolescenti, le violazioni di questi diritti è all'ordine del giorno, soprattutto in certi Paesi.

La povertà è la prima causa di violazione: ogni giorno, più di 30.000 bambini muoiono per cause legate alla povertà; un bambino ogni 3 secondi muore perchè povero.

La povertà priva i bambini del loro diritto fondamentale alla vita, impedisce loro di accedere a cure mediche, acqua potabile, cibo; li priva di sicurezza ed opportunità educative.

I bambini più piccoli sono i più colpiti: circa il 20% dei i bambini al di sotto dei 5 anni nei paesi in via di sviluppo vive in famiglie estremamente povere. 
Secondo il Global Estimates of Children in Monetary Poverty: An Update nell'Africa Sub Sahariana si trovano i due terzi dei bambini che vivono in famiglie che combattono per sopravvivere con una media di 1,90 dollari al giorno o meno per persona.

Un'altra dolorosa violazione è costituita dal traffico di minori.

Nel mondo sarebbero oltre 40 milioni le vittime di tratta o sfruttamento, ridotte in schiavitù, e ben 1 su 4 avrebbe meno di 18 anni; i bambini rappresentano il 30% delle vittime della tratta di esseri umani. 
Il fenomeno purtroppo è in aumento soprattutto in Europa, dove la tratta di minori è raddoppiata negli ultimi 3 anni.

In regioni come l'Africa Subsahariana o l'America Latina si registrano percentuali molto alte di minori vittime di tratta; è difficile stabilirne il numero esatto ma di certo è maggiore rispetto ai dati ufficiali.
La piattaforma globale sulla tratta degli esseri umani  (migrationdataportal.org) nel 2020 ha registrato 108.613 casi scoperti e segnalati; le vittime provenivano da 175 nazioni; 5 su 10 erano donne, un terzo bambini.
 
I minori vengono venduti per lo sfruttamento sessuale, l'accattonaggio, per matrimoni forzati, adozioni illegali, impiegati come domestici o mandati a lavorare nelle fabbriche.
 
Il Guatemala è la patria di molti traffici illeciti e pericolosi e i bambini sono le prime vittime nelle mani dei criminali.


https://www.humanium.org/



Secondo il rapporto “Killed and Maimed: A Generation Of Violations Against Children In Conflict”, più di 90mila minori sono stati uccisi o mutilati a causa della guerra negli ultimi 10 anni, il che vuol dire che ogni giorno in media sono morti o rimasti feriti 25 bambini.
Chi sopravvive non va incontro a un destino più lieve: alcuni diventano bambini soldato, altri sono costretti allo sfruttamento; molti rimangono profondamente traumatizzati, feriti o disabili.

I paesi più pericolosi per i bambini in conflitto sono Siria, Somalia, Afghanistan, Yemen, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Mali, CAR, Iraq, Sud Sudan e Sudan.

Ma non dimentichiamo anche ciò che succede in Palestina, dove si registrano molte vittime tra i bambini palestinesi, e non sempre uccise per errore ma a volte ferocemente colpite da soldati israeliani senza motivo. Nella Striscia di Gaza, spesso gli attacchi prendono di mira luoghi pubblici, diventati rifugi per i civili, come scuole, ospedali, ecc... 

Oltre a questo, l'occupazione ha inevitabilmente un impatto drammatico sulla vita quotidiana dei bambini, per i quali è difficile accedere all'istruzione, all'acqua, all'assistenza sanitaria.

Nel diritto internazionale umanitario, i bambini beneficiano di una protezione speciale a motivo della loro vulnerabilità; anche un bambino che partecipa alle ostilità è ugualmente protetto. Per quanto riguarda i territori occupati, Israele è responsabile dell'applicazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia in quanto essendo potenza occupante, è anche responsabile della situazione dei diritti umani in Palestina; tuttavia, lo stato israeliano si rifiuta di riconoscere questo obbligo, il che fa sì che si verifichino numerose violazioni dei diritti dei bambini e che esse restino anche impunite.

La mutilazione genitale femminile è una pratica che viola la dignità e il diritto di molte ragazze di essere padrone del proprio corpo; viene praticata principalmente in circa 30 paesi dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche in alcuni paesi dell’Asia e dell’America Latina e tra comunità provenienti da queste regioni.
Anche se illegale nell’UE, si stima che circa 600mila donne che vivono in Europa siano state vittime di questa pratica, e che altre 180mila siano a rischio in 13 paesi europei.

Altre violazioni dei diritti dei bambini riguardano varie forme di discriminazione (legate all'identità di genere, alla religione, a condizioni di disabilità ecc...), la mancanza di accesso alle cure e/o ad una dieta equilibrata, l'essere orfani, sfollati, i bambini scomparsi...


portale bambini
I bambini vanno difesi, protetti, amati, accolti, aiutati a crescere in un contesto sano, stimolante, che contribuisca a renderli adulti consapevoli del proprio posto nel mondo e della ricchezza che costituiscono per esso,  ciascuno con le proprie capacità, il proprio modo di essere unico ed irripetibile, le proprie risorse fisiche, emotive, psicologiche. Non ci sono bambini più importanti di altri, che meritino più di altri di vedere garantiti i propri inalienabili diritti. 
Nessun bambino deve restare indietro, dev'essere dimenticato, ignorato.
L'indifferenza è anch'essa una violenza da cui non può che scaturire una violazione dei diritti dell'essere umano.









«Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso»
(Gesù, Vangelo di Matteo, 10:14-15)


Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra.
(Gianni Rodari)


Un neonato rappresenta il convincimento di Dio che il mondo debba continuare.
(Carl Sandburg)


Dobbiamo imparare dai bambini.
Amano senza dubitare.
Abbracciano senza avvisare.
Ridono senza pensarci.
Scrivono cose colorate sulle pareti.
Credono ad almeno 10 sogni impossibili.
Non arrivano al cassetto più alto, ma toccano il cielo con la punta delle dita.
E quando vengono affidati al sonno è come se il mondo avesse perso un po’ del suo splendore.
(Fabrizio Caramagna)



La società dovrebbe prodigare ai bambini le cure più perfette e più sagge, per ricavarne maggior energia e maggiori possibilità per l’umanità futura.
(Maria Montessori)





Fonti consultate

https://www.savethechildren.it/
https://www.unicef.it/
https://www.humanium.org/
https://www.mondadorieducation.it/
https://reliefweb.int/
https://www.europarl.europa.eu/


venerdì 18 settembre 2020

Novità Armando Editore - Collana Inchieste


Vi presento alcune pubblicazioni Armando Editore, tutte appartenenti alla collana Inchieste.



Il delitto di via Poma trent’anni dopo
di Igor Patruno


14,00 euro
Il delitto di via Poma è, forse, il cold case italiano del dopoguerra più noto e più popolare. 
Avvalendosi della lettura delle carte giudiziarie, l’Autore indaga il dettaglio introspettivo dei personaggi, mette in evidenza fatti e circostanze nel contraddittorio accavallarsi delle dichiarazioni rese dai testimoni, nelle risultanze delle lunghe inchieste, altrettanto contraddittorie. 
Il racconto, coinvolgente ed emotivamente toccante, si snoda dalle ultime settimane di vita di Simonetta fino ai fallimentari esiti giudiziari, passando per la ricostruzione del delitto.

L'autore.
Igor Patruno, giornalista e scrittore. Dopo la laurea in Filosofia partecipa all’epopea delle radio libere a Roma. Dal 1984 al 1985 collabora in Rai come autore e conduttore al programma Appuntamento del sabato. Esordisce nel 1983 come scrittore con il romanzo Passaggi, ristampato nel 2011. Organizza, nel 2006, 2007 e 2008, il Festival Internazionale della Filosofia di Roma. Nel 2007 collabora alla realizzazione di Hi! Tech. Festival dell’innovazione. Lavora come freelance nel mondo dell’innovazione e della comunicazione.
Nel 2019 cura con Giuseppe Garrera la mostra: Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia. Nel giugno dello stesso anno organizza il Roman Poetry Festival. Quarant’anni dopo il Festival Internazionale dei Poeti di Castel Porziano. Nel 2020 cura con Giuseppe Garrera la mostra: Tu parlavi una lingua meravigliosa. Quando la canzonetta divenne poesia. Ha pubblicato: Via Poma, La ragazza con l’ombrellino rosa (2010), e i romanzi I campi di maggio, (2015) e Sotto il cielodi Spagna (2019)
.




UN MOSTRO CHIAMATO GIROLIMONI
di Fabio Sanvitale, Armando Palmegiani


Roma anni ’20, in città si aggira un mostro che aggredisce le bambine. Dal fascismo arriva un ordine: fermatelo! Gino Girolimoni, il perfetto capro espiatorio. 
La storia del primo serial killer romano.
Gino Girolimoni: un nome che a Roma vuol dire infame. Il nome di chi avvicina le bambine, le
176 pp
15 euro
cerca, le vuole, le prende. 
Un nome usato ancor oggi. Già, ma chi era davvero Gino Girolimoni?
Un uomo benestante, coinvolto nella Roma degli anni Venti in una storia molto più grande di lui, così, dall’oggi al domani. 
Arrestato, accusato di ben sette tra stupri e omicidi a danno di bambine. 
Peccato che Girolimoni fosse completamente innocente, peccato ogni prova fosse inventata di sana pianta per placare l’isteria, la follia che ormai s’era impossessata dei quartieri della città, della gente. 
Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani, con l’aiuto di esperti di primo piano, ricostruiscono la vicenda dandone il quadro storico e criminologico completo. 
Rifacendo le indagini, passo passo, strada per strada, sospetto per sospetto, con le tecniche investigative di oggi.





2 agosto 1980. La strage di Bologna. 
Scienza e coscienza di un massacro
di Imma Giuliani

-
La verità processuale ha la pretesa di essere un’oggettiva ricostruzione di un fatto, ma solo la scienza può stabilire situazioni ed eventi che appartengono al reale. 
Ed è per questo che all’interno dei tribunali si fa sempre più ricorso all’esperienza dei tecnici. 
Dopo tanti racconti e verità processuali ciò che accadde a Bologna il 2 agosto 1980 può essere arricchito alla luce di nuove interpretazioni scientifiche. 
Senza paura di riconoscere verità scomode o confermare ciò che è gia stato acquisito. 
Questo libro parla dei fatti che quella mattina del 2 agosto 1980 sconvolsero la vita di chi era presente a Bologna e dell’Italia intera.












domenica 24 maggio 2020

RECENSIONE: PALESTINA E ISRAELE: CHE FARE? (a cura di Frank Barat)



E' uno di quei "conflitti" che dura da molti, troppi decenni, che vede contrapposti due popoli e ad oggi non v'è stata alcuna soluzione in grado di soddisfare equamente le richieste dell'uno e dell'altro; a dirla tutta, tra i due, uno se la passa meglio, l'altro decisamente peggio.

Sto parlando della "questione israelo-palestinese", e in questo libro il giornalista e attivista Frank Barat ha raccolto, attraverso interviste, le opinioni di Noam Chomsky (filosofo, linguista e attivista politico) e Ilan Pappè (storico israeliano antisionista) in merito all'argomento, perché esaminare il "caso palestinese è (…) essenziale per comprendere dove ci collochiamo come esseri umani".




PALESTINA E ISRAELE: CHE FARE? 
(Noam Chomsky - Ilan Pappè)
a cura di Frank Barat



Fazi Ed.
trad. M. Zurlo
223 pp
Ho letto questo testo spinta dal desiderio di approfondire la tematica in oggetto e ammetto di essermi lasciata guidare, nella scelta, dal fatto che in esso sia esposto il pensiero di Chomsky (autore studiato ai tempi universitari) e che Pappè sia un israeliano; di entrambi confesso di non aver mai saputo, prima d'ora, la loro posizione circa la questione Israele/Palestina.
In pratica, mi sono accostata a questo volume un po' "alla cieca" e cercando, soprattutto, di mettere da parte eventuali preconcetti e saperi precostituiti, leggendo quindi gli interventi dei tre autori con la mente più sgombra possibile.

Più di tutto, però, mi auguro di non scrivere inesattezze e di riuscire a darvi un'idea chiara di quello che è la posizione assunta da Pappè, Chomsky e lo stesso Barat, espressa tra queste pagine.

Le idee sostenute da Noam Chomsky e Ilan Pappé si propongono di offrire un approccio alla questione israelo-palestinese che renda chiaro come sia urgente e necessario porre fine a quello che essi esplicitamente identificano come un'opera di ‘insediamento’ e ‘colonizzazione’ da parte dello Stato d'Israele a danno del popolo palestinese.

"Ristabilire l’equazione “Sionismo uguale a Colonialismo” risulta di cruciale importanza non soltanto perché chiarisce al meglio le politiche israeliane di giudaizzazione all’interno di Israele e le politiche insediative in Cisgiordania, ma soprattutto perché è perfettamente coerente con il modo in cui i primi sionisti percepivano e descrivevano il loro progetto."


Non affrontare il problema, evitando di chiamare le cose col loro nome, significa condannare all'oblio un'intera popolazione, per questa ragione è necessario denunciare quella che è la vera natura di Israele - un paese colonizzatore -, spingere la comunità internazionale a prendere una posizione ferma contro le sue politiche d'occupazione e provare a capire quale potrebbe essere una possibile soluzione a un conflitto che va avanti da anni, a scapito di troppe vittime innocenti.

"Al cuore del conflitto che imperversa dal 1882 vi è sempre stato il desiderio di trasformare la multietnica Palestina in uno spazio etnicamente puro. Questa spinta, mai condannata né ostacolata da un mondo che stava a guardare senza far nulla, portò nel 1948 all’espulsione di 750.000 persone (la metà della popolazione del paese), alla distruzione di oltre 500 villaggi e alla demolizione di
decine di città."


Ilan Pappè parla esplicitamente di "genocidio progressivo", risultato inevitabile della strategia complessiva di Israele in tutta la Palestina in generale, e nei territori occupati nel 1967 in particolare.

In virtù di questo, ha ancora senso parlare ancora di Palestina e Israele usando espressioni come "processo di pace", "soluzione a due Stati", "partizione"?
O forse è più giusto porre la questione nei termini di "decolonizzazione" e "cambio di regime"?


Dalle conversazioni tra Pappè-Chomsky e Barat emergono alcuni punti fondamentali:

1. Quanto è davvero realizzabile la cosiddetta "soluzione dei due stati" (cioè la creazione di due Stati separati nella parte occidentale della Palestina storica, uno ebraico e l'altro arabo)?
Questa "proposta" - sostiene Chomsky - ha il solo merito di contare su un enorme appoggio internazionale e se finora non si è realizzata è per colpa degli Stati Uniti.

E se anche si arrivasse a questa soluzione, chi ne trarrebbe vantaggio: entrambi i popoli o piuttosto solo uno di essi?
E' fin troppo probabile che "la versione sionista dei due Stati" non sia altro che una via accettata dal mondo Occidentale per realizzare una Palestina ebraica, estesa su “appena” l’80% dell’area; la riconciliazione con i palestinesi resta una chimera: l'unico desiderio di Israele è controllare quanta più terra possibile, avendo tra i piedi un numero limitatissimo di palestinesi (zero è anche meglio).


2. Pensare sia realmente fattibile la soluzione summenzionata significa non essere realisti, secondo Pappè: l’unica chance per contrastare il sionismo in Palestina è una campagna per i diritti umani e civili che non si ostini ad operare distinguo tra una violazione e l’altra, e che indichi con precisione chi è la vittima e chi il carnefice.
Inoltre, ciò che serve è trovare un modo per modificare le relazioni tra le comunità e creare una struttura di potere, politica, ideologica, costituzionale e socioeconomica che valga per tutti gli abitanti della Palestina, non solo dello Stato di Israele.

"Nella mia ottica, quindi, sostenere la soluzione a uno Stato significa portare avanti un’attività di militanza che convinca tutti a immaginare l’intera area come un’unica terra e l’intera popolazione come un unico popolo."

3.  Perché si diffonda un approccio più giusto alla questione palestinese, non si può prescindere dal "denunciare" (tra le altre cose) anche come il sapere e le informazioni siano (state) manipolate in modo da contrapporre - al cospetto dell'opinione pubblica internazionale - Israele quale “unica democrazia del Medio Oriente” vs gli arabi palestinesi dipinti come una masnada di terroristi folli e violenti o, nella migliore delle ipotesi, "semplicemente arretrati".

Il popolo di Gaza e di altre aree della Palestina è deluso nel constatare come a livello internazionale manchi una risposta decisa di fronte al perdurare dell'opera di devastazione portata avanti da Israele, che dal canto suo ha elaborato una narrazione convincente per giustificare quel massacro: che altro può fare se non difendersi da Hamas? Di fronte alle aggressioni degli arabi, Israele ha il dovere di reagire per legittima difesa.

Questo voler manipolare o nascondere la verità storica non è rivolto soltanto all'esterno di Israele, ma anche "all'interno", cioè indottrinando i propri giovani e inducendoli a "disumanizzare i palestinesi", annullando sul nascere ogni forma di empatia verso di loro.


4. Ma è possibile "criticare" l'antisionismo - si chiedono i tre attivisti - senza incorrere in accuse di antisemitismo?  Si è liberi o no di pensare e dichiarare che Israele sia un regime non democratico, segregazionista e razzista nei confronti dei palestinesi?


Barat ragiona con i due autori anche in merito all'attivismo pro Palestina, che non dovrebbe limitarsi - non che non sia importante, ovvio - a smuovere l'opinione pubblica internazionale e a sensibilizzarla in merito ai soprusi che i palestinesi subiscono a causa dell'occupazione israeliana, ma soprattutto a pensare a come attuare strategie pratiche che mirino ad ottenere risultati tangibili per i palestinesi.

A questo proposito, è indispensabile conoscere, informarsi seriamente, sapere cosa accade ogni giorno nella striscia di Gaza, senza pregiudizi, mistificazioni.

A Gaza (…) la norma è un’esistenza miserabile in un crudele e devastante stadio d’assedio, gestito da Israele in modo da garantire la mera sopravvivenza e nulla più. Da quattordici anni, la norma è che Israele uccide in media oltre due bambini palestinesi alla settimana.


Nell'ultima parte del libro si  traccia il ritratto di "com'è la situazione a Gaza", come vivono le persone ogni giorno: è un assedio quotidiano, che incide - e non potrebbe essere altrimenti - sulla popolazione in termini di sofferenze di ogni genere, e questo col beneplacito non solo di Israele ma anche degli USA, che lo appoggiano, e dell'Europa che tace e non fa nulla.


"Il silenzio del mondo su questo crimine contro l’umanità (l’espressione con cui il vocabolario del diritto internazionale definisce in generale la pulizia etnica) ha fatto della pulizia etnica l’impalcatura ideologica sulla quale è stato edificato lo Stato ebraico."


Tanto Chomsky quanto Pappè si dicono comunque abbastanza fiduciosi del fatto che la violazione sistematica dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale sia sotto gli occhi di tutti e non sia più possibile girare la testa dall'altra parte; questa consapevolezza  pare stia facendo mutare anche, negli ultimi anni,  l’opinione pubblica statunitense, soprattutto tra i giovani.

Il libro è molto scorrevole, anche per com'è strutturato - conversazioni a tre, con Barat che guida attraverso specifiche domande; consigliato a chi vuole approfondire l'argomento, informarsi, magari accostandosi anche a posizioni non necessariamente vicinissime alle proprie. Del resto, confrontarci con chi la pensa diversamente da noi non dovrebbe mai spaventarci, né tantomeno dovremmo privarci della possibilità di rivedere il nostro pensiero e metterci in discussione.



"Conoscere è il primo passo verso una soluzione". 

(Vittorio Arrigoni)

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